Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15362 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 15362 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 15940-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOMECOGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, tutti domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti – ricorrenti incidentali –
Oggetto
Retribuzione durante le ferie
R.G.N.15940/2023
COGNOME
Rep.
Ud.11/02/2025
CC
avverso la sentenza n. 1768/2023 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 23/05/2023 R.G.N. 2868/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Napoli accoglieva l’appello proposto dai lavoratori sopra nominati contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 3580/2022 e, in riforma di detta sentenza, dichiarava il diritto degli appellanti a percepire, per ciascun giorno di ferie, una retribuzione comprensiva dell’indennità perequativa e dell’indennità compensativa; per l’effetto, condannava l’Ente Autonomo Volturno (in sigla RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle somme per ognuno dei lavoratori indicate, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, secondo indici ISTAT, dalla maturazione dei crediti al saldo; condannava l’RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate, quanto al primo grado, in comple ssivi € 2.109,00 per compensi e quanto al secondo grado in complessivi € 1.984,00 per compensi, oltre rimborso spese forfetarie, IVA e CPA come per legge, con attribuzione al procuratore anticipatario.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale richiamava anzitutto i principi espressi da questa Corte nella sent. n. 13425/2019 (e poi in Cass. n. 22401/2020), che aveva analiticamente esaminato la questione della retribuzione feriale in relazione alla normativa e alla giurisprudenza europea, con particolare riferimento alla incidenza su di essa delle voci retributive variabili; e, considerati gli accordi collettivi applicabili, osservava che, applicando i criteri ermeneutici di cui
agli artt. 1362 e ss. e considerando il tenore complessivo delle clausole (art. 1362 c.c.), oltre che la ratio ispiratrice della disciplina aziendale, non poteva che concludersi che l’indennità perequativa/compensativa -quantificata in considerazione di valori non collegati all’effettiva presenza del singolo lavoratore, prevista in misura fissa, pensionabile e calcolabile ai fini del TFR -era senza dubbio collegata all’esecuzione delle mansioni che il lavoratore è tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro sicché rientra a pieno titolo nella retribuzione da corrispondere anche nei periodi di ferie, secondo i principi invalsi nella giurisprudenza eurocomunitaria.
2.2. Infine, per la Corte la ricostruzione così operata non introduceva certamente un principio di onnicomprensività della retribuzione feriale.
Avverso tale decisione, l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Gli intimati hanno resistito con controricorso, contenente anche ricorso incidentale, a mezzo di unico motivo.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1363 c.c., in combinato disposto con l’art. 1362 c.c., in tema di interpretazione ermeneutica dell’Accordo Regionale del 16.12.2011 e dell’Accordo aziendale del 25.0 7.2012 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., nonché del CCNL Autoferrotranvieri del 27.11.2000, dell’art. 29 del CCNL autoferrotranvieri del 28.11.2015 e dell’art. 5 del CCNL del 23.07.1976 con contestuale illogicità dell’indennità
perequativa e compensativa dal trattamento economico corrisposto nelle giornate di ferie e di permesso’.
Con il secondo motivo denuncia ‘Nullità della sentenza o del procedimento, per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 4, per omesso esame dell’eccezione contenuta nella memoria di costituzione di appello, con cui l’Ente RAGIONE_SOCIALE ha chiesto dichiararsi la non spettanza ai lavoratori delle indennità perequativa e compensativa nelle giornate di permesso’.
Con unico motivo i ricorrenti incidentali denunciano ‘Ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, Violazione e/o falsa applicazione di legge dell’art. 92 c.p.c. e del D.M. 10/03/2014, n. 55, art. 4, per non aver applicato la maggiorazione del 30% ai soggetti ulteriori rispetto al primo e riconosciuto le spese del Contributo unificato, nonché, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la mancanza assoluta di motivazione in merito alle ragioni dell’omesso riconoscimento della maggiorazione di cui al citato comma 2 dell’art. 4 DM 55/2014 e delle spese vive’.
Il primo motivo del ricorso principale è infondato.
Rileva preliminarmente il Collegio che questa Sezione si è di nuovo espressa sulle questioni di diritto anche qui poste nelle recenti sent. n. 18160/2023, n. 19663/2023, n. 19711/2023, n. 19716/2023 in relazione a fattispecie concrete analoghe a quella ora in esame.
4.1. Inoltre, più di recente sono intervenute le ord. 27.9.2024, nn. 25840 e n. 25850, che hanno rigettato altrettanti ricorsi per cassazione di RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE contro sentenze
della medesima Corte d’appello di Napoli, circa le medesime questioni.
4.2 . Pertanto, anche ai sensi dell’art. 118, comma primo, disp. att. c.p.c., ai citati provvedimenti di legittimità si farà riferimento in questa sede.
