Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2691 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L   Num. 2691  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 37103-2019 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE,  in persona  del  Presidente  e  legale  rappresentante  pro  tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso  dagli  Avvocati  NOME  COGNOME,  NOME  COGNOME, NOME NOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME;
– intimato – avverso  la  sentenza  n.  854/2019  della  CORTE  D’APPELLO  di PALERMO, depositata il 02/10/2019 R.G.N. 229/2018;
udita  la  relazione  della  causa  svolta  nella  camera  di  consiglio del 20/12/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 20/12/2023
CC
Rilevato che:
La  Corte  d’Appello  di  Palermo  ha  respinto  l’appello  dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, confermando la pronuncia di primo grado che aveva condannato COGNOME NOME a restituire la somma erogatagli dall’RAGIONE_SOCIALE in esecuzione della sentenza n. 723/2013  dello  stesso  Tribunale,  poi  riformata  in  appello  in senso sfavorevole al COGNOME, al netto delle ritenute fiscali.
La Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha respinto l’appello uniformandosi ai precedenti di legittimità richiamati (Cass. n. 13530 del 2019; n. 23093 del 2014; n. 1464 del 2012) secondo cui, in caso di riforma della sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento di somme in favore del lavoratore, il datore ha diritto di ripetere solo le somme effettivamente percepite dal lavoratore e non può pretendere la restituzione di importi al lordo, mai entrati nella sfera patrimoniale del dipendente. Ha ritenuto tale principio applicabile a qualunque altro soggetto che sia sostituto d’imposta.
Avverso tale sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione,  affidato  ad  un  unico  motivo.  COGNOME  non  ha svolto difese.
L’ordinanza interlocutoria n. 3566 del 2022 ha rimesso gli atti a questa Sezione Lavoro.
Il Collegio,  all’esito  della  camera  di  consiglio,  si  è  riservato  il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Con l’unico motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione degli artt. 336 e 389
cod. proc. civ. Si sostiene che la fattispecie della restituzione di somme pagate in esecuzione di una sentenza successivamente riformata o cassata sia disciplinata dagli artt. 336 e 389 cod. proc. civ., che si pongono in rapporto di specialità rispetto al rimedio generale disciplinato dall’art. 2033 cod. civ. Si aggiunge che i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità non possono trovare applicazione nell’ambito del rapporto previdenziale pubblico perché ciò equivarrebbe a porre a carico dell’amministrazione i costi relativi alle operazioni necessarie al ripristino del patrimonio, con violazione del principio di salvaguardia dei conti pubblici tutelato dall’art. 81 Cost. e del principio di buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost.
Il motivo è privo di pregio.
Occorre premettere che numerosi precedenti di questa Corte (Cass. n. 19735 del 2018; n. 2135 del 2018; 12933 del 2018; 31503 del 2018; n. 440 del 2019; n. 13530 del 2019; n. 5890 del 2020; n. 10533 del 2020; Sez. VI n. 8614 del 2019; n. 17271 del 2020; n. 18996 del 2020; n. 21622 del 2020) hanno affermato che, in caso di riforma, totale o parziale, della sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento di somme in favore del lavoratore, il datore ha diritto di ripetere quanto il lavoratore abbia effettivamente percepito e non può pertanto pretendere la restituzione di importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente, atteso che il caso del venir meno con effetto ex tunc dell’obbligo fiscale a seguito della riforma della sentenza da cui è sorto ricade nel raggio di applicazione dell’art. 38, comma 1, del D.P.R, n. 602 del 1973, secondo cui il diritto al rimborso fiscale nei confronti dell’amministrazione finanziaria spetta in via principale a colui che ha eseguito il versamento
non  solo  nelle  ipotesi  di  errore  materiale  e  duplicazione,  ma anche in quelle di inesistenza totale o parziale dell’obbligo.
Ritiene il Collegio che n on vi sono ostacoli per l’ applicazione del principio sopra esposto alla materia previdenziale.
Quanto alla specifica questione in relazione al rapporto previdenziale pubblico, va ricordato che questa Corte ne ha già fatto applicazione in materia previdenziale con riguardo al regresso dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE: Sez. L, Ordinanza n. 26654 del 15/09/2023 (Rv. 668768 – 01) ha invero ritenuto che l’azione di regresso dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE nei confronti del datore di lavoro incontra il limite dell’ammontare del risarcimento dei danni patrimoniali che sarebbero dovuti dal responsabile al lavoratore infortunato, commisurandosi tali danni al reddito netto, cioè all’ammontare in denaro che sarebbe stato effettivamente percepito dal lavoratore medesimo.
L’applicazione all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE del medesimo principio non crea problemi peculiari, ed anzi realizza un equo contemporaneamente tra le opposte esigenze, perché il lavoratore restituisce solo ciò che effettivamente ha avuto e il creditore  può  sempre  richiedere  al  fisco  la  restituzione  di quanto ha pagato.
Né può assumere rilevanza la circostanza dedotta dal ricorrente secondo  la  quale  i  rapporti dell’amministrazione con  l’erario sono regolati a mezzo di conguagli periodici, per anno d’imposta,  fra  quanto  dovuto  dall’ente  e  quanto  deve  essere versato, attesa che la detta circostanza riguarda le modalità di regolazione delle contrapposte partite e resta del tutto estranea all’ammontare  dei  crediti  che  confluiscono  nella  massa  dei crediti dell’ente previdenziale.
Ne deriva il rigetto del ricorso.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo
unificato, se dovuto.
p.q.m.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo  unificato,  pari  a  quello  previsto  per  il  ricorso,  a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così  deciso  oggi  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  del  20