Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6161 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6161 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. NUMERO_DOCUMENTO2018) proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (C.F.: P_IVA), in persona del suo liquidatore pro -tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende, unitamente all’AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: CODICE_FISCALE), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
e
COGNOME NOME, quale titolare dell’omonima RAGIONE_SOCIALE individuale (P_IVA: P_IVA), elettivamente domiciliato in Vicenza, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende, unitamente
R.G.N. 19993/18
C.C. 22/2/2024
Appalto -Responsabilità subappaltatore -Risarcimento danni
all’AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al controricorso;
nonché
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona dei suoi procuratori speciali COGNOME NOME, in forza di delibera del Consiglio di Amministrazione del 26 maggio 2014, come da verbale n. 57, e COGNOME NOME, in forza di delibera del Consiglio di Amministrazione del 28 novembre 2014, come da verbale n. 61, rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, nel cui studio in Roma, INDIRIZZO (successivamente mutato in INDIRIZZO 16), hanno eletto domicilio;
e
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: CODICE_FISCALE), in persona del suo procuratore speciale COGNOME NOME, in forza di procura speciale per scrittura privata autenticata del 30 ottobre 2017, rep. n. 87.470, racc. n. 8.875, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende, unitamente all’AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 961/2018, pubblicata il 20 aprile 2018, notificata a mezzo PEC il 24 aprile 2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22 febbraio 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse dell’RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 15 giugno 2004, la RAGIONE_SOCIALE conveniva, davanti al Tribunale di Vicenza (Sezione distaccata di Schio), la RAGIONE_SOCIALE, per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti per effetto del grave incidente verificatosi il 31 marzo 2003.
In particolare, l’attrice esponeva: che le era stata affidata in appalto dalla RAGIONE_SOCIALE l’esecuzione di opere di ristrutturazione di uno storico edificio ‘ex scuole elementari di Centrale’ e di costruzione di un nuovo edificio nelle vicinanze, previo sbancamento di terreno in zona collinare, con realizzazione di garage interrati; che aveva subappaltato alla NOME COGNOME l’esecuzione dei lavori di sbancamento; che la subappaltatrice, non avendo agito con la dovuta diligenza e perizia nell’ese cuzione dei lavori affidati, aveva provocato lo smottamento di una porzione di terreno, con il conseguente crollo parziale del fabbricato da ristrutturare e con la caduta di una gru posizionata nel cantiere; che, all’esito, la P.A. aveva disposto la demolizione della parte di fabbricato non crollata per la sua pericolosità nonché la sospensione dell’attività di cantiere, rimasta ferma fino al 30 dicembre 2003, per l’approvazione di un nuovo progetto
edilizio in sostituzione di quello originario, non più attuabile, previo sgombero dei banchi rocciosi sottostanti; che aveva ricevuto pretese risarcitorie sia dal proprietario della gru, per l’importo di euro 44.000,00, oltre IVA, sia dalla committente D.M.P.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, la quale contestava la fondatezza della domanda spiegata, addebitando la responsabilità esclusiva dell’accaduto alla stessa sub -committente, e chiamava in causa per essere manlevata, sia la propria compagnia assicuratrice RAGIONE_SOCIALE, sia COGNOME NOME, quale titolare dell’RAGIONE_SOCIALE incaricata in ulteriore subappalto per l’esecuzione dei lavori di sbancamento, con il consenso della RAGIONE_SOCIALE.
Si costituiva all’esito in giudizio sia la RAGIONE_SOCIALE, la quale contestava la fondatezza della pretesa dell’attrice e la sussistenza dei presupposti per avvalersi della garanzia, sia COGNOME NOME, il quale eccepiva la nullità della citazione per carenze del petitum e della causa petendi nonché deduceva la propria estraneità ai fatti addebitati, avendo operato in loco ad una cinquantina di metri dall’edificio crollato sotto la direzione dell’appaltatrice e senza alcuna autonomia decisionale rispetto alle scelte adottate dalla RAGIONE_SOCIALE. Chiamava, inoltre, in causa la propria compagnia assicuratrice RAGIONE_SOCIALE per l’eventuale manleva.
Anche tale ultima compagnia assicuratrice si costituiva, a sua volta, in giudizio, opponendosi all’accoglimento della domanda risarcitoria.
Nel corso del giudizio erano assunte le prove orali ammesse ed era espletata consulenza tecnica d’ufficio.
Inoltre, intervenivano in causa, dapprima, la RAGIONE_SOCIALE e, quindi, la RAGIONE_SOCIALE, nella loro qualità di cessionarie del credito dell’attrice.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 601/2014, depositata il 6 marzo 2014, rigettava la domanda di risarcimento dei danni per inadempimento della Egi RAGIONE_SOCIALE.
In specie, la pronuncia di prime cure sosteneva: – che la domanda risarcitoria era fondata su un generico addebito di negligenza e imperizia, mentre soltanto con la memoria integrativa erano stati addotti inadempimenti specifici a carico della subappaltatrice, per avere disatteso le specifiche istruzioni date e per aver omesso di eseguire le prove geologiche; – che, in ogni caso, non era stata dimostrata la sussistenza di un nesso causale tra l’omesso studio geologico e lo smottamento verificatosi il 31 marzo 2003; – che le modalità di escavazione e la scelta di posizionare la gru sulla sommità della scarpata verticale non erano state adottate nella supposizione che il terreno fosse stabile, ma nella piena consapevolezza che la situazione geologica presentasse delle criticità, che già erano state segnalate nel giugno 2001 nello studio della società RAGIONE_SOCIALE e ribadite in prossimità degli eventi oggetto di causa dai tecnici comunali in data 4 e 24 marzo 2003, nonché dalle ordinanze sindacali che avevano sospeso i lavori; – che neanche le prove testimoniali assunte avevano dimostrato il nesso causale, sicché non era stata offerta la prova della violazione, da parte della NOME COGNOME, degli accordi contrattuali relativi ai limiti dello scavo; che l’RAGIONE_SOCIALE
COGNOME, in data 31 marzo 2003, non stava eseguendo, per ordine della NOME COGNOME, i lavori subappaltati di scavo, che erano stati invece già completati; – che dagli accertamenti peritali e dalle testimonianze assunte era emerso che il crollo della porzione di edificio interessata era la conseguenza inevitabile di uno scavo a valle effettuato in eccessiva vicinanza alle pareti sud-est, senza la minima prudenza e la necessaria perizia, benché la conformazione geologica del terreno e la sua instabilità non potessero sfuggire agli operatori del settore; – che la gru si era mossa pochi minuti dopo che l’escavatore del COGNOME avesse smesso di scavare e si fosse allontanato, sicché il posizionamento della gru sul ciglio di una scarpata verticale alta quasi ml. 8,00 e geologicamente instabile, a distanza di poche settimane dalla sospensione dei lavori di cantiere, era stato una concausa del sinistro.
2. -Con atto di citazione notificato il 23 settembre 2014, proponeva appello avverso la sentenza di primo grado la RAGIONE_SOCIALE, la quale lamentava: 1) l’erroneo riferimento alla tardività delle allegazioni relative agli addebiti contestati, con l’impropria ripartizione dell’onere probatorio in esito all’omessa esecuzione delle preliminari prove geologiche, all’esecuzione degli scavi oltre i limiti indicati nel titolo amministrativo, alla loro esecuzione in spregio alle regole dell’arte, anche in mancanza di ogni riferimento alla concorrente responsabilità aquiliana dedotta; 2) l’indebita valutazione atomistica delle risultanze istruttorie nonché la violazione delle regole sulla determinazione del nesso eziologico; 3) l’omessa contestazione della mancata diligenza nell’esecuzione degli scavi, con l’indebita inversione dell’onere
probatorio, essendo onere della subappaltatrice allegare e dimostrare la sussistenza di un’ipotesi di appalto conferito a nudus minister ; 4) l’affermazione ultra-petita della conclusione dei lavori subappaltati al momento dello smottamento e della carenza di legittimazione della subappaltatrice, sicché l’ultimazione degli scavi a febbraio 2003 avrebbe dovuto considerarsi come una mera congettura del giudice; 5) l’erronea affermazione dell’estraneità della subappaltatrice NOME COGNOME ai lavori di scavo eseguiti a fine marzo 2003 dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con la conseguente contestazione del fatto che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avesse agito quale nudus minister in base agli ordini impartiti dal capocantiere della RAGIONE_SOCIALE; 6) la contraddittoria motivazione sulle cause dello smottamento e del crollo dell’edificio, dapprima ascritte all’escavazione e poi al posizionamento della gru; 7) l’omessa disamina delle voci di danno specificamente richieste; 8) l’eccessiva quantificazione delle spese di lite liquidate.
Si costituivano nel giudizio di impugnazione COGNOME NOME e le compagnie assicuratrici RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, i quali concludevano per il rigetto del gravame.
Si costituiva altresì nel giudizio d’appello la RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, la quale chiedeva che l’appello spiegato fosse respinto.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Venezia, con la sentenza di cui in epigrafe, respingeva l’appello e, per l’effetto, confermava integralmente la sentenza impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che l’allegazione di una
cumulativa o alternativa responsabilità extracontrattuale era ‘sospesa nel vuoto’, in assenza di una chiara descrizione degli addebiti con l’indicazione di specifici fatti colposi a carico della convenuta non solo nella citazione introduttiva del giudizio ma anche nelle successive memorie integrative del 5 luglio 2005 e del 30 marzo 2006; b ) che, con la memoria integrativa del thema decidendum , era stato introdotto un fatto nuovo, ossia l’asserito inadempimento ad una clausola contrattuale relativa all’obbl igo per il subappaltatore di eseguire preliminari prove geologiche del sito, il che implicava l’introduzione di un ulteriore addebito, come tale non ammissibile perché tardivo; c ) che, in ogni caso, la circostanza addotta circa la mancata esecuzione di nuove prove geologiche, a cura del subappaltatore, era irrilevante, in quanto tutte le parti erano a conoscenza della critica situazione geologica dell’area in questione, come emergente dall’analisi geognostica del 6 giugno 2001 dello studio RAGIONE_SOCIALE, tanto che, a seguito del verbale di sopralluogo dei tecnici comunali incaricati del 4 marzo 2003, era stata ordinata la sospensione dei lavori ed era stata disposta la messa in sicurezza del fabbricato, stante che la realizzazione degli scavi -giunti fin sotto le fondazioni dell’edificio -aveva sorpassato qualsiasi logica di sicurezza di cantiere; d ) che la suddetta ultronea attività di scavo era stata posta in essere con il beneplacito di tutte le figure presenti in cantiere, benché consapevoli delle criticità del luogo; e ) che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE la quale, di fatto, aveva operato sotto le dirette istruzioni del capocantiere e, dunque, di RAGIONE_SOCIALE -aveva ultimato i lavori di scavo, in adempimento del contratto di subappalto stipulato con la RAGIONE_SOCIALE, ben prima del 31 marzo 2003,
probabilmente già nel mese di febbraio, secondo la testimonianza assunta, sicché ‘non era chiara la ragione per la quale detta RAGIONE_SOCIALE avesse continuato ad eseguire scavi nell’area del cantiere, superando i limiti di scavo autorizzato’, in prossimità della scarpata in cui era posizionata la gru e dell’edificio; f ) che le conclusioni esposte, al fine di verificare la sussistenza o meno del contestato nesso di causalità rispetto all’operato dell’RAGIONE_SOCIALE subappaltatrice convenuta per gli scavi nell’angolo sud -est, non costituivano affatto una decisione a sorpresa, con violazione del principio del contraddittorio; g ) che, all’esito di tale verifica, difettava la prova del presupposto della responsabilità dedotta in causa, ossia che l’imperita e/o imprudente e/o difforme attività di scavo posta in essere dall’RAGIONE_SOCIALE fosse stata realizzata nell’adempimento del contratto di subappalto, ben potendo essere che detta attività fosse stata eseguita su diretto ordine ed interesse della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, come accennato dal teste COGNOME, sempre che non fosse stata invece autonomamente decisa dallo stesso COGNOME o per una concomitanza di interessi comuni; h ) che, in definitiva, la carenza probatoria circa la riferibilità dell’ultima attività di scavo imprudentemente praticata dall’RAGIONE_SOCIALE COGNOME allo specifico incarico affidato dalla COGNOME, quale unica parte destinataria della pretesa risarcitoria, rendeva superflua ogni altra considerazione, non potendo quest’ultima rispondere per l’operato della prima, che fosse stato estraneo all’ambito dei lavori subappaltati, dovendo, anzi, ritenersi, sulla base delle acquisizioni probatorie, che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avesse in realtà agito nella veste di nudus minister nell’interesse dell’RAGIONE_SOCIALE costruttrice, atteso che
l’estensione dello scavo era stata voluta e/o accettata dalla committenza e dalla direzione dei lavori; i ) che a tanto doveva aggiungersi l’ulteriore gravissima imprudenza della RAGIONE_SOCIALE, come stigmatizzata dal consulente tecnico d’ufficio, per aver deciso di collocare la gru a torre, di notevole peso e dimensioni, su un basamento in cemento armato in prossimità dell’angolo sud -est dell’edificio, pochi giorni prima dello smottamento del terreno e durante la sospensione dei lavori del cantiere, proprio nella zona riconosciuta come la più critica della scarpata e sul ciglio della scarpata stessa, alta circa ml. 8,00, sul posto e nel momento sbagliati, con un contributo causale rilevante nella rottura dell’equilibrio del terreno; l ) che, conseguentemente, non erano evidenziabili, né una violazione dei principi sul riparto degli oneri probatori, né carenze o illogicità nella valutazione delle prove.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
Hanno resistito, con separati controricorsi, la RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE
-Le compagnie assicuratrici controricorrenti hanno presentato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-In primis , deve essere dichiarata l’inammissibilità della costituzione di nuovo difensore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE, di cui alla procura su foglio separato autenticata dal nuovo
legale, allegata alla comparsa di costituzione di nuovo procuratore depositata il 5 febbraio 2024 (e conseguentemente della stessa memoria illustrativa da questi depositata, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.).
Infatti, nel giudizio di cassazione -diversamente rispetto a quanto avviene con riguardo ai giudizi di merito -la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, poiché l’art. 83, terzo comma, c.p.c., nella versione ratione temporis vigente, nell’elencare gli atti a margine o in calce ai quali può essere apposta la procura speciale, individua, con riferimento al giudizio di cassazione, soltanto quelli suindicati. Pertanto, se la procura non viene rilasciata su detti atti, è necessario che il suo conferimento si realizzi nella forma prevista dal secondo comma del citato art. 83, cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata. A quest’ultima conclusione deve pervenirsi anche con riferimento all’ipotesi in cui sopraggiunga la sostituzione del difensore nominato con il ricorso (o controricorso), non rispondendo alla disciplina del giudizio di cassazione, dominato dall’impulso d’ufficio a seguito della sua instaurazione con la notifica e il deposito del ricorso (o controricorso) e non soggetto agli eventi di cui agli artt. 299 e ss. c.p.c., il deposito di un atto redatto dal nuovo difensore, su cui possa essere apposta la procura speciale (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 2914 del 31/01/2023; Sez. U, Sentenza n. 16962 del 27/06/2018; Sez. 3,
Sentenza n. 4337 del 23/02/2010; Sez. 3, Sentenza n. 13086 del 05/06/2007).
Segnatamente, per i giudizi introdotti prima del 4 luglio 2009, tra cui rientra quello di specie -instaurato, in primo grado, con citazione notificata il 15 giugno 2004 -, non opera la novella di cui all’art. 45 della legge 18 giugno 2009 che ha, tra l’altro, modificato l’art. 83, terzo comma, c.p.c., estendendo le ipotesi in cui può essere rilasciata la procura a margine o in calce anche alla memoria di nomina di nuovo difensore -, ai sensi delle disposizioni transitorie di cui all’art. 58 della citata legge.
Per l’effetto, resta ferma la nomina dell’originario difensore, sebbene abbia rinunciato al mandato difensivo, in applicazione del principio di ultrattività della procura ex art. 85 c.p.c.
2. -Tanto premesso, con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione degli artt. 112, 101, secondo comma, e 183 c.p.c., per avere la Corte di merito limitato la propria indagine all’esame della ricorrenza di una responsabilità aquiliana di NOME COGNOME, omettendo di pronunciarsi sulla domanda principale proposta a titolo di inadempimento delle obbligazioni assunte con il contratto di subappalto.
Al riguardo, l’istante obietta che, con la memoria integrativa del thema decidendum , la RAGIONE_SOCIALE si sarebbe limitata a precisare (o, comunque, ammissibilmente a modificare) i termini dello stesso inadempimento contrattuale contestato in limine litis al subappaltatore, essendo stato esplicitato il fatto che lo scavo fosse stato eseguito, non solo in violazione del titolo amministrativo richiamato in contratto, ma anche in violazione
delle regole ex d.P.R. n. 164/1956 e senza le preliminari prove geologiche del sito.
Né sarebbe stata rispettosa del contraddittorio la dichiarazione di inammissibilità per un generico addebito di negligenza e imperizia dell’originaria domanda risarcitoria proposta, in quanto la declaratoria di nullità della domanda per carenze inerenti alla editio actionis sarebbe emersa ‘a sorpresa’, solo in occasione della pubblicazione della sentenza di primo grado, in spregio peraltro al principio della sanabilità di tali vizi.
2.1. -Il motivo è infondato.
Infatti, la sentenza impugnata, pur evidenziando le carenze della domanda sul piano deduttivo, è comunque entrata nel merito della pretesa azionata, escludendone la fondatezza, sia sotto il profilo contrattuale, sia sotto il profilo aquiliano.
Quanto all’invocata responsabilità extracontrattuale è stata valorizzata l’assenza di una chiara descrizione degli addebiti, con l’indicazione di specifici fatti colposi a carico della convenuta, non solo nella citazione introduttiva del giudizio, ma anche nelle successive memorie integrative.
In ordine alla domanda risarcitoria per inadempimento alle obbligazioni assunte con il contratto di subappalto è stato, in specie, escluso che l’esecuzione delle prove geologiche fosse necessaria, in ragione della piena conoscenza delle criticità dei luoghi, come risultante da altri dati dirimenti richiamati (l’analisi geognostica dello studio RAGIONE_SOCIALE del 6 giugno 2001, il verbale di sopralluogo dei tecnici comunali del 4 marzo 2003, la sospensione dei lavori e la messa in sicurezza ordinata il 6 marzo 2003).
Ma soprattutto è stato negato che vi fosse un nesso di causalità materiale tra la condotta ascrivibile alla subappaltatrice NOME COGNOME e lo smottamento del 31 marzo 2003, sostenendosi, per un verso, che i lavori subappaltati fossero già terminati nel febbraio 2003 e, per altro verso, che l’ulteriore attività di escavazione posta in essere dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nel marzo 2003 non fosse riconducibile alla commissione della NOME COGNOME, ma piuttosto agli ordini impartiti dalla RAGIONE_SOCIALE o a una libera iniziativa dello stesso COGNOME, con la conseguente esclusione di alcun vizio di infra-petizione (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 34553 del 11/12/2023).
Inoltre, è stata evidenziata la rilevanza concausale del posizionamento della gru -a cura di RAGIONE_SOCIALE -in zona critica.
3. -Con il secondo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 1218, 1655 e 1668 c.c., per avere la Corte territoriale trascurato il precetto a mente del quale, ai fini della trattazione della domanda di risarcimento danni ex contractu , sarebbe stata sufficiente l’allegazione, da parte del creditore, dell’inadempimento della subappaltatrice Egi RAGIONE_SOCIALE, essendo la colpa presunta fino a prova contraria.
Inoltre, la sentenza impugnata avrebbe mandato sostanzialmente esente da ogni responsabilità la subappaltatrice sul semplice rilievo per cui l’attività di scavo sarebbe stata posta in essere con il beneplacito di tutte le figure presenti in cantiere, benché consapevoli delle criticità del luogo, in spregio agli obblighi cui sarebbe stata tenuta detta subappaltatrice: – di
eseguire i lavori affidati con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio; – di effettuare la prestazione di facere dovuta in autonomia, quale unico dominus nell’organizzazione e nel regolare svolgimento del lavoro; – di attenersi comunque alle regole dell’arte, quand’anche il committente si fosse riservato il potere di ingerirsi nella direzione dei lavori appaltati; – di eseguire, in ogni caso, indagini sulla natura e consistenza del suolo in ordine agli scavi da attuare in prossimità di un edificio, anche a prescindere dallo specifico obbligo previsto nell’art. 2 del contratto; -di segnalare al committente l’eventuale contrarietà alle regole dell’arte delle prescrizioni impartite; -di denunciare tempestivamente gli eventuali errori progettuali; – di rispondere della cattiva riuscita dell’opera realizzata, anche qualora gli errori dei quali avrebbe dovuto avvedersi con l’ordinaria diligenza le fossero sfuggiti; – di rispondere comunque di tali errori, anche all’esito dell’affidamento degli scavi ad RAGIONE_SOCIALE terza, col consenso dell’originaria appaltatrice, posto che tale consenso non avrebbe giammai potuto instaurare alcun rapporto contrattuale diretto tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
3.1. -Il motivo è infondato.
Come anticipato scrutinando la prima doglianza, la Corte d’appello ha accertato che nessuna condotta inadempiente potesse essere ascritta alla subappaltatrice NOME COGNOME rispetto all’evento dannoso contestato, accaduto il 31 marzo 2003, negando che le cause dello smottamento e del danneggiamento dell’edificio fossero riconducibili allo scavo commissionato ed eseguito.
Pertanto, l’esclusione del nesso causale tra gli inadempimenti dedotti (qualificati) e l’inadempimento (oggettivo), ossia causativo dell’evento lesivo nella sfera giuridico -patrimoniale del creditore danneggiato -nesso eziologico rilevante nelle obbligazioni che non attengono in via immediata ad uno spostamento di ricchezza patrimoniale e che legittimano la distinzione tra interessi presupposti o primari, estranei all’oggetto della prestazione contemplata in contratto, e interessi strumentali intranei (c.d. obbligazioni di fare professionale o di diligenza professionale o di difficile o complessa esecuzione, che esigono la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà) -, nesso eziologico il cui onere probatorio ricade sul danneggiato (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 25567 del 01/09/2023; Sez. 3, Ordinanza n. 20707 del 17/07/2023; Sez. 3, Ordinanza n. 13873 del 06/07/2020; Sez. 3, Sentenza n. 2638 del 05/02/2013), è stata adeguatamente motivata.
E tanto nel rispetto del precetto a mente del quale, qualora l’evento dannoso sia ipoteticamente riconducibile ad una pluralità di cause, si devono applicare i criteri della ‘probabilità prevalente’ e del ‘più probabile che non’. Pertanto, il giudice di merito è tenuto, dapprima, a eliminare, dal novero delle ipotesi valutabili, quelle meno probabili (senza che rilevi il numero delle possibili ipotesi alternative concretamente identificabili, attesa l’impredicabilità di un’aritmetica dei valori probatori), poi ad analizzare le rimanenti ipotesi ritenute più probabili e, infine, a scegliere tra esse quella che abbia ricevuto, secondo un ragionamento di tipo inferenziale, il maggior grado di conferma dagli elementi di fatto aventi la consistenza di indizi, assumendo
così la veste di probabilità prevalente (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 32732 del 24/11/2023; Sez. 3, Sentenza n. 25884 del 02/09/2022; Sez. 3, Sentenza n. 26304 del 29/09/2021; Sez. 3, Ordinanza n. 19033 del 06/07/2021; Sez. 3, Sentenza n. 23933 del 22/10/2013; Sez. 3, Sentenza n. 15991 del 21/07/2011).
Al riguardo, la causalità materiale, o di fatto, consiste appunto nella dimostrazione del nesso che lega la condotta dell’autore dell’illecito (o del debitore inadempiente) all’evento dannoso. Tale rapporto è regolato dal principio della condicio sine qua non , cui si associa il correttivo della causalità adeguata, di cui agli artt. 40 e 41 c.p.: l’evento dannoso deve essere la conseguenza della condotta, all’esito di un giudizio controfattuale ex post di eliminazione mentale ( sublata causa, tollitur effectus ), in base ad una prognosi postuma, ovvero di un giudizio ipotetico di inclusione nel caso di condotte omissive (se la condotta attiva dovuta fosse stata posta in essere, quell’evento dannoso non si sarebbe verificato), esclusi, in ogni caso, dal novero della causalità i contegni atipici, anomali, inverosimili o eccezionali rispetto agli eventi realizzatisi, alla stregua di una valutazione ex ante .
In ragione di tale ricostruzione, la relazione eziologica è esclusa nell’ipotesi in cui intervengano cause pregresse, simultanee o sopravvenute, da sole sufficienti a determinare l’evento, innestando tali fattori, siano essi umani o naturali, delle serie causali autonome, idonee a recidere il nesso tra la condotta in contestazione e l’evento dannoso (c.d. causalità sorpassante o interrotta).
Ed invero, in tema illecito aquiliano (o di responsabilità da inadempimento, allorché rilevi il nesso di causalità materiale), applicati nella verifica del nesso causale tra la condotta illecita (o l’inadempimento qualificato) e l’evento dannoso i criteri posti dagli artt. 40 e 41 c.p., e fermo restando il diverso regime probatorio tra il processo penale, ove vige la regola della prova ‘oltre il ragionevole dubbio’, e quello civile, in cui opera la regola della preponderanza dell’evidenza o ‘del più probabile che non’, lo standard di c.d. certezza probabilistica, in materia civile, non può essere legato, in via esclusiva, alla probabilità quantitativa della frequenza di un determinato evento, che potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato, secondo la probabilità logica, nell’ambito degli elementi di conferma e, nel contempo, nell’esclusione di quelli alternativi, disponibili in relazione al caso concreto (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 18584 del 30/06/2021; Sez. 3, Ordinanza n. 16581 del 20/06/2019; Sez. L, Sentenza n. 47 del 03/01/2017; Sez. 1, Sentenza n. 26042 del 23/12/2010; Sez. 3, Sentenza n. 10741 del 11/05/2009; Sez. U, Sentenza n. 576 del 11/01/2008).
Non si tratta, dunque, di una rigorosa probabilità statistica o quantitativa (di tipo pascaliano), da desumere in termini percentuali per effetto del superamento della soglia del 50%, bensì di una probabilità logica (di tipo baconiano), sulla scorta di valutazioni tecniche, nella specie desunte dall’espletata consulenza tecnica d’ufficio.
Siffatti criteri di imputazione causale sono stati debitamente valutati dal giudice di merito, il quale -alla luce della ‘probabilità’ che gli interventi indicati (diversi dagli
inadempimenti allegati a carico del subappaltatore) avessero concorso nella causazione del danno, unitamente ad altri fattori innestati nel processo causale, come da deposizioni testimoniali assunte e dall’esito dell’espletata consulenza tecnica d’ufficio ha negato categoricamente l’integrazione del nesso eziologico.
E tanto avendo riguardo: alla non riconducibilità al subappalto conferito dalla NOME COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dell’ulteriore escavazione effettuata in prossimità dell’edificio nel marzo 2003 (riconducibile piuttosto alla commissione della RAGIONE_SOCIALE o a una iniziativa propria della stessa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE); alla conoscenza delle criticità del luogo, alla stregua dell’indagine geognostica del 6 giugno 2001, dei rilievi dei consulenti tecnici comunali, della disposta sospensione dei lavori e messa in sicurezza; all’errato posizionamento della gru sul ciglio della scarpata.
3.2. -Con riferimento alla distribuzione dell’onere probatorio, contrariamente all’assunto della ricorrente, in tema di garanzia per difformità e vizi nell’appalto, una volta che l’opera sia stata accettata senza riserve dal committente, anche per facta concludentia (secondo la ricostruzione della sentenza impugnata, i lavori di sbancamento subappaltati alla RAGIONE_SOCIALE sono terminati e, quindi, sono stati consegnati e accettati a fine febbraio 2003), spetta a quest’ultimo, che ne ha la disponibilità fisica e giuridica, dimostrare l’esistenza dei vizi e delle conseguenze dannose lamentate e, solo qualora essi risultino provati, si presume la colpa dell’appaltatore, al quale spetta, in base alle regole generali sulla responsabilità del debitore, non solo dimostrare di avere adoperato la diligenza e la perizia
tecnica dovute, ma anche il fatto specifico, a lui non imputabile, che abbia causato il difetto (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7267 del 13/03/2023; Sez. 2, Sentenza n. 39599 del 13/12/2021; Sez. 2, Sentenza n. 19146 del 09/08/2013).
D’altronde, nella fattispecie, non si pone una questione di individuazione della parte su cui ricadono le conseguenze della mancanza di prova ex art. 2697 c.c. per difetto di assolvimento del relativo onere, poiché è stata ritenuta raggiunta la prova dell’esclusione del nesso causale rispetto alle condotte ascrivibili alla NOME COGNOME, alla stregua della sopravvenienza di cause alternative sorpassanti.
3.3. -Né, d’altro canto, risulta violato il precetto secondo cui la consapevolezza, o anche il consenso, sia antecedente, sia successivo, espresso dal committente all’esecuzione, in tutto o in parte, delle opere in subappalto, valgono soltanto a rendere legittimo, ex art. 1656 c.c., il ricorso dell’appaltatore a tale modalità di esecuzione della propria prestazione e non anche ad instaurare alcun diretto rapporto tra committente e subappaltatore (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21719 del 27/08/2019; Sez. 2, Sentenza n. 16917 del 02/08/2011; Sez. 2, Sentenza n. 8202 del 11/08/1990).
E tanto perché, a monte, è stato escluso, sulla scorta delle acquisizioni probatorie evocate, che l’ulteriore attività di scavo posta in essere dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, oltre la linea rossa tracciata nella planimetria, e fino alla linea verde, fosse riconducibile all’esecuzione del subappalto, dovendo invece ascriversi al diretto ordine o interesse della costruttrice RAGIONE_SOCIALE ovvero reputarsi decisa autonomamente dallo stesso
COGNOME, di propria iniziativa e per suo interesse o anche per una concomitanza di interessi comuni (alla RAGIONE_SOCIALE e alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE).
4. -Con il terzo motivo la ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione degli artt. 101, secondo comma, e 112 c.p.c., per avere la Corte distrettuale rilevato che l’esecuzione del subappalto dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si fosse conclusa a fine febbraio 2003 e che gli scavi delle settimane successive, fino al franamento del 31 marzo 2003, fossero stati attuati dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in forza di un distinto appalto, intercorso tra l’attore e il terzo, senza che le parti interessate avessero mai allegato tali circostanze e pure essendo risultato oggettivamente incontestato che lo smottamento del 31 marzo 2003 fosse avvenuto mentre erano ancora in corso gli scavi contemplati nel contratto di subappalto.
Sicché il riferimento alla stipulazione di un doppio contratto, l’uno concluso tra la RAGIONE_SOCIALE e la NOME COGNOME, ed esaurito a fine febbraio 2003, e l’altro concluso tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ancora in corso al momento del franamento del 31 marzo 2003, sarebbe stato assolutamente inverosimile, in difetto di uno stato finale dei lavori e di una fattura finale a cura di NOME COGNOME e di alcuna documentazione che attestasse il fantomatico distinto rapporto tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Adduce, inoltre, la ricorrente che il richiamo a tale doppio subappalto sarebbe emerso solo in occasione del deposito della sentenza di primo grado, senza che sul punto la RAGIONE_SOCIALE avesse avuto modo di controdedurre.
4.1. -Il motivo è infondato.
Non sussiste, infatti, alcuna omessa indicazione alle parti di una questione di fatto oppure mista di fatto e di diritto, rilevata d’ufficio, sulla quale si è fondata la decisione e che abbia privato i soggetti processuali del potere di allegazione e di prova sulla questione decisiva, con conseguente nullità della sentenza (c.d. ‘della terza via’ o ‘a sorpresa’) per violazione del diritto di difesa (Cass. Sez. L, Ordinanza n. 21314 del 19/07/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 11440 del 30/04/2021; Sez. 3, Sentenza n. 11308 del 12/06/2020; Sez. 2, Ordinanza n. 29098 del 05/12/2017).
Premesso che tale rilevazione d’ufficio sarebbe avvenuta con la sentenza di primo grado, sicché, attraverso l’appello, la parte in tesi lesa da tale omessa indicazione avrebbe potuto far valere la censura -così come è accaduto -, sanando il vizio del contraddittorio (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 34634 del 16/11/2021; Sez. 1, Sentenza n. 2984 del 16/02/2016; Sez. U, Sentenza n. 20935 del 30/09/2009), ad ogni modo, non sono stati integrati i presupposti del rilievo officioso di alcuna circostanza di fatto innovativa rispetto ai fatti dedotti.
A fronte della deduzione di un nesso causale tra l’attività di scavo posta in essere in esecuzione del subappalto e lo smottamento verificatosi -con la contestazione, a cura dei convenuti, dell’integrazione di tale nesso , il giudice di merito, sulla scorta della valutazione del materiale probatorio acquisito, ha rilevato l’interruzione della continuità eziologica alla stregua dell’estraneità dell’ulteriore attività di scavo realizzata dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE all’esecuzione dell’originario subappalto conferito dalla RAGIONE_SOCIALE alla NOME COGNOME.
Il che non esigeva che fosse accordata alle parti la facoltà di richiedere prove dal contenuto diverso rispetto a quelle articolate ovvero di svolgere una attività assertiva in punto di fatto, anziché mere difese, appunto perché l’interruzione del nesso causale era compresa nel thema decidendum (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11724 del 05/05/2021).
Né risultano prospettate, in concreto, le ragioni che la RAGIONE_SOCIALE -e per essa la cessionaria NOME -avrebbe potuto fare valere qualora il contraddittorio sulla predetta questione fosse stato tempestivamente attivato (e che peraltro avrebbero dovuto essere fatte valere nel giudizio d’appello, instaurato anche allo scopo di far valere tale asserito vizio del contraddittorio).
5. -Con il quarto motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della violazione degli artt. 1655, 1662 e 1665 c.c., per avere la Corte del gravame ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avesse agito nella mera veste di nudus minister della RAGIONE_SOCIALE, così ledendo il principio secondo cui, una volta che la subappaltatrice avesse, a propria volta, affidato in subappalto i lavori ad un terzo, sia pure col consenso dell’originaria appaltatrice, tra la RAGIONE_SOCIALE appaltatrice originaria e il terzo non si sarebbe potuto costituire alcun rapporto contrattuale.
Con l’ulteriore conseguenza che l’eventuale ricorrenza degli elementi costitutivi della fattispecie del nudus minister avrebbe dovuto essere indagata solo con riferimento al rapporto tra la RAGIONE_SOCIALE e il suo diretto interlocutore contrattuale NOME COGNOME; e d’altronde la fattispecie del nudus minister , derogatoria dell’autonomia dell’appaltatore, avrebbe comunque
richiesto l’allegazione specifica e la prova dell’avvenuta tempestiva denuncia o segnalazione alla committente di eventuali carenze o errori nel progetto o nelle istruzioni ricevute e della successiva ‘costrizione’ a proseguire i lavori, a causa dell’esplicita conferma delle precedenti istruzioni, nonostante dette segnalazioni.
5.1. -Il motivo è inammissibile.
Esso tende in realtà ad una rivalutazione dei fatti e, segnatamente, della circostanza appurata circa l’estraneità dell’ulteriore attività di scavo realizzata dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nel marzo 2003 al subappalto conferito dalla RAGIONE_SOCIALE COGNOME e concluso a fine febbraio 2003.
Ebbene, in sede di legittimità, non può procedersi, come del tutto inammissibilmente invocato dalla ricorrente, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
Pertanto, il rapporto diretto intrattenuto tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non era ostacolato dall’interposizione del subappalto intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE COGNOME e, a sua volta, del subappalto tra quest’ultima e COGNOME NOME.
6. -Con il quinto motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 41 c.p. e 1223 c.c., per avere la Corte d’appello individuato, quale ulteriore gravissima imprudenza posta in essere dalla RAGIONE_SOCIALE, come stigmatizzata anche dal consulente tecnico
d’ufficio, la decisione di collocare la gru a torre, di notevole peso e dimensioni, su un basamento in cemento armato, in prossimità dell’angolo sud -est dell’edificio, pochi giorni prima dello smottamento del terreno e durante la sospensione dei lavori del cantiere, proprio nella zona riconosciuta come la più critica della scarpata e sul ciglio della scarpata stessa.
Sicché la sentenza impugnata sarebbe incorsa in irrimediabile contraddizione nella parte in cui avrebbe sostenuto, da una parte, che il crollo del fabbricato sarebbe stato causato dall’errato posizionamento della gru e, dall’altra, che vi sarebbe stato un nesso causale tra l’escavazione del 31 marzo 2003 e il crollo; di contro, il posizionamento della gru avrebbe dovuto essere necessariamente trattato, al più, come concausa del franamento del 31 marzo 2003.
6.1. -Il motivo è infondato.
E ciò perché la causa del franamento è stata anzitutto individuata nell’attività di scavo ulteriore effettuata nella data del 31 marzo 2003 dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per conto della RAGIONE_SOCIALE (e comunque oltre i limiti del subappalto conferito dalla NOME COGNOME e cessato a fine febbraio 2003).
In mera aggiunta è stato valorizzato il contributo causale rilevante nella rottura dell’equilibrio del terreno determinato dal posizionamento della gru (installazione curata direttamente da RAGIONE_SOCIALE), ossia come mera concausa.
Cosicché, qualora l’evento dannoso si ricolleghi a più azioni o omissioni, il problema del concorso delle cause trova soluzione nell’art. 41 c.p. norma di carattere generale, applicabile nei giudizi civili di responsabilità -, in virtù del quale il concorso di
cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra dette cause e l’evento, essendo quest’ultimo riconducibile a tutte (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 19033 del 06/07/2021; Sez. 3, Ordinanza n. 18753 del 28/07/2017; Sez. 63, Ordinanza n. 15537 del 14/07/2011).
7. -In conseguenza delle considerazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione delle spese di lite, che liquida – in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE – in complessivi euro 8.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge, e – in favore di ciascuno degli ulteriori controricorrenti – in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda