Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23118 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23118 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/08/2025
SENTENZA
sul ricorso n. 4100/2020 r.g. proposto da:
Impresa NOME COGNOME sia in proprio che quale titolare dell’omonima ditta individuale, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale, dall’Avv. NOME COGNOME il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni relative al presente procedimento all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato, elettivamente domiciliata presso il suo studio di Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE Architetti Ingegneri Geologi Associati, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni delle
notificazioni relative al presente procedimento all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso l’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo n. 2144/2019, depositata in data 4 novembre 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/6/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Il Comune di Palermo indiceva gara pubblica, con appalto integrato, per la riqualificazione dell’area ex Chimica Arenella; l’appalto veniva aggiudicato all’ATI formata – il 27/5/2009 – dalla COCI, quale mandataria, e dall’impresa individuale NOME COGNOME quale mandante.
L’impresa RAGIONE_SOCIALE stipulava contratto con la RAGIONE_SOCIALE in data 21/7/2009, con l’incarico a quest’ultima di predisporre il progetto esecutivo necessario per la partecipazione alla gara pubblica di appalto integrato.
La AIG era progettista dell’ATI in sede di gara.
Il compenso veniva pattuito nella somma complessiva di euro 205.378,54.
L’impresa RAGIONE_SOCIALE veniva dichiarata fallita il 16/5/2011.
Prima della dichiarazione di fallimento della RAGIONE_SOCIALE impresa Ing. NOME COGNOME pagava ad RAGIONE_SOCIALE la somma complessiva di euro 50.000,00, come da fattura n. 1 della 13/12/2010; a fronte del pagamento la AIG emetteva nota dell’8/6/2011.
In data 6/5/2011 la AIG notificava atto stragiudiziale nei confronti sia della impresa RAGIONE_SOCIALE che dell’impresa Ing. NOME COGNOME.
Non essendo intervenuto il pagamento complessivo per euro 243.804,00, la AIG chiedeva in data 6/9/2011 emettersi decreto ingiuntivo per la somma di euro 193.804,00 sottraendo alla somma complessiva di euro 243.804,00, la somma già pagata dalla NOME COGNOME di euro 50.000,00.
Avverso il decreto ingiuntivo proponeva opposizione l’impresa NOME COGNOME deducendo l’inesistenza della solidarietà passiva, in quanto avuto riguardo alla natura ed alla funzione svolta dalla AIG nell’appalto integrato, la normativa non prevedeva alcun vincolo di solidarietà delle imprese riunite, in quanto tale vincolo era circoscritto «alle sole e tassative ipotesi previste dall’art. 37, comma 5, D.L.vo n. 163/2006».
Inoltre, l’opponente deduceva che, anche ove fosse sussistita tale solidarietà, la stessa era comunque superata e derogata dalle parti negli accordi tra le stesse stipulati e, comunque, per facta concludentia .
Il tribunale, con sentenza in data 17/4/2015, rigettava l’opposizione proposta dalla impresa NOME COGNOME confermando il decreto ingiuntivo.
Avverso tale sentenza proponeva appello l’impresa COGNOME sulla base di sei motivi.
5.1. Con il primo motivo deduceva l’insussistenza del vincolo di solidarietà tra le imprese associate e l’erronea affermazione del primo giudice, per cui la AIG «rientrava tra le categorie tassative, rispetto alle quali trovava applicazione il principio di solidarietà tra le imprese riunite». In realtà, tale solidarietà riguardava categorie tassative di soggetti: stazione appaltante, fornitori e subappaltatori, non operando invece «nei confronti di soggetti in qualche modo interni alla compagine associativa».
La AIG, però, era il progettista individuato dall’ATI già in sede di gara, sicché non poteva considerarsi un soggetto esterno all’ATI, non potendosi configurare la responsabilità solidale delle imprese dell’ATI.
5.2. Con il secondo motivo di impugnazione si deduceva la rinuncia alla solidarietà da parte della creditrice AIG, ai sensi dell’art. 1311 c.c., «per avere commisurato e quietanzato i pagamenti parziali effettuati dall’impresa COGNOME a quanto dovuto dalla stessa e, cioè, alla sola quota di pertinenza e non già all’intero».
Le quietanze sarebbero state computate dalla AIG «in esclusivo riferimento alla sua sola quota» e non all’intero.
5.3. Con il terzo motivo l’appellante censurava la sentenza per avere escluso il concorso colposo del creditore ex art. 1227 c.c.
5.4. Con il quarto e il quinto motivo si deduceva l’eccessività dell’importo ingiunto ed il mancato riconoscimento all’impresa COGNOME delle spese e competenze maturate nei confronti della AIG, in relazione alle attività di ausilio professionale apportate all’appellata, mediante propri dipendenti, con conseguente obbligo di rimborso per la somma di euro 15.050,00.
5.5. Con il sesto motivo si chiedeva la riforma sulle spese di lite.
La Corte d’appello di Palermo, con sentenza n. 2144/2019, depositata il 4/11/2019, rigettava l’appello.
6.1. Per quel che qui ancora rileva, con riferimento al primo motivo di gravame, la Corte d’appello reputava condivisibile l’assunto del primo giudice, in base al quale «i progettisti della AIG sono da considerarsi soggetti esterni all’ATI, le cui imprese partecipanti, pertanto, rispondono solidalmente nei confronti dei progettisti medesimi».
Si richiamava la giurisprudenza amministrativa, e segnatamente il Tar Piemonte, Torino, n. 636 del 2009, per il quale, nell’ipotesi di
appalto integrato, il progettista prescelto dall’impresa partecipante ed indicato alla stazione appaltante non assumeva la qualità di concorrente, che riguardava soltanto l’impresa, «mentre il progettista rimane un mero collaboratore esterno, la cui posizione non rileva nei rapporti con l’Amministrazione appaltante».
Il progettista indicato dall’impresa non assumeva la qualità di concorrente, né quella di titolare del rapporto contrattuale con l’amministrazione, «trattandosi di un mero collaboratore esterno dell’impresa partecipante alla gara».
Il progettista, quale autore e sottoscrittore del progetto presentato in gara, assume la veste di «offerente», apportando i requisiti di capacità tecnico-professionale relative alla progettazione e trattandosi di «operatori economici esecutori di una pubblica commessa, anche se per effetto di un incarico da parte della impresa esecutrice dei lavori».
Del resto, l’art. 53 del d.lgs. n. 163 del 2006, con riferimento all’appalto integrato, prevedeva che gli operatori economici dovessero avvalersi di progettisti qualificati da indicare nell’offerta o partecipare in raggruppamenti con soggetti qualificati per la progettazione.
Ci si doveva rivolgere a soggetti esterni alla associazione temporanea.
L’art. 37, comma 5, del d.lgs. n. 163 2006 prevedeva la responsabilità solidale dei concorrenti raggruppati o dei consorziati nei confronti della stazione appaltante, del subappaltatore e dei fornitori.
Il termine «fornitori» doveva essere inteso in senso ampio, comprendendovi «non soltanto i soggetti che forniscono la merce per la realizzazione dei lavori appaltati, ma anche tutti coloro che, più in generale, forniscono tutti quei servizi necessari al perseguimento
degli obiettivi del contratto di appalto e quindi, in particolare, anche i lavori di progettazione, per i quali, peraltro, la ATI ha stipulato con l’appellata apposito e separato contratto d’opera professionale».
6.2. Veniva rigettato il secondo motivo d’appello, in quanto la solidarietà veniva meno – per rinuncia ex art. 1311 c.c. -esclusivamente nell’ipotesi in cui il creditore accettava da uno dei debitori il pagamento di una parte del debito complessivo, rilasciandone quietanza e non riservandosi di agire nei confronti dello stesso debitore per il residuo.
La Corte territoriale evidenziava che, a fronte del pagamento, da parte dell’impresa COGNOME, della complessiva somma di euro 50.000,00, relativa alla fattura n. 1/2010 emessa dalla AIG il 13/12/2010, l’appellata AIG non risultava aver emesso alcuna quietanza non accompagnata dalla riserva di agire per il residuo credito.
Non potevano configurarsi come quietanza «i prospetti delle somme pagate in acconto sulla fattura n. 1/2010 inviati dalla AIG all’impresa COGNOME, trattandosi di documenti emessi esclusivamente a fini contabili e fiscali nell’interesse della stessa appellante, con l’indicazione, fra l’altro, della somma da detrarre a titolo di ritenuta d’acconto».
Ulteriore argomentazione sul punto proveniva dall’atto stragiudiziale della AIG in data 6/5/2011 notificato sia alla RAGIONE_SOCIALE sia all’impresa COGNOME per il pagamento del compenso spettante ai progettisti.
Anche a voler ritenere sussistente la rinuncia al vincolo della solidarietà tra le due imprese associate, la RAGIONE_SOCIALE, dinanzi all’insolvenza della COCI, poi dichiarata fallita, sarebbe stata comunque legittimata ad agire ugualmente nei confronti dell’impresa appellante COGNOME per l’intero credito, ai sensi dell’art. 1313 c.c.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’impresa NOME COGNOME
Ha resistito con controricorso la AIG.
Il Procuratore Generale, nella persona del dott. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 37, d.lgs. n. 163/06 E S.M.I. (EX art. 13 della legge n. 109/1994) – Insussistenza del vincolo di solidarietà tra le imprese associate – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 53, d.lgs. n. 163/06 e s.m.i., Con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
Contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale la AIG non può rientrare tra i «fornitori» per i quali l’art. 37, comma 5, del d.lgs. n. 163 del 2006 prevede la responsabilità della società facenti parte dell’ATI.
La Corte territoriale -ad avviso della ricorrente -ha erroneamente affermato la responsabilità solidale delle imprese riunite in ATI nei confronti della AIG «ritenendo quest’ultima alla stregua di un comune soggetto esterno all’ATI offerente».
Al contrario, per la ricorrente, nell’ambito dell’appalto integrato, il progettista non può essere considerato un soggetto esterno all’ATI.
Ciò sarebbe avvalorato dalla giurisprudenza amministrativa (si cita Cons. Stato, 1° ottobre 2010, n. 4937).
Pertanto, in base alla prospettazione della ricorrente, l’AIG non ha rivestito una posizione esterna rispetto all’ATI COCI-Barbarino ed all’offerta da essa presentata, «quanto piuttosto una posizione endogena, integrativa dei requisiti di partecipazione alla gara dell’ATI, della presentazione dell’offerta e dell’esecuzione dei lavori».
In base al bando di gara, infatti, si prevedeva che le associazioni, raggruppamenti o consorzi di imprese partecipanti prevedessero «al loro interno» un progettista, persona fisica o giuridica. Del resto, in giurisprudenza amministrativa, si è affermato che «la fattispecie consorzio/consorziate e la fattispecie impresa esecutrice/progettista sono molto simili, avendo in comune l’indicazione dell’operatore economico esecutore della prestazione».
I progettisti, dunque, nell’appalto integrato, hanno la veste di «offerenti» ed apportano i requisiti di capacità tecnico-professionale relativi alla progettazione.
Il bando di gara può prevedere anche il pagamento diretto dei progettisti da parte della stazione appaltante.
Peraltro, il progettista deve essere in possesso sia dei requisiti generali di moralità e professionalità ex art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, sia di quelli speciali prescritti dal bando di gara per lo svolgimento dell’attività di progettazione; non deve poi trovarsi nelle situazioni di divieto previste dall’art. 90, comma 8, del d.lgs. n. 163 2006.
Inoltre, l’art. 37, comma 5, del d.lgs. n. 163 2006 comporta la responsabilità solidale delle imprese facenti parte dell’ATI e dei consorziati esclusivamente nei confronti di specifiche categorie: la stazione appaltante, i subappaltatori e fornitori.
Trattasi di norma speciale che non può essere applicata estensivamente al di fuori delle ipotesi tassativamente previste, non potendo quindi ricomprendere i progettisti dell’appalto integrato.
In tale tipologia di appalto non sussiste la terzietà del progettista che, invece, risulta «un soggetto facente parte o, quantomeno, intimamente legato all’ATI appaltatrice da un rapporto diretto di immedesimazione (quasi osmosi) prestazionale».
Inoltre, nel contratto di appalto integrato, l’art. 4.1. prevedeva che i corrispettivi maturati per le prestazioni progettuali sarebbero stati corrisposti per intero dalla stazione appaltante all’ATI, in persona della capogruppo COCI, la quale li avrebbe poi riversati ai progettisti; al contrario di quanto avveniva nei confronti di soggetti veramente esterni all’ATI, nel cui caso era consentito all’ATI di trattenere su tali corrispettivi un fee stabilito in percentuale.
2. Il secondo motivo di impugnazione deduce « 2.1.Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1311 e 1313 c.c. e della nozione giuridica di quietanza, come inferibile dal codice civile (articoli 1195, 1199 etc. c.c.), con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.; 2.2. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.; 2.3. Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.; 2.4. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 23 del d.P.R. n. 633/1972, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
Sarebbe erroneo l’asserto del giudice d’appello per cui i prospetti delle somme pagate in acconto sulla fattura n. 1 del 2010 inviati dalla AIG all’impresa COGNOME non potrebbero costituire una «quietanza non accompagnata dalla riserva di agire per il residuo credito».
Nella specie, invece, proprio dall’esame della nota di accompagnamento dell’8/3/2011 si ricaverebbe l’esistenza di una quietanza, ossia di una dichiarazione scritta in cui il creditore dà contezza di aver ricevuto dal debitore il pagamento in essa indicato, in adempimento, totale o parziale, del proprio credito.
Nella specie, il prospetto costituirebbe una quietanza di adempimento parziale, in quanto limitata ai tre acconti versati, per la cifra complessiva di euro 44.288,61.
Vi sarebbe specificato che restavano a saldo euro 44.288,61 oltre accessori, per un totale di euro 54.209,27.
Vi sarebbe stata dunque rinuncia alla solidarietà di cui all’art. 1311, secondo comma, c.c.
L’atto stragiudiziale del 6/5/2011 sarebbe del tutto irrilevante, in quanto successivo alla rinuncia alla solidarietà manifestata da AIG con le quietanze rilasciate alla COGNOME.
L’omesso esame circa il fatto decisivo dovrebbe rinvenirsi nell’omesso esame «della circostanza della indicazione dell’importo (pari al residuo della propria quota) che l’impresa RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto pagare per pervenire al saldo, senza alcuna riserva con riferimento alla quota della COCI».
Sia il giudice di prime cure che la Corte d’appello non avrebbero «correttamente valutato il materiale probatorio in atti».
Sarebbe poi erronea l’affermazione della Corte d’appello, per la quale i documenti «sarebbero stati emessi esclusivamente ai fini contabili e fiscali».
Il pagamento delle fatture non rileva ai fini della contabilizzazione, essendo necessario registrare le fatture ai sensi dell’art. 23 del d.P .R. n. 633 del 1972, mentre l’Iva viene pagata esclusivamente al momento dell’incasso delle fatture, applicandosi principio «per cassa» e non «per competenza».
Con il terzo motivo di impugnazione si deduce la «conseguente illegittimità della condanna al pagamento delle spese del giudizio (di appello, di opposizione di primo grado e di quello monitorio) e della dichiarazione di ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 115/2002 e s.m.i.».
Il primo motivo è infondato.
4.1. Non può essere accolta la tesi sostenuta dalla ricorrente COGNOME, facente parte dell’ATI, per la quale la AIG, quale progettista dei lavori, nell’ambito dell’appalto integrato, non potrebbe essere considerata quale soggetto terzo rispetto all’ATI, ma farebbe parte integrante della stessa, in base ad una sorta di fenomeno «osmotico».
Così ragionando, la ricorrente reputa l’assenza di solidarietà passiva verso la AIG da parte delle singole imprese facenti parte all’ATI (COCI e COGNOME), che, invece, sono responsabili in solido ex art. 37, comma 5, del d.lgs. n. 163 del 2006 nei confronti della stazione appaltante, dei subappaltatori e dei fornitori.
Ed infatti, le ATI rappresentano un modulo procedimentale che viene utilizzato da imprese che non possiedono tutti i requisiti di capacità tecnico-professionale per partecipare ad una commessa pubblica e che, quindi, si riuniscono proprio, in via temporanea, per la partecipazione ad un singolo appalto pubblico.
Le ATI possono anche costituire società consorziate, che sono utilizzate esclusivamente nella fase esecutiva del rapporto, in quanto il contratto d’appalto resta stipulato tra la stazione appaltante e le singole società o imprese facenti parte dell’ATI.
Tertium non datur ; nel senso che, come si vedrà in seguito, i progettisti, anche riuniti in associazione, nell’ambito dell’appalto integrato, comunque non possono rientrare nella struttura partecipativa della ATI, le cui imprese partecipanti o provvedono direttamente alla stipulazione ed all’esecuzione dell’appalto pubblico, oppure, dopo l’aggiudicazione dell’appalto pubblico, costituiscono una società consortile dedicata esclusivamente alla fase esecutiva, restando titolari del contratto d’appalto le società facenti parte dell’ATI.
Non può certo essere inserita all’interno dell’ATI l’associazione (in questo caso la AIG) che si occupa della predisposizione del progetto esecutivo da presentare in corso di gara, nell’ambito dell’appalto integrato.
Ovviamente, il contesto specifico è quello della responsabilità solidale della RAGIONE_SOCIALE o dei singoli consorziati (nell’ipotesi in cui sia stata costituita la società consortile) nei confronti della stazione appaltante, degli appaltatori e dei fornitori.
Nella specie, la responsabilità solidale delle imprese facenti parte dell’ATI, nella specie RAGIONE_SOCIALE e impresa COGNOME, in favore della AIG sarebbe esclusa solo nell’ipotesi in cui quest’ultima fosse da considerare parte integrante dell’ATI (ma lo si esclude), e quindi non rientrando né nella categoria degli appaltatori, né in quella dei fornitori.
I moduli organizzatori dell’ATI sono essenzialmente due: lo svolgimento dei lavori da parte delle singole imprese dell’ATI, che stipulano anche il contratto con la stazione appaltante; la costituzione di una società consortile che si limita ad operare nella fase esecutiva, restando il contratto vincolante nei confronti delle singole imprese dell’ATI.
In tale assetto organizzativo si staglia l’art. 37, comma 5, del d.lgs. n. 163 del 2006, che costituisce una norma speciale, che va ad attribuire una responsabilità nei confronti della stazione appaltante, dei subappaltatori e dei fornitori, a carico dei singoli consorziati, rompendo lo schema societario e la autonomia patrimoniale della struttura consortile ex art. 2462 c.c.
7.1. L’unica ipotesi – di qui la specialità della norma – in cui vi è una deroga al principio della autonomia patrimoniale perfetta è rappresentata proprio dalla normativa in tema di contratti pubblici.
Infatti, ha chiarito questa Corte (Cass., sez. 1, 27/11/2003, n. 1813) che «la normativa speciale in tema di appalti pubblici lungi dal porre una regola generale di responsabilità illimitata e solidale dei consorziati per le obbligazioni assunte verso i terzi dalla società consortile, una tale responsabilità ha inizialmente previsto soltanto nei confronti dell’ente appaltante (art. 21 , ultimo comma, della legge n. 584 del 1977 e 23, comma 7, del d.lgs. n. 406 del 1991), nonché – ma solo a partire dall’entrata in vigore della citata legge n. 109 del 1994 – nei confronti dei subappaltatori e dei fornitori (art. 13, comma 2, legge ult, cit.)».
Con la precisazione, però, che la legge n. 109 del 1994 non solo non aveva vigore retroattivo, ma, lungi dall’esprimere un principio già insito nel sistema, «amplia la portata di una disposizione speciale dettata in deroga al principio generale altrimenti applicabile».
7.2. Tale orientamento, però, è rimasto invariato nelle pronunce successive, che si sono cimentate sempre sulle disposizioni anteriori alla legge n. 109 del 1994 (Cass., 23 marzo 2017, n. 7473) – ed in un caso successive a tale legge – (Cass., 19 aprile 2016, n. 7734).
7.3. Ed infatti, l’art. 21 della legge 8 agosto 1977, n. 584 (Norme di adeguamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici alle direttive della comunità economica europea) stabilisce, al comma 5, che «l’offerta delle imprese riunite determina la loro responsabilità solidale nei confronti del soggetto appaltante».
Pertanto, la responsabilità delle imprese riunite riguardava esclusivamente la stazione appaltante, ma non i subappaltatori.
L’art. 23 del d.lgs. 19 dicembre 1991, n. 406, poi abrogato dal d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, al comma 7 prevedeva che «l’offerta delle imprese riunite determina la loro responsabilità solidale nei confronti dell’amministrazione».
Si restava, quindi, sempre nello schema della responsabilità verso la stazione appaltante, ma non in favore dei subappaltatori.
Successivamente, v’è stata l’estensione della responsabilità nei confronti dei soggetti ‘subappaltanti’, con la legge dell’11 febbraio 1994 n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici). Infatti l’art. 13 della legge n. 109 del 1994 (Riunione di concorrenti) stabiliva al secondo comma che «l’offerta dei concorrenti associati o dei consorziati di cui al comma 1 determina la loro responsabilità solidale nei confronti dell’amministrazione nonché nei confronti delle imprese subappaltanti e dei fornitori» (Cass., sez. 1, 19 aprile 2016, n. 7734, che si occupa proprio di un caso in cui era appena entrata in vigore la legge 11 febbraio 1994 n. 109, il contratto di subappalto essendo stato stipulato il 28 marzo 1994, con responsabilità solo delle imprese subappaltanti e non subappaltatrici). Tale norma è stata abrogata dal d.lgs. n. 163 del 2006, per poi arrivare alla estensione della responsabilità ai subappaltatori ed ai fornitori con l’art. 37 del d.lgs. n. 163 del 2006.
