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Retribuzione di posizione: Cassazione e inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’Azienda Sanitaria Locale in una controversia sulla retribuzione di posizione di un dirigente medico. L’Azienda non può compensare le somme dovute per la parte minima contrattuale con presunti versamenti in eccesso sulla parte variabile. Il ricorso è stato respinto per motivi procedurali, in quanto non affrontava specificamente le ragioni della decisione d’appello e introduceva questioni nuove.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Retribuzione di posizione: la Cassazione conferma l’inammissibilità del ricorso aziendale

Con l’ordinanza n. 31661/2024, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso cruciale in materia di retribuzione di posizione nel pubblico impiego, fornendo importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità del ricorso. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile l’impugnazione di un’Azienda Sanitaria Locale, condannandola al pagamento delle spese, poiché i motivi del ricorso non si confrontavano adeguatamente con le ragioni della decisione della Corte d’Appello.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da due decreti ingiuntivi ottenuti da un dirigente medico contro un’Azienda Sanitaria Locale. Il dirigente chiedeva il pagamento di differenze retributive relative a due distinti titoli:
1. Differenze sulla retribuzione di posizione minima contrattuale (fissa e variabile) per il periodo 2002-2006.
2. Differenze sulla retribuzione di posizione variabile aziendale per il periodo 2003-2006.

Il Tribunale di primo grado aveva accolto l’opposizione dell’Azienda, ritenendo legittima la compensazione tra le somme dovute al dirigente e quelle che l’Azienda sosteneva di avergli versato in più a titolo di variabile aziendale. Secondo il Tribunale, la retribuzione di posizione doveva essere considerata nel suo complesso.

La Corte d’Appello, tuttavia, ha ribaltato la decisione. Ha stabilito che la graduazione delle funzioni operata dall’Azienda riguardava unicamente la componente variabile aziendale e non l’intera retribuzione di posizione. Pertanto, l’Azienda era tenuta a corrispondere i minimi contrattuali, che fungono da anticipazione, ai quali si aggiunge la variabile aziendale, senza possibilità di compensazione.

Il Ricorso per Cassazione e la Specificità dei Motivi

L’Azienda Sanitaria ha proposto ricorso per cassazione basato su tre motivi. Tuttavia, la Suprema Corte ha ritenuto l’intero ricorso inammissibile per una fondamentale carenza di specificità e pertinenza rispetto alla decisione impugnata.

La Retribuzione di Posizione e il Divieto di Compensazione Indebita

Il primo motivo del ricorso aziendale sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nell’escludere la compensazione. Secondo l’Azienda, la normativa contrattuale impone solo di garantire che il valore complessivo dell’incarico non sia inferiore alla retribuzione minima. La Cassazione ha dichiarato questo motivo inammissibile perché non si confrontava con il decisum della Corte d’Appello. La decisione di secondo grado si fondava sul fatto che, nel periodo in questione, mancava una determinazione del trattamento complessivo. Di conseguenza, le componenti minime (fissa e variabile) previste dal contratto collettivo rimanevano distinte e non potevano essere ‘assorbite’ o compensate con la parte variabile aziendale.

L’Irrilevanza degli Argomenti non Pertinenti

Con il secondo motivo, l’Azienda contestava la decisione relativa alle differenze sulla variabile aziendale, sostenendo che gli effetti di una delibera successiva non potessero retroagire. Anche in questo caso, la Cassazione ha rilevato un totale scollamento tra il motivo di ricorso e la motivazione della sentenza d’appello. La Corte territoriale, infatti, aveva basato la sua decisione sul principio di conservazione del trattamento economico acquisito dal dirigente al momento del suo transito da un’altra azienda, ai sensi dell’art. 2112 c.c. Il ricorso dell’Azienda ignorava completamente questa argomentazione, concentrandosi su delibere che non erano al centro del ragionamento del giudice d’appello.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del processo di legittimità: il ricorso deve essere articolato in motivi specifici che si confrontino direttamente con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata. Non è sufficiente una generica lamentela o l’indicazione di norme di legge violate. Il ricorrente ha l’onere di esaminare il contenuto precettivo delle norme e di dimostrare come la sentenza se ne discosti.

Nel caso di specie, l’Azienda non ha attaccato il cuore della motivazione della Corte d’Appello, ma ha proposto argomenti non pertinenti. Inoltre, con il terzo motivo, ha sollevato una questione nuova – la presunta mancanza di capienza dei fondi – che non era mai stata discussa nei gradi di merito. La giurisprudenza costante vieta di introdurre in sede di legittimità questioni nuove che implichino accertamenti di fatto, poiché il giudizio di cassazione è limitato al controllo di diritto.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, condannando l’Azienda al pagamento delle spese legali. Questa ordinanza rappresenta un importante monito per chi intende adire la Suprema Corte: i motivi di ricorso devono essere mirati, specifici e pertinenti. Non è possibile sperare di ottenere una riforma della sentenza d’appello se non se ne contestano in modo puntuale le effettive ragioni giuridiche. Per i datori di lavoro del settore pubblico, la decisione rafforza il principio secondo cui le diverse componenti della retribuzione di posizione mantengono la loro autonomia fino a quando non interviene una formale e complessiva graduazione dell’incarico, impedendo compensazioni arbitrarie a danno del dirigente.

Un datore di lavoro pubblico può compensare somme dovute per la retribuzione minima contrattuale con importi versati in eccesso sulla parte variabile aziendale?
No, secondo questa ordinanza non è possibile se manca una determinazione formale del trattamento economico complessivo dell’incarico. Le componenti minime previste dalla contrattazione collettiva restano dovute e si aggiungono alla parte variabile, senza possibilità di assorbimento o compensazione.

Perché il ricorso dell’Azienda Sanitaria è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché i motivi presentati non si confrontavano specificamente con le ragioni giuridiche (il decisum) della sentenza della Corte d’Appello. Invece di contestare la motivazione del giudice, l’Azienda ha proposto argomenti generici o non pertinenti alla decisione.

È possibile sollevare per la prima volta una nuova questione, come la mancanza di fondi, nel ricorso per cassazione?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione ha ribadito che è preclusa la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito, specialmente se richiedono accertamenti di fatto. Tali questioni sono inammissibili in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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