Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15322 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 15322 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4150-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3121/2023 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 09/10/2023 R.G.N. 1420/2022;
Oggetto
Retribuzione durante le ferie
R.G.N.4150/2024 Cron. Rep. Ud.11/02/2025 CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Napoli accoglieva l’appello proposto da COGNOME contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 328/2022 e, in riforma di tale sentenza, dichiarava il diritto di detto lavoratore a percepire, per ciascun giorno di ferie, una retribuzione comprensiva dell’indennità perequativa, dell’indennità compensativa e dell’indennità di turno; per l’effetto condannava l’Ente Autonomo Volturno (in sigla RAGIONE_SOCIALE al pagamento al detto titol o, in favore dell’appellante, della somma indicata, oltre rivalutazione secondo indici ISTAT ed interessi al saggio legale sulle somme via via rivalutate dalla data di maturazione del singolo credito al soddisfo.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale preliminarmente riteneva il passaggio in giudicato dei capi di sentenza che non avevano formato oggetto di impugnazione, e cioè i capi di sentenza con i quali il giudice di prime cure aveva rigettato la domanda avente ad oggetto i ticket mensa.
Nel merito del gravame proposto richiamava anzitutto i principi espressi in analogo contenzioso da questa Corte nella sent. 18160/2023 (conforme ad altre indicati precedenti di legittimità), che aveva ribadito che la retribuzione dovuta nei periodi di godimento delle ferie annuali, per come interpretata dalla Corte di Giustizia UE, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento alla esecuzione di mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore; e, considerati gli accordi collettivi
applicabili, riteneva che l’interpretazione di tali norme collettive induceva a ritenere che tutte le indennità precedentemente riconosciute ed assorbite nelle indennità perequativa e compensativa erano attribuite per compensare specifici disagi legati all e mansioni svolte, nell’ottica di una omogeneizzazione del costo del lavoro con abolizione delle precedenti indennità e riconoscimento ai lavoratori dell’indennità perequativa e dell’indennità compensativa.
2.1. Quindi, osservava che, applicando i criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. e considerando il tenore complessivo delle clausole (art. 1362 c.c.), oltre che la ratio ispiratrice della disciplina aziendale, non poteva che concludersi che l’indennità perequativa/compensativa -quantificata in considerazione di valori non collegati all’effettiva presenza del singolo lavoratore, prevista in misura fissa, pensionabile e calcolabile ai fini del TFR -era senza dubbio collegata all’esecuzione delle ma nsioni che il lavoratore è tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro sicché rientra a pieno titolo nella retribuzione da corrispondere anche nei periodi di ferie, secondo i principi invalsi nella giurisprudenza eurocomunitaria.
2.2. Per la Corte la ricostruzione così operata non introduceva certamente un principio di onnicomprensività della retribuzione feriale.
2.3. Quanto all’indennità di turno, riteneva evidente che essa, essendo intrinsecamente collegata alla esecuzione delle mansioni che il lavoratore è tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro, doveva essere presa in considerazione ai fini del l’ammontare che spetta al lavoratore durante le ferie annuali (richiamando a riguardo la sentenza COGNOME e altri, già in precedenza cit. dalla Corte, punto 24); aggiungeva che detta
indennità è corrisposta per ogni giornata di effettiva prestazione, al personale viaggiante di macchina, di guida ed a tutto il personale che presta servizio in turni avvicendati, al fine di remunerare le peculiarità delle mansioni proprie del predetto personale, nonché la penosità della prestazione svolta su turni avvicendati, predisposti unilateralmente dall’azienda al fine di assicurare alla utenza il servizio di trasporto pubblico in tutti i giorni della settimana (domenica compresa).
Avverso tale decisione, l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
L’intimato ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1363 c.c., in combinato disposto con l’art. 1362 c.c. e con l’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale, in tema di interpretazione ermeneutica dell’Accordo Regionale del 16.12.2011 e dell’Accordo aziendale del 25.07.2012 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., nonché del CCNL Autoferrotranvieri del 27.11.2000, dell’Accordo Nazionale 21 maggio 1981 e dell’art. 5 del CCNL del 23.07.1876 con contestuale illogicità della motivazione nella parte in cui la Corte territoriale ha dedotto l’illegittimità dell’esclusione dell’indennità perequativa e compensativa nonché dell’indennità di turno dal trattamento economico corrisposto nelle giornate di ferie’.
Con un secondo motivo denuncia ‘Violazione o falsa applicazione dell’art. 36 Cost. nonché dell’art. 7 della Direttiva
2003/88/CE in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., così come interpretati dalla giurisprudenza comunitaria, con contestuale illogicità della motivazione nella parte in cui la Corte territoriale ha dedotto l’illegittimità dell’esclusione dell’inde nnità perequativa e compensativa nonché dell’indennità di turno dal trattamento economico corrisposto nelle giornate di ferie’.
Con un terzo motivo denuncia ‘Violazione dell’art. 111 Cost. c. 6 in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. per omessa motivazione su un punto decisivo della controversia nella parte in cui non delinea il procedimento logico giuridico seguito per il calcolo della media annua dei giorni di ferie in ragione della richiesta di differenze retributive e per travisamento dei fatti e degli elementi documentali nella parte in cui non motiva la asserita mancata inclusione, nei conteggi delle ferie di cui all’atto di appello, dei 4 giorni di permesso di cui all’art. 29 del CCNL del 2015’.
Con un quarto motivo denuncia ‘Violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. per omessa pronunzia sulla domanda relativa all’inclusione nel calcolo della retribuzione feriale del premio di risultato di cui all’Accordo sindacale del 12/07/2019 e sulla relativa eccezione di riduzione della somma spettante al lavoratore e/o violazione dell’art. 111 c. 6 Cost. in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. per assoluta mancanza di motivazione circa l’inclusione nel calcolo della retribuzione feriale dovuta al lavoratore anche del premio di risultato di cui all’Accordo sindacale del 12/07/2019, implicitamente riconosciuta nel dispositivo della sentenza’.
Il primo ed il secondo motivo, esaminabili congiuntamente, presentano profili d’inammissibilità, ma sono in complesso infondati.
Per questa Corte, infatti, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quelli della violazione di norme di diritto, sostanziali e processuali, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intenda precisamente rimettere in discussione (così Cass., sez. lav., 28.5.2020, n. 102129, id., sez. II, 28.1.2021, n. 1859). E’ stato a riguardo specificato che, perché censure tra loro eterogenee e cumulativamente formulate non incorrano nella ricordata preclusione, è necessario che nell’ambito dell’unica esposizione risulti ben identificata e specificamente trattata sia la doglianza relativa all’interpretazione o all’applicazione dell e norme di diritto appropriate alla fattispecie che i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (cfr. Cass., sez. lav., 9.7.2020, n. 14634).
Ebbene, sia nel primo motivo che nel secondo la ricorrente, oltre a dedurre la violazione di norma di diritto ex art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c., si duole di una ‘contestuale illogicità della motivazione’, peraltro non meglio illustrata.
Quanto al merito giuridico di tali censure, rileva preliminarmente il Collegio che questa Sezione si è di nuovo
espressa sulle questioni di diritto anche qui poste nelle recenti sent. n. 18160/2023, n. 19663/2023, n. 19711/2023, n. 19716/2023 in relazione a fattispecie concrete analoghe a quella ora in esame.
8.1. Inoltre, più di recente sono intervenute le ord. 27.9.2024, nn. 25840 e n. 25850, che hanno rigettato altrettanti ricorsi per cassazione di RAGIONE_SOCIALE contro sentenze della Corte d’appello di Napoli, circa le medesime questioni.
8.2 . Pertanto, anche ai sensi dell’art. 118, comma primo, disp. att. c.p.c., ai citati provvedimenti di legittimità si farà riferimento in questa sede.
Occorre allora premettere che la nozione di retribuzione da applicare durante il periodo di godimento delle ferie è fortemente influenzata dalla interpretazione data dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la quale, sin dalla sentenza Robinson Steele del 2006, ha p recisato che con l’espressione <> contenuta nell’art. 7, nr. 1, della direttiva nr. 88 del 2003 si vuole fare riferimento al fatto che, per la durata delle ferie annuali, <> la retribuzione con ciò intendendosi che il lavoratore deve percepire in tale periodo di riposo la retribuzione ordinaria (nello stesso senso CGUE 20 gennaio 2009 in C.350/06 e C-520/06, COGNOME e altri). Ciò che si è inteso assicurare è una situazione equiparabile a quella ordinaria del lavoratore in atto nei periodi di lavoro sul rilievo che una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie, il che sarebbe in contrasto con le prescrizioni del d iritto dell’Unione (cfr. C.G.U.E. Williams e altri, C-155/10 del 13 dicembre 2018 ed anche la causa To.He. del 13/12/2018, C-385/17). Qualsiasi incentivo o sollecitazione
che risulti volto ad indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è infatti incompatibile con gli obiettivi del legislatore europeo che si propone di assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un’efficace tutela della loro salu te e sicurezza (cfr. in questo senso anche la recente C.G.U.E. del 13/01/2022 nella causa C-514/20).
9.1. Di tali principi si è fatta interprete questa Corte che in più occasioni ha ribadito che la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE (con la quale sono state codificate, per motivi di chiarezza, le prescrizioni minime concernenti anche le ferie contenute nella direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, cfr. considerando 1 della direttiva 2003/88/CE, e recepita anch’essa con il d.lgs. n. 66 del 2003), per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo ‘status’ personale e professionale del lavoratore (cfr. Cass. 17/05/2019 n. 13425).
9.2. Anche con riguardo al compenso da erogare in ragione del mancato godimento delle ferie, pur nella diversa prospettiva cui l’indennità sostitutiva assolve, si è ritenuto che la retribuzione da utilizzare come parametro debba comprendere qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo ‘status’ personale e professionale del lavoratore (cfr. Cass, 30/11/2021 n. 37589).
9 .3. Proprio in applicazione della nozione c.d. ‘europea’ di retribuzione, nell’ambito del personale navigante dipendente di compagnia aerea, poi, si è chiarito che nel calcolo del compenso
dovuto al lavoratore nel periodo minimo di ferie annuali di quattro settimane si deve tenere conto degli importi erogati a titolo di indennità di volo integrativa e a tal fine si è ritenuta la nullità della disposizione collettiva (l’art. 10 del c.c.n.l. Trasporto Aereo -sezione personale navigante tecnico) nella parte in cui la esclude per tale periodo minimo di ferie evidenziandosi il contrasto con l’art. 4 del d.lgs. n. 185 del 2005 (decreto di attuazione della direttiva 2000/79/CE relativa all’Accordo europeo sull’organizzazione dell’orario di lavoro del personale di volo dell’aviazione civile) interpretando tale disposizione proprio alla luce del diritto europeo che impone di riconoscere al lavoratore navigante in ferie una retribuzione corrispondente alla nozione europea di remunerazione delle ferie, in misura tale da garantire al lavoratore medesimo condizioni economiche paragonabili a quelle di cui gode quando esercita l’attività lavorativa (cfr. Cass. 23/06/2022 n. 20216).
9 .4. E’ opportuno poi rammentare, come già ritenuto nella sentenza da ultimo citata, ‘che le sentenze della Corte di Giustizia dell’UE hanno, infatti, efficacia vincolante, diretta e prevalente, sull’ordinamento nazionale’ sicché non può prescindersi dall’i nterpretazione data dalla Corte Europa che, quale interprete qualificata del diritto dell’unione, indica il significato ed i limiti di applicazione delle norme. Le sue sentenze, pregiudiziali o emesse in sede di verifica della validità di una disposizione UE, hanno perciò ‘valore di ulteriore fonte del diritto comunitario, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito della Comunità’ (cfr. Cass. n. 13425 del 2019 ed ivi la richiamata Cass. n. 22577 del 2012).
9 .5. Nell’applicare il diritto interno il giudice nazionale è tenuto ad una interpretazione per quanto possibile conforme alle finalità perseguite dal diritto dell’Unione nell’intento di conseguire il risultato prefissato dalla disciplina Eurounitaria confo rmandosi all’art. 288, comma 3, TFUE. L’esigenza di un’interpretazione conforme del diritto nazionale attiene infatti al sistema del Trattato FUE, in quanto permette ai giudici nazionali di assicurare, nell’ambito delle rispettive competenze, la piena e fficacia del diritto dell’Unione quando risolvono le controversie ad essi sottoposte (cfr. CGUE 13/11/1990 causa C106/89 Marleasing p. 8, CGUE 14/07/1994 causa C-91/92 COGNOME p. 26, CGUE 10/04/1984 causa C-14/83 von Colson p. 26, CGUE 28/06/2012 causa C-7/11 COGNOME p. 51, tutte citate da Cass. n. 22577 del 2012 alla cui più estesa motivazione si rinvia), obbligo che viene meno solo quando la norma interna appaia assolutamente incompatibile con quella Eurounitaria, ma non è questo il caso.
A questi principi si è attenuta la Corte di merito che, come ricordato, ha proceduto, correttamente, ad una verifica ex ante della potenzialità dissuasiva dell’eliminazione di voci economiche dalla retribuzione erogata durante le ferie al godimento delle stesse senza trascurare di considerare la pertinenza di tali compensi rispetto alle mansioni proprie della qualifica rivestita.
11 . Ritiene allora il Collegio che l’interpretazione delle norme collettive aziendali che regolano gli istituti di cui era stata chiesta l’inclusione nella retribuzione feriale oltre ad essere del tutto plausibile è in linea con le indicazioni provenienti dalla Corte di Lussemburgo ed in sintonia con la finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, che è innanzi tutto
quella di assicurare un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente all’esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale.
In particolare, circa l’indennità perequativa e l’indennità compensativa, l’argomento della ricorrente che fa leva sul dato che in tali indennità sarebbero confluite varie indennità precedenti corrisposte in occasione dello svolgimento delle mansioni con valore di rimborso spese è meramente assertivo, come il cenno ad un’indennità chilometrica.
12.1. In ogni caso, correttamente la Corte territoriale ha fatto riferimento alla natura di tali indennità come già conformate nella contrattazione di rango non nazionale, che veniva in considerazione.
12.1. Parimenti plausibile è la motivazione (già riferita in narrativa) resa dalla Corte territoriale circa l’indennità di turno.
Del resto, la ricorrente, a fronte delle argomentate osservazioni dei giudici di secondo grado, si limita ad assumere che ‘la correlazione tra l’indennità perequativa/compensativa, indennità di turno e lo svolgimento effettivo della prestazione non deve far ritenere che esse siano intrinsecamente collegate alla esecuzione di mansioni che il lavoratore è tenuto ad espletare in forza del proprio contratto di lavoro perché in tal modo, si attribuirebbe valore -ai fini dl computo delle ferie -anche a quelle voci che troverebbero nella prestazione -ai fini del computo delle ferie -anche a quelle voci che troverebbero nella prestazione una mera occasione (quale il lavoro domenicale pur citato impropriamente dalla Corte)’.
13.1. Si è all’evidenza in presenza di assunti proposti in chiave assertiva, avendo la Corte distrettuale accertato che
tutte le indennità in questione, per come conformate dalla contrattazione collettiva apposita, non trovavano di certo mera occasione nella prestazione lavorativa, ma erano immanenti nello svolgimento del rapporto lavorativo.
14. Il terzo motivo è privo di fondamento.
15. Le anomalie motivazionali che la ricorrente denuncia in tale censura non sussistono assolutamente, perché la Corte territoriale, ‘Quanto alla misura del riconoscimento’, ha considerato che ‘deve ritenersi preliminarmente, con riferimento alle contestazioni al conteggio, che nel conteggio vengono considerati solo i giorni ferie (nella misura media di gg. 26 annui) e non anche i 4 giorni di permesso, come lamentato da parte convenuta, attuale appellata’.
15.1. La Corte territoriale, infatti, ha formato il proprio convincimento sulla valutazione di uno specifico documento, che ha indicato, ossia, il conteggio di quanto richiesto prodotto sin dal primo grado dal lavoratore istante, e che peraltro la stessa C orte ha giudicato non altrimenti contestato dall’appellata.
16. Il quarto motivo è fondato.
In sintesi, secondo la ricorrente, nonostante non fosse stata impugnata dal lavoratore appellante la sentenza di primo grado per la parte in cui aveva rigettato la domanda con riferimento al premio di risultato, l’appellante aveva riproposto nell’atto di appello un conteggio che includeva anche il premio di risultato e la Corte d’appello aveva accolto la domanda in base a tale conteggio.
Erroneamente, infatti, la Corte territoriale ha considerato che: ‘Per il resto’, poteva ‘tenersi conto del conteggio in assenza di contestazioni specifiche’.
La Corte, infatti, non ha considerato che l’allora appellata, nel costituirsi in secondo grado, aveva dedotto e richiesto in via gradata di: ‘in caso anche di parziale accoglimento dell’appello, ridurre la somma maturata a favore del ricorrente essendo indicati nei conteggi: – il premio di risultato non oggetto del presente appello’ (cfr. pag. 29 della memoria di costituzione in appello, sub all. 10 al ricorso per cassazione).
Pertanto, la Corte, in violazione dell’art 112 c.p.c., non si è assolutamente espressa su tale precipua eccezione dell’appellata.
In definitiva, rigettati i primi tre motivi di ricorso, in accoglimento del quarto motivo, la sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio alla medesima Corte territoriale, che, in differente composizione, oltre a regolare le spese del giudizio di cassazione, dovrà esaminare la suindicata eccezione sollevata dall’attuale ricorrente in secondo grado .
P.Q.M
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, rigettati il primo, il secondo ed il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese de giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’11.2.2025.
La Presidente
NOME