Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9761 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9761 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19330/2021 R.G. proposto da:
NOME COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME domicili ati digitalmente come in atti
contro
COGNOME NOMECOGNOME che si difende ai sensi dell’art. 86 c.p.c., domiciliato digitalmente come in atti
-controricorrente – nonché nei confronti di
SCANO NOME COGNOME SCANO NOME
avverso la sentenza del la Corte d’appello di Cagliari – Sezione di Sassari – n. 14/2021, pubblicata in data 13 gennaio 2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19 febbraio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOMECOGNOME
FATTI DI CAUSA
NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME conveniva in giudizio, dinanzi alla Corte d’appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendo, ai sensi dell’art. 389 cod. proc. civ., la restituzione di quanto pagato in loro favore in forza della sentenza del Tribunale di Sassari n. 1597/2009, confermata in appello con sentenza n. 106/2015 e poi annullata dalla Corte di cassazione con sentenza n. 7960/2016.
A fondamento della domanda deduceva che: -con sentenza n. 1597/2009, il Tribunale di Sassari aveva accolto le domande proposte da NOME e NOME COGNOME con il patrocinio dell’avv. NOME COGNOME condannandolo a versare, a titolo di mantenimento, in favore di NOMECOGNOME dichiarata sua figlia naturale, la somma di euro 500,00 mensili; -con sentenza n. 106/2015, la Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, aveva rigettato l’appello dallo stesso proposto, condannandolo al pagamento delle spese processuali; -con sentenza n. 7960/2017, la Corte di cassazione aveva cassato con rinvio la sentenza di appello, anche per la regolamentazione delle spese di lite; -nelle more della riassunzione del giudizio dinanzi alla Cort e d’appello di Cagliari, NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano posto in esecuzione la sentenza
del Tribunale di Sassari, notificando atto di precetto per il complessivo importo di euro 75.042,46 e, contestualmente, avevano notificato atto di pignoramento presso terzi; -il giudice dell’esecuzione, con provvedimento del 9 novembre 2010, aveva assegnato alle Scano la somma di euro 1.128,10, dovuta al debitore dal terzo pignorato Carige, la somma di euro 145,49 dovuta dal terzo pignorato Banca di Credito Sardo e l’importo mensile di euro 814,49, pari a 1/5 della retribuzione percepita dall’Università di Sassari sino alla concorrenza di euro 78.498,17; -con successivo atto di precetto in rinnovazione del 25 settembre 2012, NOME COGNOME e NOME COGNOME gli avevano intimato il pagamento della somma di euro 72.546,14, a titolo di importo residuo della somma assegnata ed a titolo di mantenimento maturato successivamente, oltre che a titolo di compenso dell’avvocato; in forza di tale precetto erano state pignorate somme dovute dall’Inps a titolo di TF S fino alla concorrenza di euro 108.819,21; -con ordinanza del 4 dicembre 2012, il Tribunale di Sassari, previa sospensione dell’esecuzione limitatamente alle somme di mantenimento calcolate per il periodo successivo al 12 ottobre 2008, data di matrimonio di NOME COGNOME aveva liquidato le somme maturate a tale titolo dal 12 febbraio 2001 al 12 ottobre 2008, assegnando l’ importo complessivo di euro 50.486,17 dovuto dal terzo pignorato Inps, da corrispondere, quanto ad euro 37.598,59, in favore dell’avv. COGNOME quale procuratore antistatario, oltre ad euro 2.831,40 per spese legali del procedimento esecutivo, e, quanto ad euro 10.056,18, in favore di NOME COGNOME
La Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, nel riconoscere preliminarmente il diritto del Salaris di agire dinanzi al giudice del rinvio per la restituzione di quanto versato in adempimento della sentenza annullata dalla Corte di cassazione, ha accolto parzialmente la domanda, dichiarando NOME COGNOME tenuto a
restituire, in favore del COGNOME, la somma di euro 2.831,40, oltre interessi legali dall’esborso al saldo, e NOME COGNOME obbligata alla restituzione della somma di euro 36.579,27, oltre interessi legali dall’esborso, di cui euro 26.523,09 , in solido con NOME COGNOME.
