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Retribuzione ferie e incentivi: la decisione della Corte

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 284/2024, ha rigettato il ricorso di un’azienda di trasporti, confermando che nella retribuzione ferie devono essere incluse anche le indennità accessorie, come quelle per la condotta e la riserva. La decisione si fonda sul principio del diritto dell’Unione Europea secondo cui la paga durante le ferie deve essere tale da non dissuadere il lavoratore dal goderne. Inoltre, la Corte ha ribadito che la prescrizione dei crediti di lavoro decorre dalla fine del rapporto, a causa dell’indebolimento della stabilità del posto di lavoro introdotto dalle recenti riforme.

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Pubblicato il 16 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Retribuzione Ferie e Incentivi: La Cassazione Conferma i Diritti dei Lavoratori

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale per i diritti dei lavoratori: il calcolo della retribuzione ferie. La Corte ha stabilito che anche le indennità accessorie e variabili, strettamente legate all’attività lavorativa, devono essere incluse nel compenso erogato durante le vacanze. Questa decisione rafforza un principio fondamentale del diritto europeo: le ferie non devono comportare uno svantaggio economico per il dipendente.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dal ricorso di un gruppo di macchinisti contro la loro azienda, una nota società di trasporti ferroviari. I lavoratori lamentavano l’esclusione di alcune voci retributive incentivanti dal calcolo della loro paga durante le ferie. Nello specifico, si trattava di compensi per l’attività di condotta, per le giornate di riserva e per l’assenza dalla residenza. Secondo i dipendenti, questa esclusione, prevista da un accordo collettivo aziendale, comportava una significativa riduzione del loro stipendio durante le vacanze, disincentivandone di fatto il godimento.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello di Milano avevano dato ragione ai lavoratori, dichiarando la nullità delle clausole contrattuali e condannando l’azienda al pagamento delle differenze retributive maturate. L’azienda ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo la legittimità del proprio operato in base alla contrattazione collettiva e contestando l’applicazione diretta dei principi del diritto europeo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso dell’azienda, confermando le sentenze dei gradi precedenti. La decisione si basa su due pilastri argomentativi principali: il calcolo della retribuzione durante le ferie e la decorrenza della prescrizione dei crediti di lavoro.

Calcolo della Retribuzione Ferie e Diritto dell’Unione Europea

La Corte ha ribadito che l’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) in materia di ferie retribuite è vincolante per gli Stati membri. Il diritto alle ferie, sancito dalla Direttiva 2003/88/CE, non è solo un periodo di riposo, ma deve essere anche ‘retribuito’.

Secondo la CGUE, la retribuzione durante le ferie deve essere ‘ordinaria’, ovvero il lavoratore deve trovarsi in una situazione finanziaria comparabile a quella dei periodi di lavoro. Una diminuzione sensibile della retribuzione potrebbe infatti dissuadere il lavoratore dall’esercitare il proprio diritto al riposo, in contrasto con gli obiettivi di tutela della salute e sicurezza perseguiti dalla normativa europea.

Di conseguenza, qualsiasi importo pecuniario che sia intrinsecamente collegato all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore deve essere incluso nella retribuzione feriale. Le clausole di un contratto collettivo che escludono tali voci sono da considerarsi nulle perché in contrasto con una norma imperativa di derivazione europea.

La Decorrenza della Prescrizione

Un altro motivo di ricorso riguardava la prescrizione. L’azienda sosteneva che il diritto dei lavoratori a richiedere le differenze retributive fosse prescritto, poiché il termine di cinque anni doveva decorrere dalla maturazione di ogni singolo rateo mensile. La Cassazione ha respinto anche questa tesi, allineandosi a un suo recente e consolidato orientamento.

La Corte ha osservato che, a seguito delle riforme del mercato del lavoro (in particolare la Legge n. 92/2012, c.d. ‘Riforma Fornero’), il regime di stabilità del rapporto di lavoro a tempo indeterminato è stato indebolito. In un contesto di minore tutela contro il licenziamento, il lavoratore si trova in una condizione di ‘metus’ (timore reverenziale) nei confronti del datore di lavoro, che potrebbe scoraggiarlo dal far valere i propri diritti per paura di ritorsioni. Per questa ragione, il termine di prescrizione per i crediti di lavoro non decorre in costanza di rapporto, ma solo dalla sua cessazione.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la propria decisione richiamando il principio di ‘fedeltà ai precedenti’. La questione era già stata esaminata e risolta in casi analoghi, e in assenza di nuove ragioni, era doveroso conformarsi all’orientamento consolidato. I giudici hanno sottolineato come le sentenze della CGUE abbiano efficacia diretta e prevalente sull’ordinamento nazionale, agendo come una fonte del diritto comunitario. L’obiettivo è garantire l’uniforme interpretazione della legge e l’unità del diritto oggettivo nazionale.

La Corte d’Appello, secondo la Cassazione, ha correttamente applicato questi principi. Ha verificato ‘ex ante’ la potenziale dissuasività derivante dall’esclusione delle voci retributive, ha accertato la continuità della loro erogazione e la loro incidenza non residuale sul trattamento economico mensile. L’interpretazione delle norme collettive aziendali, pertanto, doveva essere allineata alla finalità della direttiva europea, garantendo un compenso che non costituisse un deterrente al godimento del riposo annuale.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma della tutela dei diritti dei lavoratori in materia di ferie e retribuzione. Stabilisce in modo inequivocabile che la paga durante le ferie non può essere ‘alleggerita’ di quelle componenti fisse e continuative, anche se definite ‘incentivanti’ o ‘accessorie’, che costituiscono parte integrante del normale trattamento economico del dipendente. Inoltre, solidifica il principio secondo cui la prescrizione dei crediti retributivi inizia a decorrere solo al termine del rapporto, offrendo una maggiore protezione al lavoratore in un quadro normativo caratterizzato da una minore stabilità occupazionale.

Quali elementi devono essere inclusi nel calcolo della retribuzione durante le ferie?
Secondo la Corte, la retribuzione durante le ferie deve includere qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento con l’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore. Lo scopo è garantire una paga comparabile a quella ordinaria per non disincentivare il godimento delle ferie.

Perché la Corte di Cassazione ha escluso l’applicazione della prescrizione breve durante il rapporto di lavoro?
La Corte ha stabilito che, a seguito delle riforme che hanno ridotto la stabilità del posto di lavoro (legge 92/2012), il lavoratore si trova in una posizione di debolezza che potrebbe impedirgli di far valere i propri diritti per timore di un licenziamento. Pertanto, la prescrizione dei crediti di lavoro decorre solo dalla cessazione del rapporto.

È possibile per un contratto collettivo nazionale escludere alcune voci retributive dal calcolo della paga per le ferie?
No. Se le voci retributive escluse sono intrinsecamente legate alla prestazione lavorativa e non sono meramente occasionali, la loro esclusione tramite contratto collettivo è illegittima. Le norme del diritto dell’Unione Europea, come interpretate dalla Corte di Giustizia, prevalgono sulla contrattazione collettiva nazionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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