Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11778 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11778 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 14268-2022 proposto da:
FERROVIE DEL SUD EST E SERVIZI AUTOMOBILISTICI
RAGIONE_SOCIALE Società con socio unico, soggetta all’attività di direzione e coordinamento di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO NOME COGNOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrenti –
Oggetto
Retribuzione feriale
R.G.N.14268/2022
COGNOME
Rep.
Ud.11/02/2025
CC
avverso la sentenza n. 1143/2021 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 10/12/2021 R.G.N. 300/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Lecce, con la sentenza impugnata, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda, dei lavoratori in epigrafe, dipendenti di Ferrovie del Sud Est RAGIONE_SOCIALE volta a sentir dichiarare il diritto all’inclusione nella retribuzione feriale dei compensi maturati a titolo di indennità di trasferta e diaria ridotta, percorrenza, duplici mansioni, fuori nastro, guida 1 e 2 ed autosnodato, indennità tutte previste dalla contrattazione collettiva, con condanna della datrice di lavoro al pagamento delle differenze retributive dovute a tali titoli, nei limiti delle somme non prescritte;
per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso la società con sette motivi; hanno resistito con controricorso gli intimati;
la Consigliera delegata ha proposto la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., rilevando la manifesta infondatezza dei motivi di impugnazione;
la società ricorrente, tramite difensore munito di nuova procura speciale, ha depositato nei termini istanza per chiedere la decisione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.; è stato, quindi, instaurato il procedimento in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.;
entrambe le parti hanno comunicato memorie;
all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
i motivi di ricorso possono essere esposti secondo la sintesi offerta da parte ricorrente;
1.1. il primo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 36, comma, 3, Cost., dell’art. 2109, comma 2, c.c., degli artt. 1018 bis d. lgs. n. 66/2003, in relazione all’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, come interpretato dalla CGUE, in quanto la sentenza impugnata avrebbe erroneamente incluso nella retribuzione feriale le indennità oggetto di giudizio per evitare un effetto dissuasivo all’esercizio del diritto alle ferie, mentre la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare che nel nostro ordinamento le ferie rappresentano un diritto costituzionalmente garantito e irrinunciabile;
1.2. con il secondo, in via gradata, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, come interpretato dalla CGUE, sostenendo che la controparte non aveva assolto all’o nere, sulla medesima incombente, di dimostrare che il mancato computo delle indennità in oggetto avevano negativamente inciso sull’effettivo esercizio del diritto alle ferie, oltre che di dimostrare che dette indennità avessero le caratteristiche enucleate dalla Corte di Giustizia per essere computate nella retribuzione per ferie;
1.3. col terzo mezzo si deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. in relazione agli accordi aziendali che disciplinano le indennità incluse nella retribuzione feriale ed
in forza della Direttiva 2003/88/CE, come interpretato dalla CGUE;
1.4. con il quarto motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 20 e 21 del CCNL 23.7.1976, in relazione all’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, come interpretato dalla CGUE, criticando la sentenza impugnata per avere incluso, nella retribu zione spettante per il periodo feriale, l’indennità di trasferta e diaria ridotta;
1.5. col quinto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del CCNL 23.7.1976 e 12.3.1980, in relazione all’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, come interpretato dalla CGUE, per avere la Corte territoriale incluso nel corrispettivo per le ferie le indennità oggetto del giudizio in violazione delle disposizioni della contrattazione collettiva disciplinanti la struttura della retribuzione;
1.6. con il sesto motivo si denuncia violazione degli artt. 36 e 39 Cost., dell’art. 12 CCNL 27 novembre 2000, in relazione all’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, come interpretato dalla CGUE, perché la Corte leccese non avrebbe tenuto conto che nel nostro ordinamento non esiste un principio di onnicomprensività e che la disciplina della retribuzione è affidata all’autonomia collettiva;
1.7. il settimo ed ultimo motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 10, comma 1, CCNL 12 marzo 1980 e dell’art. 5, CCNL 27 novembre 2000, in relazione all’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, come interpretato dalla CGUE, lamentando, in via gradata, che la sentenza impugnata, pur riconoscendo che la nozione europea di retribuzione feriale è commisurata alla misura minima di quattro settimane annue, avrebbe poi riconosciuto il diritto al ricalcolo della retribuzione feriale commisurandolo alle maggiori ferie godute dai ricorrenti;
il ricorso non può trovare accoglimento per le ragioni già espresse da questa Corte su ricorsi analoghi proposti dalla medesima società (Cass. n. 11758, 11760 e 13321 del 2024, precedenti ai quali si rinvia, anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.);
2.1. i primi sei motivi possono essere esaminati congiuntamente, per reciproca connessione, dichiarando la loro infondatezza alla stregua della giurisprudenza di legittimità che si è andata consolidando (cfr. Cass. nn. 18160, 19663, 19711, 19716 del 2023; in conformità: Cass. n. 35146 del 2023; Cass. n. 2963 del 2024; Cass. n. 2431 del 2024; v., altresì, Cass. nn. 12008, 12046, 13932, 13972, 14089, 19992, 25840 del 2024 e Cass. n. 2487 del 2025);
