Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4488 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 4488 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 2803-2021 proposto da:
NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1773/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 30/12/2019 R.G.N. 1514/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/01/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Rilevato che:
con la sentenza impugnata, in sede di rinvio, l’indennità risarcitoria ex art. 32 della l. n. 183 del 2010 dovuta sino al 22 giugno 2011 da ‘RAGIONE_SOCIALE‘ in favore di NOME COGNOME, per effetto della accertata nullità del contratto di somministrazione di lavoro, convertito in contratto a tempo indeterminato tra lavoratore ed utilizzatore della prestazione, è stata determinata nella misura di sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita -alla data di scadenza del termine apposto al contratto di lavoro -dal lavoratore medesimo, condannato alla restituzione del maggior importo, ricevuto in eccedenza, in esecuzione della sentenza n. 703/2011 della Corte di Appello di Milano, al netto delle ritenute previdenziali e di imposta; il tutto con compensazione delle spese del grado di giudizio e con condanna della società alla rifusione delle spese dei precedenti gradi, liquidati in complessivi euro 9.000,00, oltre spese generali ed oneri di legge;
per la cassazione della decisione ha proposto ricorso NOME COGNOME, affidato a tre motivi;
‘RAGIONE_SOCIALE‘ ha resistito con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria; il P.G. non ha formulato richieste;
chiamata la causa all’adunanza camerale del 18 gennaio 2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art. 380 bis 1, secondo comma, c.p.c.).
Considerato che:
con il primo motivo, NOME COGNOME – denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 392 c.p.c. e 414 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c. – si duole che il giudice di appello abbia omesso di pronunciarsi sulla domanda, formulata ai sensi dell’art. 32, commi 5 e 7, della l. n. 183 del 2010, relativa alla
quantificazione dell’ultima retribuzione globale di fatto – pari ad euro 1.523,34 – percepita alla data di cessazione del contratto di lavoro dichiarato nullo;
con il secondo motivo – denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c., 336 c.p.c., 383 c.p.c., 384 c.p.c., 414 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 2033 c.c., con riguardo all’art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010, nonché omessa m otivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5 c.p.c. – lamenta che il predetto giudice abbia rigettato, per di più senza adottare alcuna motivazione al riguardo, la ‘domanda/eccezione’ con la quale, a fronte della pretesa restitutoria avanzata in sede di rinvio dalla società datrice, era stata da esso ricorrente dedotta la non ripetibilità delle retribuzioni percepite (per un importo pari ad euro 5.242,29) per il periodo intercorrente tra la data di emissione della pronunzia di conversione del contratto (i.e.: 22 giugno 2011) e quella di ripristino del rapporto (i.e.: 19 settembre 2011);
con il terzo motivo – denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 10 c.p.c., 91 c.p.c., 92 c.p.c., 75 e 118 disp. att. c.p.c., 60 del r.d.l. n. 1578 del 1934, 24 della l. n. 794 del 1942, 1, 4, 5 e 6 del DM n. 127 del 2004, 2, 4 e 5 del DM n. 55 del 2014, così come modificato dal DM n. 37 del 2018, e delle relative tabelle, nonché omessa motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5 c.p.c. – si duole che la Corte territoriale abbia liquidato le spese in misura inferiore rispetto sia alla nota spese che ai minimi inderogabili previsti dalla normativa e dai tariffari a titolo di diritti, onorari e compensi.
Ritenuto che:
va preliminarmente rigettata l’eccezione di difetto di procura speciale, poiché, pur essendo quest’ultima stata apposta in calce al ricorso successivo, notificato il 21 gennaio
2021, non è configurabile alcuna inammissibile sanatoria, dovendo aversi riguardo, ai fini della legittima proposizione dell’impugnazione, al predetto ricorso, comunque tempestivamente notificato entro il termine lungo;
il secondo motivo, da trattare con priorità, va accolto, poiché il giudice del gravame, nel condannare il lavoratore alla restituzione del maggior importo percepito in eccedenza in esecuzione della sentenza n. 703/2011 della Corte di Appello di Milano, ha implicitamente ritenuto ripetibili, omettendo ogni motivazione al riguardo, anche somme di cui è stata assunta, dal lavoratore, la percezione in data successiva alla declaratoria di conversione del rapporto – come evidenziato in ricorso, mediante specifica indicazione e produzione della documentazione di supporto, in contrasto con quanto meramente affermato in controricorso -, in violazione dell’insegnamento secondo cui «lo ‘ius superveniens’ ex art. 32, commi 5, 6 e 7, della legge n. 183 del 2010 configura, alla luce dell’interpre tazione adeguatrice offerta dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 303 del 2011, una indennità ‘forfetizzata’ e ‘onnicomprensiva’ per i danni causati dalla nullità del termine nel periodo cosiddetto ‘intermedio’, dalla scadenza del termine alla sentenza di con versione (…), sicché successivamente a detto periodo la retribuzione è dovuta e non è ripetibile» (cfr., in tal senso, Cass. 30 giugno 2020, n. 13045);
resta assorbito il primo motivo, poiché la esatta quantificazione della retribuzione globale di fatto costituisce preliminare e necessaria operazione finalizzata anche alla corretta detrazione, dal complessivo importo da restituire, delle somme corrisposte dalla data della declaratoria della conversione sino a quella di avvenuto ripristino del rapporto;
l’accoglimento d el secondo motivo, inoltre, implicando la cassazione della sentenza impugnata e, di conseguenza, il
rinvio ad altro giudice e un nuovo regolamento delle spese in conformità ai criteri normativamente stabiliti, assorbe anche il terzo motivo;
la sentenza va, pertanto, in relazione al motivo accolto, cassata con rinvio, per nuovo esame, alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, cui è demandato di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
PQM
accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti il primo e il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18 gennaio