Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4967 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4967 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13962-2021 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME domiciliato ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti , rappresentato e difeso d all’Avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo procuratore e legale rappresentante ‘ pro tempore ‘ , Avv. NOME COGNOME domiciliata ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 615/2020 d ella Corte d’appello di Potenza, depositata in data 25/11/2020;
Oggetto
OCCUPAZIONE SENZA TITOLO
Inammissibilità dei motivi di ricorso
R.G.N. 13962/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 10/10/2024
Adunanza camerale
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 10/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 615/20, del 25 novembre 2020, della Corte d’appello di Potenza, che nel respingerne il gravame avverso la sentenza n. 933/17, del 5 settembre 2017, del Tribunale di Matera -ha confermato la condanna dello stesso a rilasciare, all’RAGIONE_SOCIALE , la casa cantoniera sita nel Comune di Matera già concessagli in uso, oltre che a pagare le somme, maggiorate di interessi, di € 372,00, a titolo di residuo debito, nonché di € 256,00, dal mese di gennaio 2013 fino al rilascio, a titolo di canoni mensili d’uso del bene.
Riferisce, in punto di fatto l’odierno ricorrente di essere stato convenuto in giudizio dall’Anas, ai sensi dell’art. 447 -bis cod. proc. civ., la quale agiva sul presupposto di essere proprietaria del suddetto immobile, concesso al Montemurro in uso temporaneo in modo oneroso, attraverso più contratti, scaduto l’ultimo dei quali il medesimo non avrebbe provveduto a rilasciare il bene. Costituitosi in giudizio, il Montemurro chiedeva, in via preliminare, dichiararsi ‘l’improcedibilità della domanda, per difetto di legittimazione delle parti’ (e ciò sull’assunto che l’attrice non fosse proprie taria dell’immobile), comunque da respi ngere nel merito perché infondata.
Ritenuto dall’adito Tribunale che la causa non necessitasse di attività istruttoria, la stessa veniva definita con l’accoglimento della domanda, decisione, poi, confermata in seconde cure.
Il giudice d’appello, infatti, rigettava il gravame del Montemurro, dopo aver autorizzato -all’esito dell’udienza,
svoltasi mediante c.d. ‘trattazione scritta’, del 14 maggio 2020 (alla quale si era pervenuti dopo una serie di rinvii, disposti in seguito alla sola udienza ‘in presenza’, ovvero quella del 20 dicembre 2018) -il deposito di ‘sintetiche note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni’ dell’allora appellante, respingendone, invece, la richiesta di ‘autorizzazione al deposito di memorie difensive e di replica’.
Avverso la sentenza della Corte potentina ha proposto ricorso per cassazione il Montemurro, sulla base -come detto -di tre motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. -omesso esame di fatto storico, la cui esistenza risulta dagli atti processuali, che ha costituito oggetto di discussione tra le parti e ha natura decisiva, ‘ in relazione all’eccezione di carenza di interesse e di legittimazione attiva dell’RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE‘ e/o ‘in relazione alla titolarità del diritto che della domanda ne costituisce il fondamento’.
Il COGNOME lamenta che la Corte territoriale avrebbe omesso ‘di valutare un fatto storico, anzi più fatti storici’, che comproverebbero la circostanza, decisiva, costituita dalla ‘assoluta estraneità dell’Anas rispetto al bene di cui chiede il rilascio’, del quale essa, invece, si ‘è dichiarata ab initio «proprietaria»’. Tale circostanza, sebbene ‘chiaramente e reiteratamente eccepita’ dall’odierno ricorrente, sarebbe stata ‘totalmente elusa’ dal giudice d’appello, e ciò quantunque risultasse ‘da una nota di trascrizione ed un certificato storico (…) relativi alla particella in questione’, attestanti come questa fosse ‘non intestata all’Anas ma a privati cittadini’. Evidenzia, inoltre, il Montemurro di avere dedotto nell’atto d’appello che, ‘pur se si volesse considerare l’immobile de quo quale bene demaniale
pertinenziale alla pubblica via, si giungerebbe alla pacifica conclusione che la strada ove la casa cantoniera è situata è comunale, pertanto soggetta alla esclusiva e totale titolarità da parte del Comune di Matera, pertinenze comprese’ ; conclusione a ‘corrobora re ‘ la quale il ricorrente assume di aver richiamato, nel proprio atto d’appello, ‘il verbale di consegna immediatamente impegnativo datato 30 gennaio 2009, sottoscritto dal Comune di Matera e da Anas’.
