Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8364 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8364 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso R.G. n. 18042/2020
promosso da
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE , in persona della titolare dell’impresa individuale COGNOME Giuseppa, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
I.A.C.P. – Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Ragusa Comune di Acquafredda , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa d all’ avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 884/2020 della Corte d’ appello di Catania, pubblicata il 28/05/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
letti gli atti del procedimento in epigrafe;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
RAGIONE_SOCIALE, assuntrice del contratto di appalto pubblico stipulato in data 25/01/2007 con l’Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Ragusa (di seguito, IACP), avente ad oggetto la costruzione di 18 alloggi in Santa Croce Camerina (RG), lungo la circonvallazione INDIRIZZO e l ‘ esecuzione di impianti tecnologici per interni, con contratto del 13/10/2009 ebbe a conferire in subappalto alla RAGIONE_SOCIALE NOME (di seguito, RAGIONE_SOCIALE) una quota di lavori commissionatile dallo Istituto suddetto. La Committente autorizzò il subappalto. La RAGIONE_SOCIALE, rimasta creditrice, a seguito della esecuzione di tali lavori, della somma di € 50.617.71, chiese ed ottenne nei confronti di detta società un decreto ingiuntivo, divenuto definitivamente esecutivo, in forza del quale ebbe ad effettuare il pignoramento presso terzi, notificato allo IACP, per le somme che tale Istituto doveva corrispondere alla RAGIONE_SOCIALE, ma lo IACP ebbe a dichiarare che non sussistevano presso di sé crediti liquidi ed esigibili in favore della RAGIONE_SOCIALE ma aggiunse che era in corso la procedura di risoluzione del contratto di appalto stipulato con detta impresa e che i rapporti di dare e avere tra l ‘I stituto e l ‘ impresa appaltatrice potevano essere definiti solo a seguito del collaudo delle opere eseguite. In conseguenza di ciò, il G.E. del Tribunale di Ragusa, con ordinanza del 30/12/2010, ebbe ad assegnare alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE la somma di €. 47.744,13, oltre interessi, a condizione che l ‘ obbligazione a carico dello IACP di Ragusa, quale terzo pignorato, divenisse effettiva e concreta.
La RAGIONE_SOCIALE, di conseguenza, con raccomandata del 28/03/2011, invitò lo IACP a provvedere al collaudo delle opere da costei realizzate in subappalto, onde rendere operativa l’ordinanza di assegnazione ed effettuare il pagamento in suo favore della somma pignorata sub condicione non corrispostale dalla RAGIONE_SOCIALE allegando una perizia giurata del
18/02/2011, relativa ai lavori eseguiti in subappalto, ma l’invito suddetto rimase disatteso.
La RAGIONE_SOCIALE – ritenendo che la IACP avesse omesso di controllare la regolarità degli adempimenti correnti tra appaltatore e subappaltatore, in violazione del dettato dell ‘ art. 118, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006 e dal bando di gara (che imponevano alla stazione appaltante di sospendere i pagamenti in favore dell ‘ appaltatrice qualora la stessa non trasmetta le fatture quietanzate relative ai pagamenti effettuati in favore della subappaltatrice), e prospettando la responsabilità nei suoi confronti di detto istituto – promosse contro l’Istituto domanda di risarcimento danni davanti al Tribunale di Ragusa, lamentando, altresì, la mancata attivazione dello IACP nel collaudo delle opere appaltate e, di conseguenza, nel compimento dell ‘ attività necessaria per l’avverarsi della condizione di esigibilità delle somme assegnate in via esecutiva.
Costituitosi lo IACP, che chiese il rigetto della domanda, con sentenza n. 66/2015, il Tribunale di Ragusa, in parziale accoglimento della domanda condannò lo IACP al pagamento in favore dell’attrice, a titolo di risarcimento dei danni, della rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT calcolata sulla somma capitale di € 42.845,07, nonché degli interessi compensativi sull’importo annuo di essa rivalutazione , a far data dal 14/09/2010 e fino all’effettivo pagamento, ponendo a carico della parte convenut a le spese processuali.
