LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Restituzione somme lavoratore: i limiti all’obbligo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7825/2024, ha stabilito un principio fondamentale sulla restituzione delle somme da parte del lavoratore. A seguito della riforma di una sentenza favorevole, il dipendente è tenuto a restituire al datore di lavoro esclusivamente l’importo netto effettivamente percepito, e non la somma lorda comprensiva delle ritenute fiscali. La Corte ha chiarito che le ritenute fiscali, versate dal datore di lavoro in qualità di sostituto d’imposta, non entrano mai nel patrimonio del lavoratore. Pertanto, spetta al datore di lavoro, e non al dipendente, attivarsi per richiedere il rimborso di tali imposte all’amministrazione finanziaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Restituzione somme lavoratore: si restituisce il netto, non il lordo

Una questione ricorrente nel diritto del lavoro riguarda la restituzione delle somme che il lavoratore ha percepito in esecuzione di una sentenza di primo grado, successivamente riformata in appello. La domanda cruciale è: il dipendente deve restituire l’intero importo lordo, comprensivo delle tasse versate dal datore di lavoro, o solo la somma netta effettivamente incassata? La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 7825 del 22 marzo 2024, ha fornito una risposta chiara, consolidando un principio a tutela del lavoratore.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una controversia di lavoro. Inizialmente, il Tribunale aveva dato ragione a una lavoratrice, condannando l’azienda a pagarle delle retribuzioni. L’azienda aveva eseguito la sentenza, versando alla dipendente la somma netta e pagando le relative ritenute fiscali e previdenziali allo Stato, in qualità di sostituto d’imposta.

Successivamente, la Corte d’Appello aveva però ribaltato la decisione, riformando la sentenza di primo grado. Di conseguenza, l’azienda aveva ottenuto un decreto ingiuntivo per ottenere la restituzione dalla lavoratrice dell’intera somma lorda, pari a oltre 46.000 euro.

La lavoratrice si era opposta a tale richiesta, sostenendo di dover restituire unicamente l’importo netto effettivamente percepito, circa 37.000 euro. Sia il Tribunale in sede di opposizione che la Corte d’Appello le avevano dato ragione.

La questione della restituzione delle somme per il lavoratore in Cassazione

L’azienda ha quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo che l’obbligo di restituzione dovesse riguardare l’intero importo lordo. La difesa si basava su una presunta violazione di normative fiscali, tra cui l’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973 e l’art. 10 del d.P.R. n. 917/1986.

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, giudicando i motivi infondati e confermando pienamente le decisioni dei giudici di merito. La Corte ha ribadito un principio ormai consolidato nella sua giurisprudenza.

Le Motivazioni

Il fulcro della decisione risiede nella distinzione tra il rapporto di lavoro (tra azienda e dipendente) e il rapporto tributario (tra azienda-sostituto d’imposta e fisco). La Corte ha affermato che, nel rapporto di lavoro subordinato, il datore versa al lavoratore la retribuzione al netto delle ritenute fiscali.

Quando un datore di lavoro paga una somma in esecuzione di una sentenza e opera le ritenute, adempie a un proprio obbligo fiscale come sostituto d’imposta. Tali somme (le tasse) non entrano mai nella “sfera patrimoniale del dipendente”. Il patrimonio del lavoratore si arricchisce solo dell’importo netto ricevuto.

Di conseguenza, se la sentenza viene riformata, l’obbligo di restituzione del lavoratore non può che essere limitato a quanto ha effettivamente percepito. Pretendere la restituzione del lordo significherebbe chiedere al lavoratore di restituire denaro che non ha mai avuto.

La Cassazione chiarisce anche quale sia lo strumento a disposizione del datore di lavoro per recuperare le imposte versate. La riforma della sentenza fa venire meno ex tunc (cioè, con effetto retroattivo) il presupposto stesso dell’obbligazione fiscale. In questo caso, il datore di lavoro ha il diritto di chiedere il rimborso delle imposte direttamente all’amministrazione finanziaria, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973. Questo articolo prevede il diritto al rimborso in caso di versamento non dovuto, includendo le ipotesi di inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso dell’azienda e la condanna al pagamento delle spese legali. La pronuncia consolida un orientamento fondamentale: in caso di riforma di una sentenza, il lavoratore è tenuto a restituire solo le somme nette incassate. Spetta al datore di lavoro attivarsi nei confronti del fisco per ottenere il rimborso delle ritenute versate e risultate non dovute. Questa decisione garantisce equità, evitando di porre a carico del lavoratore un onere restitutorio per somme mai entrate nella sua disponibilità.

Se una sentenza a favore del lavoratore viene riformata, quale importo deve essere restituito?
Il lavoratore è tenuto a restituire esclusivamente l’importo netto che ha effettivamente percepito, non la somma lorda comprensiva delle ritenute fiscali e previdenziali.

Chi è responsabile per il recupero delle tasse versate su somme poi risultate non dovute?
La responsabilità ricade sul datore di lavoro, il quale ha agito come sostituto d’imposta. Egli deve presentare un’istanza di rimborso all’amministrazione finanziaria, poiché la riforma della sentenza fa venire meno retroattivamente l’obbligo fiscale originario.

Perché il lavoratore non deve restituire l’importo lordo?
Perché le somme corrispondenti alle ritenute fiscali non sono mai entrate nel patrimonio del lavoratore. Esse sono state versate dal datore di lavoro direttamente al fisco per adempiere a un proprio obbligo legale. Chiedere la restituzione del lordo significherebbe imporre al lavoratore di restituire denaro che non ha mai ricevuto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati