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Restituzione deposito cauzionale: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7199/2025, ha chiarito la disciplina della restituzione deposito cauzionale in caso di vendita di un immobile locato. Una società venditrice si opponeva alla richiesta di versamento del deposito da parte della società acquirente, sostenendo che l’importo fosse già stato considerato nel prezzo di vendita ‘a corpo’. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, affermando che l’obbligo di trasferire il deposito all’acquirente sussiste sempre, a meno che non vi sia un accordo esplicito e inequivocabile che dimostri una compensazione o una riduzione del prezzo. Una clausola generica sul subentro nelle posizioni attive e passive non è sufficiente a provare tale accordo.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Restituzione Deposito Cauzionale: La Cassazione Chiarisce Obblighi e Accordi

La questione della restituzione deposito cauzionale in caso di vendita di un immobile locato è un tema di grande rilevanza pratica. Chi deve restituire la somma all’inquilino alla fine del contratto? E quali sono gli obblighi tra venditore e acquirente? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questi aspetti, sottolineando la necessità di accordi chiari e inequivocabili per derogare alla regola generale.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla vendita di un capannone industriale. La società venditrice aveva incassato un deposito cauzionale dall’impresa che occupava l’immobile in locazione. Successivamente, la società acquirente, subentrata nel contratto di locazione, si è vista costretta a restituire tale deposito all’inquilino e, di conseguenza, ha richiesto il rimborso alla società venditrice.

Quest’ultima si è opposta, sostenendo che la questione fosse già stata risolta in fase di compravendita. A suo dire, il prezzo di vendita ‘a corpo’ teneva già conto del fatto che l’acquirente sarebbe subentrato in tutte le posizioni attive e passive del contratto di locazione, inclusa quella relativa al debito per il deposito cauzionale. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato torto alla venditrice, la quale ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Questione della Restituzione Deposito Cauzionale nel Contratto

Il cuore del problema risiedeva nell’interpretazione di una clausola del contratto preliminare. Questa clausola stabiliva che l’acquirente sarebbe subentrato in tutte le posizioni giuridiche derivanti dal contratto di locazione e che ‘le parti avevano considerato tale effetto anche nella determinazione del prezzo di vendita’.

Secondo la società ricorrente (la venditrice), questa formulazione era sufficiente a dimostrare che le parti avevano implicitamente deciso di ‘scontare’ l’importo del deposito dal prezzo di vendita. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha fornito un’interpretazione differente, basandosi su principi consolidati in materia di ermeneutica contrattuale e sulla specifica natura del deposito cauzionale.

L’Interpretazione del Contratto secondo la Suprema Corte

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’acquirente di un immobile locato subentra nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione (ai sensi dell’art. 1602 c.c.) e, pertanto, è tenuto alla restituzione del deposito cauzionale versato dal conduttore. Di conseguenza, il venditore ha l’obbligo di trasferire all’acquirente i fondi ricevuti a titolo di cauzione.

Per derogare a questa regola, non è sufficiente una clausola generica. È necessario un ‘esplicito diverso accordo’ tra le parti. Questo accordo si concretizza quando:
1. Dal contratto risulta che il mancato trasferimento della somma è stato oggetto di compensazione nei rapporti di dare e avere tra le parti.
2. Il prezzo della vendita è stato concordato sin dall’inizio in misura ridotta, tenendo esplicitamente conto del valore della cauzione.

Nel caso di specie, mancava qualsiasi riferimento specifico all’importo del deposito nella determinazione del prezzo. La vendita era avvenuta ‘a corpo’ senza menzionare alcuna compensazione. La clausola generica, secondo i giudici, non era abbastanza chiara e inequivocabile da dimostrare la volontà delle parti di detrarre la cauzione dal prezzo.

Il Comportamento delle Parti e la Conservazione del Contratto

La ricorrente aveva anche sostenuto che il ritardo di 14 mesi con cui l’acquirente aveva richiesto il trasferimento del deposito dimostrasse la sua acquiescenza a questa presunta compensazione. La Corte ha respinto anche questa argomentazione, chiarendo che, ai fini interpretativi, rileva solo il comportamento ‘comune ad entrambe le parti’, non l’atteggiamento unilaterale di una di esse. L’inerzia dell’acquirente è stata considerata un comportamento neutro, non significativo.

Infine, la Corte ha applicato il criterio di conservazione del contratto (art. 1367 c.c.), osservando che la clausola sul subentro nelle posizioni ‘attive e passive’ manteneva un suo significato anche senza includere il deposito. Si riferiva, infatti, a tutte le altre obbligazioni del locatore, come mantenere il bene in buono stato, garantire il pacifico godimento, eseguire le riparazioni necessarie, etc.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso basandosi su un’interpretazione rigorosa delle norme sull’ermeneutica contrattuale. L’assenza di un accordo esplicito e specifico nel contratto di compravendita, che indicasse chiaramente una compensazione o una riduzione del prezzo pari all’importo del deposito cauzionale, è stata decisiva. I giudici hanno sottolineato che una clausola generica che prevede il subentro dell’acquirente in tutte le posizioni attive e passive del contratto di locazione non è sufficiente a superare l’obbligo del venditore di trasferire il deposito. L’insegnamento consolidato della Corte, richiamato nella decisione, è che il trasferimento del bene locato comporta il trasferimento dell’obbligo di restituzione della cauzione, e quindi il venditore deve consegnare la somma corrispondente all’acquirente, a meno che non si provi un patto contrario chiaro e inequivocabile.

Le conclusioni

La decisione consolida un principio di certezza giuridica nei trasferimenti immobiliari. Per evitare future controversie, è essenziale che le parti esplicitino chiaramente nel contratto di compravendita la sorte del deposito cauzionale. Se si intende scalarlo dal prezzo, ciò deve essere indicato in modo specifico, menzionando l’importo e la causale della riduzione o della compensazione. In mancanza di tale chiarezza, prevarrà la regola generale: il venditore che ha incassato il deposito è tenuto a trasferirlo all’acquirente, che a sua volta sarà obbligato a restituirlo al conduttore al termine della locazione. Questa pronuncia serve da monito per una redazione contrattuale precisa e dettagliata.

Cosa succede al deposito cauzionale quando un immobile affittato viene venduto?
L’acquirente subentra nell’obbligo di restituire il deposito cauzionale al conduttore. Di conseguenza, il venditore ha l’obbligo di trasferire la somma corrispondente al deposito all’acquirente.

Una clausola generica nel contratto di vendita è sufficiente per non trasferire il deposito all’acquirente?
No. Secondo la Corte, una clausola generica che stabilisce il subentro dell’acquirente in tutte le ‘posizioni attive e passive’ non è sufficiente. È necessario un accordo esplicito e inequivocabile dal quale risulti che il deposito è stato compensato o che il prezzo di vendita è stato ridotto di un importo pari alla cauzione.

Il fatto che l’acquirente chieda il deposito dopo molto tempo dalla vendita cambia qualcosa?
No, la Corte ha ritenuto irrilevante il comportamento unilaterale di una parte successivo alla conclusione del contratto. L’inerzia dell’acquirente nel richiedere la somma non costituisce prova di un accordo per non trasferire il deposito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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