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Retribuzione accessoria: no al taglio forfettario del 30%

Una Local Health Authority aveva imposto un taglio forfettario del 30% sulla retribuzione accessoria dei suoi dirigenti medici, motivandolo con esigenze di contenimento della spesa pubblica. I dirigenti hanno contestato tale misura. La Corte di Cassazione ha dichiarato illegittimo il taglio, stabilendo che la legge (D.L. 78/2010) non consente riduzioni percentuali arbitrarie. La normativa impone di bloccare il fondo per la retribuzione accessoria al livello del 2010 e di ridurlo solo in misura proporzionale alla diminuzione del personale. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per un corretto ricalcolo delle somme dovute.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Retribuzione Accessoria: La Cassazione Annulla il Taglio Forfettario del 30%

L’ordinanza n. 13226 del 14 maggio 2024 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel pubblico impiego: i limiti al potere della Pubblica Amministrazione di ridurre la retribuzione accessoria dei propri dipendenti in nome del contenimento della spesa. Con una decisione netta, la Suprema Corte ha stabilito che i tagli non possono essere forfettari e arbitrari, ma devono seguire scrupolosamente i criteri fissati dalla legge, tutelando così i diritti soggettivi dei lavoratori.

I Fatti del Caso: Una Riduzione Drastica e Contestata

La vicenda ha origine dalla decisione di un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) di ridurre del 30% la remunerazione variabile di un gruppo di dirigenti medici. La misura, attuata tramite trattenute dirette in busta paga a partire da marzo 2013, era stata giustificata dall’ASL come necessaria per far fronte alle politiche di riduzione dei fondi contrattuali.

I dirigenti, ritenendo la decurtazione illegittima, si sono rivolti al Tribunale, sostenendo che l’ASL avesse applicato criteri di calcolo errati e violato la normativa di riferimento, in particolare l’art. 9, comma 2-bis, del D.L. 78/2010. Secondo i ricorrenti, la legge consentiva una riduzione del trattamento accessorio, ma non di quello fondamentale, e imponeva un metodo di calcolo specifico che l’ASL non aveva rispettato.

Dopo una sentenza di primo grado parzialmente favorevole ai lavoratori, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, accogliendo le ragioni dell’ASL e giudicando legittimo il taglio in nome dell’esigenza di contenimento della spesa pubblica. Contro questa sentenza, i dirigenti hanno proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dei dirigenti medici, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un’altra sezione della stessa Corte per un nuovo esame. Il cuore della decisione risiede nella corretta interpretazione delle norme sul contenimento della spesa nel pubblico impiego.

Le Motivazioni della Corte sulla Retribuzione Accessoria

La Cassazione ha chiarito in modo inequivocabile i paletti che la Pubblica Amministrazione deve rispettare quando interviene sulla retribuzione accessoria. Il punto centrale è l’articolo 9, comma 2-bis, del D.L. n. 78 del 2010. Questa norma introduce due principi fondamentali:

1. Cristallizzazione del Tetto di Spesa: L’ammontare complessivo delle risorse destinate al trattamento accessorio non può superare quello dell’anno 2010.
2. Riduzione Proporzionale: Tale importo deve essere automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio.

Sulla base di questi principi, la Corte ha affermato che un taglio forfettario e generalizzato del 30%, come quello operato dall’ASL, è palesemente in contrasto con la legge. L’amministrazione non ha la discrezionalità di applicare una riduzione percentuale arbitraria. Deve, invece, seguire un iter logico e normativo preciso: calcolare il fondo secondo il tetto del 2010 e poi diminuirlo in proporzione al numero di dipendenti cessati dal servizio. Solo a quel punto il fondo residuo può essere ripartito tra il personale in servizio.

La Corte ha inoltre specificato che la pretesa dei lavoratori a un corretto calcolo del proprio stipendio costituisce un diritto soggettivo, pienamente tutelabile davanti al giudice ordinario. Non si tratta, come erroneamente sostenuto dalla Corte d’Appello, di un’indebita ingerenza in calcoli e conteggi attinenti alla finanza regionale.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza riafferma un principio di legalità fondamentale: anche le misure di contenimento della spesa pubblica devono essere attuate nel rispetto delle norme che le disciplinano e dei diritti dei lavoratori. La Pubblica Amministrazione non può agire in modo arbitrario, ma è vincolata a criteri oggettivi e predeterminati.

Le implicazioni pratiche sono significative:

* Stop ai tagli lineari: Le amministrazioni non possono applicare riduzioni percentuali uguali per tutti se la legge prevede meccanismi diversi e più specifici, come la riduzione proporzionale legata al turnover.
* Tutela del diritto soggettivo: I dipendenti pubblici possono far valere in giudizio il loro diritto a una corretta determinazione della retribuzione accessoria, senza che questo possa essere considerato un’invasione nelle scelte di bilancio dell’ente.
* Necessità di ricalcolo: L’ASL, e per estensione qualsiasi altra amministrazione in situazioni analoghe, sarà tenuta a ricalcolare quanto effettivamente dovuto ai dipendenti, seguendo il metodo indicato dalla Cassazione, e a restituire le somme indebitamente trattenute.

In definitiva, la sentenza rafforza le garanzie per i dipendenti pubblici di fronte a interventi sulla loro busta paga, ribadendo che il rigore finanziario non può mai tradursi in illegittimità.

Una Pubblica Amministrazione può tagliare la retribuzione accessoria dei suoi dipendenti con una riduzione percentuale fissa (es. 30%) per contenere la spesa?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una riduzione forfettaria e generalizzata è illegittima. La normativa sul contenimento della spesa (D.L. 78/2010) prevede un meccanismo specifico: il fondo per la retribuzione accessoria va prima “cristallizzato” al valore del 2010 e poi ridotto in misura proporzionale alla diminuzione del personale in servizio, non attraverso tagli percentuali arbitrari.

Il corretto calcolo della retribuzione accessoria è un diritto soggettivo del lavoratore che può essere tutelato dal giudice ordinario?
Sì. La Corte ha stabilito che il ricalcolo dei fondi secondo i criteri di legge e la determinazione di quanto spetta a ciascun dipendente non riguardano scelte di macro-organizzazione della finanza pubblica, ma attengono alla lesione di diritti soggettivi dei lavoratori. Pertanto, la pretesa rientra pienamente nella competenza del giudice ordinario.

Il taglio della retribuzione accessoria può essere giustificato come una misura provvisoria in attesa di una nuova “graduazione delle funzioni”?
No. La Corte ha chiarito che la revisione della graduazione delle funzioni dirigenziali riguarda le proporzioni con cui i fondi vengono distribuiti tra i vari dirigenti in base alla complessità del loro incarico. Questo processo non ha nulla a che vedere con la determinazione dell’ammontare complessivo del fondo, che è invece regolato da norme di legge imperative come quelle sul contenimento della spesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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