Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33721 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33721 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 1665-2020 proposto da:
INTREVADO NOMECOGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COMUNITA’ COGNOME, in persona del Commissario liquidatore pro tempore , elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
Oggetto
Pubblico impiego Ripetizione indebito
R.G.N. 1665/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 08/11/2024
CC
avverso la sentenza n. 191/2019 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, del 05/07/2019 R.G.N. 241/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/11/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE:
1. con sentenza del 5.11.2019 la Corte d’appello di Campobasso, in parziale accoglimento dell’appello di NOME COGNOME riformava solo in parte la sentenza del locale Tribunale e rideterminava il quantum della condanna, in favore della Comunità Montana del Fortore Molisano, in €. 161.337,17, somma da intendersi al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali, oltre interessi legali dal 1.1.2013 al saldo;
2. la Corte territoriale, premesso che la COGNOME (dirigente con profilo di segretario generale della Comunità Montana) era stata attinta da ordinanza ingiunzione per la restituzione di importi indebitamente percepiti a titolo di arretrati stipendiali nel periodo 2004/2009, rilevava che, in virtù del principio di onnicomprensività della retribuzione dirigenziale, non spettavano le somme per incentivi ex lege 109/94, in relazione all’incarico di responsabile del procedimento conferitole con delibera di Giunta n. 80/2001, e che, a fronte di arretrati dovuti per €. 96.976,77, erano da decurtare, tuttavia, le somme per ‘maturato economico’ (€. 35.663,19) perché previste per i soli dirigenti della seconda (e non della prima) ex qualifica dirigenziale nonché quelle per retribuzione di posizione (per €. 24.081,84) del periodo 1.9.2007/31.8.2008 – in cui la dirigente aveva, a domanda, prestato servizio presso l’INPDAP -, sicché
residuava, come saldo dovuto, a titolo di arretrati, la somma di euro 37.231,77;
stante la liquidazione, tra gennaio 2010 e gennaio 2011, di arretrati per ben €. 198.568,94, ne seguiva che la RAGIONE_SOCIALE doveva , pertanto, restituire alla Comunità Montana l’importo di €. 161.337,17 al lordo delle ritenute, oltre accessori dal 1° gennaio 2013;
avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la Intrevado con sette motivi illustrati da memoria, cui si oppone con controricorso la Comunità Montana.
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo si denuncia (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) nullità della sentenza impugnata per assenza di valida motivazione per parte delle somme riconosciute come dovute dalla ricorrente alla Comunità montana, in quanto la Corte di merito ha rimesso la determinazione della correttezza di parte della retribuzione variabile spettante alla ricorrente al c.t.u., senza motivare sulle apodittiche conclusioni contabili di quest’ultimo;
1.1 il motivo è inammissibile;
non si ravvisa la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. denunciata nel secondo motivo, perché, all’esito della riformulazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., come evidenziato dalle Sezioni Unite di questa Corte, l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità, quale violazione di legge costituzionalmente rilevante, attiene solo all’esistenza della motivazione in sé, prescinde dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili», nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile» (Cass. S.U. n. 8053/2014
che richiama Cass. S.U. n. 5888/1992); il difetto del requisito di cui all’art. 132 cod. proc. civ. si configura, quindi, solo qualora la motivazione o manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione ovvero esista formalmente come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum;
esula, invece, dal vizio di violazione di legge la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti , implicante un raffronto tra le ragioni del decidere adottate ed espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito;
nel caso di specie il preteso vizio motivazionale, sul quale la ricorrente ha insistito anche nella memoria depositata ex art. 380 bis cod. proc. civ., è ricavato dal confronto con la documentazione prodotta e con la consulenza tecnica d’ufficio , e sollecita, quindi, un sindacato precluso alla Corte di legittimità dopo la riformulazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.;
2. con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata per omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., per avere comunque fatto effettuare al c.t.u. il calcolo del dare e avere tra le parti per un solo segmento del rapporto di lavoro (2004-2009) e non per l’intero periodo di durata dello stesso, con la conseguenza dell’assoluta inattendibilità del conteggio effettuato a pag. 40 della c.t.u., appalesandosi «del tutto scollegato dagli atti di causa dai quali emerge l’esatto opposto»; dall’esame della delibera direttoriale n.
21/10 si evincevano gli arretrati di voci retributive riconosciute per gli anni dal 2000 al 2009 dai contratti collettivi per gli anni 2004 e ss.;
2.1 il motivo è inammissibile;
la censura esula dai limiti di rilevanza del vizio di motivazione ex articolo 360 nr. 5 cod. proc. civ, concernenti l’omesso esame di un fatto storico oggetto del contraddittorio e di rilievo decisivo; le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. 22.9.2014 nr 19881; Cass. S.U. 7.4.2014 nr. 8053) hanno da tempo chiarito che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente è tenuto ad indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività»;
al compito assegnato alla Corte di Cassazione resta estranea una verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti , la quale implichi un raffronto tra le ragioni del decidere adottate ed espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito; l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti;
3. con il terzo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 24 commi 3 e 6 bis del d.lgs. 165/2001, in connessione con l’art. 18 della legge n. 109/1994 per avere la Corte d’appello negato il riconoscimento dei compensi relativi all’incarico di R.U.P. assegnato alla ricorrente nel 2001;
3.1 il motivo è inammissibile per carente esposizione dei fatti di causa (art. 366 n. 3 cod. proc. civ.);
la sentenza impugnata non chiarisce a quale procedimento si riferisse l’attribuzione di responsabile e, attraverso il richiamo alla giurisprudenza contabile, fa riferimento all’incarico di presidente del nucleo di valutazione;
il dipendente cui venga attribuito il ruolo di R.U.P. può svolgere il proprio incarico anche in relazione a opere che non richiedono attività di preventiva progettazione la quale costituisce, invece, il presupposto per il riconoscimento del compenso incentivante previsto dall’art. 18 della legge n. 109 del 1994 e succ. mod. (da ultimo: Cass. n. 28728/2024);
il ricorso, oltre a non consentire di comprendere quali fossero l’opera pubblica e l’appalto in relazione ai quali erano state svolte le funzioni, non consente neppure di collocare temporalmente i fatti ai fini della individuazione della disciplina applicabile;
né giova il richiamo operato dalla ricorrente alla disciplina contrattuale (c.c.n.l. 23.12.1999 Comparto regioni – enti locali) la quale, nel parlare (art. 26 comma 1) di ‘ confluenza ‘ nella retribuzione di posizione delle ‘ risorse ‘ per l’incentivazione della dirigenza, tra cui quelle dell’art. 18 legge n. 109 /1994 cit., non esclude (v. art. 29 comma 2) la percezione di compensi professionali ai sensi di tale ultima disposizione, ma pur sempre in presenza dei presupposti in detta norma richiamati la cui ricorrenza è stata esclusa dai giudici di merito;
con il quarto motivo si censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 70 comma 12 del d.lgs. n. 165/2001 e, comunque, per omesso l’esame di un fatto decisivo in relazione all’indennità di
posizione spettante alla ricorrente nel periodo di comando presso l’Inpdap; il giudice d’appello, escludendo la retribuzione di posizione nel periodo di comando (3.9.2007/2.9.2008), non aveva considerato il fatto decisivo integrato dalla delibera n. 54 del 25.6.2007 da cui si desumeva l’impegno dell’INPDAP a rimborsare alla Comunità Montana, ex art. 70 comma 12 d.lgs. n. 165 cit., non solo lo stipendio tabellare ma anche tale indennità di posizione;
4.1 il motivo è inammissibile;
questa Corte, a Sezioni Unite, ha affermato che «in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità» (Cass., Sez. U, Sentenza n. 34469 del 27/12/2019; conf. Cass., Sez. 3, n. 29923/2024);
nella specie, il motivo è carente di specificità in quanto poggia sulla deliberazione n. 54 del 25.6.2007 di cui non trascrive, neanche nei passaggi salienti, il contenuto;
5. con il quinto motivo si denuncia (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) «la violazione dell’art. 30 del d.lgs. n. 165/2001, dell ‘ art. 47 del d.P.R. n. 266/1987, dell’art. 4 comma 2 del d.l. n. 163/1995, dell’art. 13 del d.P.R. n. 494/1997, dell’art. 39 del c.c.n.l. 16.5.2001 dei segretari comunali, e, infine, degli artt. 24 n. 9, 33 e 35, comma 1 lett. b), del c.c.n.l. 14.4.1996
settore enti locali», nonché l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.), in relazione al mancato riconoscimento della RIA e del ‘ maturato economico ‘ come segretario comunale;
5.1 il motivo è inammissibile;
il motivo, al di là della sua formale enunciazione è inammissibile perché non illustra in alcun modo le ragioni per le quali sarebbero state violate le plurime disposizioni indicate in rubrica;
nella deduzione del vizio di violazione di legge o di disposizioni di contratto collettivo è onere del ricorrente indicare non solo le norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, svolgere specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione (Cass. n. 17570/2020; Cass. n. 16700/2020);
inoltre, il motivo, per come formulato, sollecita un accertamento di fatto (inammissibile in sede di legittimità) sulla complessiva ricostruzione della carriera, anche nel passaggio dalle funzioni di segretario comunale a quelle di segretario generale della comunità montana, al quale non fa alcun cenno la sentenza impugnata;
quanto al dedotto vizio di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., il ‘fatto decisivo’ è riferito «agli atti di causa» dai quali si desumerebbe «che gli arretrati di maturato economico corrisposti nel 2010-2011 (periodo 2000/2009) non erano €. 4.058,00 (come) attribuito dall’art.
35 comma 1 lett. b) del c.c.n.l. 10.4.1996 ai dirigenti degli enti locali, inquadrati nella ex seconda qualifica dirigenziale, bensì €. 8.634,00 + 13 mensilità, determinato con provvedimento n. 44/2010» (così p. 34 ricorso per cassazione);
il motivo impinge inammissibilmente nel merito, essendo principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui l’omessa valutazione di un documento o in genere del materiale istruttorio non integra di per sé omesso esame di fatto decisivo, per tale dovendo intendersi un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico (cfr., Cass., n. 2268 del 2022);
6. con il sesto motivo, in via subordinata, si denuncia la violazione del d.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, e della L. 4 aprile 1952 n. 218, art. 19, per avere la Corte di merito condannato la ricorrente alla restituzione di somme indebitamente percepite al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali;
6.1 il motivo è fondato;
sulla questione, questa Corte, in conformità ad un orientamento che può dirsi consolidato, ha affermato che «il datore di lavoro ha diritto a ripetere quanto il lavoratore abbia effettivamente percepito e non può pertanto pretendere la restituzione di importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente, atteso che il caso del venir meno con effetto ‘ex tunc’ dell’obbligo fiscale a seguito della riforma della sentenza da cui è sorto ricade nel raggio di applicazione dell’ art. 38, comma 1, del d.P.R., n. 602 del 1973, secondo cui il diritto al rimborso fiscale nei confronti dell’amministrazione finanziaria spetta in via principale a colui che ha eseguito il versamento non solo nelle ipotesi di errore materiale e duplicazione, ma anche in quelle di inesistenza totale o parziale dell’obbligo» (così Cass. 20/05/2019, n. 13530; v., altresì, di
recente, Cass. n. 6673/2023 e Cass. n. 12106/2023: ed ivi ulteriori richiami di giurisprudenza conforme);
la decisione impugnata, siccome in contrasto con l’indirizzo espresso da questa Corte, va in parte qua cassata;
con il settimo motivo si censura l’impugnata sentenza in relazione alla violazione dell’art. 2033 cod. civ., per avere la Corte d’appello riconosciuto la decorrenza degli interessi dal momento della cessazione del rapporto e non dal dì della domanda giudiziale ex art. 2033 cod. civ., senza avere tenuto conto della buona fede della ricorrente nella percezione degli arretrati liquidati dalla Comunità montana;
7.1 il motivo è fondato;
gli interessi decorrono dal momento della domanda, dovendosi presumere iuris tantum la buona fede dell ‘ accipiens che rileva, a termini dell’art. 2033 cod. civ., solo ai fini della decorrenza degli interessi, sicché il giudice d’appello ha errato nell’individuare, quale dies a quo , quello del collocamento a riposo della ricorrente (31.12.2012) anziché la data, ad essa successiva (13.8.2013), della notifica dell’ingiunzione di pagamento (v. Cass. Sez. U, n. 15895 del 13/06/2019, la quale ha chiarito che l’espressione dal giorno della ‘ domanda ‘ , contenuta nell ‘ art. 2033 cod. civ., non va intesa come riferita esclusivamente alla domanda giudiziale, ma comprende anche gli atti stragiudiziali aventi valore di costituzione in mora ai sensi dell’art. 1219 cod. civ.; cui adde Cass. n. 9757 del 11/04/2024);
in conclusione, vanno accolti gli ultimi due motivi e disattesi i restanti;
la sentenza impugnata deve essere conseguentemente cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio, anche per il regolamento delle spese del giudizio di cassazione , alla Corte d’appello di Campobasso in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte: accoglie il sesto e settimo motivo di ricorso e dichiara inammissibili i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Campobasso in d iversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro,