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Responsabilità solidale somministrazione: ASL paga

Una lavoratrice in somministrazione presso un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) non ha ricevuto parte della sua retribuzione. La Corte di Cassazione ha confermato che l’ASL, in qualità di utilizzatrice, è solidalmente responsabile con l’agenzia per il lavoro per i crediti della dipendente. Questa ordinanza ribadisce che il principio di responsabilità solidale somministrazione si applica pienamente anche agli enti pubblici, garantendo una forte tutela al lavoratore.

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Responsabilità solidale somministrazione: Anche la Pubblica Amministrazione Paga

Nel complesso mondo del lavoro, la somministrazione rappresenta una forma contrattuale flessibile ma che può nascondere insidie per il lavoratore, specialmente in caso di inadempienze retributive. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fatto chiarezza su un punto cruciale: la responsabilità solidale somministrazione si estende anche agli enti pubblici. Questo significa che, se l’agenzia interinale non paga, il lavoratore può rivolgersi direttamente all’ente pubblico presso cui ha prestato servizio, come un’Azienda Sanitaria Locale (ASL), per ottenere quanto gli spetta.

I fatti del caso: la pretesa della lavoratrice

Una lavoratrice, assunta da un’agenzia per il lavoro, aveva prestato la sua attività presso un’Azienda Sanitaria Locale. Al termine del rapporto, si è trovata con un credito di oltre 8.000 euro per ferie e festività non godute, ratei di tredicesima e trattamento di fine rapporto non corrisposti. Di fronte all’inadempienza, la lavoratrice ha ottenuto un decreto ingiuntivo sia contro l’agenzia (datore di lavoro formale) sia contro l’ASL (soggetto utilizzatore).

Mentre il Tribunale di primo grado aveva inizialmente escluso la responsabilità dell’ASL, ritenendo non applicabile il principio di solidarietà agli enti pubblici, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione. L’ASL ha quindi portato la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La questione della responsabilità solidale somministrazione nella P.A.

Il nodo centrale della controversia era stabilire se un ente pubblico, che utilizza lavoratori in somministrazione, possa essere chiamato a rispondere dei debiti retributivi e contributivi dell’agenzia fornitrice. L’ASL sosteneva che la normativa sulla solidarietà, tipica degli appalti privati, non potesse essere estesa automaticamente al settore pubblico.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato questa interpretazione, basando la sua decisione non su un’analogia con l’appalto, ma sulla specifica disciplina legislativa della somministrazione di lavoro.

Le motivazioni della Cassazione: la tutela del lavoratore prima di tutto

La Suprema Corte ha affermato in modo inequivocabile che il principio di responsabilità solidale nel contratto di somministrazione ha un fondamento normativo solido e autonomo, che non ammette eccezioni per la Pubblica Amministrazione.

Il fondamento normativo

La decisione si fonda sull’articolo 23, comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003 (la cosiddetta Legge Biagi), che stabilisce chiaramente: “L’utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali”. Secondo la Corte, questa norma è una garanzia diretta ed effettiva per il lavoratore. La sua formulazione non distingue tra utilizzatore privato e pubblico, rendendola quindi applicabile anche a enti come le ASL. La disciplina legale è di per sé sufficiente a fondare l’obbligo di pagamento, prevalendo su qualsiasi diversa previsione contrattuale.

La logica della tutela

La somministrazione di lavoro crea una scissione tra chi è formalmente il datore di lavoro (l’agenzia) e chi beneficia effettivamente della prestazione lavorativa e ne esercita i poteri di direzione e controllo (l’utilizzatore). Per evitare che questa scissione vada a discapito del lavoratore, la legge introduce la responsabilità solidale come meccanismo di protezione. In questo modo, il lavoratore ha due soggetti ai quali rivolgersi per tutelare i propri diritti economici, aumentando significativamente le possibilità di recuperare il proprio credito. Negare questa tutela nel settore pubblico creerebbe una disparità di trattamento ingiustificata.

Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale per la tutela dei lavoratori in somministrazione. Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Maggiore Sicurezza per i Lavoratori: Chi lavora in somministrazione per un ente pubblico ha la certezza di poter contare sulla solvibilità dell’ente stesso in caso di inadempienza dell’agenzia.
2. Responsabilizzazione degli Enti Pubblici: Le Pubbliche Amministrazioni sono incentivate a scegliere con maggiore attenzione le agenzie per il lavoro, verificandone l’affidabilità e la correttezza nella gestione dei rapporti con i dipendenti.
3. Chiarezza Giuridica: Viene eliminata ogni ambiguità sull’applicazione della responsabilità solidale somministrazione al settore pubblico, garantendo un’interpretazione uniforme della normativa su tutto il territorio nazionale.

Anche un ente pubblico, come un’Azienda Sanitaria, è responsabile in solido con l’agenzia di somministrazione per le retribuzioni del lavoratore?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che il regime di solidarietà tra somministratore e utilizzatore, previsto dall’art. 23, comma 3, del d.lgs. n. 276 del 2003, si applica anche alla Pubblica Amministrazione.

Qual è il fondamento della responsabilità solidale nel lavoro in somministrazione?
Il fondamento è la garanzia di tutela del lavoratore. La legge (art. 23, comma 3, d.lgs. n. 276/2003) prevede esplicitamente che l’utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali.

Se un contratto tra l’ente pubblico e l’agenzia non prevedesse la solidarietà, l’ente sarebbe comunque responsabile?
Sì. La sentenza chiarisce che la responsabilità solidale deriva direttamente dalla legge, che è una fonte normativa prevalente. L’esistenza di una fonte legale di solidarietà è di per sé sufficiente a fondare l’obbligo dell’utilizzatore, a prescindere da specifiche clausole contrattuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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