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Retribuzione di posizione: inammissibile il ricorso

Un ex Segretario Comunale ha citato in giudizio il proprio Comune per ottenere una maggiorazione della retribuzione di posizione e un’indennità di risultato legate a funzioni aggiuntive. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per vizi procedurali e per il tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, confermando la decisione della Corte d’Appello che aveva già respinto le richieste del dipendente.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Retribuzione di Posizione: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’ordinanza in esame offre un importante spunto di riflessione sui requisiti formali e sostanziali del ricorso per cassazione, in particolare in una controversia di lavoro pubblico riguardante la retribuzione di posizione. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ex Segretario Comunale che chiedeva il riconoscimento di emolumenti aggiuntivi, non per una valutazione sul merito della richiesta, ma per precise ragioni procedurali. Analizziamo la vicenda.

I Fatti di Causa: La Richiesta del Segretario Comunale

Un ex Segretario Generale di un Comune si era rivolto al Tribunale per ottenere il risarcimento del danno derivante dal mancato riconoscimento di due voci retributive: la maggiorazione della retribuzione di posizione, prevista dall’art. 41, comma 4, del CCNL Segretari Comunali, e la retribuzione di risultato di cui all’art. 42 dello stesso contratto.

Il ricorrente sosteneva di aver svolto, oltre alle sue funzioni ordinarie, numerosi incarichi aggiuntivi, tra cui quello di Direttore Generale e la direzione di un progetto specifico. Nonostante tali compiti, lamentava di non aver ricevuto la corrispondente maggiorazione economica, a differenza del suo successore a cui era stata riconosciuta. Le sue domande, tuttavia, erano state respinte sia in primo grado che in appello.

L’Iter Giudiziario e le Decisioni di Merito

La Corte di Appello aveva confermato la decisione del Tribunale, rigettando le pretese del lavoratore. Secondo i giudici di merito, non vi era prova sufficiente a distinguere le attività aggiuntive da quelle rientranti nei compiti ordinari del Segretario Generale, come delineati dallo Statuto comunale e dal Testo Unico degli Enti Locali (TUEL). Inoltre, la Corte aveva ritenuto che l’indennità di posizione già percepita, seppur maggiorata, fosse onnicomprensiva e che mancassero allegazioni specifiche per quantificare un’eventuale, ulteriore maggiorazione. Di conseguenza, anche la richiesta relativa alla retribuzione di risultato era stata respinta.

L’Analisi della Cassazione e la Retribuzione di Posizione

Il Segretario ha quindi proposto ricorso per cassazione, denunciando la violazione di legge e l’omesso esame di un fatto decisivo. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, concentrandosi esclusivamente sugli aspetti procedurali dell’impugnazione.

Le motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su diversi pilastri procedurali. In primo luogo, il ricorso è stato giudicato carente sotto il profilo dell’art. 366, n. 6, del codice di procedura civile, poiché non localizzava con precisione l’atto di appello su cui si basavano le censure, impedendo alla Corte di verificare la pertinenza dei motivi.

In secondo luogo, e in modo ancora più sostanziale, i motivi del ricorso non si confrontavano adeguatamente con la ratio decidendi della sentenza d’appello. Il ricorrente, infatti, invece di contestare le specifiche argomentazioni giuridiche della Corte territoriale, tentava di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti e delle prove documentali (come il decreto di nomina del suo successore). Questo tentativo si configura come una richiesta di riesame del merito, preclusa nel giudizio di legittimità.

La Corte ha ribadito un principio consolidato: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti storici. Le censure relative all’erroneo o illogico esame dei documenti non rientrano nel vizio di “omesso esame di un fatto decisivo”, che riguarda l’oblio totale di un fatto storico principale o secondario, non la sua interpretazione da parte del giudice.

Infine, anche il motivo relativo alla condanna alle spese è stato dichiarato inammissibile, in quanto derivato dal primo e perché la regolamentazione delle spese processuali rientra nel potere discrezionale del giudice di merito.

Le conclusioni

La Suprema Corte, dichiarando inammissibile il ricorso, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese legali. La decisione, pur non entrando nel merito della debenza della maggiorazione della retribuzione di posizione, sottolinea un principio fondamentale: l’importanza di una corretta formulazione del ricorso per cassazione. L’impugnazione deve concentrarsi su precise violazioni di legge e non può trasformarsi in un’istanza per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti operato nei gradi di merito. La vicenda serve da monito sulla necessità di distinguere nettamente tra il giudizio di fatto, riservato ai tribunali di merito, e il giudizio di legittimità, di competenza esclusiva della Corte di Cassazione.

Per quale motivo principale il ricorso del Segretario Comunale è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per vizi procedurali. In particolare, il ricorrente non ha rispettato i requisiti formali previsti dal codice di procedura civile e, soprattutto, ha tentato di ottenere dalla Corte di Cassazione una nuova valutazione dei fatti e delle prove, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito e non al giudice di legittimità.

La Corte di Cassazione ha deciso se la maggiorazione della retribuzione di posizione era dovuta?
No, la Corte di Cassazione non è entrata nel merito della questione. La sua decisione si è fermata a un livello procedurale, stabilendo che il ricorso non poteva essere esaminato perché non era stato presentato correttamente. Di conseguenza, resta valida la decisione della Corte d’Appello che aveva negato la maggiorazione.

Cosa significa che un motivo di ricorso mira a una ‘rivalutazione dei fatti’?
Significa che la parte ricorrente non sta contestando un errore nell’applicazione della legge da parte del giudice precedente, ma sta chiedendo alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove (documenti, testimonianze, ecc.) per giungere a una conclusione diversa su come si sono svolti i fatti. Questo è vietato, perché il compito della Cassazione è solo quello di assicurare la corretta interpretazione e applicazione delle norme di diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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