Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20598 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20598 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20516-2023 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME COGNOME, COGNOME NOMECOGNOME nella qualità di eredi di COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME tutti rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA RAGIONE_SOCIALE “NOME COGNOME” DI PALERMO;
– intimata –
Oggetto
LAVORO PUBBLICO
R.G.N. 20516/2023
Ud. 03/06/2025 CC
avverso la sentenza n. 326/2023 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 18/04/2023 R.G.N. 558/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
Fatti di causa:
1. I ricorrenti indicati in epigrafe hanno adito il Tribunale di Palermo deducendo di essere o essere stati dipendenti dell’Azienda con le qualifiche precisate in ricorso e di avere svolto attività lavorativa all’interno del Centro trasfusionale; che con decreto assessoriale del 15.12.2010 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia del 14.01.2011 recante «Interventi a supporto della plasmaproduzione e tariffe di trasferimento degli emoderivati» l’Assessore per la salute, aveva previsto un incentivo in favore dei centri trasfusionali che si occupano della lavorazione del plasma con « l’obiettivo di assicurare sul territorio regionale la disponibilità di prodotti emoderivati anche attraverso l’incentivazione alla maggiore produzione di plasma nei centri trasfusionali»; che in particolare, l’art. 4 comma 1, lettere b ), c), d) ed e) del D.A. 15.12.2010 prevede una percentuale del 17% in favore del personale del centro trasfusionale; che l’Azienda non aveva corrisposto il previsto compenso, pari al 17% della quota di incentivazione, incorrendo così in una evidente omissione. dell’art. 4 comma 1, lettere b ricorrenti per il periodo gennaio 2013 –
Tanto premesso i ricorrenti chiedevano di accertare e dichiarare il loro diritto «a percepire il compenso incentivante ai sensi ), c), d) ed e) del D.A. 15.12.2010; per l’effetto condannare l’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “Paolo COGNOME» di Palermo a corrispondere ai dicembre 2017 le somme maturate. L’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Paolo COGNOME di Palermo si costituiva chiedendo il rigetto del
ricorso. Il Tribunale di Palermo, sezione lavoro, rigettava il ricorso.
Avverso detta pronuncia proponevano appello gli odierni ricorrenti. L’Azienda Ospedaliera si costituiva chiedendo il rigetto della impugnazione. La Corte di Appello di Palermo, sezione lavoro, con la sentenza n. 326/2023 depositata il 18/04/2023, rigettava l’appello.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i ricorrenti indicati in epigrafe articolando due motivi. L’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Pa INDIRIZZO di Palermo si è costituita con controricorso e ha chiesto il rigetto dell’impugnazione .
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 3 giugno 2025.
Ragioni della decisione:
Con il primo motivo di ricorso la difesa dei ricorrenti deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’ art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. in riferimento all’art. 4 , comma 1, lettere b), c), d), ed e) del D.A. 15.12.2010 perché la sentenza impugnata avrebbe errato nel ritenere che il decreto assessoriale invocato dai ricorrenti fosse inidoneo a fondare una pretesa retributiva e creditoria per l’incentivo richiesto e tanto per la sua posizione nella gerarchia delle fonti e per il concreto tenore letterale del decreto.
Il primo motivo è infondato. La sentenza della Corte di Appello è incensurabile nelle premesse, che individuano le fonti del diritto alla retribuzione del dipendente pubblico nella legge e nei contratti collettivi in applicazione del principio di legalità e di onnicomprensività della retribuzione ed è esatta circa l’interpretazione fornita al decreto invocato dai ricorrenti, così escludendo che esso possa costituire in astratto, e di per sé solo,
una fonte della retribuzione dei pubblici dipendenti sia per la sua natura, di atto amministrativo, sia per la sua posizione nella gerarchia delle fonti.
2.1. La sentenza impugnata va esente da censure anche nella parte in cui nega, in ragione del tenore letterale del decreto, che su di esso possa fondarsi per i dipendenti dei centri trasfusionali un diritto di credito, atteso che lo stesso disciplina la ripartizione di fondi tra Asl e enti trasfusionali in relazione agli obiettivi da raggiungere e non la retribuzione dei lavoratori.
2.2. Assumono rilievo nella prospettiva del rigetto del ricorso le argomentazioni spese da questa Corte nei precedenti (Cass. 31806/2024; Cass. 31853/2024) che parimenti hanno respinto pretese a retribuzioni incentivanti di dipendenti di centri trasfusionali non fondate su adeguata base normativa e declinazione in seno al c.c.n.l..
2.3. Questa Corte ha già escluso la fondatezza delle pretese che non trovino riscontro a livello della normativa primaria e secondaria e dei contratti collettivi di lavoro, uniche fonti abilitate a definire il trattamento economico nel pubblico impiego (artt. 24 e 45 d.lgs. n. 165 del 2001). In proposito è stata esclusa anche l’autonoma rilevanza del «decreto del Ministero della Sanità 1°.9.1995 (contenente la disciplina dei rapporti tra le strutture pubbliche provviste di servizi trasfusionali e quelle pubbliche e private, accreditate e non accreditate, dotate di frigoemoteche), perchè disposizione di rango sublegislativo e non contrattuale che prevede la fatturazione di un contributo, pari al 20% dell’importo complessivo delle altre voci esposte in fattura, destinato però a remunerare, non direttamente i lavoratori coinvolti nel servizio, bensì le spese di funzionamento generale della struttura
trasfusionale produttiva della prestazione e della consulenza tecnicoscientifica fornita».
2.4. Deve, in definitiva, ribadirsi che il trattamento economico dei pubblici impiegati deve essere quello previsto dai contratti collettivi e non può essere incrementato in forza di un atto amministrativo (artt. 24 e 45 d.lgs. n. 165 del 2001).
Con il secondo motivo di ricorso la difesa dei ricorrenti deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’ art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. in riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c. per travisamento dei fatti ed errata valutazione delle prove documentali riguardanti la nota prot. n.129/2018 del 13/04/2018. La difesa dei ricorrenti critica «la impugnata sentenza nella parte in cui ha ritenuto del tutto irrilevante la nota prot. n.129/2018 del 13.4.2018 con la quale il Dirigente del centro RAGIONE_SOCIALE ha proceduto ad individuare i criteri di ripartizione dei compensi e le spettanze per il personale addetto, giacché (a prescindere dal contegno assunto dall’Azienda) trattasi di atto sfornito (come si è detto) di copertura normativa».
3.1. Il secondo motivo è inammissibile perché deduce travisamento di una prova ma non descrive alcun travisamento della prova, piuttosto critica una valutazione della prova effettuata dal giudice di merito il quale, ravvisata l’insussistenza di qualsiasi fonte normativa del preteso credito retributivo, ha ritenuto irrilevante l’atto interno relativo a una eventuale ripartizione. Si tratta di valutazione, peraltro corretta quanto alla sua base normativa e concettuale per quanto esposto in sede di esame del primo motivo, che deve andare esente da censure perché si tratta, appunto, di un atto interno e inidoneo a fondare pretese retributive.
Il ricorso deve, allora, essere respinto.
Nulla per le spese in difetto di costituzione dell’Amministrazione .
P.Q.M.
rigetta il ricorso, nulla per le spese, a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione