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Restituzione somme lorde: solo il netto va ridato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2691/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di restituzione somme lorde. A seguito della riforma di una sentenza, chi ha ricevuto un pagamento è tenuto a restituire solo l’importo netto effettivamente incassato, e non la somma lorda comprensiva delle ritenute fiscali. Spetta all’ente che ha effettuato il pagamento, in qualità di sostituto d’imposta, richiedere il rimborso delle tasse all’amministrazione finanziaria.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Restituzione somme lorde: la Cassazione chiarisce chi deve rimborsare cosa

Quando una sentenza di primo grado viene modificata in appello, cosa succede alle somme già pagate? La questione della restituzione somme lorde è un problema ricorrente che crea incertezza sia per i datori di lavoro che per i lavoratori. Con la recente ordinanza n. 2691 del 29 gennaio 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: si restituisce solo ciò che si è effettivamente ricevuto.

I fatti del caso

Un ente previdenziale nazionale aveva versato una somma di denaro a un cittadino in esecuzione di una sentenza di primo grado. Successivamente, la Corte d’Appello ha riformato la decisione, dando torto al cittadino. Di conseguenza, l’ente ha chiesto la restituzione di quanto pagato. La controversia è nata sulla quantificazione dell’importo: l’ente pretendeva la restituzione della somma lorda, comprensiva delle ritenute fiscali che aveva versato allo Stato in qualità di sostituto d’imposta. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano invece stabilito che il cittadino dovesse restituire solo l’importo netto che era effettivamente entrato nel suo patrimonio.

La questione della restituzione somme lorde davanti alla Cassazione

L’ente previdenziale ha portato il caso davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che la normativa sulla restituzione delle somme pagate in base a una sentenza poi riformata (artt. 336 e 389 c.p.c.) dovesse prevalere sulla disciplina generale dell’indebito (art. 2033 c.c.). A suo avviso, il principio affermato dalla giurisprudenza non poteva applicarsi al rapporto previdenziale pubblico, poiché avrebbe violato i principi di salvaguardia dei conti pubblici e di buona amministrazione. In pratica, l’ente si sarebbe trovato a dover sostenere i costi per recuperare le imposte versate.

Il principio del ‘netto percepito’ si applica anche agli enti pubblici

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, confermando l’orientamento già consolidato. Il principio è chiaro e logico: un soggetto può essere obbligato a restituire solo le somme che sono effettivamente entrate nella sua sfera patrimoniale. Le ritenute fiscali, per loro natura, non transitano mai nel patrimonio del lavoratore o del beneficiario della prestazione, poiché il sostituto d’imposta le versa direttamente all’erario. Pretendere la restituzione dell’importo lordo significherebbe chiedere al cittadino di restituire soldi che non ha mai ricevuto.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che la soluzione a questo apparente problema si trova nella legislazione fiscale, in particolare nell’art. 38 del D.P.R. n. 602/1973. Questa norma prevede che il diritto al rimborso delle imposte non dovute spetta a chi ha effettuato il versamento. Pertanto, è l’ente previdenziale (o il datore di lavoro), in qualità di sostituto d’imposta, che deve e può attivarsi presso l’amministrazione finanziaria per ottenere la restituzione delle imposte versate su una somma che, a seguito della riforma della sentenza, si è rivelata non dovuta. Secondo la Corte, questo meccanismo realizza un equo bilanciamento degli interessi: il lavoratore restituisce solo ciò che ha avuto, e il creditore può recuperare le imposte direttamente dal fisco. Questo principio, ha concluso la Corte, si applica senza ostacoli anche alla materia previdenziale, non creando alcun pregiudizio per le finanze pubbliche ma solo una corretta allocazione degli oneri.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di equità e certezza giuridica. Per i cittadini e i lavoratori, significa che non potranno mai essere costretti a restituire più di quanto hanno effettivamente incassato. Per gli enti previdenziali e i datori di lavoro, chiarisce che la via per recuperare le imposte versate su somme poi rivelatesi non dovute è quella del rimborso fiscale presso l’Agenzia delle Entrate. La decisione sottolinea come la restituzione debba mirare a ripristinare la situazione patrimoniale effettiva delle parti, senza generare ingiusti arricchimenti o impoverimenti.

Se una sentenza che mi ha riconosciuto una somma di denaro viene annullata, devo restituire l’importo lordo o quello netto?
No, secondo la Corte di Cassazione, sei tenuto a restituire solo l’importo netto che hai effettivamente percepito. Le somme relative alle ritenute fiscali non sono mai entrate nel tuo patrimonio e quindi non possono esserti richieste.

Chi è responsabile per il recupero delle tasse versate su somme che non erano dovute?
La responsabilità di recuperare le tasse versate spetta al soggetto che ha effettuato il pagamento in qualità di ‘sostituto d’imposta’ (ad esempio, il datore di lavoro o l’ente previdenziale). Questo soggetto deve presentare un’istanza di rimborso all’amministrazione finanziaria.

Questo principio vale anche se il pagamento è stato effettuato da un ente pubblico come l’INPS?
Sì, la Corte ha specificato che il principio si applica a qualunque soggetto che agisca come sostituto d’imposta, inclusi gli enti previdenziali pubblici. Non vi sono ostacoli all’applicazione di questa regola nel contesto del rapporto previdenziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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