Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4065 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 4065 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27112/2019 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
NOME (GSTMSM77E19F119J)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’av vocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 601/2019 depositata il 12/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La vicenda giudiziaria concerne un contratto di subappalto tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, relativo alla realizzazione di opere tecniche (impianto di riscaldamento/raffreddamento zona uffici,
impianto idrico-sanitario nonché impianto antincendio) presso il cantiere della committente RAGIONE_SOCIALE. Rover lamentava vizi nell’impianto antincendio e nella linea di carico della vasca di accumulo, attribuendoli ad errori di RAGIONE_SOCIALE, con conseguenti costi per riparazioni e spese di consumo abnorme di acqua, delle quali la committente le chiedeva il rimborso. In primo grado, il Tribunale accertava il diritto di Rover a un risarcimento parziale (€ 7.606,30) e il diritto di RAGIONE_SOCIALE al saldo di fatture (€ 4.703,21), compensando le due poste. In appello, Rover domandava l’integrale risarcimento, mentre COGNOME insisteva sul rigetto delle domande e proponeva appello incidentale per l’accoglimento di eccezioni già formulate. La Corte d’appello accoglieva parzialmente l’appello principale, riconoscendo a Rover € 12.922,91 per il danno da consumo abnorme d’acqua, respingendo tutte le altre censure.
La motivazione della sentenza impugnata si è fondata sul rilievo che le opere subappaltate avevano subito costanti interferenze da parte di Rover, per l’effetto di una responsabilità concorrente di entrambe le parti per i vizi riscontrati. Riguardo alla tubazione della vasca di accumulo, la Corte riteneva che essa fosse realizzata da COGNOME sulla base dell’interramento parallelo delle tubature, considerandolo univocamente come opera di un unico operatore. Sul consumo di acqua, pur in assenza di prova documentale del pagamento da parte di COGNOME si giudicava pacifico il fatto del pagamento.
Ricorre in cassazione COGNOME con otto motivi. Resiste COGNOME con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 132 co. 2 n. 4 e 118 co. 1 disp. att. c.p.c., nonché la nullità della sentenza per assoluta assenza di motivazione o apparenza della stessa. Si contesta che sia stata attribuita ad Ellepi la realizzazione della linea di carico della vasca di accumulo, attribuzione infondata per carenza di prove contrattuali e contraddizioni logiche nella sentenza di appello.
La Corte territoriale ha basato la decisione sul mero interramento parallelo delle tubazioni, omettendo di considerare l’assenza della previsione dell’opera nel contratto di subappalto, le variazioni contrattuali successive, le conclusioni del CTU e le deposizioni testimoniali che escludevano la competenza di COGNOME.
Il secondo motivo denuncia difetti di motivazione e una gravissima anomalia motivazionale. Si evidenzia l’omessa considerazione degli esiti istruttori e della documentazione prodotta, rilevando che la motivazione della Corte è fondata su un dato non univoco, ossia l’interramento parallelo delle tubazioni, senza un effettivo accertamento fattuale.
Il terzo motivo denuncia l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, segnatamente l’esistenza di un contratto che specificava le opere oggetto del subappalto, tra cui non figura la linea di carico della vasca di accumulo. Si contesta inoltre la mancata considerazione di altri elementi probatori e testimonianze che avrebbero condotto a una diversa decisione.
Il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia su alcuni motivi di appello incidentale, in particolare sulle censure relative alla carenza di motivazione, omessa valutazione del contratto, delle deposizioni testimoniali e degli esiti della consulenza tecnica.
Il quinto motivo denuncia la violazione degli artt. 2729 e 2721 c.c., nonché degli artt. 1362 ss., 1366 e 1372 co. 1 c.c. Si censura l’utilizzo di presunzioni in una materia esclusa dalla prova testimoniale e l’errata interpretazione contrattuale, con attr ibuzione arbitraria di significato al dato dell’interramento parallelo delle tubazioni.
– I primi cinque motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente poiché, sotto diversi profili (censure alla motivazione, denuncia di violazione di norme di diritto, doglianze di omesso esame di fatti decisivi e di omessa pronuncia) convergono nell’attaccare un unico punto: che la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE per i danni derivanti dalla
linea di carico della vasca di accumulo sia stata accertata sulla base del fatto dell’interramento parallelo delle tubazioni, omettendo di considerare che l’ opera non era prevista nel contratto di subappalto, nonché le variazioni contrattuali successive, le conclusioni del CTU e le deposizioni testimoniali che escludevano la competenza di COGNOME.
La parte censurata della sentenza è la seguente (p. 6-8): « Pure corretta è la sentenza relativamente alla tubazione che dal punto di fornitura dell’acqua adduce alla vasca di accumulo. Il Tribunale ha basato detto accertamento, non solo sulle deposizioni dei testi COGNOME e COGNOME, ma anche sulla circostanza incontroversa che l’interramento di tale tubazione e di quella parallela pacificamente fornita da COGNOME siano state interrate in parallelo, oggetto quindi dell’attività di un unico operatore. Sul punto, quindi, è infondato l’appello incidentale di COGNOME, la quale fa leva soprattutto sulla circostanza che la tubazione in oggetto non sia calcolata nel computo metrico estimativo allegato al contratto. Questa circostanza ad avviso della Corte non è peraltro dirimente, poiché non avrebbe avuto senso affidare la realizzazione dell’impianto di riscaldamento/raffreddamento zona uffici, dell’impianto idrico sanitario nonché dell’impianto antincendio, lasciando fuori la tubazione che adduce acqua al vascone di riempimento».
Un accertamento così strutturato resiste alla censure del ricorrente.
La parte ricorrente tenta di prospettare come questioni di diritto, vizi di motivazione ovvero omesso esame di fatti decisivi, censure mosse alla ricostruzione istruttoria della situazione di fatto rilevante compiuta dalla Corte di appello. Dinanzi a tali censure, il compito di questa Corte è di verificare che il giudice di merito manifesti di aver fatto buon governo del proprio potere di apprezzamento. Infatti, il giudice di merito che fondi il proprio apprezzamento su alcune prove piuttosto che su altre non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento in una motivazione effettiva,
risoluta e coerente (che rispetti quindi i canoni dettati da Cass. SU 8053/2014). Di talché egli – in obbedienza al canone di proporzionalità di una motivazione necessaria, idonea allo scopo e adeguata non è tenuto a discutere esplicitamente ogni singolo elemento probatorio o a confutare ogni singola deduzione che aspiri ad una diversa ricostruzione della situazione di fatto rilevante. L ‘esito positivo della verifica compiuta dalla Corte di cassazione non implica logicamente che essa faccia proprio tale apprezzamento: esso è e rimane del giudice di merito.
Il caso di specie presenta questi tratti: i giudici di merito hanno attestato di basare il proprio convincimento su prove testimoniali e su indizi persuasivi secondo il loro prudente apprezzamento (l’interramento contestuale delle tubazioni) che questa Corte non è autorizzata a rimettere in discussione, nonché su un argomento di senso comune (« non avrebbe avuto senso affidare la realizzazione dell’impianto , lasciando fuori la tubazione che adduce acqua al vascone di riempimento» ) . Un analogo grado di persuasività non esibiscono viceversa le obiezioni del ricorrente, a partire dall ‘argomento che il contratto non prevedeva la realizzazione della linea di carico ad opera di RAGIONE_SOCIALE. Infatti, tale mancanza non costringe logicamente ad escludere che la linea di carico sia stata realizzata da RAGIONE_SOCIALE.
I primi cinque motivi sono rigettati.
3. – Il sesto motivo denuncia violazione degli artt. 132 co. 2 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. per assenza di motivazione logica sul presunto pagamento delle fatture idriche. La Corte avrebbe ritenuto pacifico l’esborso sulla base di mere congetture, senza prove documentali, nonostante la genericità delle allegazioni iniziali di Rover e l’omessa considerazione del le contestazioni tempestive di Ellepi.
Il settimo motivo denuncia violazione degli artt. 115, 75, 100 c.p.c., 2697 cod. civ., 167, 183 e 345 c.p.c. Si contesta l’errata applicazione del principio di non contestazione, poiché Rover non aveva specificamente allegato né provato l’avvenuto pagament o. La Corte
ha omesso di rilevare d’ufficio il difetto di titolarità del diritto azionato, nonostante l’assenza di elementi probatori.
Il sesto e il settimo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente in quanto correlati.
Essi sono infondati.
La parte censurata della sentenza è la seguente: « Quanto ai costi per il consumo abnorme di acqua, in conseguenza della perdita da tale tubazione, il Tribunale ha affermato che vi è prova del danno subito dal terzo committente, ma non dell’intervenuto pagamento delle relative fatture che questi ha emesso nei confronti di Rover. Sul punto l’appello principale è fondato. La prova degli addebiti di RAGIONE_SOCIALE ad RAGIONE_SOCIALE risulta dalla fattura nr. 2488 del 31/01/2011 nella quale è riconosciuto che quest’ultima non aveva arretrati con il fornitore dell’acqua, e quindi che tutte le precedenti bollette emesse a carico di RAGIONE_SOCIALE erano state tutte debitamente saldate. RAGIONE_SOCIALE a sua volta ha emesso le fatture (…) a carico di RAGIONE_SOCIALE per il recupero di tali costi straordinari relativi alle bollette acqua di € 25.651,80 iva inclusa (… ). Non vi è motivo per ritenere che dette fatture non siano state saldate da RAGIONE_SOCIALE, nell’ambito degli ordinari rapporti commerciali. Il fatto dell’intervenuto pagamento delle due fatture è comunque pacifico, ai sensi dell’art. 115 c.p.c., visto che solo in comparsa conclusionale la convenuta nel giudizio di primo grado lo ha contestato. Dato il concorso di colpa sopra evidenziato tra RAGIONE_SOCIALE e la subappaltatrice, la domanda viene accolta nei limiti della metà.
Nell’esame dei due motivi, precedenza è da attribuire al settimo motivo poiché fa valere un error in procedendo sufficientemente specifico da consentire a questa Corte di accedere agli atti di causa. Dall’esame dell’atto di citazione ( punti 20, 21 e 22 della narrativa in fatto; conclusioni sub 2) si desume che l’attrice ha allegato con specificità sufficiente i fatti costitutivi del diritto al rimborso dei costi
straordinari sostenuti per le bollette dell’acqua che Rover aveva risarcito ad Emons. Viceversa, dalla comparsa di risposta di COGNOME non emerge che essa abbia contestato con specificità il pagamento della fattura addebitata a Rover, ma si desume piuttosto che si sia limitata ad affermare che non era dimostrato il pagamento da parte di Emons al gestore dell’acqua (circostanza che poi la Corte di appello ha ritenuto provata: cfr. il brano di motivazione riportato nel capoverso precedente). Ne segue che corretta è l’applicazione del principio di non contestazione ex art 115 c.p.c. fatta dalla Corte di appello ( «Il fatto dell’intervenuto pagamento delle due fatture è comunque pacifico, ai sensi dell’art. 115 c.p.c., visto che solo in comparsa conclusionale la convenuta nel giudizio di primo grado lo ha contestato»).
L’infondatezza del settimo motivo implica logicamente anche l’infondatezza del sesto motivo relativo al vizio di motivazione.
Il sesto e il settimo motivo sono rigettati.
L’ottavo motivo denuncia violazione degli artt. 183 e 345 c.p.c. nonché dell’art. 112 c.p.c., per inammissibilità della modifica della domanda risarcitoria in appello. Rover avrebbe aumentato l’importo richiesto introducendo nuove fatture non allegate in primo grado, eludendo le preclusioni processuali. La Corte territoriale avrebbe ignorato l’eccezione di novità proposta da Ellepi, nonostante la produzione tardiva di documenti non giustificata da cause esterne.
L’ottavo motivo non è fondato.
In sede di conclusioni dell ‘atto di citazione in primo grado e nella memoria ex art. 183 co. 6 n. 1 c.c. Rover aveva chiesto la condanna di RAGIONE_SOCIALE al risarcimento di tutti i danni subiti, « per un ammontare complessivo pari ad € 38.320,00 oltre IVA sull’importo di € 16.550,00, ovvero quella diversa somma ritenuta di giustizia ». Inoltre, nel corso del giudizio di primo grado erano state prodotte copie della fattura del 21/02/2013 della Emons (e le fatture emesse a carico di quest’ultima dal gestore del servizio). La Corte di appello ha tenuto conto di tale fattura ai fini della determinazione del quantum
debeatur (sommando l’importo da essa recato con quello proprio della fattura già prodotta nel fascicolo, all’atto dell’iscrizione a ruolo) ; quantum che è risultato comunque inferiore al petitum oggetto delle conclusioni dell’atto di appello.
Ne segue l’infondatezza della censur a relativa alla produzione di nuovi documenti in appello, così come di quella relativa alla violazione dell’articolo 112 c.p.c.
L’ottavo motivo è rigettato.
5. – Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo uni ficato a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in € 2.295 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 29/01/2025.