A fondamento della decisione il Tribunale rilevò l’infondatezza della richiesta di c ondanna al pagamento della somma di € 50.617,71 , proposta dall ‘impresa attrice nei confronti dello RAGIONE_SOCIALE -ente appaltante dell’appalto pubblico stipulato in favore della società appaltatrice, RAGIONE_SOCIALE che aveva subappaltato parte delle lavorazioni – per inapplicabilità ratione temporis dell’art. 118 , comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006, invocato dall ‘impresa a fondamento della pretesa creditoria nei confronti dell’istituto
convenuto, rilevando altresì l’insussistenza del danno lamentato dall’attrice in relazione alla condotta dell’ente successiva alla stipula del contratto , in considerazione dell’assegnazione in sede esecutiva del credito portato dal decreto ingiuntivo emesso su istanza di essa attrice nei confronti della società appaltatrice. Lo stesso Tribunale riteneva che l’unico danno risarcibile liquidato nella misura sopra indicata – era quello derivante dal colpevole ritardo dell’ente nel rendere esigibile in favore della ditta subappaltatrice il credito assegnato alla stessa in via esecutiva.
Avverso la succitata pronunzia propose appello la RAGIONE_SOCIALE, affidato a due motivi di gravame. Nel costituirsi, lo IACP formulava un motivo di appello incidentale.
La Corte territoriale rigettò l’appello principale e acco lse quello incidentale. Con riferimento al primo motivo di appello principale – con il quale era stata dedotta la violazione dell’art. 118 d.lgs. n. 163 del 2006, come modificato dal d.lgs. n. 11 del 2007 la Corte affermò che tra l’appaltante e il subappaltatore non sussisteva alcun rapporto contrattuale, anche se il subappalto era stato approvato, e che, comunque, l’art. 118 d.lgs. cit. non era applicabile ratione temporis , aggiungendo che non era stato neppure dedotto, e tanto meno provato, che il contratto di appalto prevedesse già l’impegno stabilito in detta norma.
Con riferimento al secondo motivo di appello principale – con il quale era stata dedotta la violazione degli artt. 2 e 10 bis l. n. 241 del 1990 e degli artt. 1175, 1375 e 2043 c.c., per avere il Tribunale ritenuto che l’ordinanza del giudice dell’esecuzione avesse realizzato il credito in questione, trattandosi invece di credito inesigibile, incerto e illiquido, ed era stata evidenziata la violazione dei doveri di correttezza e buona fede a carico dell’Istituto per la realizzazione dell’interesse della con troparte, quale titolo di responsabilità ex art. 2043 c.c. dell’Ente la Corte d’appello rilevò la novità della domanda riferita agli artt. 2 e 10 bis l. n. 241 del 1990, l’insindacabilità dell’ordinanza
di assegnazione del giudice dell’esecuzione, che non era stata impugnata, l’impossibilità di configurare una responsabilità contrattuale o extracontrattuale dello IACP, non sussistendo alcun dovere dell’appaltante di sospendere il pagamento in favore dell’appaltatore.
Con riferimento all’appello formulato in via incidentale con il quale era stato censurato il riconoscimento del danno da ritardo, che però non era stato provato – la Corte accolse il gravame, rilevando che dal certificato di collaudo, emesso il 04/12/2012, era emerso che nessun credito l’appaltatrice vantava nei confronti dell’ente , sicché non sussisteva alcun titolo per ottenere il risarcimento ex art. 1224 c.c. in ragione di un ritardo riferito ad un pagamento non dovuto.
Avverso tale decisione la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi di censura.
L’intimato si è difeso con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 18, comma 3 bis , l. n. 55 del 1990, nonché della l. n. 163 del 2006, come modificata dal d.lgs. n. 113 del 2007, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., nonché l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione ex art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c.
Parte ricorrente ha affermato che l’ art. 18, comma 3 bis, l. n. 55 del 1990, introdotto dall’art. 34 d.lgs. n. 406 del 1991, poi riprodotto ne ll’art. 118, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006, stabilisce forme di controllo circa la regolarità degli adempimenti correnti tra appaltatore e subappaltatore, prescrivendo che il primo ha l’obbligo di trasmettere alla amministrazione appaltante, che ha autorizzato il subappalto, entro venti giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato, copia delle fatture quietanzate con la indicazione delle relative ritenute di garanzia.
La stessa parte ha rilevato che, nella specie, tale “obbligo” ai soggetti aggiudicatari di trasmettere, entro venti giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti via via corrisposti dagli aggiudicatari ai subappaltatori, era previsto anche nel l’ art. 16, lettera “q” del Bando di Gara dell ‘ appalto pubblico in questione del 28/09/2006, ove si leggeva che i pagamenti relativi ai lavori svolti dal subappaltatore o cottimista avrebbero dovuto essere effettuati dal l’ aggiudicatario (obbligato a trasmettere, entro 20 giorni dalla data di ciascun pagamento, copia delle fatture quietanzate con l’ indicazione delle ritenute a garanzia effettuate), oppure direttamente dalla stazione appaltante, ma, a tal fine, gli aggiudicatari avrebbero dovuto comunicare alla stazione appaltante la parte dei lavori eseguiti dal subappaltatore o cottimista, con la specificazione del l’ importo dovuto e con la proposta motivata di pagamento.
In tale quadro, secondo la ricorrente, dovevano essere consegnate all’ente le fatture che costituivano la dimostrazione della regolarità dei rapporti di pagamento effettuati dal l’appaltatore alla stazione appaltante, nei termini sopra indicati, che ne avrebbe dovuto verificare l’ autenticità e l’esatto importo rispetto a quanto autorizzato. Poiché lo IACP, in mancanza di fatture quietanzate della RAGIONE_SOCIALE, non solo aveva corrisposto la somma di € 5.000,00 in favore della impresa appaltatrice, come lo stesso IACP aveva affermato, ma aveva anche effettuato altri pagamenti in favore di quest’ultima, per un totale di € 151.621,00, come da relazione e certificato del 14/12/2012, ad opinione della ricorrente, era configurabile una responsabilità extracontrattuale dell’ente nei suoi confronti.
Secondo l’impresa, infatti, anche se non vi era azione contrattuale diretta nei confronti nella stazione appaltante da parte della subappaltatrice, tuttavia, esisteva l’obbligo per la prima di controllare e sospendere i pagamenti in favore dell’appaltatore , in mancanza di fatture quietanzate della
subappaltatrice, poiché la ratio delle disposizioni sopra riportate era quella di tutelare il pubblico interesse alla puntuale e corretta esecuzione dell’opera.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2 e 10 bis l. n. 241 del 1990, per come modificata ed integrata dalla l. n. 15 del 2005, oltre che degli artt. 1175, 1375, 2043 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.
La ricorrente ha affermato che lo IACP ha tenuto un comportamento contrario ai principi di trasparenza dell’azione amministrativa, oltre a quelli costituzionali di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione, e in ogni caso gravemente omissivo, colpevole ed illegittimo, che ha causato un danno alla RAGIONE_SOCIALE, la quale è legittimata a chiederne il risarcimento anche per violazione del principio del neminem laedere di cui all ‘ art. 2043 c.c.
Con il terzo motivo è censurato il capo della sentenza impugnata, nella parte in cui ha accolto l’appello incidentale, proposto dallo IACP, poiché, in presenza della ritenuta responsabilità extracontrattuale d ell’ente, quest’ultimo doveva ritenersi tenuto, oltre al pagamento della somma di € 6.796,00, già corrisposta alla RAGIONE_SOCIALE in esecuzione della sentenza di primo grado, anche alla corresponsione della maggior somma richiesta a titolo di responsabilità aquiliana.
Con il quarto motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., poiché, se la Corte d ‘a ppello avesse applicato i superiori principi, non avrebbe condannato l’appellante alle spese e compensi dei due gradi di giudizio.
