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Retribuzione di risultato: no a bonus se mancano criteri

Un dirigente pubblico ha citato in giudizio il suo ente per una retribuzione di risultato ritenuta troppo bassa, lamentando la mancata definizione preventiva dei criteri di valutazione. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che un vizio procedurale da parte del datore di lavoro non conferisce automaticamente al dipendente il diritto a un punteggio superiore o al risarcimento per perdita di chance. È onere del lavoratore dimostrare il raggiungimento effettivo degli obiettivi.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Retribuzione di Risultato: La Mancata Fissazione degli Obiettivi Non Garantisce il Bonus Massimo

L’erogazione della retribuzione di risultato è un tema centrale nel diritto del lavoro, specialmente nel settore pubblico. Questa componente variabile dello stipendio è pensata per premiare il merito e incentivare il raggiungimento degli obiettivi. Ma cosa succede se il datore di lavoro non rispetta le regole procedurali, come la definizione preventiva dei criteri di valutazione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 4258/2024) offre chiarimenti fondamentali, stabilendo che un vizio di forma non si traduce in un diritto automatico al compenso per il dipendente.

I Fatti di Causa

Un dirigente di un ente pubblico lamentava di aver ricevuto una retribuzione di risultato inferiore a quanto, a suo dire, gli spettasse per le annualità 2006 e 2007. Il cuore della sua doglianza risiedeva nel fatto che l’amministrazione non aveva definito preventivamente né gli obiettivi specifici da raggiungere né i criteri con cui la sua performance sarebbe stata valutata, violando così le norme del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL).

Sostenendo di aver pienamente raggiunto i suoi obiettivi, il dirigente aveva richiesto in giudizio l’attribuzione del punteggio massimo e, di conseguenza, il pagamento delle differenze retributive. In subordine, chiedeva anche un risarcimento per la perdita di chance professionali e di carriera.

La Corte d’Appello aveva già respinto le sue richieste, ritenendo che, seppur con qualche ritardo, i criteri di valutazione fossero stati individuati e concordati con le organizzazioni sindacali. Il caso è quindi approdato dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte: la Retribuzione di Risultato non è Automatica

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso del dirigente inammissibile, confermando la decisione dei giudici di secondo grado. Il principio chiave emerso dalla sentenza è tanto semplice quanto rigoroso: la violazione delle norme procedurali sulla valutazione da parte del datore di lavoro non è, di per sé, sufficiente a fondare il diritto del lavoratore a ottenere la retribuzione di risultato nella misura massima richiesta.

Secondo i giudici, il ricorso del dirigente mirava a ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, un’operazione preclusa in sede di legittimità. La Cassazione, infatti, non è un “terzo grado di merito” e non può sostituire il proprio giudizio a quello dei tribunali che hanno esaminato la causa nel dettaglio.

La Violazione Procedurale è Irrilevante per la Richiesta del Bonus

Il punto centrale della decisione riguarda l’effetto della mancata assegnazione preventiva dei parametri di valutazione. La Corte ha chiarito che, sebbene sia corretto che obiettivi e criteri debbano essere stabiliti prima del periodo di valutazione, l’inadempimento di questo obbligo da parte dell’ente non fa scattare automaticamente il diritto del dipendente a un punteggio superiore. In altre parole, l’errore procedurale dell’amministrazione non può trasformarsi in un automatico accoglimento della pretesa economica del lavoratore.

Onere della Prova e Perdita di Chance

Anche la richiesta di risarcimento per perdita di chance è stata respinta. La Corte ha ribadito un orientamento consolidato: per ottenere un risarcimento, non è sufficiente lamentare la mancata adozione di un sistema di valutazione. Il dipendente deve fare di più: deve specificare quali obiettivi avrebbe raggiunto e fornire prove concrete (in caso di contestazione) del loro conseguimento. Nel caso di specie, il dirigente non aveva fornito elementi sufficienti a dimostrare che una diversa ponderazione degli obiettivi o una procedura formalmente impeccabile avrebbero portato a un esito diverso e a un punteggio più alto.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Cassazione si fonda su una netta distinzione tra la regolarità formale del procedimento di valutazione e il diritto sostanziale alla retribuzione. Il diritto al bonus non deriva dalla correttezza della procedura, ma dal raggiungimento effettivo dei risultati. Un’eventuale irregolarità procedurale resta tale, ma non può “sanare” la mancanza di prova sul merito della prestazione.

Inoltre, la Corte ha respinto la critica secondo cui la sentenza d’appello avesse una “motivazione apparente” per aver riportato stralci della relazione dell’organo di valutazione. I giudici hanno chiarito che questa tecnica redazionale è legittima, a patto che le ragioni della decisione risultino chiare, univoche e attribuibili all’organo giudicante, come avvenuto nel caso in esame.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale in materia di retribuzione di risultato: il diritto al premio è ancorato alla performance e non ai vizi procedurali. Per un lavoratore che si ritiene ingiustamente penalizzato, non è sufficiente attaccare le modalità di valutazione adottate dal datore di lavoro. È indispensabile costruire una solida base probatoria che dimostri, al di là di ogni dubbio, il concreto raggiungimento degli obiettivi che giustificherebbero un compenso maggiore. La sentenza serve da monito: la forma è importante, ma in tribunale è la sostanza della prestazione che conta.

Se il datore di lavoro non fissa in anticipo gli obiettivi, ho automaticamente diritto alla retribuzione di risultato massima?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la violazione delle norme procedurali sulla definizione preventiva di obiettivi e criteri non conferisce automaticamente al lavoratore il diritto di ottenere il punteggio massimo o l’importo richiesto. L’errore formale del datore non si traduce in un diritto sostanziale per il dipendente.

Per chiedere un risarcimento per perdita di chance a causa di una valutazione irregolare, cosa devo dimostrare?
Non è sufficiente lamentare l’irregolarità della procedura di valutazione. Il lavoratore deve anche specificare quale fosse l’obiettivo della sua posizione, allegare e, se contestato, dimostrare di aver effettivamente raggiunto tale risultato, nonostante la mancanza di una valutazione formale o corretta da parte del datore di lavoro.

La Corte di Cassazione può riesaminare nel merito le prove di una causa?
No. Il giudizio in Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. La Corte non può rivalutare i fatti storici o le prove già esaminate dai giudici dei gradi precedenti, ma solo verificare la corretta applicazione delle norme di legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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