Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11762 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11762 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2455-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 604/2023 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 19/07/2023 R.G.N. 253/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
11/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Oggetto
R.G.N.2455/2024
COGNOME
Rep.
Ud.11/02/2025
CC
la Corte di Appello di Milano, con la sentenza impugnata, ha rigettato l’appello proposto da Trenitalia S.p.a. avverso la sentenza n. 211 del 2023 con la quale il tribunale di Milano quale ha accertato e dichiarato la nullità dell’articolo 31 punto 5 dei Contratti aziendali, del 2012 e del 2016, del Gruppo Ferrovie dello Stato nella parte in cui limitano l’indennità di utilizzazione professionale giornaliera da corrispondere nelle giornate di ferie all’importo fisso di € 12,80 dichiarando, altresì, l’i napplicabilità dell’art. 77 punto 2.4 dei CCNL della mobilità Area Attività Ferroviarie, del 20 luglio 2012 e del 16 dicembre 2016, nella parte in cui si esclude l’indennità per assenza dalla residenza dal calcolo della retribuzione spettante per i periodi di ferie, dichiarando il diritto del ricorrente NOME COGNOME al pagamento di ciascuna giornate di ferie con una retribuzione comprensiva dell’indennità di assenza dalla residenza e l’indennità di utilizzazione professionale giornaliera calcolate sulla media dei compensi percepiti a tali titoli in ciascun anno di fruizione delle ferie, detratto l’importo fisso giornaliero medio tempore già riconosciuto e condannando Trenitalia S.p.A. a pagare al ricorrente le differenze retributive maturate a tale titolo, pari a complessivi € 2809,32 lordi, oltre accessori e spese.
Per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE con tre motivi; ha resistito con controricorso il lavoratore intimato. A seguito della proposta di definizione anticipata del ricorso RAGIONE_SOCIALE ha chiesto che lo stesso venisse deciso in applicazione dell’art. 380bis, 3 comma c.p.c . Parte ricorrente ha comunicato memoria. All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
i motivi di ricorso possono essere esposti secondo la sintesi offerta da parte ricorrente;
1.1.Con il primo motivo di ricorso Trenitalia deduce ai sensi dell’articolo 360, numero 3e c.p.c. la violazione falsa applicazione degli articoli 1418 e 1419 c.c. in relazione alle norme della contrattazione collettiva di primo e secondo livello applicate da Trenitalia per avere la Corte d’appello di Milano, ritenuto che le predette norme della contrattazione collettiva siano nulle perché in contrasto con i principi dettati dall’ordinamento comunitario ( articolo 7 della Direttiva 2003/88/CE, come interpretato dalle sentenze della Corte di Giustizia Europea) e interno ( articolo 36 costituzione, comma 3, articolo 2109 c.c. e articolo 10, d.lgs. legislativo 2003, numero 66) in materia di retribuzione delle giornate di ferie.
1.2. Con il secondo motivo, si deduce la violazione falsa e applicazione dell’articolo 1362 c.c. in relazione all’articolo 7 della Direttiva 2003/88/CE per non avere la Corte d’appello di Milano riconosciuto che le indennità di cui la contrattazione collettiva aziendale del gruppo FS esclude o limita l’incidenza sul trattamento retributivo feriale abbiano natura risarcitoria, indennitaria e/o occasionale e che, in quanto tali, non debbano incidere sul trattamento feriale.
1.3. Con il terzo motivo in via subordinata, si deduce la violazione falsa e applicazione degli articoli 2935 e 2948 n. 4 c.c. , degli articoli 3 e 4 del d.lgs. numero 81/2015 e dell’articolo 18 legge 300 del 70 come modificato dall’articolo 1, comma 42 della legge numero 92/2012, per avere la Corte d’appello di Milano ritenuto che il rapporto di lavoro a tempo indeterminato non sia oggi assistito da un regime di stabilità e che, conseguentemente, il termine di prescrizione dei crediti lavoro decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro.
2. I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per connessione, nonostante le osservazioni contenute nella memoria della ricorrente, attentamente esaminate, sono infondati nei sensi espressi da numerosi precedenti di questa Corte pronunciati in analoghi contenziosi e che si sono formati prima con la società RAGIONE_SOCIALE (tra molte, Cass. nn. 2963, 2682, 2680, 2431, 1141 del 2024) e, poi, sono stati ribaditi anche con l’odierna ricorrente (Cass. nn. 12008, 12046, 13932, 13972, 14089 del 2024; in conformità, tra le altre, Cass. n. 19992 del 2024; Cass. n. 19991 del 2024; Cass. n. 25840 del 2024);
in particolare, Cass. n. 14089 del 2024 si è pronunciata su sovrapponibili motivi di ricorso, cassando una pronuncia che non si era attenuta ai principi sopra indicati.
Tale orientamento è stato ulteriormente confermato in sede di pubblica udienza, nell’ambito di un procedimento ex art. 420 bis c.p.c. (v. Cass. n. 34088 del 2024), dove si è pure sottolineato che, una volta che l’interpretazione della regula iuris è stata e nunciata con l’intervento nomofilattico della Corte regolatrice essa ‘ha anche vocazione di stabilità, innegabilmente accentuata (in una corretta prospettiva di supporto al valore delle certezze del diritto) dalle novelle del 2006 (art. 374 c.p.c.) e 2009 (art. 360 bis c.p.c., n. 1)’ (Cass. SS.UU. n. 15144 del 2011), essendo da preferire – e conforme ad un economico funzionamento del sistema giudiziario – l’interpretazione sulla cui base si è, nel tempo, formata una pratica di applicazione stabile (cfr. Cass. SS.UU. n. 10864 del 2011); invero, la ricorrente affermazione nel senso della non vincolatività del precedente deve essere armonizzata con l’esigenza di garantire l’uniformità dell’interpretazione giurisprudenziale attraverso il ruolo svolto dalla Corte di Cassazione (Cass. SS.UU. n. 23675 del 2014), atteso che, in un sistema che valorizza l’affidabilità e la prevedibilità delle decisioni, il quale influisce positivamente
anche sulla riduzione del contenzioso, vi è l’esigenza ‘dell’osservanza dei precedenti e nell’ammettere mutamenti giurisprudenziali di orientamenti consolidati solo se giustificati da gravi ragioni’ (in termini: Cass. SS.UU. n. 11747 del 2019; conf. Cass. n. 2663 del 2022; Cass. n. 6668 del 2023.); esigenza ancora di recente ribadita dalle Sezioni unite di questa Corte, affermando che la “conoscenza” delle regole e, quindi, a monte, l’affidabilità, prevedibilità ed uniformità della relativa interpretazione costituisce imprescindibile presupposto di uguaglianza tra i cittadini (cfr. Cass. SS.UU. n. 8486 del 2024; in senso conforme: Cass. SS.UU. n. 29862 del 2022 e Cass. n. 33012 del 2022);
pertanto, a tali precedenti si rinvia integralmente ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.;
3.- il ricorso deve essere rigettato in sostanziale corrispondenza con la proposta di definizione anticipata ex art. 380-bis c.p.c.
4.- Il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate in dispositivo in favore della parte controricorrente.
Riguardo alle sanzioni previste dall’ultimo comma dell’art. 380bis c.p.c., stante l’esito giudiziale conforme alla proposta di definizione accelerata, nel senso ivi indicato, occorre applicare il terzo ed il quarto comma dell’art. 96 c.p.c. Alla prese nte pronuncia di rigetto del ricorso fa quindi seguito la condanna del ricorrente al pagamento di una somma equitativamente determinata ai sensi del terzo comma dell’art. 96 cod. proc. civ., nonché della sanzione di cui al successivo quarto comma, da versare alla Cassa delle Ammende, entrambe liquidate come in dispositivo.
Sussistono altresì le condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’articolo 13, comma 1 bis d.p.r. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in € 2000,00 per compensi e € 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% e agli altri oneri di legge. Condanna la ricorrente al pagamento in favore della controparte di una somma di € 1000 ex art. 96, 3° comma c.p.c., nonché a pagare in favore della cassa delle ammende la somma di € 1000 ex art. 96, 4 comma c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale dell’11.2.2025