Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11776 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11776 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2163-2023 proposto da:
FERROVIE DEL SUD EST E SERVIZI AUTOMOBILISTICI
RAGIONE_SOCIALE Società con socio unico, soggetta all’attività di direzione e coordinamento di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrenti –
Oggetto
Retribuzione feriale
R.G.N.2163/2023
COGNOME
Rep.
Ud.11/02/2025
CC
avverso la sentenza n. 568/2022 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 08/07/2022 R.G.N. 143/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Lecce, con la sentenza impugnata, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda, dei lavoratori in epigrafe, dipendenti di Ferrovie del Sud Est RAGIONE_SOCIALE volta a sentir dichiarare il diritto all’inclusione nella retribuzione feriale dei compensi maturati a titolo di indennità di trasferta e diaria ridotta, percorrenza, duplici mansioni, fuori nastro, guida 1 e 2 ed autosnodato, indennità tutte previste dalla contrattazione collettiva, con condanna della datrice di lavoro al pagamento delle differenze retributive dovute a tali titoli, nei limiti delle somme non prescritte;
per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso la società con due motivi; hanno resistito con controricorso gli intimati;
la Consigliera delegata ha proposto la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., rilevando la manifesta infondatezza dei motivi di impugnazione;
la società ricorrente, tramite difensore munito di nuova procura speciale, ha depositato nei termini istanza per chiedere la decisione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.; è stato, quindi, instaurato il procedimento in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.;
entrambe le parti hanno comunicato memorie;
all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
i motivi di ricorso possono essere esposti secondo la sintesi offerta da parte ricorrente;
1.1. il primo motivo denuncia: ‘violazione e/ o falsa applicazione dell’art. 36 comma 3 Cost., dell’art. 2109 c.c., art. 10 D. Lgs. 66/2003, dell’art. 7 Dir. 2003/88 CE (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.): A) inapplicabilità e comunque irriferibilità nell’ ordinamento italiano delle sentenze della Corte di Giustizia UE sulla retribuzione per ferie; istanza di rimessione alla CGUE ex art. 267 TFUE; B) in subordine, omessa limitazione del diritto alla retribuzione del solo periodo minimo di ferie retribuite st abilito dall’art. 7 Dir. 2003/88/CE – art. 10 D. lgs. 66/2003 nell’interpretazione datane dalla sentenza della Corte di Giustizia, sez. IV, 13/12/2018, n.385; C) in via ulteriormente gradata, anche sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.): omessa prova dell’effetto dissuasivo (pagg. 8 16)
1.2. il secondo motivo, in subordine, denuncia: ‘violazione e/ o falsa applicazione degli artt. 1 e 10 CCNL 12.03.1980 e artt. 3 e 5 CCNL 27.11.2000 in relazione all’art. 10 D. Lgs. 66/2003 ed all’art. 7 Dir. 2003/88 CE, sulla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. nell’interpretazione degli accordi collettivi aziendali del 7.7.1997, 3.02.1998, 9.06.1998, 19.11.2009 (in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.). Sulla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36 comma 3 Cost., de ll’art. 2109 c.c., art. 10 D. Lgs. 66/2003, dell’art. 7 Dir. 2003/88 CE, degli artt. 1, 10 CCNL 12.03.1980 e artt. 3 e 5
CCNL 27.11.200 in combinato disposto con gli artt. 20/A e 21/A T.U. 23.07.1976 e gli artt. 1362 e 1363 c.c. (in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.): erronea inclusione per intero nella retribuzione ferie delle indennità di trasferta e diaria ridott a’;
il ricorso non può trovare accoglimento per le ragioni già espresse da questa Corte su ricorsi analoghi proposti dalla medesima società (Cass. n. 11758, 11760 e 13321 del 2024, precedenti ai quali si rinvia, anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.);
i due motivi possono essere esaminati congiuntamente, per reciproca connessione, dichiarando la loro infondatezza alla stregua della giurisprudenza di legittimità che si è andata consolidando (cfr. Cass. nn. 18160, 19663, 19711, 19716 del 2023; in conformità: Cass. n. 35146 del 2023; Cass. n. 2963 del 2024; Cass. n. 2431 del 2024; v., altresì, Cass. nn. 12008, 12046, 13932, 13972, 14089, 19992, 25840 del 2024 e Cass. n. 2487 del 2025);
è stato più volte ribadito dal predetto indirizzo che la nozione di retribuzione durante il periodo di godimento delle ferie è influenzata dalla interpretazione data dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenze Robinson Steele del 2006; COGNOME e altri, 20.1.2009, cause C-350/06 e C520/06; COGNOME e altri, 13.12.2018, C-155/10; To.He., 13.12.2018, C385/17), la quale ha inteso assicurare al lavoratore una situazione che, a livello retributivo, sia sostanzialmente equiparabile a quella ordinaria erogata nei periodi di lavoro, sul rilievo che una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie, il che sarebbe in contrasto con le prescrizioni del diritto dell’Unione; qualsiasi incentivo o sollecitazione che risulti volto ad indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è infatti
incompatibile con gli obiettivi del legislatore europeo che si propone di assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un’efficace tutela della loro salute e sicurezza (cfr., in questo senso, C.G.U.E. 13.1.2022, C514/20); è poi pacifico che le sentenze della Corte di Giustizia dell’UE hanno efficacia vincolante, diretta e prevalente sull’ordinamento nazionale, così come confermato dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 168/1981 e n. 170/1984, ed hanno perciò ‘valore di ulteriore fonte del diritto comunitario, non nel senso che esse creino ex novo norme comunitarie, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito della Comunità’ (cfr. Cass. n. 13425 del 2019 e Cass. n. 22577 del 2012);
di tali principi si è fatta interprete questa Corte che, in più occasioni, ha sancito che la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo “status” personale e professionale del lavoratore (cfr. Cass. n. 13425 del 2019; Cass. n. 37589 del 2021);
tale orientamento è stato ulteriormente confermato in sede di pubblica udienza, nell’ambito di un procedimento ex art. 420 bis c.p.c. (v. Cass. n. 34088 del 2024), dove si è pure sottolineato che, una volta che l’interpretazione della regula iuris è stata enunciata con l’intervento nomofilattico della Corte regolatrice essa ‘ha anche vocazione di stabilità, innegabilmente accentuata (in una corretta prospettiva di supporto al valore delle certezze del diritto) dalle novelle del 2006 (art. 374 c.p.c.) e 2009 (art. 360 bis c.p.c., n. 1)’ (Cass. SS.UU. n. 15144 del 2011), essendo da preferire – e conforme ad un economico
funzionamento del sistema giudiziario – l’interpretazione sulla cui base si è, nel tempo, formata una pratica di applicazione stabile (cfr. Cass. SS.UU. n. 10864 del 2011); invero, la ricorrente affermazione nel senso della non vincolatività del precedente deve essere armonizzata con l’esigenza di garantire l’uniformità dell’interpretazione giurisprudenziale attraverso il ruolo svolto dalla Corte di Cassazione (Cass. SS.UU. n. 23675 del 2014), atteso che, in un sistema che valorizza l’affidabilità e la prevedibilità delle decisioni, il quale influisce positivamente anche sulla riduzione del contenzioso, vi è l’esigenza ‘dell’osservanza dei precedenti e nell’ammettere mutamenti giurisprudenziali di orientamenti consolidati solo se giustificati da gravi ragion i’ (in termini: Cass. SS.UU. n. 11747 del 2019; conf. Cass. n. 2663 del 2022; Cass. n. 6668 del 2023.); esigenza ancora di recente ribadita dalle Sezioni unite di questa Corte, affermando che la “conoscenza” delle regole e, quindi, a monte, l’affidabilità, prevedibilità ed uniformità della relativa interpretazione costituisce imprescindibile presupposto di uguaglianza tra i cittadini (cfr. Cass. SS.UU. n. 8486 del 2024; in senso conforme: Cass. SS.UU. n. 29862 del 2022 e Cass. n. 33012 del 2022);
il Collegio reputa che la sentenza impugnata, confermando la decisione di primo grado, sia conforme ai princìpi enunciati e in linea con la finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, di assicurare un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente all’esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale, mentre le censure proposte non evidenziano vizi idonei a determinarne la cassazione;
pertanto, il ricorso deve essere respinto nel suo complesso, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da
dispositivo, con attribuzione all’Avv. NOME che si è dichiarato antistatario;
considerato che la trattazione del ricorso è stata chiesta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. a seguito di proposta di definizione anticipata e che il giudizio viene definito in conformità alla proposta, occorre applicare l’art. 96, commi 3 e 4, c.p.c., come previsto dal comma quarto del citato art. 380-bis c.p.c. (cfr. Cass. SS.UU. n. 10955 del 2024), non ravvisando, il Collegio, ragioni per discostarsi nella specie dalla suddetta previsione legale (cfr. Cass. SS.UU. n. 36069 del 2023);
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 4.200,00, oltre esborsi per euro 200,00, accessori secondo legge e rimborso spese forfettario nella misura del 15%, da distrarsi; condanna parte ricorrente ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. al pagamento della somma di euro 2.100,00 in favore di parte controricorrente e, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c. al pagamento della somma di euro 2.100,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale dell’11 febbraio