Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31661 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31661 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 9802-2021 proposto da:
AZIENDA SANITARIA RAGIONE_SOCIALE TARANTO, in persona del Direttore Generale pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
Oggetto
Retribuzione pubblico impiego
R.G.N. 9802/2021
R.G.N. 10407/2021
R.G.N. 10408/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 07/11/2024
CC
COGNOME;
– intimato – avverso la sentenza n. 7/2020 della CORTE D’APPELLO di LECCE SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO, depositata il 31/01/2020 R.G.N. 21/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/11/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
– controricorrente –
sul ricorso 10407-2021 proposto da:
AZIENDA SANITARIA RAGIONE_SOCIALE TARANTO, in persona del Direttore Generale pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME;
– intimato – sul ricorso 10408-2021 proposto da:
AZIENDA SANITARIA RAGIONE_SOCIALE TARANTO, in persona del Direttore Generale pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
Rilevato che:
la Corte d’appello di Lecce ha accolto l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale che aveva revocato i decreti ingiuntivi richiesti nei confronti della Asl a due diversi titoli; l’originario ricorrente, infatti, aveva agito in sede monitoria chiedendo: i ) il pagamento della somma di € 5.217,63 a titolo di differenze sulla retribuzione di posizione minima contrattuale -fissa e variabile -maturata per il periodo febbraio 2002/dicembre 2006 (decreto ingiuntivo n. 2261/08); i i) il pagamento della somma di € 4.326,70 a titolo di differenze sulla retribuzione di posizione variabile aziendale per il periodo 1° gennaio 2003/ottobre 2006 (decreto ingiuntivo n. 2254/08);
quanto alla prima pretesa il Tribunale aveva ritenuto legittima la compensazione fra le somme versate in più a titolo di c.d. variabile aziendale e quelle dovute dall’Azienda per la retribuzione di posizione minima contrattuale (parte fissa e variabile) sul presupposto che la graduazione delle funzioni adottata dalla azienda si riferisse all’incarico nel suo complesso, e, quindi, alla retribuzione di posizione complessivamente dovuta al dirigente;
la Corte d’appello ha ritenuto , al contrario, che la graduazione riguardasse unicamente la c.d. variabile aziendale, ed inoltre ha affermato che essa era stata effettuata solo con la delibera n. 3044/2008, sicché l’ Azienda, per i periodi precedenti, era tenuta a corrispondere i minimi previsti dalla contrattazione collettiva, atteso che questi ultimi vengono erogati a titolo di anticipazione mentre la variabile aziendale va ad aggiungersi alla ‘ minima contrattuale ‘ ;
quanto alla seconda pretesa la Corte d’appello, andando di contrario avviso rispetto al Tribunale il quale aveva escluso che gli effetti della delibera di graduazione delle funzioni (n. 2438/06) potessero retroagire, ha ritenuto che al COGNOME, dirigente medico della Azienda ospedaliera Santissima Annunziata, incorporata -dal 1° gennaio 2003 -dalla ASL Taranto, dovesse essere comunque assicurato, ai sensi dell’art. 2112 c od. civ., il medesimo trattamento già in godimento al momento del transito nella Asl e che, pertanto, la retribuzione non potesse essere ridotta unilateralmente da quest’ultima ;
alla stregua delle già indicate considerazioni, la Corte territoriale ha rigettato le opposizioni ai due decreti ingiuntivi recanti rispettivamente, il n. 2261/08 e il n. 2254/08;
avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Azienda sulla base di tre motivi, cui si oppone con controricorso assistito da memoria il lavoratore.
Considerato che:
in via preliminare, il collegio dispone la riunione dei ricorsi la cui numerazione è riportata in epigrafe, in quanto si tratta di identiche impugnazioni (come agevolmente si desume dalla data e dall’orario della notificazione che appalesano trattarsi di reiterazione delle medesime iscrizioni) proposte contro la stessa sentenza (art. 335 cod. proc. civ.);
ciò posto, il ricorso della Asl è articolato in tre motivi;
con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1241 e seguenti del codice civile , dell’art. 24 , comma 11, dell’art. 37, comma 4, dell’art. 39 comma 4 del c.c.n.l. 3.11.2005 dell’ Area Dirigenza Ruolo Sanitario;
la ricorrente sostiene, in sintesi, che ha errato la Corte territoriale nell’escludere l’invocata compensazione e rileva che sulla base della normativa contrattuale l’ Azienda deve solo garantire che il valore complessivo dell’incarico non risulti inferiore alla retribuzione minima già corrisposta; l ‘ A zienda aveva dimostrato che l’importo complessivo non era stato inferiore a quello minimo contrattuale e pertanto l’appello del COGNOME sul punto avrebbe dovuto essere respinto;
3.1 il motivo è inammissibile perché non si confronta con il decisum: la sentenza impugnata è fondata, infatti, sul rilievo che la graduazione delle funzioni era stata effettuata dall’Azienda non in relazione all’intera posizione del dirigente (‘valore complessivo dell’incarico’) ma solo con riferimento alla c.d. variabile aziendale, sicché non poteva operare l’invocata ‘ compensazione ‘ ( recte , riassorbimento nel valore economico complessivo successivamente attribuito all’incarico conferito ) in quanto non era ancora intervenuta, nel periodo di riferimento, la determinazione del trattamento complessivamente dovuto a titolo di retribuzione di posizione;
in altri termini, mancando qui la pesatura complessiva dell’incarico, restavano cristallizzati gli importi minimi previsti dalla contrattazione ai quali si somma la variabile aziendale, importi minimi nella specie -fatto incontroverso fra le parti -non corrisposti al COGNOME;
trattasi di accertamento di fatto compiuto dai giudici di secondo grado -e, dunque, non soggetto a riesame in questa sede -, che si conforma, peraltro, nelle conclusioni in punto di diritto cui approda, alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui in materia di trattamento economico del personale dirigente amministrativo sanitario, l’art. 50 del c.c.n.l. 5 dicembre 1996 dell’area dirigenza dei ruoli sanitario, professionale tecnico ed amministrativo del S.S.N., nel prevedere, da
parte delle aziende, la determinazione della graduazione delle funzioni dirigenziali attribuendo ad ogni relativa posizione un valore economico complessivo, riconosce ai dirigenti una retribuzione di posizione complessiva, che, ai sensi dell’art. 53 del medesimo c.c.n.l., come autenticamente interpretato dall’art. 24, comma 11, del c.c.n.l. 3 novembre 2005, è composta da una quota stabilita tabellarmente in sede contrattuale, divisa in una parte fissa e in una variabile, nonché da un’ulteriore quota, parimenti variabile e definita in sede aziendale, collegata all’incarico conferito sulla base della graduatoria delle funzioni, fermo restando che, sino al conferimento degli incarichi, deve essere corrisposta una retribuzione di posizione minima, costituita dalle componenti, fissa e variabile, della quota tabellare, destinata ad essere riassorbita nel valore economico complessivo successivamente attribuito all’incarico conferito in quanto mera anticipazione prevista dal contratto collettivo (Cass. 22934 del 10/11/2016; Cass. n. 2114 del 3/2/2016; Cass. n. 12335 del 27/5/2009);
con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 39 comma 6 del c.c.n.l. 1998/2001, in combinato disposto con l’art. 26 dello stesso c.c.n.l. , con l’art. 2112 c od. civ . e con l’art. 24 del d.lgs. n. 165/2001;
in particolare, si censura il capo della decisione che ha respinto l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 2254/2008 per differenze spettanti sulla retribuzione di posizione c.d. variabile aziendale dal 1° gennaio 2003 (data dell’incorporazione dell’Azienda ospedaliera SS. Annunziata nella Asl TA/1) all’ottobre 2006 ;
4.1 la sentenza impugnata, dal tenore non perspicuo, svolge considerazioni che sembrano riferirsi a pretesa diversa da quella che
risulta dai motivi di appello come riassunti concordemente negli scritti difensivi delle parti (v. in particolare p. 4 del ricorso per cassazione e p. 4 del controricorso);
l’appellante, infatti, aveva in origine invocato la parificazione agli altri dirigenti della Asl di Taranto dalla data dell’accorpamento dell’Azienda ospedaliera Santissima Annunziata nella Asl TA e non dalla successiva data della deliberazione n. 2438 del 22.11.2006 -che aveva, dal novembre 2006, riconosciuto per la prima volta e in via provvisoria il diritto di tutti i medici a percepire, a parità di graduazione delle funzioni, un’ identica retribuzione di posizione variabile aziendale -: senonché, la C orte d’appello, nell’accogliere la domanda del dirigente medico, argomenta facendo leva, invece, sul diritto alla conservazione (dal 1° gennaio 2003) del pregresso trattamento economico in godimento, diritto (ad avviso della Corte distrettuale) assicurato (appunto) dal disposto del l’art. 2112 c od. civ.;
4.2 orbene, incurante di tale (inatteso) sviluppo argomentativo, il motivo di ricorso della Asl TA non si confronta ancora una volta con il decisum e si incentra piuttosto sulle delibere recanti n. 2438/06 e n. 3044/08, peraltro (in violazione dei requisiti di cui all’art. 360, n. 6, cod. proc. civ.) non trascritte né depositate e/o localizzate in atti, sostenendo, invero, che gli effetti della delibera n. 2438/06 non avrebbero potuto retroagire al 1° gennaio 2003;
il ricorso per cassazione che – come è noto -deve essere articolato in motivi specifici, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 4, c od. proc. civ., richiede, a pena di inammissibilità della censura, non solo l’indicazione delle norme di legge di cui si intende lamentare la violazione, ma di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che la parte ricorrente è
tenuta espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che contrastano con il contenuto precettivo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare -con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni -la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (cfr. Cass. n. 23745/2020, ma anche Cass. n. 4905/2020, Cass. n. 16700/2020);
4.3 segue, or dunque, una statuizione di inammissibilità della censura, e ciò anche perché la sentenza impugnata non viene, si noti, impugnata per vizio motivazionale, l’unico astrattamente denunciabile;
con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 60 c.c.n.l. 1994/1997, 50 c.c.n.l. 1998/2001, 2, comma 1, e 63 del d.lgs. n. 165/2001, 2112 cod. civ. e si asserisce, in sostanza, che la Asl non poteva erogare somme per le quali non vi era capienza dei fondi;
5.1 anche tale motivo è inammissibile;
esso, infatti, prospetta una questione, id est quella della capienza del fondo, alla quale non fa cenno la sentenza impugnata, e l’Azienda ricorrente non assolve agli oneri che devono essere rispettati nei casi in cui la questione giuridica sia nuova ed implichi accertamenti di fatto;
infatti, in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel “thema
decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio (Cass. 09/08/2018, n. 20694; Cass. 24/01/2019, n. 2038);
conclusivamente, il ricorso (da considerarsi unico, gli ulteriori essendo riproduzioni dell’originario) va dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte: pronunciando sui ricorsi riuniti, li dichiara inammissibili e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che liquida in €. 3.000,00 per compensi, €. 200,00 per esborsi, oltre 15% di rimborso spese forfettario ed accessori di legge, con distrazione in favore dell’avv. distrattario NOME COGNOME
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro, il