Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5436 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5436 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
La Corte di Appello di Lecce ha respinto il gravame proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva rigettato le sue domande, volte ad ottenere la condanna del Comune di Monteroni al risarcimento del danno per il mancato riconoscimento della maggiorazione retribuzione di posizione di cui all’art. 41, comma 4, del CCNL Segretari Comunali e della retribuzione di risultato di cui all’art. 42 del medesimo CCNL.
Al COGNOME, nominato Segretario Generale del Comune di Monteroni con decreto n. 114 del 6.10.2003, erano state attribuite anche le funzioni di Direttore Generale fino al 31.12.2004 e per il suddetto incarico era stato previsto il compenso aggiuntivo di € 18.000,00 annui lordi; con decreto del 3.3.2004 il suddetto incarico era stato prorogato fino al 31.8.2005 ed il relativo compenso era stato rideterminato in € 29.076,00 in virtù della nomina di Direttore dell’Ufficio Unico del ‘Progetto Grottella’ con decreto n. 111 del 28.9.2005, e fino all’interruzione del rapporto, deliberata dalla G.M. in data 22.4.2006 gli era stato nuovamente conferito dal Sindaco l’incarico di direzione del ‘Progetto Grottella’ senza previsione di compenso.
Reintegrato in servizio a seguito di provvedimento del Tribunale di Lecce, il COGNOME aveva svolto i compiti di Segretario fino al 3.9.2007 ed aveva lamentato che, nonostante gli incarichi conferiti, non gli era stata riconosciuta la retribuzione di posi zione prevista dall’art. 41, comma 4 del CCNL (a differenza di quanto accaduto al Segretario subentrato), né la retribuzione di risultato prevista dall’art. 42 del CCNL .
La Corte territoriale, richiamate le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 267/2000 e nello Statuto del Comune di Monteroni del 22.12.2005 in ordine ai compiti del Segretario Comunale del Direttore Generale, ha rilevato che l’incarico
di Direttore Generale conferito al Marra dal 6.10.2003 fino al 31.12.2004 era stato remunerato con l’importo di € 18.000,00 e che con decreto n. 22 del 3.3.2004 il compenso del Marra, nominato direttore dell’Ufficio Unico del ‘RAGIONE_SOCIALE‘ con delib era n.5 del 17.12.2003 dei Comuni aderenti alla ‘RAGIONE_SOCIALE, era stato rideterminato dal Comune in € 29.076,92 oltre rateo tredicesima, mentre l’incarico di Direttore Generale era stato prorogato fino al 31.8.2005.
Ha inoltre evidenziato che il Marra, al quale era stata comunicata la mancata conferma come Direttore Generale con missiva del 5.8.2005, con decreto n. 111 del 28.9.2005, era stato incaricato di portare a compimento le attività di ingegnerizzazione dei servizi comunali e di installazione dei sistemi di videosorveglianza previste nel ‘progetto Grottella’; l’incarico di Segretario Generale era stato revocato in data 21.4.2006 e tale revoca era stata dichiarata illegittima con sentenza della Corte di Appello di Lecce n. 2086/2009, passata in giudicato (con tale sentenza il Comune era stato condannato al pagamento di € 8765,61 a titolo di differenze stipendiali e di € 2096,91 a titolo di diritti di rogito, oltre accessori; il Marra era stato in precedenza reintegrato nel servizio in via provvisoria con ordinanza del 21 settembre/4 ottobre 2006).
Richiamate le disposizioni contenute nell’art. 41 del CCNL del 16.5.2001 e il CCNI del 22.12.2003, ha precisato che il Marra aveva sempre percepito l’indennità di posizione (€1430,19) che è onnicomprensiva, anche se maggiorata, ed ha escluso che potesse essere utilmente richiamato il principio di non contestazione.
Il giudice di appello ha inoltre osservato che non erano state specificamente censurate le statuizioni della sentenza di primo grado relative alla qualificazione delle attività elencate nel ricorso introduttivo come adempimento di compiti demandati al Segretario generale dallo Statuto e comunque dall’art. 97 TUEL, nonché alla mancanza di allegazioni utili a discernere quali tra le attività indicate dal Marra potessero ricondursi alla sfera operativa di competenza del Direttore Generale nell’arco di tempo in cui gli era stato affidato tale incarico.
