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Restituzione contributi INPS: quando scatta la prescrizione

Un lavoratore ha richiesto la riliquidazione della pensione e la restituzione dei contributi INPS versati ma non utilizzati. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito. È stato stabilito che il diritto alla restituzione dei contributi si prescrive in dieci anni. Il termine non decorre dalla data di liquidazione della pensione, ma dal momento in cui il lavoratore ha avuto conoscenza dell’inutilizzabilità dei versamenti, in questo caso a seguito di una comunicazione dell’ente previdenziale.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Restituzione Contributi INPS: La Cassazione Chiarisce il Dies a Quo della Prescrizione

La richiesta di restituzione contributi INPS versati indebitamente è un tema di grande interesse per molti lavoratori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sulla decorrenza del termine di prescrizione per esercitare tale diritto, stabilendo che il momento chiave non è la liquidazione della pensione, ma la conoscenza dell’inutilizzabilità dei versamenti.

Il Caso: La Richiesta di Riliquidazione della Pensione

Un lavoratore si è rivolto al tribunale per ottenere la riliquidazione del proprio trattamento pensionistico, chiedendo il riconoscimento di ulteriori periodi contributivi. Contestualmente, ha richiesto la restituzione dei contributi che riteneva di aver versato indebitamente per periodi in cui non sussisteva un rapporto di lavoro subordinato.

La decisione dei giudici di merito

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto la richiesta di riconoscimento di alcuni periodi contributivi e, soprattutto, hanno dichiarato prescritta la domanda di restituzione. Secondo i giudici, il termine decennale di prescrizione era ampiamente decorso, poiché doveva essere calcolato non dalla data di pensionamento, ma dal momento in cui il lavoratore era venuto a conoscenza dell’insussistenza del rapporto contributivo. Nello specifico, tale conoscenza era stata acquisita nel settembre 1994, a seguito della ricezione di un estratto conto dall’ente previdenziale, mentre la richiesta di restituzione era stata presentata solo nell’ottobre 2009.

I Motivi del Ricorso e la questione sulla restituzione contributi INPS

Il lavoratore ha impugnato la decisione in Cassazione, sollevando tre motivi principali. In primo luogo, ha lamentato un’errata applicazione delle norme sull’onere della prova, sostenendo di aver fornito documenti sufficienti a dimostrare il proprio diritto. In secondo luogo, ha contestato la prevalenza data dalla Corte d’Appello a una specifica certificazione contributiva rispetto ad altri documenti. Infine, ha sostenuto che il termine di prescrizione per la restituzione contributi INPS dovesse decorrere solo dal momento della liquidazione della pensione.

La decorrenza della prescrizione

Il punto centrale della controversia riguardava l’individuazione del dies a quo, ovvero il giorno da cui far partire il calcolo della prescrizione. Secondo il ricorrente, solo al momento della liquidazione della pensione si concretizza la possibilità di esercitare il diritto alla restituzione. La Corte d’Appello, invece, aveva individuato un ‘doppio’ dies a quo: o la data di ogni singolo versamento, oppure, in via più favorevole al lavoratore, la data in cui quest’ultimo aveva avuto concreta conoscenza della non utilizzabilità dei contributi.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la sentenza d’appello e fornendo importanti chiarimenti su tutti i punti sollevati.

Sulla valutazione delle prove: un giudizio di fatto

In merito ai primi due motivi, la Corte ha ribadito che la valutazione delle prove è un’attività riservata al giudice di merito. La scelta di dare maggior peso a una certificazione ufficiale rispetto ad altre attestazioni rientra in una complessiva attività valutativa che, se logicamente motivata, non può essere censurata in sede di legittimità. Non si trattava di un errore nell’applicazione di norme di legge, ma di una richiesta di rivalutazione del fatto, inammissibile in Cassazione.

Sulla prescrizione del diritto alla restituzione dei contributi

Sul terzo e più rilevante motivo, la Cassazione ha confermato la correttezza del ragionamento della Corte d’Appello. Il diritto alla restituzione dei contributi sorge quando il versamento risulta indebito e inutilizzabile. La prescrizione, secondo l’articolo 2935 del codice civile, decorre dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. In questo caso, il lavoratore avrebbe potuto agire per la restituzione già dal settembre 1994, momento in cui l’ente previdenziale gli aveva comunicato l’insussistenza del rapporto assicurativo per gli anni precedenti al 1987. Attendere la liquidazione della pensione, avvenuta molti anni dopo, non sospende né interrompe tale termine.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale: il diritto alla restituzione contributi INPS indebitamente versati è soggetto al termine di prescrizione decennale che decorre non dalla data del pensionamento, ma dal momento in cui il contribuente ha, o avrebbe dovuto avere con l’ordinaria diligenza, conoscenza del carattere indebito e inutilizzabile dei versamenti. I lavoratori devono quindi prestare massima attenzione alle comunicazioni ricevute dagli enti previdenziali (come gli estratti conto contributivi) e agire tempestivamente per tutelare i propri diritti, senza attendere il momento della pensione.

Quando inizia a decorrere il termine di prescrizione per la restituzione dei contributi INPS versati indebitamente?
Il termine di prescrizione decennale inizia a decorrere non dalla data di liquidazione della pensione, ma dal momento in cui l’assicurato ha effettiva conoscenza che i contributi versati sono inutilizzabili ai fini pensionistici. Questa conoscenza può derivare, ad esempio, da una comunicazione ufficiale dell’ente previdenziale.

Una certificazione contributiva rilasciata dall’INPS ha sempre un valore probatorio superiore ad altri documenti?
Non necessariamente. La valutazione del peso probatorio dei diversi documenti prodotti in giudizio è un’attività riservata al giudice di merito. Sebbene una certificazione ufficiale abbia un rilievo notevole, il giudice deve compiere una valutazione complessiva di tutte le prove, e la sua scelta, se ben motivata, non è sindacabile in Cassazione.

La normativa che prevede la restituzione d’ufficio dei contributi al momento della pensione (art. 8, D.P.R. 818/1957) si applica in ogni caso?
No. La Corte ha chiarito che tale norma presuppone l’esistenza di un valido rapporto di assicurazione generale con l’INPS. Non si applica, quindi, nei casi in cui è contestata proprio l’esistenza di tale rapporto assicurativo per il periodo a cui si riferiscono i contributi versati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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