Ciò premesso, il ricorrente evidenzia che la Corte lucana ‘ha giustificato -a quanto sembra -l’omissione lamentata’, circa ‘i suddetti fatti storici’, ribadendo la tesi secondo cui, nella specie, ricorrerebbe un rapporto obbligatorio basato su una concessione d’uso, donde l’irrilevanza, ai fini della legittimazione ad agire, dell’esistenza del diritto di proprietà.
Quello richiamato dalla sentenza impugnata sarebbe, però, un principio che ‘non è assolutamente pacifico e indiscusso’, tanto nella giurisprudenza di merito (viene richiamata una pronuncia della Corte d’appello di Bari, non impugnata dall’Anas, concernente analoga controversia relativa ad altra casa cantoniera), quanto in quella di legittimità. Essa, in particolare, attribuirebbe rilievo al diritto di proprietà del locatore ‘quando alla controversia centrata sui rapporti meramente personali fra locatore e conduttore si sovrappongano o si aggiungano questioni che investano la titolarità del diritto reale sul bene locato’ (è citata Cass. Sez. 3, sent. 20 agosto 2015, n. 17030), riconoscendo al ‘destinatario di un’azione personale di restituzione’ la facoltà di reagire ‘con eccezioni o domande riconvenzionali di carattere petitorio’ (il riferimento è Cass. Sez. Un., sent. 28 marzo 2014, n. 7305).
Discostandosi da tali principi, la Corte di Potenza, infine, avrebbe pure disatteso quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui ‘chi fa valere un diritto in giudizio, non
può limitarsi ad allegare che un diritto sussiste ma deve allegare che quel diritto gli appartiene, deve dimostrare che vi sono ragioni giuridiche che collegano il diritto alla sua persona’, giacché ‘sul piano dell’onere probatorio, in base alla ripartizio ne fissata dall’art. 2697 cod. civ., la titolarità del diritto è un fatto, appartenente alla categoria dei fatti-diritto, che della domanda costituisce il fondamento’ (Cass. Sez. Un., sent. 16 febbraio 2016, n. 2951).
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. -nullità della sentenza ‘per violazione dell’art. 101 cod. proc. civ. correlato con il principio dell’uguaglianza e del diritto di difesa ex art. 111, comma 3, Cost., nonché degli equilibri processuali’, oltre a ‘violazione del principio del contraddittorio’.
Il ricorrente ribadisce di aver richiesto -alla prima udienza svolatasi innanzi al giudice d’appello, ovvero quella del 20 dicembre 2018 -rinvio ‘per i medesimi incombenti’, dato che l’Anas si era costituita appena il giorno prima (e con evidenza telematica solo alla data stessa dell’udienza), ciò che impediva ad esso Montemurro di ‘controdedurre’ rispetto a qua nto sostenuto dalla società appellata. Pervenuto, pertanto, il giudizio di secondo grado -attraverso vari rinvii -all’udienza del 14 maggio 2000 , all’esito della stessa veniva autorizzato il deposito, dieci giorni prima dell’udienza del 12 novembre 2000, di ‘sintetiche note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni’. Celebrata anche tale udienza, nella stessa veniva respinta la richiesta del Montemurro di ‘autorizzazione al deposito di memorie difensive e di replica’, formulata sull’assunto che, nell’udienza immediatamente precedente, era stata autorizzato esclusivamente il deposito di ‘sintetiche note scritte contenenti le sole istanze e co nclusioni’ (note con le quali l’allora appellante aveva eccepito la irricevibilità della produzione del fascicolo
telematico di parte avversa, giacché avvenuta tardivamente). Orbene, il giudice d’appello, così provvedendo, oltre a frustrare la finalità -prospettata dal Montemurro sin dalla prima udienza del 20 dicembre 2018 -di consentirgli ‘di adeguatamente controdedurre su quanto esplicitato da controparte nei suoi scritti difensivi’, nel pronunciarsi direttamente sul merito del gravame con lettura del dispositivo, avrebbe reso una ‘decisione a sorpresa’.
Si denuncia, pertanto, la lesione delle norme e dei principi meglio indicati nella rubrica del presente motivo, giacché si sarebbe ‘impedito’ all’allora appellante ‘di partecipare attivamente al processo’ . La Corte territoriale, inoltre, non avrebbe ‘giustificato in sentenza detto suo comportamento processualmente illegittimo ed errato’, addebitandosi, infine, ad essa di aver emanato una pronuncia ‘ rifacendosi agli scritti difensivi di parte appellata, nonché, evidentemente, ad un avverso fascicolo di secon do grado depositato fuori termine’.
3.3. Il terzo motivo denuncia ‘ error in procedendo ‘, nonché ‘violazione e falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, n. 4) , cod. proc. civ., dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione alla ‘mancata ammissione di prova e mancanza di motivazione sulla stessa omissione’, rilevante ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ.
Assume il ricorrente che la Corte lucana, pur dando atto della reiterazione, da parte sua, delle richieste istruttorie formulate in primo grado, nulla ha disposto -e motivato -sulle stesse, così negando il diritto di esso Montemurro di dimostrare di aver esercitato, da oltre vent’anni , il possesso pubblico, pacifico e interrotto del bene per cui è giudizio e di non aver mai firmato scientemente alcuna concessione. In tal modo, la sentenza impugnata avrebbe violato l’art. 115 cod. proc. civ., non
consentendo all’allora appellante di fornire le prove da porre a fondamento delle proprie argomentazioni, oltre ad aver reso una pronuncia nulla per difetto di motivazione.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, l’Anas, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Non consta, invece, la presentazione di requisitoria scritta da parte del Procuratore Generale presso questa Corte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile, in ciascuno dei tre motivi in cui si articola.
8.1. L’inammissibilità del primo motivo va affermata per più ragioni.
8.1.1. In primo luogo, perché -in presenza di una ‘doppia conforme’ di merito trova applicazione, ‘ ratione temporis ‘, l’art. 348ter , ultimo comma, cod. proc. civ.
Al riguardo va, infatti, segnalato che -avendo l’odierno ricorrente proposto gravame avverso una sentenza resa, in prime cure, in data 5 settembre 2017 -l’atto di appello risulta, per definizione, proposto con ricorso depositato o con citazione di cui
sia stata richiesta la notificazione posteriormente all’11 settembre 2012.
Orbene, siffatta circostanza determina, come detto, l’applicazione ‘ ratione temporis ‘ dell’art. 348 -ter , ultimo comma, cod. proc. civ. (cfr. Cass. Sez. 5, sent. 18 settembre 2014, n. 26860, Rv. 633817-01; in senso conforme, Cass. Sez. 6-Lav., ord. 9 dicembre 2015, n. 24909, Rv. 638185-01, nonché Cass. Sez. 6-5, ord. 11 maggio 2018, n. 11439, Rv. 648075-01), norma che preclude, in un caso, qual è quello presente, di c. d. ‘doppia conforme di merito’, la proposizione di motivi di ricorso per cassazione formula ti ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ., salvo che la parte ricorrente non abbia soddisfatto l’onere evenienza da escludersi nel caso di specie -‘di indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse’ (Cass. Sez. 1, sent. 22 dicembre 2016, n. 26774, Rv. 643244-03; Cass. Sez. Lav., sent. 6 agosto 2019, n. 20994, Rv. 654646-01; Cass. Sez. 3, ord. 28 febbraio 2023, n. 5947, Rv. 667202-01). Indicazione, peraltro, che deve evidenziare l’esistenza di differenze sostanziali, dato che l’ipotesi di ‘doppia conforme’ ricorre ‘non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizi one già assunta dal primo giudice’ (Cass. Sez. 6 -2, ord. 9 marzo 2022, n. 7724, Rv. 664193-01).
Né, d’altra parte, l’applicazione di tale norma è preclusa dalla sua abrogazione, ad opera dell’art. 3, comma 26, lett. e), del d.lgs. 1° ottobre 2022, n. 149, avendo essa effetto dal 28 febbraio 2023 e con applicazione ai soli procedimenti pendenti a tale data
(tale non è il caso del giudizio in esame, visto che il ricorso risulta notificato il 21 maggio 2021), secondo la previsione generale di cui al comma 1 dell’art. 35 del medesimo d.lgs. n. 149 del 2022.
8.1.2. Tanto, per vero, già basta a giustificare l’esito dell’inammissibilità del motivo, a corroborare il quale, tuttavia, vanno svolti i seguenti, ulteriori, rilievi.
Il ricorrente indica il ‘fatto storico’, il cui esame sarebbe stato omesso, nella ‘assoluta estraneità dell’Anas rispetto al bene di cui chiede il rilascio’, del quale essa, invece, si ‘è dichiarata ab initio «proprietaria»’. Tale fatto, tuttavia, è stato esaminato dalla Corte territoriale, che ne ha, però, escluso la rilevanza. Non a caso, pertanto, la censura del ricorrente si risolve, per un verso, nell’addebito, rivolto alla Corte potentina, di aver disatt eso le risultanze di taluni documenti da essa allegati, nonché, per altro verso, nella contestazione del principio di diritto applicato dalla sentenza impugnata, secondo cui chi esercita l’azione personale di rilascio di un bene dato ad altri in godimento non è tenuto a dimostrare la qualità di proprietario dello stesso.
Senonché, la prima di tali censure si pone fuori del ‘perimetro’ dell’art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ., atteso che ‘l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie’ (cfr. da ultimo, Cass. Sez. 2, ord. 20 giugno 2024, n. 17005, Rv. 671706 -01 Cass. Sez. 2, ord. 29 ottobre 2018, n. 27415, Rv. 651028-01 Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 629831-01).
Quanto, invece, alla seconda censura, anche ad ammetterne, astrattamente, la ‘riqualificazione’ come denuncia di un ‘ error in iudicando ‘ (secondo il modello configurato da Cass. Sez. Un.,
sent. 24 luglio 2013, n. 17931, Rv. 627268-01), la stessa si rivelerebbe, comunque, inammissibile, perché priva di specificità.
Invero, l’art. 366, comma 1, n. 4 ), cod. proc. civ. i mpone ‘al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., a pena d’inammissibilità della censura’, non solo ‘di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione’, ma pur e ‘di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare -con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni -la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa’; Cass. Sez. Un., sent. 28 ottobre 2020, n. 23745, Rv. 659448-01).
Il tutto, infine, non senza tacere che la Corte territoriale, comunque, ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui, ‘ai fini della legittimazione a concedere un bene in locazione è sufficiente che il locatore ne abbia la disponibilità, sulla base di un rapporto giuridico che comprenda il potere di trasferirne al conduttore la detenzione o il godimento, di modo che il conduttore non può opporre al locatore la mancanza di titolarità di un diritto reale sulla cosa per sottrarsi all ‘ adempimento degli obblighi nascenti dal contratto, rilevando la suddetta titolarità solo allorquando si controverta degli effetti del medesimo nei rapporti interni tra le parti, come nel caso in cui vi sia controversia fra il locatore e il terzo che si affermi proprieta rio dell’immobile e si debba decidere dei conseguenti effetti sul rapporto locativo’ (Cass. Sez. 3, ord. 3 ottobre 2023, n. 27910, Rv. 669106-01).
Tale rilievo, dunque, rende priva di pertinenza, rispetto al caso di specie, la giurisprudenza -anche a Sezioni Unite -citata dal
ricorrente nell’illustrazione del motivo (fermo, naturalmente, quanto si osserverà in relazione al terzo motivo di ricorso).
8.2. Anche il secondo motivo è inammissibile.
8.2.1. Premesso, invero, che il riferimento alla ‘sentenza a sorpresa’ è del tutto inconferente (dal momento che tale ipotesi ricorre solo in caso di rilevazione d’ufficio, senza averla sottoposta al contraddittorio delle parti, di una questione di fatto oppure mista di fatto e di diritto; cfr., da ultimo, Cass. Sez. Lav., ord. 19 luglio 2023, n. 21314, Rv. 668202-01), coglie nel segno il rilievo della controricorrente secondo cui ‘le note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni’, al cui deposito i l Monetemurro era stato autorizzato, non potessero essere utilizzate al fine di ‘controdedurre’ rispetto a quanto sostenuto dall’Anas nel proprio atto di costituzione in appello. Analogamente, deve rimarcarsi -come ha fatto, nuovamente, la controricorrente -che il Montemurro avrebbe dovuto specificare, donde l’inammissib ilità del motivo a norma dell’art. 366, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., quali sarebbero state, in ipotesi, le ‘controdeduzioni’ che egli assume essergli state impedite, e ciò in quanto ‘l a denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza del la denunciata violazione’, donde l’inammissibilità della censura ‘con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito’ (da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 20 novembre 2020, n. 26419, Rv. 659858-01).
8.3. Infine, pure il terzo motivo è inammissibile.
8.3.1. Il suo scrutinio deve compiersi riconoscendo, preliminarmente, che è stato soddisfatto il requisito di cui all’art. 366, comma 1, n. 6), cod. proc. civ., avendo il COGNOME indicato -a pagg. 7 e 8 del proprio ricorso, riproducendoli -sia i capitoli della prova per interpello e testi, sia il nominativo del testimone da escutere, altresì precisando (pag. 6) di aver reiterato tale richiesta in sede di precisazione delle conclusioni in appello.
Nondimeno, il motivo è egualmente inammissibile, atteso che il ricorrente si duole della mancata ‘motivazione’ sulla richiesta di ammissione dei mezzi di prova, mentre nella specie ricorre una motivazione implicita, donde la necessità di dare seguito al principio secondo cui ‘i l giudice di merito non è tenuto a respingere espressamente e motivatamente le richieste di tutti i mezzi istruttori avanzate dalle parti qualora nell’esercizio dei suoi poteri discrezionali, insindacabili in sede di legittimità, ritenga sufficientemente istruito il processo’, potendo ‘la superfluità dei mezzi non ammessi’, infatti, ‘implicitamente dedursi dal complesso delle argomentazioni contenute nella sentenza’ (così Cass. Sez. 3, sent. 12 luglio 2005, n. 14611, Rv. 584883-01; Cass. Sez. Lav., sent. 2 aprile 2004, n. 6570, Rv. 571807-01; Cass. Sez. Lav., sent. 25 maggio 1995, n. 5742, Rv. 492429-01).
Si tratta di un ‘consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità’ (così Cass. Sez. 6 -3, ord. 18 gennaio 2017, n. 1239, Rv. 64273101, secondo cui ‘la mancanza di un’espressa motivazione sul rigetto di un’istanza istruttoria non integra una ipo tesi di violazione dell’ordine pubblico cd. processuale), ciò che, dunque comporta l’inammissibilità del presente motivo, ai sensi del 360bis cod. proc. civ.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
A carico del ricorrente, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussiste l’obbligo di versare, al competente ufficio di merito, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando NOME COGNOME a rifondere, alla società RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 2.600,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulter iore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della