Ha poi escluso che il decreto n. 111 del 28.9.2005 avesse attribuito un nuovo incarico o che avesse assegnato un nuovo progetto al Marra ed ha altresì escluso che, qualora dovuta, potesse essere quantificata la maggiorazione ex art. 41, comma 4, del CCNL, per mancanza di allegazioni in ordine all’effettivo compimento della suddetta attività e al tempo che si era reso necessario per il completamento dei procedimenti in questione nel periodo dal 28.9.2005 al 21.4.2006.
Ha inoltre evidenziato che nel decreto sindacale n. 88 del 28.7.2008 la maggiorazione della retribuzione di posizione attribuita al Segretario subentrante era stata giustificata con l’attribuzione al medesimo delle funzioni di ‘Segretario Generale della Seg reteria Convenzionata dei Comuni di Monteroni e di Minervino di Lecce’ e dal conferimento di incarichi di componente/Presidente di commissione di gara e di concorso), funzioni che non risultavano affidate al Marra.
Dopo avere affermato che non era in discussione il carattere premiale dell’emolumento e la previsione contrattuale secondo cui l’erogazione della retribuzione di risultato non è dovuta al Segretario Comunale che rivesta anche l’incarico di Direttore Generale, ha osservato che il concetto di obiettivi è in una relazione di derivazione/dipendenza dal complesso degli incarichi aggiuntivi conferiti, di cui non vi era prova, ed ha ritenuto assorbita la questione della qualificazione giuridica della domanda risarcitoria in termini di danno da perdita di chance o di inadempimento.
Ha precisato che la sentenza n. 2772/2017 della Corte di Appello di Lecce, richiamata dal Marra, era stata resa in una diversa fattispecie, in cui era stata fornita prova documentale dell’espletamento degli incarichi aggiuntivi rispetto a quelli propri del Segretario Generale (responsabile Settore Affari Generali e del Servizio Commercio), che una volta assegnati dovevano essere valutati in relazione ai risultati raggiunti.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, illustrati da memoria.
Il Comune di Monteroni ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
DIRITTO
1.Con il primo motivo il ricorso denuncia violazione di legge per mancata e comunque erronea applicazione dell’art. 97 d.lgs. n. 267/2000, violazione dell’art. 1218 cod. civ. e dell’art. 41 del CCNL 16.5.2001, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.; omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio per omessa ammissione dei mezzi istruttori, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ.
Con la prima sottocensura addebita alla Corte territoriale di avere erroneamente escluso che le funzioni indicate dal Marra fossero ‘aggiuntive’ rispetto a quelle di base ordinariamente assegnate ai Segretari Comunali dall’art. 97 TUEL e di avere erroneamente ritenuto incontestate le statuizioni della sentenza di primo grado relative alla convergenza delle funzioni indicate con quelle indicate dall’art. 97 TUEL.
Deduce che n ell’atto di appello il Marra aveva elencato le funzioni delle quali era stato investito per effetto di specifiche previsioni dello Statuto e dei Regolamenti vigenti nell’ente, e che tali funzioni erano diverse da quelle indicate dall’art. 97 TUEL, in quant o alcune di esse erano di tipo gestionale, altre erano riconducib ili ad ‘incarichi speciali’ o a progetti speciali.
Critica la sentenza impugnata per avere sminuito la portata probatoria del decreto sindacale n. 88 del 28.7.2008 e per avere omesso di trascriverne il contenuto; evidenzia che il suddetto decreto aveva attribuito al Segretario subentrante la maggiorazione della retribuzione di posizione in godimento in misura del 50% anche sulla scorta dell’attribuzione di funzioni aggiuntive.
Evidenzia che il riferimento dell’appellante alla sentenza n. 2772/2017 della Corte di Appello era finalizzato a contestare l’affermazione della sentenza di primo grado secondo cui le funzioni svolte dal Marra non erano aggiuntive, ma rientravano in q uelle ordinariamente assegnate ai Segretari dall’art. 97 TUEL.
Sostiene che l’erroneo ed illogico esame dei documenti allegati dal ricorrente equivale all’omesso esame del fatto dimostrato dal documento .
Con la seconda sottocensura precisa che il ricorrente aveva indicato le norme statutarie e regolamentari da cui discendevano le funzioni aggiuntive a lui assegnate ed allegato lo Statuto dell’ente; assume che era stata dimostrata l’effettiva attribuzione a l Marra di funzioni aggiuntive.
Sostiene che non avendo adottato un provvedimento ricognitivo, l’Amministrazione era incorsa in un inadempimento colpevole.
A fronte della produzione del decreto sindacale n. 111 del 28.9.2005, addebita alla Corte territoriale di avere ritenuto non provata l’attribuzione al Marra delle attività riguardanti le procedure inerenti agli affidamenti dei servizi di ingegnerizzaz ione dei servizi comunali e l’installazione della video sorveglianza.
Aggiunge che incombeva sull’Amministrazione l’onere di provare l’avvenuta remunerazione dell’incarico per effetto del pagamento del compenso fissato nel decreto n. 22 del 3.3.2004.
Torna a sostenere che l’erroneo ed illogico esame dei documenti allegati dal ricorrente equivale all’omesso esame del fatto dimostrato dal documento, prospettando che anche la mancata ammissione dei mezzi istruttori, volta a dimostrare l’effettivo svo lgimento degli incarichi aggiuntivi da parte del Marra, aveva determinato l’omesso esame di un fatto decisivo.
Con la terza sottocensura lamenta l’erronea applicazione del principio di non contestazione, nonché l’erronea ed illogica lettura e valutazione dei documenti prodotti dal Marra, in quanto il Comune non aveva negato l’effettiva esecuzione delle funzioni agg iuntive, ma l’attribuzione delle medesime, sostenendo infondatamente rientravano tra quelle assegnate dall’art. 97 TUEL ed avevano coinciso con quelle svolte in ragione dell’incarico di Direttore Generale; evidenzia che essendo l’incarico di Direttore Generale scaduto in data 31.8.2005 per effetto della proroga disposta con il decreto n. 22 del 3.3.2014, tali incarichi ai sensi degli artt. 41 e 42 del TUEL dovevano essere comunque remunerati dal 31.8.2005 al 2.9.2007, al netto del periodo coperto dalla sentenza della Corte di Appello n. 2086/2009 (21.4.2006-4.10.2006); il Comune si era limitato ad affermare che sarebbe stato onere del ricorrente dimostrare di avere svolto tali funzioni.
Con la quarta sottocensura evidenzia che in base alla delibera dell’AgeS n. 389/2002, il riconoscimento dell’indennità di risultato non era collegato ai soli incarichi aggiuntivi eventualmente attribuiti e svolti dal Segretario, ma anche allo svolgimento di funzioni di base da parte del medesimo.
Sostiene che ai sensi dell’art. 42 del CCNL al ricorrente doveva comunque essere erogata l’indennità di risultato anche per lo svolgimento delle funzioni di base previste dall’art. 97 del TUEL.
Evidenzia che tale emolumento non era stato corrisposto al ricorrente dal 6.10.2003 (data di assunzione) al 21.4.2006 (data della revoca), né dal 21.9.2006 al 1.1.2007 e che era incontestata la circostanza, rappresentata alla pagina 16 dell’atto di appello , che nei bilanci di esercizio approvati per gli anni 2004-20052006 figurava la dizione ad oggetto ‘indennità di risultato’ con beneficiario NOME COGNOME, ancora riportata a residui di bilancio da erogare.
Deduce altresì la sussistenza del vizio di cui all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ., addebitando all’Amministrazione la mancata verifica dell’effettivo svolgimento di funzioni aggiuntive e di base ai fini della maggiorazione dell’indennità di posizione e l’ef fettivo perseguimento, da parte del Marra, degli obiettivi relativi alle funzioni di base e alle funzioni aggiuntive assegnate e svolte.
Denuncia l’illegittimità della statuizione relativa all’assorbimento della questione riguardante la sussistenza dell’obbligo del Comune di accertare le condizioni oggettive e soggettive necessarie per l’erogazione della maggiorazione dell’indennità di posizione; lamenta la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.
Con il secondo motivo, il ricorso denuncia illegittimità derivata; omessa applicazione dell’art. 92 cod. proc. civ, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ.
Evidenzia che dall’accoglimento del ricorso deriva il diritto del Marra alla percezione, a titolo di risarcimento del danno per inadempimento, dei trattamenti economici che gli sarebbero spettati, e che tale profilo va valutato in sede di giudizio di rinvio.
Sostiene che anche in caso di rigetto del ricorso, la sentenza impugnata va riformata riguardo alla condanna alle spese, a fronte della problematicità dei profili trattati nei gradi di merito.
3. Il primo motivo è inammissibile.
Le censure ivi contenute, nel prospettare che ai fini della maggiorazione della retribuzione di posizione del Segretario Comunale rilevano solo le funzioni aggiuntive eventualmente attribuite ai Segretari da norme statutarie o regolamentari, quando diverse da quelle di base, mentre ai fini della retribuzione di risultato rileva il raggiungimento degli obiettivi connessi alle funzioni di base e alle funzioni aggiuntive, sostengono che con l’atto di appello il Marra aveva denunciato l’erroneità del la sentenza impugnata in ordine alla ritenuta convergenza delle funzioni indicate in appello con quelle di base ex art. 97 TUEL, aveva specificamente indicato le norme statutarie e regolamentari, aveva reiterato le richieste istruttorie ed aveva evidenziato lo stanziamento di risorse per l’indennità di risultato nei bilanci di esercizio a pprovati per gli anni 20042006.
Tuttavia, le censure non adempiono compiutamente agli oneri previsti dall’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., in quanto non localizzano l’atto di appello.
Peraltro il ricorso per cassazione riporta un contenuto del ricorso di primo grado che non coincide con quello risultante dalla sentenza impugnata (essendo diversi sia gli importi richiesti nel ricorso di primo grado a titolo di risarcimento del danno che la decorrenza del diritto, per come risultanti dalla sentenza impugnata, rispetto al testo del ricorso di primo grado riportato nel ricorso per cassazione, da cui risulta che la domanda di risarcimento del danno per il mancato riconoscimento della retribuzione di risultato è stata proposta in via gradata).
4. Inoltre le suddette censure non si confrontano con la sentenza impugnata.
La Corte territoriale ha accertato in fatto che il COGNOME aveva sempre percepito l’indennità di posizione ed ha ritenuto che tale indennità, ancorché maggiorata, fosse onnicomprensiva, e tale statuizione è rimasta incensurata.
Nel sostenere che il Marra aveva diritto alla retribuzione di risultato per le funzioni aggiuntive svolte dal 31.8.2005 al 2.9.2007 al netto del periodo coperto
dal giudicato costituito dalla sentenza della Corte di Appello di Lecce, la terza sottocensura non si confronta con le statuizioni della sentenza impugnata secondo cui dal 1.1.2007 al 2.9.2007 il Marra aveva percepito la retribuzione di posizione.
5. Le medesime censure denunciano la mancata applicazione del principio di non contestazione in ordine allo svolgimento delle funzioni aggiuntive da parte del Marra e propongono una diversa lettura del decreto sindacale n. 88 del 28.7.2008 e della deliberazione Age S n. 389/2002; nel sostenere che il Marra non ha percepito la retribuzione di risultato dal 6.10.2003 al 21.4.2006 contestano l’accertamento in fatto contenuto nella sentenza impugnata, secondo cui il Marra ha percepito la retribuzione di risultato anche nel periodo dal 6.10.2003 al 31.12.2003.
Sotto il primo profilo, deve rammentarsi che spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (Cass. n. 3680/2019 e negli stessi termini Cass. n. 27490/2019)
In ordine al secondo profilo, è consolidato l’orientamento di questa Corte secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di norme di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio o di omessa pronuncia miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (vedi, per tutte: Cass. S.U. 27 dicembre 2019, n. 34476 e Cass. 14 aprile 2017, n. 8758).
6. Le censure relative all’omesso esame di un fatto decisivo sono parimenti inammissibili, atteso che l’erroneo ed illogico esame dei documenti e la mancata ammissione di mezzi istruttori non rientrano nel paradigma dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., che ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ossia ad un preciso accadimento o ad una precisa circostanza in senso storico naturalistico, la cui esistenza risulti dagli atti processuali che hanno
costituito oggetto di discussione tra le parti, avente carattere decisivo (Cass. n. 13024/2022 e Cass. n. 14082/2017).
La censura relativa all’erroneo assorbimento non coglie il decisum .
La Corte territoriale ha infatti escluso la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento della maggiorazione della retribuzione di posizione e della retribuzione di risultato nei confronti del Marra, e per tale ragione ha ritenuto irrilevante la qualificazione giuridica della domanda risarcitoria come domanda di risarcimento del danno da inadempimento o da perdita di chance.
8 . Il secondo motivo, che contiene un’effettiva censura alla sentenza di primo grado, in quanto non si limita a prospettare l’illegittimità derivata della statuizione sulle spese di lite, è inammissibile.
Questa Corte ha da tempo chiarito che in tema di responsabilità delle parti per le spese di giudizio (Capo IV del Titolo III del Libro Primo del codice di rito), la compensazione delle spese processuali, di cui all’art. 92 c od. proc. civ., costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice di merito (v., per tutte, Cass. SS. UU. n. 20598 del 2008).
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
11 . Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento del le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 5000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della