Distinguendo la domanda svolta nei confronti del COGNOME da quella azionata nei confronti delle Scano, con specifico riferimento alla prima, la Corte ha osservato che la sentenza costituente titolo esecutivo, prima confermata in appello e poi riformata in sede di legittimità, non conteneva alcuna statuizione di condanna in favore del difensore in quanto distrattario; solo nel giudizio esecutivo, l’avv. COGNOME mediante il suo sostituto processuale, aveva dichiarato di essere procuratore antistatario, sicché tale dichiarazione poteva produrre effetti solo nel relativo procedimento esecutivo. Non essendovi sentenza di condanna al pagamento in favore del difensore distrattario, ha reputato che la domanda di restituzione spiegata nei confronti dell’avv. COGNOME potesse essere accolta nei limiti della somma di euro 2.831,40 allo stesso riconosciuta nel giudizio esecutivo quale procuratore antistatario, escludendo, invece, la sua legittimazione relativamente alle ulteriori somme richieste in restituzione.
Avverso la suddetta sentenza NOMECOGNOME NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, con un unico motivo, cui resiste, mediante controricorso, NOME COGNOME.
NOME COGNOME e NOME COGNOME non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
Il ricorso è stato avviato per la trattazione in adunanza camerale, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di impugnazione il ricorrente denunzia la
violazione e falsa applicazione degli artt. 336 e 389 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., e censura la decisione impugnata nella parte in cui la Corte d’appello ha accolto la domanda di restituzione nei confronti dell’avv. COGNOME limitatamente all’importo liquidato a titolo di spese di lite del procedimento esecutivo.
Partendo dalla considerazione che l’annullamento di una sentenza da parte della Corte di cassazione determina la caducazione ex tunc dell’efficacia di tale sentenza e, ai sensi dell’art. 336 cod. proc. civ., estende i suoi effetti ai provvedimenti ed agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata, sostiene che, nel caso in esame, per effetto della sentenza della Corte di cassazione n. 7960 del 2016, sono rimaste travolte la sentenza del Tribunale di Sassari n. 1597 del 2009, quella della Corte d’appello di Cagliari n. 106/2015, confermativa della prima, come pure l’ordinanza resa dal Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Sassari, che aveva assegnato all’avv. COGNOME somme quale procuratore antistatario, in esecuzione delle sentenze di merito . Precisa che, in forza dell’ordinanza di assegnazione del g.e. del 4 dicembre 2012, è stato disposto che le somme pignorate presso l’Inps venissero corrisposte come segue: ‹‹ a favore dell’avv. NOME COGNOME quale procuratore antistatario, la somma di euro 37.598,59 ed euro 2.831,40, quest’ultima a titolo di spese legali liquidate nel presente procedimento comprensiva di accessori, ed a favore della COGNOME la somma di euro 10.056,18 ›› ; con la conseguenza che il ripristino della situazione antecedente alla sentenza cassata non poteva che essere perseguito attraverso la restituzione di quanto aveva dovuto pagare per effetto dell’ordinanza di assegnazione .
Deduce, da un lato, che la sentenza richiamata dalla Corte d’appello per negare la legittimazione passiva dell’avv. COGNOME si
riferisce a fattispecie diversa, nella quale la parte soccombente, che aveva spontaneamente pagato le spese legali al difensore della controparte, ancorché non fosse antistatario, pretendeva la restituzione dallo stesso difensore, mentre nel caso de quo , il pagamento era avvenuto in forza di provvedimento del g.e. che aveva assegnato somme al difensore qualificandolo come antistatario ; dall’altro, che la Corte, pur ritenendo legittimate passive le Scano, non ne aveva fatto seguire una condanna di queste ultime alla restituzione delle somme, così incorrendo nella violazione dell’art. 336 cod. proc. civ.
2. La censura è fondata.
2.1. A i sensi dell’art. 389 cod. proc. civ., al giudice del rinvio possono essere richiesti non solo i provvedimenti restitutori o riparatori, in senso stretto, conseguenti alla cassazione della sentenza di merito, ma ogni altra azione che si ricolleghi anche in modo indiretto alla sopravvenuta inefficacia del provvedimento impugnato (Cass., sez. 2, 14/02/2011, n. 3634; Cass., sez. 2, 21/06/2023, n. 17755; è stata considerata domanda conseguente alla sentenza di cassazione ex art. 389 cod. proc. civ. anche quella concernente la restituzione di spese giudiziali che i soggetti passivi dell’anticipata esecuzione siano stati condannati a pagare, quali soccombenti nel giudizio di opposizione all’esecuzione del titolo posto poi nel nulla dalla sentenza della Cassazione -cfr. Cass., n. 3461/1973).
Sul punto, mette conto di sottolineare che l’azione di ripetizione di quanto pagato in esecuzione di una sentenza successivamente riformata, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, non si inquadra nell’ istituto della condictio indebiti ex art. 2033 cod. civ., dalla quale differisce per natura e funzione, poiché non vengono in rilievo, tra l’altro, gli stati soggettivi di buona o mala fede dell’ accipiens : il diritto alla restituzione sorge direttamente in
conseguenza della riforma della sentenza, la quale, facendo venir meno ex tunc e definitivamente il titolo delle attribuzioni, impone di porre la controparte nella medesima situazione in cui si trovava in precedenza (Cass., sez. L, 05/08/2005, n. 16559; Cass., sez. 3, 13/04/2007, n. 8829; Cass., sez. 3, 30/04/2009, n. 10124; Cass., sez. 5, 21/04/2010, n. 9480; Cass., sez. L, 17/12/2010, n. 25589; Cass., sez. 3, 21/12/2017, n. 30658; Cass., sez. 3, 20/05/2020, n. 9245) e si ricollega ad un’esigenza di restaurazione della situazione patrimoniale precedente alla sentenza (Cass., sez. 3, 05/02/2024, n. 3207).
L ‘art. 336 cod. proc. civ., nel testo novellato dall’art. 48 della legge 26 novembre 1990, n. 353, nel prevedere il cd. ‹‹ effetto espansivo esterno ››, disponendo che la riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti ed agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata, comporta che, non appena sia pubblicata la sentenza di riforma, vengono meno immediatamente sia l’efficacia esecutiva dell a sentenza di merito, sia l’efficacia degli atti o provvedimenti di esecuzione spontanea o coattiva della stessa, rimasti privi di qualsiasi giustificazione, con conseguente obbligo di restituzione delle somme pagate e di ripristino della situazione precedente (Cass., sez. 3, 19/07/2005, n. 15220). In altre parole, è sufficiente l’accoglimento dell’impugnazione perché sorga l’obbligo restitutorio (Cass., sez. 6 -3, 10/04/2018, n. 8839) e la restituzione avviene in base al solo fatto esteriore della cassazione della sentenza e quindi al venir meno del titolo dell’acquisto.
Pertanto, l’azione in parola, mirando alla mera riduzione in pristino della situazione patrimoniale anteriore al pagamento, vede come legittimati soltanto il solvens e l ‘accipiens , prescindendo dall’esistenza del rapporto sostanziale e non potendo il relativo rapporto processuale che intrattenersi tra il soggetto che ha ricevuto
il pagamento non dovuto, per effetto della sentenza provvisoriamente esecutiva successivamente riformata, ed il soggetto che ha provveduto al pagamento ed ha quindi diritto ad essere indennizzato dell’intera diminuzione patrimoniale subita, vale a dire alla restituzione della somma con interessi a partire dal giorno del pagamento (Cass., sez. 3, 04/04/2013, n. 8215; Cass., sez. L, 27/01/2016, n. 1526).
2.2. Nel caso qui in esame, la Corte territoriale, pur in premessa riconoscendo il diritto dell’odierno ricorrente a d agire in giudizio per la restituzione delle somme versate in adempimento della sentenza annullata dalla Cassazione , ha limitato l’accoglimento della domanda dallo stesso svolta nei riguardi del COGNOME, difensore di NOME e NOME COGNOME alle sole spese liquidate al difensore in sede esecutiva, negando al contempo che il COGNOME fosse tenuto alla restituzione delle altre somme assegnate con ordinanza dal giudice dell’esecuzione e percepite dal terzo pignorato Inps, in forza del titolo esecutivo costituito dalla sentenza della Corte d’appello poi riformata in sede di legittimità.
Per addivenire a tale decisione ha fatto leva sul fatto che l’avv. COGNOME avesse dichiarato di essere distrattario solo in sede esecutiva, e non anche nel precedente giudizio di merito, traendo da tanto la conseguenza che il difensore non fosse legittimato dal lato passivo, perché ‹‹l’obbligo di restituzione fatto valere nel presente giudizio di rinvio non ha per oggetto quanto pagato in esecuzione delle sentenze di condanna riformate ››.
2.3. A conforto di tale approdo il giudice d’appello richiama, da un lato, i principi enunciati da Cass. n. 15030 del 2019 e, dall’altro, quelli espressi da Cass. n. 13736 del 2004.
Con il primo precedente si è affermato che ‹‹ il pagamento delle spese processuali effettuato direttamente al difensore non indicato
come distrattario, in virtù di una sentenza di condanna poi riformata, non elide l’obbligo della parte al rimborso, in quanto unica legittimata passiva rispetto alla domanda di restituzione dell’importo corrisposto ›› ; con la seconda pronuncia si è precisato che, ‹‹ nel giudizio di rinvio ex art. 389 cod. proc. civ., il difensore che, con la sentenza annullata, abbia ottenuto il provvedimento di distrazione delle spese, è passivamente legittimato per la domanda di ripetizione d’indebito proposta dalla parte che ha eseguito il pagamento›› , ma che, ‹‹ al di fuori di tale ipotesi, rimane obbligata la parte vittoriosa in favore della quale sia stata pronunciata la condanna ›› .
I principi che se ne ricavano, del tutto condivisibili, pur riferendosi a fattispecie del tutto diverse da quella qui in esame, conducono in realtà ad una conclusione opposta a quella adottata dalla sentenza qui impugnata.
Non può porsi in dubbio che l’ordinanza di assegnazione del g.e. del Tribunale di Sassari costituisce ‹‹ provvedimento di esecuzione coattiva ›› della sentenza della Corte d’appello di Cagliari, confermativa di quella del Tribunale di Sassari, poi cassata dalla sentenza di questa Corte n. 7960/16 e che, per effetto della ordinanza di assegnazione il COGNOME ha percepito, quale avvocato distrattario, dal terzo pignorato Inps la somma di euro 37.598,59, dovuta al Salaris a titolo di TFS; ma, alla stregua di quanto sopra detto, anche l’ordinanza di assegnazione resa dal giudice dell’esecuzione è rimasta travolta dalla sentenza di questa Corte che ha cassato la pronuncia della Corte d’appello di Cagliari n. 106/2015, essendo stato caducato il titolo esecutivo posto a fondamento della procedura esecutiva.
A tanto consegue che, a seguito della pubblicazione della sentenza della Corte di cassazione, in capo al COGNOME è sorto il diritto di ottenere il ripristino della situazione patrimoniale preesistente,
mediante la restituzione, da parte di chi le aveva ottenute, delle somme percepite in forza di un titolo esecutivo di condanna ormai venuto meno.
Dovendosi prescindere in questa sede da ogni valutazione in merito alla ordinanza di assegnazione, che, peraltro, non risulta sia stata impugnata mediante gli strumenti propri della procedura esecutiva , rileva in questa sede che l’assegnazione ed il successivo pagamento siano stati effettuati in favore del COGNOME quale procuratore antistatario e che, proprio in applicazione di quanto affermato da Cass. n. 13736/2004 e da Cass. n. 17374/2018, cui fa espresso riferimento il giudice d’appello, il difensore antistatario è tenuto alla restituzione delle somme che il terzo pignorato è stato costretto a versare in forza della intrapresa esecuzione fondata su titolo esecutivo ormai non più esistente; ciò in quanto il difensore distrattario è titolare di un rapporto instaurato con la parte già soccombente.
È ben vero che nel giudizio di merito, definito in grado di appello con la sentenza n. 106/15, il COGNOME non aveva avanzato istanza di distrazione delle spese processuali ex art. 93 cod. proc. civ., sicché la sentenza d’appello poi riformata in sede di legittimità non reca la statuizione di condanna in favore dell’avv. COGNOME quale antistatario ; ciò non toglie, tuttavia, diversamente da quanto ritenuto dal giudice d’appello, che ha considerato destinataria sostanziale delle somme assegnate dal g.e. Laura NOME COGNOME, che il difensore, dichiarando in sede esecutiva di essere distrattario ed ottenendo in tale qualità l’assegnazione di somme, debba considerarsi unico soggetto legittimato passivamente al rimborso delle stesse, non potendo la richiesta di restituzione essere rivolta alla sua assistita, che quelle somme non ha percepito. L’obbligo di restituzione delle somme pagate, previsto dall’art. 336 cod. proc. civ., non può infatti che
incombere su chi quelle somme le ha ricevute in forza di provvedimento travolto dalla sentenza della Corte di cassazione.
In accoglimento del ricorso, la sentenza va, quindi, cassata con rinvio alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, che , attenendosi ai superiori principi, dovrà procedere al riesame, nonché alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione