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Retta RSA Alzheimer: rimborso integrale per cura sanitaria

La Corte d’Appello di Genova ha stabilito il diritto al rimborso integrale della retta pagata a una RSA per l’assistenza a una paziente affetta da Alzheimer. Secondo la Corte, quando le prestazioni sanitarie e quelle socio-assistenziali sono inscindibili e prevalgono le prime, l’intero costo deve gravare sul Servizio Sanitario Nazionale. La decisione ribalta la sentenza di primo grado che aveva disposto un rimborso parziale del 50%, accogliendo l’appello incidentale degli eredi della paziente e rigettando quello principale della struttura sanitaria.

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Pubblicato il 29 novembre 2024 in Diritto Civile, Diritto di Famiglia, Giurisprudenza Civile

Retta RSA Alzheimer: La Corte d’Appello conferma il rimborso integrale

La gestione dei costi per l’assistenza a un familiare affetto da patologie degenerative come l’Alzheimer rappresenta una delle sfide più gravose per molte famiglie. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Genova fa luce su un aspetto cruciale: la ripartizione dei costi e il diritto al rimborso della retta RSA Alzheimer. Il caso analizzato chiarisce che, in presenza di prestazioni sanitarie prevalenti e inscindibili da quelle assistenziali, l’intero onere economico deve gravare sul Servizio Sanitario Nazionale, con conseguente diritto alla restituzione di quanto versato dai familiari.

I fatti del caso: a chi spetta pagare la retta della RSA?

Il caso ha origine dalla richiesta degli eredi di un’anziana signora, ricoverata per oltre quattro anni in una Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) a causa di un quadro clinico complesso, dominato da demenza di tipo Alzheimer e altre gravi patologie. Durante il ricovero, dal 2010 al 2014, i familiari avevano versato alla struttura una somma complessiva di oltre 91.000 euro.

Convinti che tali costi dovessero essere a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) data la natura prevalentemente sanitaria delle cure ricevute dalla loro congiunta, gli eredi hanno citato in giudizio la società che gestiva la RSA, chiedendo la restituzione dell’intera somma.

Il Tribunale di primo grado aveva accolto solo parzialmente la loro domanda, ordinando alla RSA di restituire il 50% dell’importo. La decisione si basava sulla qualificazione delle prestazioni come ‘socio-assistenziali a rilevanza sanitaria’, ripartendo quindi l’onere a metà tra la famiglia e il SSN. Insoddisfatte, entrambe le parti hanno impugnato la decisione dinanzi alla Corte d’Appello.

La decisione della Corte d’Appello e la retta RSA Alzheimer

La Corte d’Appello di Genova ha riformato la sentenza di primo grado, accogliendo pienamente le ragioni degli eredi. Ha rigettato l’appello della RSA e, in accoglimento dell’appello incidentale dei familiari, ha condannato la struttura a restituire l’intera somma di 91.088,75 euro.

La Corte ha stabilito che le prestazioni fornite alla paziente non potevano essere scisse in una quota sanitaria e una sociale/alberghiera. La natura della patologia e le necessità cliniche della paziente imponevano un’assistenza integrata e continuativa, in cui l’aspetto sanitario era predominante e non separabile da quello meramente assistenziale.

Le motivazioni: quando le cure sanitarie e assistenziali sono inscindibili

Il fulcro della motivazione risiede nell’interpretazione della normativa sulle prestazioni socio-sanitarie e nella consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia. La Corte d’Appello ha evidenziato come, in casi di pazienti affetti da Alzheimer, l’intervento sanitario e quello assistenziale siano strettamente interconnessi, formando un’unica ‘prestazione complessa’ volta alla tutela della salute.

La perizia tecnica (CTU) svolta nel corso del giudizio è stata determinante. L’esperto ha concluso che la paziente necessitava di un trattamento sanitario personalizzato e continuativo, con assistenza medico-infermieristica e riabilitativa prevalente, ben oltre la semplice sorveglianza. Le sue condizioni richiedevano cure costanti per la gestione della terapia, della stomia, dell’alimentazione e delle funzioni motorie.

Di fronte a un quadro di ‘elevata integrazione sanitaria’, la legge prevede che i costi siano interamente a carico del fondo sanitario nazionale. La Corte ha ritenuto errata la tesi del primo giudice, secondo cui il ricovero era dovuto principalmente alla mancanza di autosufficienza. Tale affermazione è stata considerata un ‘fatto notorio’ indimostrato e non applicabile al caso di specie, dove le evidenze mediche dimostravano una chiara e preponderante necessità sanitaria.

Le conclusioni: le implicazioni pratiche per le famiglie

Questa sentenza rafforza un principio di fondamentale importanza per le famiglie che assistono persone con gravi patologie degenerative. L’obbligo di pagamento della retta RSA Alzheimer non è automatico. Se le condizioni del paziente richiedono prestazioni sanitarie complesse e integrate, tali da essere prevalenti e inscindibili da quelle di natura alberghiera, il costo del ricovero deve essere sostenuto integralmente dal Servizio Sanitario Nazionale.

Le famiglie che si trovano in situazioni simili possono, sulla base di questa e altre pronunce conformi, valutare la possibilità di richiedere il rimborso delle rette versate. È essenziale, a tal fine, poter dimostrare, anche attraverso documentazione medica e perizie, la natura prevalentemente sanitaria dell’assistenza ricevuta dal proprio caro.

A chi spetta pagare la retta di una RSA per un paziente con Alzheimer?
Secondo la sentenza, se l’assistenza richiesta dal paziente ha un carattere prevalentemente sanitario ed è inscindibile da quella socio-assistenziale, l’intero costo del ricovero deve gravare sul Servizio Sanitario Nazionale, non sulla famiglia.

È possibile dividere i costi della retta in una quota sanitaria e una sociale?
No, non in casi come quello esaminato. La Corte ha stabilito che per patologie come l’Alzheimer, dove le necessità sanitarie e assistenziali sono strettamente interconnesse, non è possibile separare i costi. L’intera prestazione è considerata di natura sanitaria e quindi a carico del SSN.

Perché la Corte d’Appello ha ordinato un rimborso totale e non parziale?
La Corte ha ordinato il rimborso totale perché ha qualificato l’insieme dei servizi ricevuti dalla paziente come ‘prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria’. La normativa vigente e la giurisprudenza della Cassazione prevedono che, in questi casi, l’onere finanziario sia posto per intero a carico del fondo sanitario nazionale, escludendo qualsiasi compartecipazione da parte del paziente o dei suoi familiari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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