Il primo motivo di ricorso è in parte infondato e in parte inammissibile.
2.1. Parte ricorrente ha dedotto che l’assenza di un rapporto contrattuale tra la RAGIONE_SOCIALE, in qualità di ente appaltante, e la RAGIONE_SOCIALE, quale impresa subappaltatrice, non escludeva che potesse ravvisarsi una responsabilità per la violazione degli obblighi derivanti dal disposto dell’art.
18, comma 3 bis , l. n. 55 del 1990 e, poi dall’art. 118, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006, posti a tutela del pubblico interesse alla corretta esecuzione dell’appalto, mediante il controllo dei pagamenti eseguiti dall’appaltatore in favore del subappaltatore, in modo tale da consentire a quest’ultimo di operare correttamente.
2.2. Occorre rilevare che l’art. 18, comma 3 bis , l. n. 55 del 1990, poi abrogato dal d.lgs. n. 163 del 2006, prevedeva che «Nel bando di gara l’amministrazione o ente appaltante deve indicare che provvederà a corrispondere direttamente al subappaltatore o al cottimista l’importo dei lavori dagli stessi eseguiti o, in alternativa, che è fatto obbligo ai soggetti aggiudicatari di trasmettere, entro venti giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti da essi aggiudicatari via via corrisposti al subappaltatore o cottimista, con l’indicazione delle ritenute di garanzia effettuate. Nel caso di pagamento diretto i soggetti aggiudicatari comunicano all’amministrazione o ente appaltante la parte dei lavori eseguiti dal subappaltatore o dal cottimista, con la specificazione del relativo importo e con proposta motivata di pagamento.»
L’art. 118, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006, nel testo originario, entrato in vigore il 01/07/2006, ha sostanzialmente riprodotto la disposizione appena riportata, stabilendo che «Nel bando di gara la stazione appaltante indica che provvederà a corrispondere direttamente al subappaltatore o al cottimista l’importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite o, in alternativa, che è fatto obbligo agli affidatari di trasmettere, entro venti giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti da essi affidatari corrisposti al subappaltatore o cottimista, con l’indicazione delle ritenute di garanzia effettuate. Nel caso di pagamento diretto, gli affidatari comunicano alla stazione appaltante la parte delle prestazioni eseguite dal subappaltatore o
dal cottimista, con la specificazione del relativo importo e con proposta motivata di pagamento. »
A seguito delle modifiche apportate dall’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 113 del 2007, la sopra menzionata disposizione, con effetto a partire dal 01/08/2007, è stata come di seguito riformulata: «Nel bando di gara la stazione appaltante indica che provvederà a corrispondere direttamente al subappaltatore o al cottimista l’importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite o, in alternativa, che è fatto obbligo agli affidatari di trasmettere, entro venti giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti da essi affidatari corrisposti al subappaltatore o cottimista, con l’indicazione delle ritenute di garanzia effettuate. Qualora gli affidatari non trasmettano le fatture quietanziate del subappaltatore o del cottimista entro il predetto termine, la stazione appaltante sospende il successivo pagamento a favore degli affidatari. Nel caso di pagamento diretto, gli affidatari comunicano alla stazione appaltante la parte delle prestazioni eseguite dal subappaltatore o dal cottimista, con la specificazione del relativo importo e con proposta motivata di pagamento.»
Per le fattispecie disciplinate dall’art. 18, comma 3 bis , d.lgs. n. 55 del 1990, che -come sopra evidenziato – reca disposizioni del tutto simili a quelle contenute n ell’originario testo dell’art. 118, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006, questa Corte ha più volte affermato che l’assenso al subappalto del committente non implica l ‘ automatica ed immediata estensione dei patti e delle condizioni del contratto di appalto al secondo contratto il quale, salva l’ipotesi in cui la stazione appaltante si sia avvalsa della facoltà di provvedere direttamente al pagamento del corrispettivo al subappaltatore, conserva la sua autonomia, restando strutturalmente distinto dal contratto principale, essendo l’autorizzazione al subappalto volta solo a consentire all’appaltatore di soddisfare un interesse non ritenuto in contrasto con le finalità del contratto e dell’interesse pubblico perseguito, senza costituire un nuovo e diverso
rapporto tra committente e subappaltatore (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 15786 del 15/06/2018; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 648 del 12/01/2018).
