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Retribuzione di posizione: quando spetta al dirigente?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15956/2025, ha stabilito che il diritto di un dirigente pubblico alla retribuzione di posizione non è automatico. È subordinato all’effettiva istituzione dell’incarico tramite atti di macro-organizzazione da parte dell’ente. Nel caso esaminato, una dirigente medico si è vista negare il compenso poiché l’azienda sanitaria non aveva completato l’iter di graduazione delle funzioni. La Corte ha chiarito che senza un assetto organizzativo definito, copertura finanziaria e procedure di selezione, non sorge un diritto soggettivo all’incarico né alla relativa indennità, escludendo anche il risarcimento del danno.

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Retribuzione di posizione: non è un diritto automatico per i dirigenti

La retribuzione di posizione rappresenta un elemento cruciale nel trattamento economico dei dirigenti del pubblico impiego, ma il suo riconoscimento non è un automatismo legato alla sola anzianità o qualifica. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: senza un’adeguata e completa definizione dell’assetto organizzativo da parte dell’ente, il dirigente non matura un diritto soggettivo all’incarico e, di conseguenza, al relativo compenso. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Una dirigente medico si rivolgeva al Tribunale per ottenere la condanna dell’Azienda Sanitaria di appartenenza al conferimento di un incarico dirigenziale di rilevante professionalità e al pagamento della relativa retribuzione di posizione. La sua richiesta si basava sulle mansioni dirigenziali di fatto svolte sin dalla sua assunzione. In primo grado, il Tribunale le riconosceva parzialmente il diritto, seppur nei limiti della prescrizione.

Tuttavia, la Corte d’Appello ribaltava la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, l’Azienda Sanitaria, pur avendo avviato l’iter per la graduazione e la valutazione degli incarichi dirigenziali già da diversi anni (2002, 2006, 2007, 2009), non lo aveva mai portato a compimento. A causa di cambi ai vertici aziendali e di un periodo di commissariamento, gli atti di macro-organizzazione necessari per istituire formalmente le posizioni dirigenziali non erano stati finalizzati. Di conseguenza, la Corte territoriale concludeva che, in assenza di un atto formale di graduazione delle funzioni, non poteva sorgere il diritto alla componente variabile della retribuzione di posizione. La dirigente, insoddisfatta, proponeva quindi ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la retribuzione di posizione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della dirigente, confermando la linea della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno chiarito che il conferimento di incarichi dirigenziali nel Sistema Sanitario Nazionale non è un atto dovuto né automatico. L’attribuzione di un incarico, e con esso della correlata retribuzione di posizione, è condizionata a tre elementi imprescindibili:

1. Esistenza di posti disponibili secondo l’assetto organizzativo definito dall’atto aziendale.
2. Copertura finanziaria per sostenere il costo dell’incarico.
3. Superamento di procedure di selezione regolate dalla contrattazione collettiva.

La pretesa della ricorrente si basava su un incarico di natura professionale previsto dall’art. 27 del CCNL 8.6.2000. Tuttavia, la Corte ha sottolineato che anche per questa tipologia di incarichi vale il principio generale: la loro attribuzione deve essere compatibile con le risorse finanziarie disponibili e deve avvenire nei limiti del numero di posizioni e strutture stabiliti nell’atto aziendale.

Le Motivazioni

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nella distinzione tra la mera qualifica dirigenziale e il diritto a ricoprire uno specifico incarico. La normativa e la contrattazione collettiva non creano un diritto soggettivo perfetto in capo al dirigente ad ottenere un incarico solo per aver maturato determinati requisiti (come il superamento del quinquennio di attività). Al contrario, il conferimento dell’incarico è una scelta discrezionale dell’amministrazione, seppur vincolata al rispetto dei principi di buona fede e correttezza, e soprattutto subordinata alla pre-esistenza di una precisa organizzazione interna.

L’atto di graduazione e pesatura delle funzioni non è una mera formalità, ma l’atto di macro-organizzazione che dà vita alle posizioni dirigenziali. Se questo processo, come nel caso di specie, non viene completato, le posizioni semplicemente non esistono formalmente nell’organigramma dell’ente. Di conseguenza, non può sorgere né il diritto all’incarico, né il diritto alla relativa retribuzione di posizione variabile, né tantomeno un diritto al risarcimento del danno per il mancato conferimento.

La Corte ha ribadito che l’iter procedurale, che prevede una selezione basata su criteri predefiniti e un atto di affidamento scritto e motivato, è in palese contrasto con l’idea di un’attribuzione automatica e generalizzata. L’inerzia dell’amministrazione nel completare la propria organizzazione interna non può essere trasformata in un diritto al compenso per funzioni non formalmente istituite.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: il diritto alla retribuzione di posizione per un dirigente pubblico è strettamente legato all’effettivo conferimento di un incarico formalmente previsto e istituito negli atti organizzativi dell’ente. L’anzianità di servizio e lo svolgimento di fatto di mansioni superiori non sono sufficienti a generare un diritto automatico al trattamento economico accessorio. Per i dirigenti, ciò significa che la rivendicazione di tali compensi è possibile solo se l’amministrazione ha completato il proprio iter di programmazione e organizzazione. Per le pubbliche amministrazioni, emerge l’importanza di portare a termine tali processi per garantire trasparenza, corretta gestione delle risorse e certezza dei rapporti di lavoro.

Un dirigente medico ha sempre diritto a un incarico e alla relativa retribuzione di posizione dopo un certo numero di anni di servizio?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che non esiste un diritto automatico. Il conferimento di un incarico dirigenziale è condizionato dall’esistenza di posti disponibili nell’assetto organizzativo dell’ente, dalla copertura finanziaria e dal superamento delle procedure di selezione previste dalla contrattazione collettiva.

Cosa succede se l’Azienda Sanitaria non completa l’iter per la graduazione delle funzioni dirigenziali?
Se l’iter di macro-organizzazione non viene completato, le posizioni dirigenziali non sono formalmente istituite. Di conseguenza, i dirigenti non possono vantare un diritto soggettivo al conferimento di tali incarichi né alla corresponsione della relativa retribuzione di posizione variabile.

Il mancato conferimento di un incarico dirigenziale dà diritto a un risarcimento del danno?
No. Secondo la sentenza, la non configurabilità di un diritto all’incarico comporta l’insussistenza anche di un diritto di natura risarcitoria. Se non c’è un diritto leso, non può esserci un danno da risarcire per il mancato conferimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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