è stato più volte ribadito dal predetto indirizzo che la nozione di retribuzione durante il periodo di godimento delle ferie è influenzata dalla interpretazione data dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenze Robinson Steele del 2006; COGNOME e altri, 20.1.2009, cause C-350/06 e C520/06; COGNOME e altri, 13.12.2018, C-155/10; To.He., 13.12.2018, C385/17), la quale ha inteso assicurare al lavoratore una situazione che, a livello retributivo, sia sostanzialmente equiparabile a quella ordinaria erogata nei periodi di lavoro, sul rilievo che una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie, il che sarebbe in contrasto con le prescrizioni del diritto dell’Unione; qualsiasi incentivo o sollecitazione che risulti volto ad indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è infatti incompatibile con gli obiettivi del legislatore europeo che si propone di assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un’ef ficace tutela della loro salute e sicurezza (cfr., in questo senso, C.G.U.E. 13.1.2022, C514/20);
è poi pacifico che le sentenze della Corte di Giustizia dell’UE hanno efficacia vincolante, diretta e prevalente sull’ordinamento nazionale, così come confermato dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 168/1981 e n. 170/1984, ed hanno perciò ‘valore di ulteriore fonte del diritto comunitario, non nel senso che esse creino ex novo norme comunitarie, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito della Comunità’ (cfr. Cass. n. 13425 del 2019 e Cass. n. 22577 del 2012);
di tali principi si è fatta interprete questa Corte che, in più occasioni, ha sancito che la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo “status” personale e professionale del lavoratore (cfr. Cass. n. 13425 del 2019; Cass. n. 37589 del 2021);
tale orientamento è stato ulteriormente confermato in sede di pubblica udienza, nell’ambito di un procedimento ex art. 420 bis c.p.c. (v. Cass. n. 34088 del 2024), dove si è pure sottolineato che, una volta che l’interpretazione della regula iuris è stata enunciata con l’intervento nomofilattico della Corte regolatrice essa ‘ha anche vocazione di stabilità, innegabilmente accentuata (in una corretta prospettiva di supporto al valore delle certezze del diritto) dalle novelle del 2006 (art. 374 c.p.c.) e 2009 (art. 360 bis c.p.c., n. 1)’ (Cass. SS.UU. n. 15144 del 2011), essendo da preferire – e conforme ad un economico funzionamento del sistema giudiziario – l’interpretazione sulla cui base si è, nel tempo, formata una pratica di applicazione stabile (cfr. Cass. SS.UU. n. 10864 del 2011); invero, la ricorrente affermazione nel senso della non vincolatività del
precedente deve essere armonizzata con l’esigenza di garantire l’uniformità dell’interpretazione giurisprudenziale attraverso il ruolo svolto dalla Corte di Cassazione (Cass. SS.UU. n. 23675 del 2014), atteso che, in un sistema che valorizza l’affidabilità e la prevedibilità delle decisioni, il quale influisce positivamente anche sulla riduzione del contenzioso, vi è l’esigenza ‘dell’osservanza dei precedenti e nell’ammettere mutamenti giurisprudenziali di orientamenti consolidati solo se giustificati da gr avi ragioni’ (in termini: Cass. SS.UU. n. 11747 del 2019; conf. Cass. n. 2663 del 2022; Cass. n. 6668 del 2023.); esigenza ancora di recente ribadita dalle Sezioni unite di questa Corte, affermando che la “conoscenza” delle regole e, quindi, a monte, l’affidabilità, prevedibilità ed uniformità della relativa interpretazione costituisce imprescindibile presupposto di uguaglianza tra i cittadini (cfr. Cass. SS.UU. n. 8486 del 2024; in senso conforme: Cass. SS.UU. n. 29862 del 2022 e Cass. n. 33012 del 2022);
il Collegio reputa che la sentenza impugnata, confermando la decisione di primo grado, sia conforme ai princìpi enunciati e in linea con la finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, di assicurare un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente all’esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale, mentre le censure proposte non evidenziano vizi idonei a determinarne la cassazione;
2.2. l’ultimo motivo di ricorso è inammissibile per il suo carattere di novità, in quanto a fronte della conferma in appello della sentenza di primo grado, parte ricorrente non illustra come la questione del numero di giorni di ferie su cui computare l’inclusione delle indennità richieste fosse stata devoluta al giudice del gravame;
3. pertanto, il ricorso deve essere respinto nel suo complesso, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo, con attribuzione all’Avv. NOME che si è dichiarato antistatario;
considerato che la trattazione del ricorso è stata chiesta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. a seguito di proposta di definizione anticipata e che il giudizio viene definito in conformità alla proposta, occorre applicare l’art. 96, commi 3 e 4, c.p.c., come previsto dal comma quarto del citato art. 380-bis c.p.c. (cfr. Cass. SS.UU. n. 10955 del 2024), non ravvisando, il Collegio, ragioni per discostarsi nella specie dalla suddetta previsione legale (cfr. Cass. SS.UU. n. 36069 del 2023);
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 4.200,00, oltre esborsi per euro 200,00, accessori secondo legge e rimborso spese forfettario nella misura del 15%, da distrarsi; condanna parte ricorrente ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. al pagamento della somma di euro 2.100,00 in favore di parte controricorrente e, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c. al pagamento della somma di euro 2.100,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale dell’11 febbraio