Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25905 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 25905 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/09/2024
S E N T E N Z A
sul ricorso 34810 – 2019 proposto da:
INDIRIZZO, in persona dell’Amministratore pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME entrambi del foro di RAGIONE_SOCIALE con procura speciale in calce al ricorso ed elettivamente domiciliato in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO dell’RAGIONE_SOCIALE con procura speciale in calce al controricorso ed elettivamente domiciliata in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO presso gli uffici dell’avvocatura RAGIONE_SOCIALE stessa;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 8480/2019 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE depositata il 17 aprile 2019 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 9 gennaio 2024 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO;
sentite le conclusioni del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale, AVV_NOTAIO, nel senso dell’accoglimento del ricorso; sentito l’AVV_NOTAIO, per parte ricorrente.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’A.M.A. notificava al RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO un verbale di accertamento, con il quale contestava la violazione dell’art.14, comma 7 del Regolamento Comunale della Gestione dei Rifiuti Urbani, Delibera del Consiglio Comunale n. 105/2005, per avere rinvenuto la presenza di un rifiuto organico nei contenitori dedicati alla raccolta indifferenziata all’interno del condominio e l’intimato RAGIONE_SOCIALE veniva ritenuto obbligato in solido per la sanzione con il trasgressore rimasto ignoto.
Respinto il ricorso amministrativo promosso dal RAGIONE_SOCIALE avverso il suddetto verbale di contestazione, RAGIONE_SOCIALE Capitale adottava una Determinazione Dirigenziale ingiuntiva n. 9215000 19241 del 21 ottobre 2015 con la quale veniva ingiunto al RAGIONE_SOCIALE di pagare la somma di euro 128,47, a titolo di sanzione amministrativa per le violazioni commesse.
Avverso detta determinazione dirigenziale ingiuntiva il RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione ex art. 22 legge n.689/1981 dinanzi al Giudice di pace di RAGIONE_SOCIALE, sostenendone la nullità per difetto di sottoscrizione e carenza di potere, per pronuncia oltre i termini di legge, per omessa convocazione del ricorrente nei termini da parte del Sindaco, per omessa motivazione e per nullità del verbale di accertamento sottostante.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza dell’Amministrazione locale, il
giudice adito, con sentenza n. 23213 del 2016, respingeva l’opposizione confermando la validità e l’efficacia della sanzione irrogata, con compensazione delle spese processuali.
In virtù di impugnazione dello stesso RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, nella resistenza di RAGIONE_SOCIALE Capitale, con sentenza n. 8480 del 2019, respingeva il gravame con condanna alle spese di lite.
A sostegno della decisione adottata il giudice del gravame riteneva non censurabile l’imputazione della violazione (e della relativa sanzione) al RAGIONE_SOCIALE, tanto sotto il profilo oggettivo, non avendo l’appellante esperito il rimedio previsto dagli artt. 221 e ss. c.p.c. contro il verbale di accertamento – dotato di fidefacenza, fino a querela di falso – quanto sotto il profilo soggettivo, ben potendo essere fatta valere la responsabilità solidale del RAGIONE_SOCIALE indipendentemente dalla identificazione materiale dell’illecito, alla luce della finalità general preventiva perseguita dall’art. 9 l. n. 689/1981.
Avverso la sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione il medesimo RAGIONE_SOCIALE, affidandolo ad un unico motivo, cui ha resistito RAGIONE_SOCIALE Capitale con controricorso.
Il ricorso è stato inizialmente avviato per la trattazione in camera di consiglio, depositata memoria illustrativa dal ricorrente, e all’esito dell’adunanza camerale, fissata al 03.12.2021, con ordinanza interlocutoria n. 7435/2022 depositata il 07.03.2022, il procedimento è stato rimesso dal Collegio alla pubblica udienza.
In prossimità dell’udienza pubblica la sola parte ricorrente ha curato il deposito di memoria ex art. 378 c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per essere state formulate con unico mezzo plurime censure.
Com’è noto, in tema di ricorso per cassazione, costituisce ragione d’inammissibilità l’articolazione in un singolo motivo di più profili di
doglianza, quando non è possibile ricondurre tali diversi profili a specifici motivi di impugnazione, dovendo le censure, anche se cumulate, essere formulate in modo tale da consentire un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, al fine di ricondurle a uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse (Cass. n. 26790 del 2018; Cass. n. 7009 del 2017; v. anche Cass. n. 36881 del 2021).
L’inammissibilità della censura per sovrapposizione di motivi di impugnazione eterogenei, riconducibili alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, c.p.c. può essere superata solo se la formulazione del motivo permette di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, di fatto scindibili, onde consentirne l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass., Sez. Un., n. 9100 del 2015; v. da ultimo Cass. n. 39169 del 2021).
Nel caso di specie, parte ricorrente ha prospettato che il giudice del merito ha male interpretato i principi posti a fondamento della solidarietà nella responsabilità per la condotta contestata (rinvenimento di materiale cartaceo in grande quantità all’interno dei contenitori condominiali adibiti alla raccolta indifferenziata), che ha comportato l’illegittimità della motivazione, censurato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. e, in alcuni casi, la violazione di disposizioni di legge.
Nel formulare tali censure, la parte ha comunque suddiviso le doglianze in due gruppi, riconducibili, in particolare, al capo della decisione che ha ritenuto sussistente il potere sanzionatorio dell’Amministrazione locale e la solidarietà del RAGIONE_SOCIALE nella responsabilità per violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della l.689/1981 che disciplina il principio di solidarietà in materia di sanzioni amministrative e nel caso di specie la ritenuta solidarietà tra RAGIONE_SOCIALE e responsabile non identificato di una violazione relativa alla gestione dei rifiuti urbani.
È, dunque, possibile esaminare le censure, seguendo lo schema adottato dalla parte ricorrente, per essere il ricorso ammissibile.
Passando al merito, l’unico motivo di ricorso del RAGIONE_SOCIALE seppure ammissibile, è però privo di pregio.
Va osservato che la condotta sanzionata è prevista dagli artt. 14, comma 7, 60 e 62 del regolamento del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE adottato con deliberazione n. 105 nella seduta del 12 maggio 2005.
Il suddetto regolamento è stato emanato in virtù di quanto stabilito dall’art. 21 del d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle direttive 91/56/CEE sui rifiuti, 91/698/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio) che testualmente prevede che: «i Comuni disciplinano la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti che, nel rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità, stabiliscono: a) le disposizioni per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani; b) le modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani; c) le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi; d) le norme atte a garantire una distinta ed adeguata gestione dei rifiuti urbani pericolosi, e dei rifiuti da esumazione ed estumulazione di cui all’articolo 7, comma 2, lettera f); e) le disposizioni necessarie a ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio in sinergia con altre frazioni merceologiche, fissando standard minimi da rispettare; f) le modalità di esecuzione della pesata dei rifiuti urbani prima di inviarli al recupero e allo smaltimento; g) l’assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento sulla base dei criteri fissati ai sensi dell’articolo 18, comma 2, lettera d) del D. Lgs. n. 22/97».
L’art. 14, comma 7, del regolamento del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 105 adottato con delibera del 12 maggio 2005 a sua volta prevede che: «È fatto obbligo
agli utenti o all’amministratore del condominio di custodire, mantenere e utilizzare correttamente i contenitori assegnati rispettivamente all’utenza o al condominio con le corrette modalità e in luoghi idonei o in ambienti a ciò destinati».
La questione che viene all’attenzione di questo Collegio attiene alla individuazione delle norme di fonte primaria di conferimento dei poteri sanzionatori in capo ai Comuni in suddetta materia per il rispetto del principio della riserva di legge affermato da questa Corte (orientamento cui si intende dare continuità), secondo cui l’art. 1 della legge 24 novembre 1981 n. 689 ha recepito anche per le sanzioni amministrative il principio di legalità, impedendo che possano essere comminate da disposizioni contenute in fonti normative subordinate, come un regolamento comunale o un’ ordinanza del Sindaco, con la conseguenza che, in sede di giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione emessa per l’irrogazione di sanzione illegittimamente prevista da fonte regolamentare, il giudice ordinario ha il potere-dovere di disapplicazione di tale previsione, in virtù dell’art. 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. E (Cass. 22 ottobre 1991 n.11195; Cass. 12 febbraio 1996 n. 1061).
Al riguardo va osservato che le disposizioni contenute nel testo unico degli enti locali attribuiscono al Sindaco, tra l’altro, il potere di adottare ordinanze non solo al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica, ma anche per fronteggiare situazioni ordinarie, purchè si rinvenga nell’ordinamento una norma che conformi il potere esercitato e sia rispettosa del principio di legalità sostanziale (art. 50, commi 3, 4 e 7 d.l.vo n. 267 del 2000). L’art. 7 -b is del d.l.vo 267/2000, inoltre, prevede che ‘salvo diversa disposizione di legge, per l e violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 25 euro a 500 euro’.
Tanto chiarito, diviene allora fondamentale la ricerca di una normativa che conformi siffatto potere e nel caso che qui rileva, la disciplina della tutela ambientale, che nel nostro ordinamento è divenuta diritto positivo da
ultimo con il d.l.vo 3 aprile 2006 n. 152, in particolare l’art. 192 del Codice dell’Ambiente, che disciplina il fenomeno dell’abbandono e del deposito incontrollato di rifiuti, con particolare riferimento ai soggetti (organo competente e destinatari), al procedimento e al rapporto con i poteri atipici.
L’art. 192 del Codice dell’Ambiente riproduce, senza particolari modificazioni, il contenuto del previgente art. 14 del D.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 c.d. Decreto Ronchi.
Sotto il profilo oggettivo, la disciplina vigente vieta le condotte di abbandono e deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo (comma 1), nonché l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee (comma 2).
Il successivo comma 3 individua le sanzioni, amministrative e penali, che possono conseguire dalla violazione dei citati divieti, nonché i destinatari delle medesime sanzioni.
In apertura, la norma opera un rinvio alle sanzioni previsto dagli artt. 255 e 256 del Codice dell’Ambiente, laddove detta una disciplina specifica per ciò che concerne il potere dell’amministrazione di intervenire per la rimozione e il ripristino dello stato dei luoghi. Inoltre, l’art. 182 bis del codice ambiente (introdotto dall’art. 9, comma 1 del d.lgs. n. 205 del 2010, e rubricato ai Principi di autosufficienza e prossimità) dispone che ‘1. Lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di: a) realizzare l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali; b) permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti; c) utilizzare
i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell’ambiente e della salute pubblica’.
In tal senso l’art. 200 del codice (Organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani), prevede che ‘1. La gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali, di seguito anche denominati ATO, delimitati dal piano regionale di cui all’articolo 199, nel rispetto delle linee guida di cui all’articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o), e secondo i seguenti criteri:
superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti;
conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politicoamministrative;
adeguata valutazione del sistema stradale e ferroviario di comunicazione al fine di ottimizzare i trasporti all’interno dell’ATO;
valorizzazione di esigenze comuni e affinità nella produzione e gestione dei rifiuti;
ricognizione di impianti di gestione di rifiuti già realizzati e funzionanti;
considerazione delle precedenti delimitazioni affinché i nuovi ATO si discostino dai precedenti solo sulla base di motivate esigenze di efficacia, efficienza ed economicità’.
Così complessivamente ricostruita la normativa di riferimento, è evidente che il RAGIONE_SOCIALE, dovendo amministrare la raccolta dei rifiuti, ha il potere di controllare il rispetto delle prescrizioni normative e di qui la legittimità dell’adozione di un Regolamento di gestione degli stessi, anche comminando sanzioni amministrative, da ricondurre nella più ampia previsione dell’art. 7 -bis d.lgs. n. 267 del 2000, richiamato all’art. 65 del medesimo regolamento del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE n. 105 del 2005, il quale stabilisce la diversa sanzione pecuniaria da applicarsi in via residuale ‘salvo diversa disposizione di legge’, per le violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali. Del resto, tale norma indica la
sanzione amministrativa pecuniaria da 25 euro a 500 euro, range nel quale perfettamente rientra il regolamento del RAGIONE_SOCIALE, che ha fissato una sanzione da 50 a 300 euro per il mancato adempimento agli obblighi di cui al comma 7 dell’art. 14, oggetto della contestazione in esame.
Correttamente, pertanto, i giudici di merito hanno considerato legittimamente esercitato il potere regolamentare da parte dell’Amministrazione locale, anche con la previsione di sanzioni amministrative da erogarsi nei confronti dell’ente proprietario.
Non disconosce questo Collegio il diverso orientamento espresso da questa Corte con l’ordinanza n. 29427 del 2023, che però non ritiene di condividere, proprio perché si ravvisa sussistere il potere del RAGIONE_SOCIALE, nell’ambito della gestione dei rifiuti, di pretendere l’osservanza dei regolamenti anche comminando sanzioni amministrative alla luce del quadro normativo come ricostruito.
Del pari, nel merito va affermata la responsabilità solidale del RAGIONE_SOCIALE con il contravventore, rimasto però nella specie sconosciuto, in quanto trova fondamento nella circostanza che i contenitori dei rifiuti erano collocati in luoghi di proprietà condominiale e la mancata identificazione degli autori materiali delle violazioni non può esentare da responsabilità il RAGIONE_SOCIALE.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, stante la novità dell’orientamento, vengono interamente compensate fra le parti.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
dichiara interamente compensate le spese processuali.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall’art. 1 comma 17 legge n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, nella camera di consiglio della seconda sezione civile