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Retribuzione di risultato: diritto o risarcimento?

Una dipendente pubblica ha richiesto il pagamento della retribuzione di risultato, nonostante l’ente non avesse fissato gli obiettivi annuali. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’inerzia del datore di lavoro costituisce un inadempimento contrattuale che non dà diritto al pagamento diretto del premio, ma al risarcimento del danno per perdita di chance. La domanda della lavoratrice, volta a ottenere l’adempimento e non il risarcimento, è stata quindi respinta.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Retribuzione di risultato: cosa spetta se l’azienda non fissa gli obiettivi?

La retribuzione di risultato rappresenta una componente sempre più diffusa nei rapporti di lavoro, specialmente nel pubblico impiego privatizzato. Ma cosa accade se il datore di lavoro omette di fissare gli obiettivi necessari per ottenerla? Il lavoratore ha diritto automaticamente al pagamento o deve percorrere un’altra via legale? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale, distinguendo tra il diritto all’adempimento e il diritto al risarcimento del danno.

I Fatti del Caso

Una dirigente di un’Azienda pubblica di Servizi alla Persona si rivolgeva al Tribunale per ottenere il pagamento della retribuzione di risultato relativa a due annualità. La sua richiesta si fondava sul fatto che l’ente datoriale non aveva mai proceduto a definire gli obiettivi di performance, il cui raggiungimento era la condizione per l’erogazione del premio. In primo grado, il Tribunale accoglieva la domanda, condannando l’Azienda al pagamento. Tuttavia, la Corte d’Appello ribaltava la decisione, respingendo la richiesta della lavoratrice. La questione giungeva così all’esame della Corte di Cassazione.

L’inerzia del Datore di Lavoro: Inadempimento di un’Obbligazione

Il nodo centrale della controversia era stabilire la natura giuridica dell’inerzia del datore di lavoro. La lavoratrice sosteneva che la mancata fissazione degli obiettivi fosse assimilabile a una condizione potestativa il cui mancato avveramento, dipendente dalla volontà del datore, avrebbe dovuto comunque far scattare il diritto al pagamento, secondo il principio della “finzione di avveramento della condizione” (art. 1359 c.c.).

La Cassazione, però, ha seguito un ragionamento diverso. La Corte ha chiarito che la fissazione degli obiettivi non è una mera condizione, ma un vero e proprio obbligo a carico del datore di lavoro, derivante dalla legge e dalla contrattazione collettiva. Il datore di lavoro pubblico, agendo secondo i principi di correttezza e buona fede, ha il dovere di avviare e completare il procedimento di valutazione. La sua inerzia, quindi, non è un semplice non avveramento di una condizione, ma un inadempimento contrattuale.

La Tutela Corretta per la Retribuzione di Risultato: il Danno da Perdita di Chance

Questa distinzione è cruciale per individuare il rimedio a disposizione del lavoratore. Se l’ente è inadempiente al suo obbligo di fissare gli obiettivi, il dipendente non può agire per ottenere l’adempimento, cioè il pagamento diretto della retribuzione di risultato. Questo perché il diritto a tale emolumento non è ancora sorto, essendo subordinato a una valutazione di performance mai avvenuta.

La tutela corretta, secondo la Suprema Corte, è l’azione di risarcimento del danno da perdita di chance. Il lavoratore, infatti, a causa dell’inadempimento del datore, ha perso la possibilità concreta di dimostrare di aver raggiunto gli obiettivi e, di conseguenza, di ottenere il premio. In un’azione di questo tipo, il lavoratore dovrà:
1. Allegare l’inadempimento del datore di lavoro (la mancata fissazione degli obiettivi).
2. Dimostrare l’esistenza di una possibilità concreta e apprezzabile di conseguire il risultato positivo. Questa prova può essere fornita anche tramite presunzioni.

Il giudice, una volta accertata la sussistenza di una chance seria e non puramente ipotetica, liquiderà il danno in via equitativa, tenendo conto del grado di probabilità che il lavoratore aveva di raggiungere gli obiettivi.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la retribuzione di risultato non è una componente fissa e garantita dello stipendio. Pertanto, il principio di irriducibilità della retribuzione, invocato dalla ricorrente, non è applicabile. Anzi, erogare sistematicamente tale premio senza un processo di valutazione sarebbe illegittimo e l’amministrazione avrebbe l’obbligo di recuperare le somme indebitamente versate.

Poiché nel caso di specie la lavoratrice aveva agito esclusivamente per ottenere l’adempimento (il pagamento del premio) e non aveva formulato una domanda di risarcimento per perdita di chance, la sua richiesta è stata correttamente respinta dai giudici d’appello. L’errore è stato nella scelta dello strumento processuale.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’indicazione chiara per lavoratori e datori di lavoro del settore pubblico. Le amministrazioni non possono rimanere inerti rispetto all’obbligo di avviare i processi di valutazione, poiché tale condotta le espone a responsabilità per inadempimento. I lavoratori, d’altro canto, devono essere consapevoli che, in caso di inerzia del datore, lo strumento corretto per tutelare le proprie ragioni non è la richiesta di pagamento diretto del premio, ma un’azione volta a ottenere il risarcimento del danno per la perdita della possibilità di conseguirlo.

Se la Pubblica Amministrazione non fissa gli obiettivi, ho automaticamente diritto alla retribuzione di risultato?
No. Secondo la Cassazione, la mancata fissazione degli obiettivi è un inadempimento contrattuale del datore di lavoro, ma non fa sorgere un diritto automatico al pagamento del premio. Il diritto del lavoratore è limitato alla possibilità di chiedere il risarcimento del danno.

Cosa significa “danno da perdita di chance” in questo contesto?
Significa che il lavoratore ha perso la possibilità concreta di guadagnare il premio a causa dell’inerzia del datore di lavoro. Per ottenere un risarcimento, il lavoratore deve dimostrare che aveva una probabilità seria e apprezzabile di raggiungere gli obiettivi se questi fossero stati fissati. Il risarcimento non sarà pari all’intero premio, ma a una sua frazione calcolata in via equitativa dal giudice.

La retribuzione di risultato può diventare una parte fissa dello stipendio se pagata per anni senza obiettivi?
No. La Corte ha chiarito che la retribuzione di risultato è una componente variabile e non fondamentale del trattamento economico. Il suo versamento indiscriminato, senza un processo di valutazione, è indebito e non la trasforma in un elemento fisso della retribuzione. Anzi, l’amministrazione avrebbe l’obbligo di recuperare tali somme.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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