Occorre allora premettere che la nozione di retribuzione da applicare durante il periodo di godimento delle ferie è fortemente influenzata dalla interpretazione data dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la quale, sin dalla sentenza Robinson Steele del 2006, ha p recisato che con l’espressione <> contenuta nell’art. 7, nr. 1, della direttiva nr. 88 del 2003 si vuole fare riferimento al fatto che, per la durata delle ferie annuali, <> la retribuzione con ciò intendendosi che il lavoratore deve percepire in tale periodo di riposo la retribuzione ordinaria (nello stesso senso CGUE 20 gennaio 2009 in C.350/06 e C-520/06, COGNOME e altri). Ciò che si è inteso assicurare è una situazione equiparabile a quella ordinaria del lavoratore in atto nei periodi di lavoro sul rilievo che una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie, il che sarebbe in contrasto con le prescrizioni del d iritto dell’Unione (cfr. C.G.U.E. Williams e altri, C-155/10 del 13 dicembre 2018 ed anche la causa To.He. del 13/12/2018, C-385/17). Qualsiasi incentivo o sollecitazione che risulti volto ad indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è infatti incompatibile con gli obiettivi del legislatore europeo che si propone di assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un’efficace tutela della loro salute e sicurezza (cfr. in questo senso anche la recente C.G.U.E. del 13/01/2022 nella causa C-514/20).
5.1. Di tali principi si è fatta interprete questa Corte che in più occasioni ha ribadito che la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE (con la quale sono state codificate, per motivi di chiarezza, le prescrizioni minime concernenti anche le ferie contenute nella direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, cfr. considerando 1 della direttiva 2003/88/CE, e recepita anch’essa con il d.lgs. n. 66 del 2003), per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo ‘status’ personale e professionale del lavoratore (cfr. Cass. 17/05/2019 n. 13425).
5.2. Anche con riguardo al compenso da erogare in ragione del mancato godimento delle ferie, pur nella diversa prospettiva cui l’indennità sostitutiva assolve, si è ritenuto che la retribuzione da utilizzare come parametro debba comprendere qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo ‘status’ personale e professionale del lavoratore (cfr. Cass, 30/11/2021 n. 37589).
5 .3. Proprio in applicazione della nozione c.d. ‘europea’ di retribuzione, nell’ambito del personale navigante dipendente di compagnia aerea, poi, si è chiarito che nel calcolo del compenso dovuto al lavoratore nel periodo minimo di ferie annuali di quattro settimane si deve tenere conto degli importi erogati a titolo di indennità di volo integrativa e a tal fine si è ritenuta la nullità della disposizione collettiva (l’art. 10 del c.c.n.l. Trasporto Aereo -sezione personale navigante tecnico) nella parte in cui la esclude per tale periodo minimo di ferie
evidenziandosi il contrasto con l’art. 4 del d.lgs. n. 185 del 2005 (decreto di attuazione della direttiva 2000/79/CE relativa all’Accordo europeo sull’organizzazione dell’orario di lavoro del personale di volo dell’aviazione civile) interpretando tale disposizione proprio alla luce del diritto europeo che impone di riconoscere al lavoratore navigante in ferie una retribuzione corrispondente alla nozione europea di remunerazione delle ferie, in misura tale da garantire al lavoratore medesimo condizioni economiche paragonabili a quelle di cui gode quando esercita l’attività lavorativa (cfr. Cass. 23/06/2022 n. 20216).
5 .4. E’ opportuno poi rammentare, come già ritenuto nella sentenza da ultimo citata, ‘che le sentenze della Corte di Giustizia dell’UE hanno, infatti, efficacia vincolante, diretta e prevalente, sull’ordinamento nazionale’ sicché non può prescindersi dall’i nterpretazione data dalla Corte Europa che, quale interprete qualificata del diritto dell’unione, indica il significato ed i limiti di applicazione delle norme. Le sue sentenze, pregiudiziali o emesse in sede di verifica della validità di una disposizione UE, hanno perciò ‘valore di ulteriore fonte del diritto comunitario, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito della Comunità’ (cfr. Cass. n. 13425 del 2019 ed ivi la richiamata Cass. n. 22577 del 2012).
5 .5. Nell’applicare il diritto interno il giudice nazionale è tenuto ad una interpretazione per quanto possibile conforme alle finalità perseguite dal diritto dell’Unione nell’intento di conseguire il risultato prefissato dalla disciplina Eurounitaria confo rmandosi all’art. 288, comma 3, TFUE. L’esigenza di un’interpretazione conforme del diritto nazionale attiene infatti al sistema del Trattato FUE, in quanto permette ai giudici
nazionali di assicurare, nell’ambito delle rispettive competenze, la piena efficacia del diritto dell’Unione quando risolvono le controversie ad essi sottoposte (cfr. CGUE 13/11/1990 causa C106/89 Marleasing p. 8, CGUE 14/07/1994 causa C-91/92 COGNOME p. 26, CGUE 10/04/1984 causa C-14/83 von Colson p. 26, CGUE 28/06/2012 causa C-7/11 COGNOME p. 51, tutte citate da Cass. n. 22577 del 2012 alla cui più estesa motivazione si rinvia), obbligo che viene meno solo quando la norma interna appaia assolutamente incompatibile con quella Eurounitaria, ma non è questo il caso.
A questi principi si è attenuta la Corte di merito che, come ricordato, ha proceduto, correttamente, ad una verifica ex ante della potenzialità dissuasiva dell’eliminazione di voci economiche dalla retribuzione erogata durante le ferie al godimento delle stesse senza trascurare di considerare la pertinenza di tali compensi rispetto alle mansioni proprie della qualifica rivestita.
7 . Ritiene allora il Collegio che l’interpretazione delle norme collettive aziendali che regolano gli istituti di cui era stata chiesta l’inclusione nella retribuzione feriale oltre ad essere del tutto plausibile è in linea con le indicazioni provenienti dalla Corte di Lussemburgo ed in sintonia con la finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, che è innanzi tutto quella di assicurare un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente all’esercizi o del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale.
In particolare, circa l’indennità perequativa e l’indennità compensativa, l’argomento della ricorrente che fa leva sul dato che in tali indennità sarebbero confluite varie indennità precedenti corrisposte in occasione dello svolgimento delle
mansioni con valore di rimborso spese è meramente assertivo, come il cenno ad un’indennità chilometrica.
8.1. In ogni caso, correttamente la Corte territoriale ha fatto riferimento alla natura di tali indennità come già conformate nella contrattazione di rango non nazionale, che veniva in considerazione.
Anche il secondo motivo è privo di fondamento.
Secondo un consolidato orientamento di questa Corte, la omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., essendo la stessa astrattamente configurabile da parte del giudice di appello solo ove sia allegata la totale carenza di considerazione di una domanda o di una eccezione -e non di una mera allegazione difensiva -sottoposta al suo esame con la formulazione di uno specifico motivo di gravame, e sempre che il medesimo giudice abbia mancato completamente di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo imp licito, di accoglimento o di rigetto, indispensabile alla soluzione del caso concreto ( ex multis Cass. n. 20555/2017).
Ebbene, nella specie, dal testo della decisione qui gravata emerge che la Corte territoriale aveva dato conto che le domande dei lavoratori riguardavano ‘tutte le 30 (o 31) giornate di ferie annuali sino ad allora godute’ (cfr. facciata 3 della sua sentenza).
5.1. La stessa Corte, quindi, come chiaramente espresso nel dispositivo di sentenza, ha accolto tali domande ‘per ciascun giorno di ferie’.
A fronte di tanto, deve ritenersi che l’eccezione che l’attuale ricorrente deduce di aver riproposto in secondo grado,
circa la distinzione tra giorni di ferie e quelli di permesso, che avrebbero natura diversa, sia stata implicitamente disattesa.
6.1. Del resto, la disposizione che la ricorrente principale richiama in proposito, ossia, l’art. 29 del CCNL del 2015, in tema di Festività soppresse, prevedeva testualmente che, in luogo delle indicate festività soppresse o differite ‘sono attribuiti 4 giorni di ferie o permesso retribuito da aggiungersi ai periodi a tale titolo riconosciuti dal CCNL’, sicché i 4 giorni in questione non necessariamente si configurano come ‘permessi retribuiti’ e possono essere goduti anche a titolo di ferie, per andare ad ‘aggiungersi ai periodi a tale titolo riconosciuti dal CCNL’, vale a dire, a seconda dell’anzianità di servizio, periodi annuali di 25 o 26 giorni. E, come si è visto, le domande accolte si riferivano a giornate di ferie annuali a tale titolo godute.
L’unico motivo del ricorso incidentale dei lavoratori, circa il regolamento delle spese del doppio grado di giudizio di merito, è privo di fondamento.
E’ ben vero che gli aumenti del compenso dell’avvocato previsti dall’art. 4, comma 2, d.l. n. 55/2014, in caso di difesa di pluralità di soggetti aventi identica posizione processuale, hanno carattere discrezionale, anche se è necessario motivare l’escl usione di tali incrementi (così, tra le altre, Cass., sez. II, 31.7.2020, n. 16512).
I ricorrenti incidentali, tuttavia, nel dedurre che la Corte territoriale non avrebbe ‘motivato le ragioni per cui ha ritenuto di non dover riconoscere l’aumento citato’, non considerano che in realtà la stessa Corte al punto 6) all’ultima pagina della propria decisione, circa le spese del doppio grado di giudizio, ha tenuto ‘conto anche della serialità del giudizio’; dato,
quest’ultimo, incontestato e incontestabile, avuto riguardo ai soli precedenti di legittimità richiamati in limine riferiti anche ad altre sentenze della medesima Corte territoriale sulle medesime questioni qui poste.
In ragione della reciproca soccombenza le spese del giudizio di cassazione possono essere integralmente compensate tra le parti. Queste sono, nondimeno, tenute al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale e per quello incidentale, ove dovuto.
P.Q.M
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale. Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e dei ricorrenti incidentali, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio