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Retribuzione di posizione variabile: diritto al risarcimento

Una dirigente medico si vedeva sospendere l’erogazione della retribuzione di posizione variabile a seguito di un trasferimento, mentre altri colleghi continuavano a percepirla indebitamente. La Corte di Cassazione ha stabilito che, pur non potendo la ricorrente pretendere un pagamento illegittimo in nome della parità di trattamento, ha comunque diritto al risarcimento del danno da perdita di chance. L’inerzia della Pubblica Amministrazione nel definire i criteri per la graduazione delle funzioni costituisce un inadempimento che obbliga al risarcimento, non al pagamento diretto della retribuzione.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Retribuzione di Posizione Variabile: Quando l’Inerzia della PA genera un Diritto al Risarcimento

L’erogazione della retribuzione di posizione variabile nel pubblico impiego, in particolare per la dirigenza medica, è un tema complesso, subordinato a specifici procedimenti di valutazione e graduazione degli incarichi da parte dell’amministrazione. Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sulle conseguenze dell’inerzia della Pubblica Amministrazione in questo ambito, distinguendo nettamente tra il diritto al pagamento e il diritto al risarcimento del danno. Vediamo insieme i dettagli del caso e i principi di diritto affermati.

I Fatti di Causa

Una dirigente medico, transitata per mobilità volontaria presso un’Azienda Sanitaria nel 2007, si vedeva negare il pagamento della parte variabile dell’indennità di posizione. La ragione addotta dall’Azienda era una disposizione interna che sospendeva tale erogazione per tutto il personale assunto dopo il 1° gennaio 2007, in attesa di una nuova determinazione degli incarichi.

Tuttavia, la dirigente evidenziava una disparità di trattamento: i suoi colleghi, già in servizio prima di tale data, continuavano a percepire la somma in questione in via automatica e senza un formale atto di assegnazione. Di fronte a questa situazione, la lavoratrice chiedeva in giudizio la condanna dell’Azienda al pagamento dell’indennità e al risarcimento dei danni.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello rigettavano le sue domande. La questione giungeva così all’esame della Corte di Cassazione.

L’Obbligo della PA e la corretta gestione della retribuzione di posizione variabile

La Suprema Corte ricostruisce il quadro normativo e contrattuale che regola la retribuzione di posizione variabile. Emerge chiaramente che tale componente economica non è un automatismo, ma è strettamente correlata alla graduazione delle funzioni e alla pesatura degli incarichi, attività che la Pubblica Amministrazione ha l’obbligo di porre in essere.

Il procedimento prevede una fase negoziale con i sindacati e una fase finale, riservata all’amministrazione, che culmina con l’adozione di un provvedimento di graduazione. Solo a seguito di tale atto la componente variabile della retribuzione può essere legittimamente corrisposta. L’erogazione automatica, come avveniva per i colleghi della ricorrente, è quindi una pratica non conforme alla normativa.

La Decisione della Cassazione: Inadempimento e Perdita di Chance

La Corte di Cassazione accoglie parzialmente il ricorso della dirigente, cassando la sentenza d’appello e delineando due principi fondamentali.

In primo luogo, si afferma che il principio di parità di trattamento non può essere invocato per pretendere l’estensione di un trattamento illegittimo. Il fatto che altri dirigenti percepissero indebitamente la retribuzione non crea un diritto in capo alla ricorrente a ricevere lo stesso pagamento. Anzi, l’amministrazione avrebbe il dovere di recuperare le somme indebitamente versate.

Le Motivazioni

Il punto cruciale della decisione risiede altrove. La Corte riconosce che la dirigente era titolare di un vero e proprio diritto soggettivo a che l’Azienda datrice di lavoro avviasse e concludesse la procedura necessaria alla graduazione delle funzioni e alla pesatura degli incarichi. L’inerzia dell’Azienda nel compiere questa attività costituisce un inadempimento contrattuale.

Questo inadempimento, però, non legittima una domanda di pagamento diretto della retribuzione (adempimento), poiché la determinazione dell’importo è un atto discrezionale dell’amministrazione. Esso, invece, fonda una domanda di risarcimento del danno. Nello specifico, il danno configurabile è quello da “perdita di chance”, ovvero la perdita della concreta possibilità di ottenere, a seguito della procedura, il riconoscimento della componente retributiva variabile.

Il risarcimento per perdita di chance non equivale all’intero importo della retribuzione non percepita, ma va liquidato in via equitativa, tenendo conto del grado di probabilità che la lavoratrice aveva di ottenere quel vantaggio economico. Spetta al dipendente allegare e provare, anche tramite presunzioni, l’esistenza di questa plausibile occasione perduta, mentre l’amministrazione ha l’onere di provare che l’inadempimento non le è imputabile.

Le Conclusioni

L’ordinanza stabilisce un importante confine tra ciò che è legittimamente esigibile e ciò che non lo è. Un dipendente pubblico non può rivendicare un emolumento erogato illegittimamente ad altri. Tuttavia, l’inerzia della Pubblica Amministrazione nell’adempiere ai propri obblighi procedurali, come la definizione della retribuzione di posizione variabile, non resta senza conseguenze. Tale comportamento inadempiente espone l’ente al rischio di azioni risarcitorie per la perdita di chance subita dal lavoratore, il quale si è visto privato della possibilità di veder valutato il proprio incarico e, potenzialmente, di ottenere il relativo compenso economico.

Un dipendente pubblico può pretendere un pagamento non dovuto solo perché altri colleghi lo ricevono?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che il principio di parità di trattamento non può essere invocato per estendere un trattamento illegittimo. Il pagamento della retribuzione di posizione variabile senza un provvedimento di graduazione è indebito, e l’amministrazione dovrebbe recuperare le somme versate, non estendere l’errore ad altri dipendenti.

Cosa può fare un dirigente medico se la Pubblica Amministrazione non definisce la retribuzione di posizione variabile?
Il dirigente non può chiedere al giudice di condannare la PA al pagamento diretto della retribuzione, ma può agire per ottenere il risarcimento del danno. L’inerzia della PA nel completare la procedura di graduazione degli incarichi è un inadempimento che lede il diritto del dipendente, generando un danno da “perdita di chance”.

In caso di inerzia della PA, il dipendente ha diritto al pagamento della retribuzione o a un risarcimento?
Il dipendente ha diritto a un risarcimento del danno per perdita della chance di percepire la parte variabile della retribuzione. Non ha diritto al pagamento diretto della somma, perché la sua determinazione richiede un provvedimento discrezionale della PA che il giudice non può sostituire. Il risarcimento viene liquidato in via equitativa, considerando la probabilità che il dipendente aveva di ottenere quel beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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