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Responsabilità struttura sanitaria: quando è esclusa?

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di richiesta di risarcimento danni da parte dei familiari di una paziente deceduta in una casa di riposo. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito, e ha escluso la responsabilità struttura sanitaria poiché non è stata provata la colpa della struttura. L’evento è stato ritenuto un gesto impulsivo, imprevedibile e non evitabile con le ordinarie misure di sorveglianza, data l’assenza di recenti segnali di allarme nel comportamento della paziente.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità struttura sanitaria: esclusa se l’evento è imprevedibile

La questione della responsabilità struttura sanitaria per danni subiti dai pazienti è un tema di grande attualità e delicatezza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sui limiti di tale responsabilità, in particolare quando il danno deriva da un atto imprevedibile del paziente. La Suprema Corte ha stabilito che la struttura non è responsabile se non viene provata una sua colpa specifica e se l’evento dannoso non era prevedibile sulla base della condizione clinica e comportamentale del paziente.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla tragica vicenda di una paziente, affetta da disturbi psichici, ospite presso una casa di riposo. La donna è deceduta a seguito di una caduta dal balcone della sua stanza, situata a un piano rialzato. I suoi familiari hanno citato in giudizio la struttura, chiedendo il risarcimento dei danni. Sostenevano che la casa di riposo avesse omesso di adottare le misure di sicurezza necessarie, collocando una paziente a rischio in una stanza con un balcone facilmente accessibile e scavalcabile, violando così i principi di cautela e protezione.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno rigettato la domanda dei familiari. I giudici di merito hanno ritenuto che non vi fosse prova sufficiente né della natura suicidaria del gesto (potendosi trattare anche di un malore) né, in ogni caso, di una colpa della struttura. Secondo le consulenze tecniche, la paziente, sebbene affetta da una patologia cronica, era collaborativa e non aveva manifestato recenti segnali di allarme, ideazioni autolesionistiche o modifiche comportamentali tali da giustificare misure di sorveglianza più stringenti o una diversa collocazione. L’ultimo tentativo di suicidio risaliva a molti anni prima.

La Decisione della Cassazione e la responsabilità della struttura sanitaria

I familiari hanno proposto ricorso in Cassazione, lamentando che i giudici non avessero adeguatamente considerato la storia clinica della paziente, la scarsità della documentazione medica e l’omessa predisposizione di un piano di assistenza personalizzato. La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile e lo ha rigettato.

I giudici di legittimità hanno innanzitutto evidenziato l’applicazione del principio della “doppia conforme”. Poiché le decisioni di primo e secondo grado erano giunte alle medesime conclusioni basandosi sulla stessa ricostruzione dei fatti, era preclusa in sede di Cassazione una nuova valutazione del merito della vicenda. Il ruolo della Cassazione, infatti, è quello di controllare la corretta applicazione della legge (sindacato di legittimità), non di riesaminare le prove.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che la responsabilità struttura sanitaria non può essere affermata in astratto, ma richiede la prova concreta di una colpa e di un nesso causale tra questa e l’evento. Nel caso specifico, le decisioni dei giudici di merito erano fondate su una valutazione logica e coerente delle prove disponibili.

La Corte d’Appello aveva correttamente concluso che non vi erano elementi sufficienti per considerare l’evento come prevedibile. La paziente era stata valutata, anche attraverso visite psichiatriche e colloqui psicologici, e non erano emerse criticità tali da imporre un regime di sorveglianza diverso da quello adottato. Lo spostamento in un reparto per soggetti autosufficienti era stato ritenuto congruo sulla base delle sue condizioni del momento.

Di conseguenza, la caduta è stata qualificata come il risultato di un comportamento impulsivo, imprevedibile e non contrastabile con le normali cautele. Mancando la prevedibilità dell’evento, viene a mancare l’elemento della colpa in capo alla struttura, che non può essere obbligata ad adottare misure di contenimento estreme e sproporzionate in assenza di un rischio concreto e attuale.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale in materia di responsabilità struttura sanitaria: la responsabilità non è oggettiva, ma presuppone la dimostrazione di una negligenza o imprudenza. Una struttura di cura ha il dovere di proteggere i suoi ospiti, ma questo dovere deve essere commisurato al rischio concretamente prevedibile. Se un evento dannoso si verifica a causa di un atto improvviso e imprevedibile del paziente, che non trova riscontro in recenti segnali di allarme, la responsabilità della struttura deve essere esclusa. La decisione sottolinea l’importanza di una valutazione caso per caso, basata sulle evidenze cliniche e comportamentali, per determinare l’adeguatezza delle misure di sicurezza adottate.

Quando è esclusa la responsabilità di una struttura sanitaria per il decesso di un paziente?
Secondo la Corte, la responsabilità è esclusa quando non viene provata la colpa della struttura. In particolare, se il decesso è causato da un comportamento del paziente (come un presunto suicidio) che risulti impulsivo, imprevedibile e non prevedibile sulla base delle condizioni cliniche e dei comportamenti recenti, non si può addebitare alla struttura un’omissione colposa.

Cosa significa il principio della “doppia conforme” in un processo?
Significa che se il Tribunale (primo grado) e la Corte d’Appello (secondo grado) emettono due sentenze che concordano nella ricostruzione dei fatti, il ricorso in Cassazione per motivi che attengono alla valutazione delle prove e dei fatti è inammissibile. La Cassazione può solo verificare se la legge è stata applicata correttamente, non può riesaminare i fatti.

È sufficiente la presenza di un balcone accessibile per affermare la colpa di una casa di riposo?
No, non è sufficiente. La Corte ha chiarito che la responsabilità della struttura non deriva dalla mera presenza di un potenziale pericolo (come un balcone), ma dalla mancata adozione di misure di sorveglianza adeguate al rischio specifico e prevedibile presentato dal singolo paziente. Se non ci sono segnali concreti e attuali di un rischio di gesti autolesionistici, non si può pretendere dalla struttura l’adozione di misure eccezionali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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