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Retratto agrario: I.A.P. deve provare la capacità?

Un’imprenditrice agricola professionale (I.A.P.) ha tentato di esercitare il diritto di retratto agrario su un fondo confinante. La Corte d’Appello ha respinto la sua richiesta, confermando la decisione di primo grado. La sentenza stabilisce che la qualifica di I.A.P. non è sufficiente a esonerare chi agisce in giudizio dall’onere di provare tutti i requisiti di legge, in particolare l’adeguata capacità lavorativa del proprio nucleo familiare, elemento indispensabile per l’esercizio del diritto.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Retratto agrario: la qualifica di I.A.P. non basta, serve la prova della capacità lavorativa

Il diritto di retratto agrario rappresenta uno strumento fondamentale per favorire l’accorpamento dei fondi agricoli e la formazione di imprese agricole più efficienti. Tuttavia, il suo esercizio è subordinato a requisiti rigorosi. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Bari chiarisce un punto cruciale: la qualifica di Imprenditore Agricolo Professionale (I.A.P.) non esonera dalla necessità di dimostrare in giudizio la sussistenza di tutti i presupposti di legge, in particolare l’adeguata capacità lavorativa. Approfondiamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dalla domanda di un’imprenditrice agricola che, in qualità di proprietaria di un fondo confinante, chiedeva di esercitare il diritto di retratto agrario su un terreno venduto a un terzo. L’attrice sosteneva che la vendita fosse avvenuta senza la prescritta denuntiatio, violando così il suo diritto di prelazione. Il Tribunale di primo grado, tuttavia, aveva rigettato la sua domanda, ritenendo che non fosse stata fornita la prova di uno dei requisiti essenziali previsti dalla legge: la capacità lavorativa del nucleo familiare dell’attrice, necessaria per la coltivazione del fondo.

L’Appello e la distinzione tra I.A.P. e Coltivatore Diretto

L’imprenditrice ha impugnato la decisione dinanzi alla Corte d’Appello. Il fulcro del suo gravame si basava sulla distinzione tra la figura del “coltivatore diretto” e quella dell'”Imprenditore Agricolo Professionale” (I.A.P.), qualifica da lei posseduta. Secondo la tesi dell’appellante, a differenza del coltivatore diretto, la cui attività è incentrata sul lavoro manuale proprio e della famiglia, l’I.A.P. gestisce un’impresa. Di conseguenza, il riconoscimento della qualifica di I.A.P. da parte degli enti preposti e l’iscrizione alla previdenza agricola avrebbero dovuto essere sufficienti a soddisfare i requisiti di legge, senza la necessità di fornire una prova specifica sulla capacità lavorativa manuale.

Le motivazioni della Corte sul retratto agrario

La Corte d’Appello ha respinto l’appello, confermando integralmente la sentenza di primo grado. Le motivazioni dei giudici sono chiare e si fondano su principi consolidati in materia di retratto agrario.

### L’onere della prova resta a carico del richiedente

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: chi intende esercitare un diritto, come quello di retratto, ha l’onere di provare l’esistenza di tutti i presupposti previsti dalla legge. Il retratto agrario costituisce una limitazione al diritto di proprietà e all’autonomia contrattuale, tutelati a livello costituzionale; pertanto, i suoi requisiti devono essere interpretati e applicati con rigore. L’appellante, invece, si era limitata a una mera allegazione della sua qualifica soggettiva, senza fornire alcuna prova concreta.

### La normativa non prevede eccezioni per l’I.A.P.

Il punto centrale della decisione è che la normativa di riferimento (in particolare l’art. 8 della L. 590/1965 e l’art. 7 della L. 817/1971) non prevede alcuna eccezione o esenzione probatoria per l’Imprenditore Agricolo Professionale. Sebbene la legge estenda il diritto di prelazione anche all’I.A.P. proprietario di fondi confinanti, non lo solleva dal dover dimostrare il possesso di tutti i requisiti, tra cui:
1. La coltivazione del proprio fondo da almeno due anni.
2. L’idonea capacità lavorativa del soggetto e del suo nucleo familiare, in modo che la superficie totale dei terreni posseduti non superi il triplo di tale capacità.

La Corte ha specificato che l’appellante non solo non ha provato la propria capacità lavorativa, ma non ha neanche dimostrato l’effettiva coltivazione del terreno di sua proprietà, confinante con quello oggetto di compravendita.

Conclusioni

La sentenza in esame offre un importante monito a tutti gli operatori del settore agricolo. La qualifica di Imprenditore Agricolo Professionale, sebbene attesti un approccio imprenditoriale all’agricoltura, non costituisce una “scorciatoia” per l’esercizio del diritto di prelazione e retratto agrario. Chiunque intenda avvalersi di questo strumento deve prepararsi a fornire in giudizio una prova rigorosa e documentata di tutti i requisiti soggettivi e oggettivi richiesti dalla legge. La semplice affermazione di un diritto o di una qualifica non è sufficiente: nel processo civile, le allegazioni devono sempre essere supportate da prove concrete, un principio che in materia agraria assume una rilevanza ancora maggiore data la delicatezza degli interessi in gioco.

La qualifica di Imprenditore Agricolo Professionale (I.A.P.) è sufficiente per esercitare il diritto di retratto agrario senza altre prove?
No, la sentenza chiarisce che la qualifica di I.A.P., pur essendo un requisito, non esonera dal dover provare tutti gli altri presupposti previsti dalla legge, in particolare l’idonea capacità lavorativa del proprio nucleo familiare.

Su chi ricade l’onere di provare i requisiti per il retratto agrario?
L’onere della prova ricade interamente su chi intende esercitare il diritto di retratto (il retraente). Questi deve dimostrare il possesso di tutti i requisiti soggettivi e oggettivi richiesti dalla legge, come la coltivazione biennale del proprio fondo e un’adeguata capacità lavorativa.

La legge sul retratto agrario prevede un trattamento diverso per l’I.A.P. rispetto al coltivatore diretto in termini di prove da fornire?
No. Secondo la Corte, la normativa di riferimento (art. 8 L. 590/1965) si applica in modo uniforme e non pone alcuna eccezione o esenzione probatoria in favore dell’I.A.P. per quanto riguarda i requisiti fondamentali, inclusa la dimostrazione della capacità lavorativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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