Nella specie, il bando di gara relativo al contratto di appalto in questione risale al 28/09/2006 e il contratto di appalto tra lo IACP e l’appaltatore è del 25/01/2007.
A tale contratto, dunque, si applica la disciplina dell’art. 118, comma 3, d.lgs. n. 163 del 200, nel testo previgente alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 113 del 2007 (con le quali è stata introdotta la sospensione dei pagamenti da parte della stazione appaltante nei confronti dell’appaltatore se quest’ultimo non trasmette le fatture quietanzate del subappaltatore o del cottimista entro venti giorni dal pagamento effettuato).
Non è conseguentemente ravvisabile la violazione di alcun obbligo di sospensione dei pagamenti, previsto dalla legge, ai fini della configurazione di una responsabilità extracontrattuale della stazione appaltante, poiché il testo originario dell’art. 118, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006 , non prevedeva tale obbligo, pur in assenza della trasmissione delle fatture emesse dal subappaltatore, debitamente quietanziate.
Parte ricorrente si è soffermata sulla presenza, anche nel bando di gara, della previsione dell’obbligo per l’appaltatore di trasmettere comunque la documentazione contabile relativa ai pagamenti delle opere eseguite dai subappaltatori, deducendo da ciò il dovere della stazione appaltante di controllare la regolarità degli adempimenti correnti nei rapporti tra appaltatore e subappaltatore, ma non ha spiegato perché tale previsione devesse costituire titolo di responsabilità extracontrattuale dello IACP nei confronti della subappaltatrice, sebbene non fosse previsto alcun dovere di sospensione dei pagamenti nel caso di mancanza di documentazione contabile, né ha dedotto di avere effettuato tale specificazione nei precedenti gradi di merito.
2.3. Con il motivo in esame è stato dedotto anche l’omesso esame di un fatto decisivo, ma la parte non ha specificato quale specifico fatto – da
intendersi, per giurisprudenza consolidata, come un vero e proprio fatto storico, un avvenimento, un evento naturalistico -che sia stato oggetto di discussione tra le parti che, pur essendo decisivo, non sia stato considerato nella sentenza impugnata, così rendendo la censura del tutto generica e indeterminata, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c.
Anche il secondo motivo di ricorso è estremamente generico, perché è privo dell’indicazione delle parti della decisione censurata e delle ragioni della non condivisione delle stesse, rappresentando astrattamente ipotesi di responsabilità dello IACP, mediante il richiamo a varie norme, senza la specificazione di quali violazioni dei doveri propri dell’azione amministrativa o del principio del neminem laedere l’ente abbia in concreto commesso, rendendo il motivo inammissibile per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c.
Il terzo e il quarto motivo di ricorso risultano infondati, in conseguenza del mancato accoglimento dei motivi che li hanno preceduti.
Con riferimento al terzo motivo, infatti, in assenza della configurabilità di una responsabilità extracontrattuale del controricorrente, non è possibile ritenere spettanti le ulteriori somme richieste a tale titolo.
Con riguardo, poi, al quarto motivo, la statuizione sulle spese del giudizio di appello risulta conforme al principio della soccombenza, tenuto conto che l’appello principale, proposto dall’impresa, è stato respinto e quello incidentale, formulato dallo IACP, è stato accolto, con statuizioni non validamente censurate in questa sede.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
La statuizione sulle spese segue la soccombenza.
In applicazione dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite sostenute dal controricorrente, che liquida in € 4.500 ,00 per compenso, oltre € 200 per esborsi ed accessori di legge; , d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dà atto, i n applicazione dell’art. 13, comma 1 quater richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile della