Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2419 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2419 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8418-2019 proposto da:
COGNOME, cui sono succeduti gli eredi NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI RAGIONIERI E PERITI COMMERCIALI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO NOME COGNOME INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. n. 1998/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 08/01/2019 R.G.N. 743/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Contributi Cassa
ragionieri
R.G.N. 8418/2019
COGNOME
Rep.
Ud.13/12/2024
CC
RILEVATO CHE
In riforma della pronuncia di primo grado, la Corte d’appello di Milano rigettava la domanda svolta da NOME COGNOME nei confronti della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali avente ad oggetto la restituzione dei contributi versati, posto che COGNOME non era più associato alla Cassa e aveva compiuto i 65 anni di età senza maturare il diritto alla pensione.
Riteneva la Corte che la restituzione dei contributi soggettivi versati integrasse un trattamento previdenziale da parte della Cassa e che, non applicandosi il principio dell’automatismo delle prestazioni valevole per il rapporto di lavoro subordinato, tale trattamento non potesse essere erogato, risultando COGNOME inadempiente all’obbligo del pagamento del contributo integrativo dovuto anche dal non associato alla Cassa ma ancora iscritto all’albo.
Avverso la sentenza, COGNOME NOME ricorre per quattro motivi, illustrati da memoria. Nel corso del presente giudizio di cassazione succedevano al ricorrente gli eredi NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
La Cassa resiste con controricorso, illustrato da memoria.
All’ odierna adunanza camerale, il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt.1 e 12 delle preleggi, per avere la Corte richiesto l’adempimento contributivo in capo al ricorrente quando tale obbligo di regolarità contributiva non è previsto dall’art.48 del Regolamento di esecuzione della Cassa.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt.2033 c.c., 12 delle preleggi e 48 del Regolamento di esecuzione della Cassa, per avere la Corte ritenuto che la restituzione dei contributi integrasse una prestazione previdenziale anziché mera ripetizione d’indebito , nonostante l’art.48 del Regolamento disciplini la restituzione dei contributi divenuta ormai indebita, e non una prestazione previdenziale. Né il principio di automaticità delle prestazioni rilevava rispetto ad una domanda di ripetizione dell’indebito.
Con il terzo motivo di ricorso, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt.1173 c.c. e 37 del Regolamento di esecuzione della Cassa, per avere la Corte ritenuto che il ricorrente fosse inadempiente all’obbligo di pagare il contributo integrativo dovuto dagli iscritti all’albo ma non più alla Cassa : l’art.37 del Regolamento non menzionerebbe alcun obbligo di pagamento a carico di chi non sia più iscritto alla Cassa
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt.324 c.p.c., 2909 c.c. e 12 delle preleggi per avere la Corte violato un precedente giudicato in forza del quale il ricorrente aveva ottenuto la cancellazione dalla Cassa. La sentenza sulla
cancellazione aveva anche affermato il diritto alla restituzione dei contributi versati.
I primi tre motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente data la loro intima connessione, sono inammissibili.
La Cassa Nazionale di Previdenza RAGIONE_SOCIALE a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali è una persona giuridica di diritto privato, per cui i Regolamenti dalla stessa emessi hanno natura negoziale sebbene approvati con decreto ministeriale. La violazione del regolamento è ammissibile ai sensi dell’art.360, co.1, n.3 c.p.c. solo a mezzo della dedotta violazione delle norme (artt.1362 ss. c.c.) di ermeneutica negoziale.
Il principio è stato affermato da questa Corte, ad esempio, per i regolamenti della Cassa forense (Cass.27541/20), di Enasarco (Cass.4296/16) e di Inarcassa (Cass.6505/22).
Ora, nessuno dei primi tre motivi del ricorso deduce violazione dei canoni di ermeneutica negoziale (art.1362 ss. c.c.).
Contrariamente a quanto sostiene poi il ricorrente, nonostante le rubriche dei motivi siano intestate a norme di legge (artt.2033 c.c., 1 e 12 delle preleggi), il contenuto dei tre motivi fa valere la violazione diretta di norme del Regolamento della Cassa.
In particolare, si fa valere la violazione dell’art.48 Regolamento, il quale non prevederebbe un trattamento previdenziale ma una ripetizione dei contributi pagati, e non richiederebbe una regolarità contributiva.
Si fa poi valere la violazione dell’art.37 Regolamento, che non prevederebbe alcun obbligo contributivo per chi si sia cancellato dalla Cassa e rimanga iscritto però all’albo. In sostanza, i tre motivi sollecitano un esame ermeneutico diretto delle disposizioni regolamentari senza alcuna intermediazione degli artt.1362 ss. c.c., e perciò sono inammissibili.
Inammissibile è anche il quarto motivo.
Per un verso esso fa valere una questione nuova -presenza di un pregresso giudicato originato da una pronuncia del Tribunale di Milano mai impugnata -di cui la sentenza della Corte d’appello non dà conto e senza che il motivo indichi specificamente se e quando fosse stata prospettata nei precedenti gradi di merito la forza vincolante del pregresso giudicato (Cass.23675/13, Cass.20694/18).
Per altro verso il motivo è generico: manca di autosufficienza poiché riporta solo alcuni brani della sentenza del Tribunale di Milano, dai quali non è dato evincere che davvero la restituzione dei contributi sia stata una ratio decidendi della pronuncia anziché un obiter dictum (v. Cass.26627/06, Cass.17310/20, sul difetto di autosufficienza in caso di mancata trascrizione della motivazione nella sua interezza e non solo per stralci).
All’inammissibilità del ricorso segue condanna alle spese secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna gli eredi del ricorrente a pagare le spese di lite del presente giudizio di cassazione, liquidate in € 4.500,00 per compensi, € 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, attes a l’inammissibilità , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte degli eredi di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, all’adunanza camerale del 13.12.24