Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 30658 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 30658 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/11/2024
RETRATTO AGRARIO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8139/2023 R.G. proposto da
COGNOME NOME NOME rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO , con domicilio telematico all’indirizzo EMAIL de l proprio difensore
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE E COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO , con domicilio telematico all’indirizzo PEC del proprio difensore
-controricorrenti –
nonché contro
NOME DOMENICO E TIMPANO NOME
-intimati – avverso la sentenza n. 1448/2022 della CORTE DI APPELLO DI CATANZARO, depositata il giorno 21 dicembre 2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 luglio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che
NOME COGNOME, nella asserita qualità di titolare di un’azienda agricola in Zagarise e coltivatore diretto di un fondo agricolo, esercitò innanzi il Tribunale di Catanzaro azione di riscatto di terreni, confinanti con quello di proprietà attorea, oggetto di compravendita (per atto pubblico del 16 febbraio 2015) da NOME COGNOME e NOME COGNOME (coniugi in comunione dei beni, alienanti) a NOME COGNOME e NOME COGNOME (coniugi in comunione legale dei beni, acquirenti);
alla lite spiegarono attiva resistenza i coniugi COGNOME e COGNOME: contestarono la sussistenza dei presupposti per l’azione di riscatto (adducendo che l’attore fosse imprenditore agricolo, non già coltivatore diretto) e rivendicando altresì lo status della COGNOME di affittuaria e coltivatrice diretto dei fondi oggetto di compravendita;
la domanda è stata disattesa nei due gradi del giudizio di merito; per quanto ancora qui d’interesse, la decisione in epigrafe indicata, resa in sede di appello, ha ritenuto mancante la prova che NOME COGNOME fosse coltivatore diretto del suo fondo e che vi fossero terzi coltivatori diretti insediati sul fondo oggetto di retratto;
NOME COGNOME ricorre per cassazione, affidandosi a due motivi; resistono, con unitario controricorso, NOME COGNOME e NOME COGNOME, mentre non svolgono difese in grado di legittimità NOME COGNOME e NOME COGNOME;
parte controricorrente deposita memoria illustrativa;
Considerato che
il primo motivo denuncia « omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto deciso della controversia » nonché comunque motivazione apparente, dacché inidonea ad esternare le ragioni poste a base della decisione;
r.g. n. 8139/2023 Cons. est. NOME COGNOME
il motivo è inammissibile, sotto entrambi i profili;
innanzitutto perché evoca vizi motivazionali (omessa, insufficiente o contraddittoria) assunti come ragioni di impugnazione di legittimità dalla previgente formulazione dell’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ. ed invece radicalmente estranei al contenuto precettivo della norma attualmente operante ed applicabile alla fattispecie;
è appena il caso di rammentare, infatti, che alla luce del nuovo testo della disposizione menzionata, il controllo sulla motivazione del provvedimento impugnato in sede di legittimità può investire unicamente l’anomalia motivazionale che si tramut i in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, e che si esaurisca nella « mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico », nella « motivazione apparente », nel « contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili » e nella « motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile », esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di « sufficienza » della motivazione (sul punto, basti il rinvio a Cass., Sez. U, 22/09/2014, n. 19881 e a Cass., Sez. U, 07/04/2014, n. 8053);
anche la censura di « apparenza » della motivazione, siccome per relationem alla decisione di primo grado, è inammissibile;
in tema di ricorso per cassazione, ove si denunci che la sentenza di appello sia motivata « per relationem » alla pronuncia di primo grado, al fine ritenere assolto l ‘ onere ex art. 366, primo comma, num. 6, cod. proc. civ., occorre che il motivo identifichi il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello, nonché le critiche ad essa mosse con l ‘ atto di impugnazione ordinaria, che è necessario individuare per evidenziare che, con la adottata motivazione, il giudice di secondo grado abbia, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali (Cass., Sez. U, 20/03/2017, n. 7074);
il motivo in scrutinio si palesa al riguardo del tutto carente;
r.g. n. 8139/2023 Cons. est. NOME COGNOME
e tanto (lo si soggiunge per mera completezza espositiva) senza considerare che la pronuncia qui impugnata descrive un percorso argomentativo chiaro, logico, coerente, lineare, espressione di un convincimento proprio ed autonomo del giudice di appello e di una adeguata valutazione dei motivi di gravame alla luce del compendio istruttorio acquisito;
con il secondo motivo, per violazione e falsa applicazione di plurime norme di diritto, parte ricorrente imputa alla sentenza gravata di aver erroneamente ritenuto valido un « presunto contratto verbale di affitto di fondo rustico tra il venditore e l’acquirente », ancorché, non essendo NOME COGNOME coltivatore diretto, tale contratto dovesse avere necessariamente forma scritta;
il motivo è inammissibile;
a giustificare la reiezione dell’azione di riscatto, la Corte d’appello ha posto il « mancato raggiungimento della prova in ordine al requisito della qualità di coltivatore diretto del confinante »: e la doglianza sollevata non attinge criticamente questa ratio decidendi , che ignora del tutto ignora, profondendosi in postulazioni fattuali assertorie ed inconferenti, inidonee ad integrare il connotato della specialità prescritto dall’art. 366, primo comma, num. 4, cod. proc. civ.;
il ricorso è inammissibile;
il regolamento delle spese del grado segue la soccombenza;
a tteso l’esito del ricorso, va poi dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari
a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p.q.m.
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.100 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione