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Restituzione immobile locato: cosa prevale?

Una locatrice contesta la dimensione di un immobile commerciale restituito dal conduttore, sostenendo che dovesse corrispondere agli originali 8 mq di un vecchio accordo. I giudici hanno dato ragione al conduttore, stabilendo che la corretta dimensione per la restituzione immobile locato era di 5,48 mq, come definito nel contratto più recente. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della locatrice per non aver contestato correttamente l’accertamento dei fatti operato dalla Corte d’Appello riguardo l’oggetto del contratto.

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Restituzione Immobile Locato: L’Ultimo Contratto Definisce la Consistenza

La restituzione immobile locato al termine del contratto rappresenta un momento cruciale, spesso fonte di contenzioso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un principio fondamentale: se le parti stipulano un nuovo contratto di locazione, è la consistenza dell’immobile descritta in quest’ultimo accordo a determinare l’obbligo di restituzione, anche se diversa da quella di un contratto precedente. Analizziamo insieme questa interessante vicenda giudiziaria.

Il Caso: Una Locazione Commerciale e una Disputa sulla Superficie

La controversia nasce da un contratto di locazione per un piccolo locale commerciale stipulato nel 1999. Alla scadenza del contratto nel 2011, la locatrice nega il rinnovo. Sorge però una disputa sulla consistenza del bene da restituire.

Originariamente, l’immobile misurava 8 mq, come da un vecchio accordo risalente addirittura al 1943. Tuttavia, nel corso degli anni, la società conduttrice aveva frazionato il locale, ricavandone un piccolo servizio igienico di 2 mq, annesso a un’altra unità immobiliare adiacente, di cui la stessa società aveva la disponibilità. Di conseguenza, il locale oggetto del contratto del 1999 aveva una superficie effettiva di circa 5,48 mq.

La locatrice rifiuta l’offerta di restituzione del locale di dimensioni ridotte e si rivolge al Tribunale, chiedendo la risoluzione del contratto, il rilascio, il pagamento di un’indennità di occupazione e il ripristino delle condizioni originarie.

I Giudizi di Merito

Il Tribunale di primo grado dà ragione alla locatrice, dichiarando la risoluzione del contratto per grave inadempimento del conduttore e condannandolo al pagamento di una somma per il ripristino e di un’indennità mensile.

La Corte d’Appello, però, ribalta la decisione. I giudici di secondo grado accertano che il contratto del 1999 si era risolto per la semplice disdetta della locatrice, non per inadempimento. Soprattutto, la Corte stabilisce che l’oggetto del contratto stipulato nel 1999 era il locale nella sua consistenza effettiva di 5,48 mq e non più quella originaria di 8 mq. Di conseguenza, l’offerta di restituzione da parte del conduttore era valida e nessuna indennità di occupazione era dovuta.

La questione della restituzione immobile locato in Cassazione

La locatrice non si arrende e propone ricorso in Cassazione, lamentando la violazione dell’art. 1590 c.c. (norma sulla restituzione della cosa locata). Secondo la sua tesi, il bene avrebbe dovuto essere restituito nella sua consistenza originaria di 8 mq, risalente all’accordo del 1943.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile per una serie di motivi procedurali e di merito, offrendo spunti di riflessione molto importanti.

Errore nell’Individuare la Ratio Decidendi

Il primo e fondamentale errore della ricorrente è stato quello di non comprendere la vera ragione della decisione della Corte d’Appello (ratio decidendi). La Corte territoriale non aveva negato il principio generale della restituzione del bene nello stato originario, ma aveva compiuto un accertamento di fatto: l’oggetto del contratto stipulato nel 1999 era un locale di 5,48 mq. La ricorrente, per contestare questa conclusione, avrebbe dovuto criticare l’accertamento fattuale e non limitarsi a invocare una norma di legge su un presupposto (l’oggetto del contratto) che i giudici di merito avevano già definito diversamente.

La “Rinnovazione” Contrattuale Come Nuovo Accordo

La Cassazione sottolinea un altro punto cruciale. La stipula del contratto nel 1999, sebbene in continuità con rapporti precedenti, costituiva una “rinnovazione” degli accordi. Questo, essendo frutto di una nuova manifestazione di volontà negoziale, ha dato vita a un nuovo contratto, distinto dal precedente. Pertanto, è a questo nuovo accordo che si deve fare riferimento per determinare l’oggetto della locazione e, di conseguenza, l’obbligo di restituzione. Il riferimento al lontano contratto del 1943 è stato ritenuto del tutto impertinente.

Violazione dei Principi di Specificità del Ricorso

Infine, il ricorso è stato giudicato inammissibile anche per un vizio formale. La ricorrente faceva riferimento a documenti, come il contratto del 1999, senza specificare, come richiesto dal codice di procedura civile, in quale fase del giudizio fossero stati prodotti e dove fossero attualmente reperibili. Questo requisito è essenziale per permettere alla Corte di Cassazione di esercitare il proprio controllo di legittimità.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio di grande rilevanza pratica: quando si stipula un nuovo contratto di locazione, anche se relativo a un immobile oggetto di precedenti accordi, è fondamentale che l’oggetto del contratto sia descritto con precisione e corrisponda alla situazione di fatto. Sarà questa nuova pattuizione a regolare i diritti e gli obblighi delle parti, inclusa la consistenza del bene al momento della restituzione. Ignorare questo aspetto e fare affidamento su accordi passati può portare a esiti giudiziari sfavorevoli, come dimostra ampiamente il caso analizzato. La decisione sottolinea inoltre l’importanza di impostare correttamente il ricorso per cassazione, attaccando la specifica ratio decidendi della sentenza impugnata e rispettando i rigorosi oneri di specificità richiesti dalla legge.

Quando un immobile locato viene modificato nel tempo, a quale stato deve essere riportato al momento della restituzione?
Secondo la decisione in esame, lo stato di riferimento per la restituzione è quello descritto nell’ultimo contratto stipulato tra le parti. Se un nuovo contratto definisce l’oggetto della locazione in una consistenza diversa da quella originaria, è a questa nuova consistenza che il conduttore è tenuto a conformarsi per la riconsegna.

Perché il ricorso in Cassazione della locatrice è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per tre motivi principali: 1) Non ha colto la ‘ratio decidendi’ (la ragione della decisione) della sentenza d’appello, che si basava sull’accertamento di fatto dell’oggetto del contratto del 1999. 2) Ha erroneamente fatto riferimento a un vecchio contratto del 1943, ignorando che la stipula del 1999 costituiva un nuovo e autonomo accordo. 3) Ha violato le norme procedurali, omettendo di specificare dove e quando i documenti citati erano stati depositati nei precedenti gradi di giudizio.

La stipula di un nuovo contratto di locazione su un immobile già locato è una semplice prosecuzione del vecchio rapporto?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che una “rinnovazione” degli accordi, essendo frutto di una nuova manifestazione di volontà negoziale, integra un nuovo contratto, autonomo e distinto dal precedente. Pertanto, i suoi effetti sono regolati esclusivamente dalle pattuizioni in esso contenute.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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