Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10041 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10041 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
Oggetto: Lavoro in somministrazione presso ASL -responsabilità solidale tra agenzia somministratrice e soggetto utilizzatore
Dott.
NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2541/2021 R.G. proposto da:
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE SALERNO, in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME E NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni agli indirizzi pec dei Registri ;
– ricorrente –
contro
NOME, elettivamente domiciliata IN ROMA, AL INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME,
rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni agli indirizzi pec dei Registri ;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 252/2020 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 15/07/2020 R.G.N. 571/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME aveva ottenuto decreto ingiuntivo per l’importo di euro 8.538,24 nei confronti dell’Agenzia per il lavoro RAGIONE_SOCIALE (datrice di lavoro in somministrazione) e dell’ASL di Salerno (utilizzatrice) quale credito retributivo a titolo di ferie e festività non godute, ratei di tredicesima per l’anno 2015 e trattamento di fine rapporto.
Il Tribunale aveva accolto l’opposizione della ASL e revocato tale decreto ingiuntivo sul presupposto che l’Azienda avesse già corrisposto all’Agenzia interinale quanto dovuto pertanto non poteva essere considerata debitrice di null’altro.
Pur affermando che la responsabilità solidale dell’ASL emergeva dallo stesso capitolato per l’affidamento del servizio di somministrazione, il Tribunale evidenziava che quest’ultima non poteva essere chiamata in causa direttamente dalla lavoratrice a rispondere di un adempimento del somministratore.
Riteneva che in mancanza di una regola specifica andava fatta applicazione dell’art. 1292 cod. civ. dovendo escludersi la responsabilità solidale quando le rivendicazioni non attengono specificamente alla remunerazione dell’attività lavorativa prestata per effetto del contratto di somministrazione.
Al contrario, la Corte d’appello di Salerno, in riforma di tale decisione, respingeva l’opposizione della ASL e confermava il decreto ingiuntivo.
Riteneva che si fosse formato il giudicato sulla responsabilità solidale ex contractu come affermata dal Tribunale.
Quanto ai contorni di tale solidarietà evidenziava che non potesse dubitarsi della natura retributiva delle somme pretese dalla lavoratrice con la conseguenza che si ricadeva nell’ambito della diretta obbligazione contrattuale sulla falsariga della disciplina legale.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Azienda Sanitaria con tre motivi cui NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il Procuratore Generale ha presentato requisitoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso.
La controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, l ‘ Azienda ricorrente lamenta la violazione degli artt. 324 cod. proc. civ., 2909 cod. civ. in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.
Lamenta che la Corte territoriale abbia erroneamente ritenuto la sussistenza del giudicato interno circa la fonte contrattuale dell ‘ obbligazione solidale tra l ‘ ASL ed il somministratore, così pervenendo alla condanna dell ‘ ASL.
Assume che il Tribunale non aveva ritenuto sussistente alcun vincolo contrattuale né ex lege né ex contractu .
Sostiene, quale ulteriore argomento (pagg. 9 e 10 del ricorso), che il vincolo di solidarietà di origine contrattuale contrasterebbe con il disposto dell ‘ art. 29 del d.lgs. n. 276/2003 giacché le garanzie previste dal relativo comma 2 non si applicano ai contratti di appalto stipulati dalla P.A.
Il motivo è infondato.
Innanzitutto, la Corte territoriale non ha ritenuto decisiva la fonte contrattuale dell ‘ obbligazione avendo evidenziato, in un passaggio argomentativo, che questa era stata disciplinata ‘sulla falsariga della fonte legale’.
Poi, al di là dell ‘ affermazione della sussistenza di un giudicato sul contenuto della regolamentazione pattizia (si ricorda che il giudicato interno può formarsi solo su di un capo autonomo della sentenza che risolva una questione avente una propria individualità ed autonomia, così da integrare una decisione del tutto indipendente, e non sussiste nei riguardi di una mera argomentazione, ossia della semplice esposizione di un ‘ astratta tesi giuridica, anche quando sia utile a risolvere questioni strumentali all ‘ attribuzione del bene controverso: così ex multis Cass. n. 30 giugno 2022), quello che rileva è la sussistenza di una garanzia di tutela del lavoratore somministrato garantita, sul piano della effettività, attraverso la previsione della natura solidale della obbligazione retributiva e contributiva sancita dall ‘ articolo 23, comma 3, del d.lgs. n. 276/2003 (« 3. L ‘ utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali ») -v. in tal senso Cass. n. 34564/2022 e n. 34562/2022 citate nella memoria ma anche Cass. n. 10669 del 19 aprile 2024 secondo cui: ‘In tema di somministrazione di lavoro, il regime di solidarietà tra somministrante e utilizzatore previsto dall ‘ art. 23, comma 3, del d.lgs. n. 276 del 2003, è applicabile anche alla P.A.’ -.
Si consideri, del resto che con l ‘ entrata in vigore degli artt. 20 e ss. del d.lgs. n. 276 del 2003, il legislatore ha introdotto una generale forma di interposizione di manodopera, denominata « somministrazione di lavoro » e definita come la « fornitura professionale di manodopera, a tempo indeterminato o a termine » (art. 20, comma 1, lettera a): formula che ricomprende sia il cd. staff-leasing (somministrazione a tempo indeterminato, prima soppressa e successivamente reintrodotta
dalla L. 191/2009) sia il cd. lavoro interinale o temporaneo (somministrazione a tempo determinato).
Per quanto specificamente concerne la somministrazione a termine (che è l ‘ ipotesi che qui rileva), il principale elemento di novità consiste nel fatto che la stessa è autorizzata anche a fronte di esigenze ordinarie e prevedibili dell ‘ attività imprenditoriale, come reso evidente dall ‘ inciso contenuto nel primo periodo del quarto comma dell ‘ art. 20 del d.lgs. 276/03, a tenore del quale « la somministrazione di lavoro a tempo determinato è ammessa a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all ‘ ordinaria attività dell ‘ utilizzatore ».
L ‘ istituto si basa su uno schema triangolare risultante dal collegamento di due paralleli contratti bilaterali: un contratto di lavoro, a termine o sine die, stipulato tra il lavoratore e un ‘ Agenzia a ciò appositamente autorizzata (il rapporto di lavoro dipendente si incardina con l ‘ Agenzia: il prestatore di lavoro è assunto e resta dipendente dell ‘ Agenzia, soggetto somministratore); un contratto commerciale, anch ‘ esso a termine o a tempo indeterminato, stipulato tra due imprese (l ‘ Agenzia autorizzata e l ‘ impresa utilizzatrice) e avente ad oggetto la ‘messa a disposizione’ (cd. invio in missione) del lavoratore somministrato.
Il contratto di somministrazione vero e proprio è solo il contratto commerciale stipulato tra somministratore e impresa utilizzatrice.
Si realizza, in tal modo, quella netta dissociazione tra la titolarità formale del rapporto di lavoro e l ‘ effettiva utilizzazione della prestazione lavorativa, che la legge n. 1369 del 1960 vietava.
La titolarità formale del rapporto resta in capo all ‘ Agenzia nella forma di lavoro subordinato, mentre la prestazione lavorativa è resa dal lavoratore somministrato in favore dell ‘ utilizzatore (o committente), soggetto che rimane terzo rispetto al rapporto formale e che instaura con il lavoratore un ‘rapporto di mero fatto’, esercitando su di esso i
poteri di direzione e controllo ed essendo responsabile nei confronti dei terzi dei danni dal medesimo arrecati nell ‘ esercizio delle sue mansioni.
A fronte di siffatta situazione, la legge garantisce al lavoratore somministrato non solo la solidarietà tra somministratore e utilizzatore in relazione al pagamento della retribuzione e dei contributi previdenziali (art. 23, comma 3, sopra riportato), ma anche la parità di trattamento – assente, invece, nella disciplina dell ‘ appalto – rispetto al trattamento economico e normativo riconosciuto dall ‘ utilizzatore ai propri dipendenti.
Nello specifico è pacifica la natura retributiva delle voci rivendicate (ferie e festività non godute, ratei di tredicesima per l’anno 2015 e trattamento di fine rapporto) ed è anche pacifico che le stesse non erano state pagate.
È del tutto evidente, allora, che l’ASL non può sottrarsi al suo obbligo.
Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1676 cod. civ., 12 e 13 del Capitolato speciale d ‘ appalto, in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.
Critica la sentenza impugnata per avere la Corte territoriale ritenuto che il pagamento effettuato al somministratore degli emolumenti dovuti ai dipendenti, prima della domanda, non liberasse l ‘ utilizzatrice dei pagamenti.
Il motivo, nella parte relativa alla violazione della norma codicistica, è assorbito per le considerazioni svolte con riguardo al motivo che precede.
Lo stesso è inammissibile nella parte in cui censura ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ. la violazione di norme del Capitolato speciale di appalto.
Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 112, 115 cod. proc. civ. in relazione all ‘ art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per avere ritenuto ammessa dall’ASL la debenza delle somme in favore della dipendente.
Il motivo è inammissibile.
La dedotta violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. non è ravvisabile nella mera circostanza che il giudice di merito abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, ma soltanto nel caso in cui il giudice abbia giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (v. ex aliis Cass., Sez. U, 5 agosto 2016, n. 16598; Cass. 10 giugno 2016, n. 11892; Cass. 27 dicembre 2016, n. 27000; Cass. 31 agosto 2020, n. 18092).
La prospettazione circa la pretesa violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. è priva del requisito della specificità.
Da tanto consegue che il ricorso deve essere respinto.
La regolamentazione delle spese segue la soccombenza.
Va dato atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., S.U., n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese relative al giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per esborsi ed euro 3.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%, da corrispondersi all ‘ avvocato NOME COGNOME antistatario.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Sezione