Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 31169 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 31169 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 718/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall ‘ avvocato COGNOME AVV_NOTAIO, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliata per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall ‘ avvocato COGNOME NOME, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliata per legge;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di ROMA n. 15905/2023 depositata il 06/11/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2025 dal Consigliere COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2020 la RAGIONE_SOCIALE conveniva innanzi al Giudice di pace di Roma RAGIONE_SOCIALE per ottenere la restituzione di € 3.597,24, oltre interessi, versati a titolo di addizionale provinciale all’accisa sull’RAGIONE_SOCIALE elettrica per i consumi degli anni 2010-2012. A fondamento della domanda deduceva che l’addizionale, addebitata in bolletta dalla RAGIONE_SOCIALE, fosse illegittima poiché contrastante con l’art. 1, par. 2, della Direttiva 2008/118/CE, come interpretata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, chiedendo quindi la ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c.
RAGIONE_SOCIALE si costituiva contestando l’avversa domanda ed eccepiva: l’assenza dei presupposti per l’indebito oggettivo, trattandosi di pagamento avvenuto in forza di contratto valido ed efficace; l’inefficacia orizzontale delle direttive europee tra i privati; l’intervenuta prescrizione; la legittimità dell’addizionale fino al 31 marzo 2010.
Il Giudice di pace di Roma, con sentenza n. 3262/2021, accoglieva parzialmente la domanda, ritenendo fondata l’eccezione di prescrizione, e condannava RAGIONE_SOCIALE al pagamento di € 2.973,90, oltre interessi e spese.
Avverso tale decisione proponeva appello RAGIONE_SOCIALE, sottolineando la necessità di un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.
Si costituiva RAGIONE_SOCIALE, chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza appellata.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 15905/2023, rigettava l’appello e confermava integralmente la decisione di primo grado, compensando le spese tra le parti.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE, articolato in quattro motivi.
Ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE
Il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte.
Il Difensore della società resistente ha depositato memoria.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
RAGIONE_SOCIALE articola in ricorso quattro motivi. Precisamente:
con il primo motivo denuncia <>, nella parte in cui il giudice di appello ha affermato la sussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’azione di ripetizione dell’indebito, nonostante fino al 31 dicembre 2011 il pagamento dell’addizionale provinciale fosse dovuto, in esecuzione di un contratto valido ed efficace alla luce della normativa italiana allora vigente;
-con il secondo motivo denuncia <> nella parte in cui il giudce di appello ha rilevato l’incompatibilità dell’addizionale provinciale all’accisa sull’RAGIONE_SOCIALE elettrica con il dettato dell’art. 1 par.2 della direttiva 2008/118/CE sull’errato presupposto della mancanza di una ‘ finalità specifica ‘ del tributo . Osserva che: a) l’addizionale provinciale ha natura di ‘accisa’, e non di tributo autonomo, sicché rispetto ad essa non è necessario verificare la sussistenza del requisito della ‘finalità specifica’ richiesto dalla Direttiva europea, che è richiesto per l’istituzione di imposte ‘autonome’ e non riguardo ai meri incrementi quantitativi dell’accisa; b) anche a voler ritenere sussistente il requisito della ‘finalità specifica, questo era stato rispettato dal legislatore nazionale attraverso il D.L. n. 511/1988, sicché la normativa interna
non è in contrasto con quella unionale. Chiede, all’occorrenza, il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia sui quesiti sottesi alla censura;
con il terzo motivo denuncia <>, nella parte in cui il giudice d’appello ha disapplicato la norma interna per contrasto con la direttiva europea, trattandosi di rapporto tra privati, in cui non è ammessa l’efficacia orizzontale delle direttive;
con il quarto motivo denuncia <>, nella parte in cui il giudice di appello ha a sua volta erroneamente affermato il diritto della società RAGIONE_SOCIALE ad ottenere restituzione dell’importo richiesto a titolo di rimborso dell’IVA sul costo addebitato a titolo di addizionale provinciale. Osserva che non costituendo, la somma corrisposta a titolo di addizionale, indebito oggettivo, l’Iva era dovuta sull’ammontare complessivo del corrispettivo ai sensi dell’art. 13, comma 1 del d.p.r. n. 633/1972 e che la restituzione del relativo importo, poiché destinato a gravare definitivamente soltanto sul consumatore finale e ‘neutro’ per l’acquirente esercente attività d’impresa, avrebbe comportato un ingiustificato arricchimento a vantaggio della RAGIONE_SOCIALE In sostanza, secondo la ricorrente, il Tribunale avrebbe erroneamente confermato il diritto di RAGIONE_SOCIALE alla restituzione degli importi richiesti a titolo di rimborso dell’IVA, integrando ciò un ingiustificato arricchimento.
Il ricorso non è fondato.
2.1. Non fondati sono i primi tre motivi – che, in quanto connessi, sono qui trattati congiuntamente – ma la motivazione della sentenza impugnata va corretta.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. il principio affermato da Cass. 13740/25 e ribadito già finora almeno da Cass. n. 13741/25, n. 16992/25, n. 16993/25, n. 17642/25, n. 17643/25, n. 28198/25, n. 28199/25, n. 28200/25, n. 28517/25, n. 28518/25, n. 28527/25, n. 28840/25, n. 28841/25, n. 29055/25: al quale il Collegio presta convinta adesione), <>.
Avuto riguardo al disposto di cui sensi all’art. 118, co. 1, ultimo inciso, disp. att. cod. proc. civ., è qui sufficiente fare integrale richiamo alla motivazione della prima delle menzionate sentenze per giustificare il rigetto dei motivi in esame, con opportuna correzione della motivazione della qui gravata sentenza, del ricorso oggi esaminato.
2.2. Non fondato è anche il quarto motivo.
Questa Corte, ormai da dieci anni (cfr. Cass. n. 9946/2015), ha precisato che: <>.
Dando applicazione a detto principio (ribadito da Cass. n. 15536/2018, n. 8652/2020, n. 25741/2021 e n. 13149/2024) è stato precisato che: <> (Cass. n. 6149/2020); e che <> (Cass. n. 10900/2025).
Orbene, nella sentenza impugnata, il Tribunale di Roma, nella sentenza impugnata, ha rigettato il quarto motivo stabilendo che:
in caso di IVA erroneamente assoggettata, se l’IVA è stata indebitamente versata, restano privi di fondamento il pagamento, la rivalsa e la detrazione;
il cessionario ha diritto di chiedere al cedente la restituzione dell’IVA versata in via di rivalsa;
la questione relativa alla detrazione IVA già operata dal cliente finale non rileva nel rapporto privatistico con il fornitore, ma riguarda esclusivamente il rapporto tra il cliente e l’Amministrazione Finanziaria.
Tanto affermando, il Tribunale di Roma si è conformato alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale:
la detrazione dell’IVA è ammessa solo se le operazioni sono effettivamente assoggettabili all’IVA; se l’operazione è stata erroneamente assoggettata, la detrazione operata dal cessionario è priva di fondamento; l’erroneo assoggettamento ad IVA esclude la sussistenza di una base legale per il pagamento, la rivalsa e la detrazione, in applicazione del principio di neutralità dell’imposta indiretta;
il cessionario ha diritto di chiedere al cedente la restituzione dell’IVA versata in via di rivalsa, mentre il cedente ha diritto di chiedere il rimborso all’Amministrazione.
Invero, alla luce della giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata, è errato ritenere che l’eventuale detrazione contabile dell’IVA da parte del cessionario (In Job) precluda l’azione di ripetizione nei confronti del cedente (RAGIONE_SOCIALE).
La corresponsione dell’IVA calcolata su una somma (l’addizionale) che è risultata non dovuta perché illegittima (o dichiarata tale ex tunc dalla Corte costituzionale) è essa stessa un indebito e l’azione di ripetizione spetta al consumatore finale nei confronti del fornitore. Il carattere indebito del capitale implica il
carattere indebito della imposta (che del capitale rappresenta accessorio), con la conseguenza che il cessionario ha diritto alla restituzione dell’Iva indebita versata in rivalsa.
Poiché la Corte costituzionale ha con la citata sentenza dichiarato la illegittimità costituzionale della norma istitutiva dell’addizionale, con efficacia ex tunc , ne risulta che l’imposta era ipso facto indebita : essendo la base imponibile illegittima ex tunc , anche l’IVA accessoria risulta indebita.
Ne consegue che l’argomento centrale di RAGIONE_SOCIALE, basato sull’ingiustificato arricchimento di In Job per l’IVA detratta, è in contrasto con il meccanismo di neutralizzazione circolare dell’IVA, che impone la restituzione dell’imposta indebita al cessionario da parte del cedente, lasciando all’Amministrazione Finanziaria il potere-dovere di recuperare l’importo indebitamente detratto. Il carattere indebito del capitale (l’addizionale provinciale illegittima), si ribadisce, implica il carattere indebito dell’imposta accessoria (l’IVA); ed è escluso il rischio di ingiustificato arricchimento del cessionario, in quanto il recupero dell’IVA indebitamente detratta è un onere che ricade (non sul cedente, ma) sull’Amministrazione Finanziaria.
In senso contrario non vale invocare Cass. 13338/25. Invero, in quella occasione, la Corte si è occupata principalmente della legittimazione del cessionario (l’acquirente di beni o servizi, soggetto IVA o consumatore finale) a proporre istanza di rimborso direttamente nei confronti dell’Erario (l’Amministrazione finanziaria) per l’IVA di rivalsa, indebitamente pagata; ed ha stabilito che, di regola, il cessionario non ha una relazione diretta con l’Erario per il rimborso dell’IVA di rivalsa, ma deve esercitare un’azione di ripetizione d’indebito di natura civilistica nei confronti del cedente (il fornitore) per le somme versate in eccesso.
Nel caso di specie, invece, il consumatore finale (In Job) ha correttamente esercitato l’azione ordinaria di ripetizione dell’indebito
ex art. 2033 c.c. direttamente nei confronti del fornitore (RAGIONE_SOCIALE). L’azione promossa in questo giudizio è di natura privatistica (tra fornitore e cliente finale) e non di natura tributaria (tra cliente finale e Amministrazione Finanziaria). In definitiva, nella specie, viene in discussione (non la legittimazione ad agire contro l’Erario, bensì) il diritto del cessionario (RAGIONE_SOCIALE Job) di ottenere la restituzione dell’IVA indebita dal cedente (RAGIONE_SOCIALE): Cass. n. 13338/2025 ha definito le eccezioni che consentono al cessionario di agire direttamente contro il Fisco, mentre nel caso di specie si tratta di applicare il principio generale, che impone la restituzione dell’IVA indebita, nel rapporto privato tra cedente e cessionario. L’azione di ripetizione contro il fornitore è azione esperibile e non viene preclusa dall’eventuale detrazione contabile dell’IVA da parte del cessionario.
In definitiva, il motivo viene deciso sulla base del seguente principio di diritto:
<>.
Le spese processuali vanno dichiarate integralmente compensate, in considerazione del fatto che può ancora considerarsi
recente il dirimente intervento della Corte costituzionale e della novità della questione sottesa al motivo quarto.
Al rigetto del ricorso consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
dichiara integralmente compensate tra le parti le spese processuali;
ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2025, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile.
Il Presidente NOME COGNOME