Questa è la storia della disposizione speciale di cui all’art. 37 del d.lgs. n. 163 del 2006.
Del resto, l’art. 48, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, mantiene la stessa dizione, prevedendo che «l’offerta degli operatori economici raggruppati o dei consorziati determina la loro responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante, nonché nei confronti dei subappaltatori e dei fornitori».
Norma poi confluita nell’art. 68, comma 9, del d.lgs. n. 36 del 2023. Dopo aver eliminato la distinzione tra raggruppamento verticale ed orizzontale, il comma 9 dell’art. 68 disciplina i rapporti di responsabilità all’interno dei raggruppamenti prevedendo la responsabilità solidale delle imprese partecipanti (o di queste con il nuovo soggetto che dovesse essere costituito per l’esecuzione del
contratto su richiesta della stazione appaltante), in conformità con il superamento dei richiamati raggruppamenti verticali e orizzontali. La responsabilità solidale è rivolta anche nei confronti dei subappaltatori e dei fornitori.
8. La disciplina dei contratti pubblici, come modificata con il d.lgs. n. 163 del 2006, deroga espressamente all’art. 2462 c.c.
Tale deroga vale soprattutto con riferimento ai soggetti consorziati, nell’ambito delle società consortili (Cass., sez. 1, 19/4/2024, n. 10591).
Invero, ai sensi dell’art. 23bis della legge 8/8/1977, n. 584 (analoga è la disposizione di cui all’art. 26 del d.lgs. 19 dicembre 1991, n. 406; come pure quella di cui all’art. 96 del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554; poi artt. 34 e 37 d.lgs. 163/2006; quindi artt. 45 e 48 d.lgs. 50/2016; art. 65 e 68 del d.lgs. n. 36 del 2023), «e imprese riunite possono costituire tra loro una società anche consortile, ai sensi del libro V, capi III e seguenti del codice civile, per la esecuzione unitaria, totale o parziale, dei lavori. La società subentra, senza che ciò costituisca ad alcun effetto subappalto o cessione di contratto e senza necessità di autorizzazione o di approvazione, nell’esecuzione totale o parziale del contratto, ferme restando le responsabilità delle imprese riunite di cui all’ultimo comma del precedente art. 21».
Invero, la complessità delle opere da realizzare, nell’ambito delle commesse pubbliche, ha spinto le imprese minori ad organizzarsi tra loro per poter partecipare alle gare per l’affidamento delle commesse pubbliche, colorando l’istituto di una chiara natura pro-competitiva.
8.1. Con il raggruppamento temporaneo di imprese non si crea un soggetto giuridico nuovo ed autonomo rispetto ai partecipanti (Cass., sez. 5, 24/2/2025, n. 4753), come nel caso del consorzio con attività esterna di cui all’art. 2602 c.c., in quanto i singoli partecipanti
mantengono ciascuno la propria piena autonomia, avendo il contratto contenuto atipico ai sensi dell’art. 1322 c.c., con effetti obbligatori inter partes , ma non verso i terzi, tanto che non può essere certo dichiarato il fallimento del raggruppamento temporaneo (Cass., sez. 1, 19/4/2024, n. 10591), mantenendo autonoma personalità giuridica le singole imprese associate (Cass., 30 gennaio 2003, n. 1396, che sottolinea l’autonomia operativa delle singole imprese associate -o riunite -, non configurandosi una organizzazione o associazione tra le imprese riunite).
Si tratta, quindi, di un’aggregazione temporanea e occasionale tra imprese per lo svolgimento di un’attività, limitatamente al periodo necessario per il suo compimento, retta e disciplinata da un contratto di mandato collettivo speciale (Cass., sez. 5, 23 novembre 2018, n. 30354).
Nell’ambito dell’ATI si rinviene l’autonomia economica giuridica e negoziale di ogni impresa partecipante, all’interno di una organizzazione destinata a svolgere compiti di coordinamento tra le imprese, in nessun modo idonea a far assurgere il gruppo al centro autonomo di impresa, rimanendo ferme, quindi, le singole individualità giuridiche (Cass., 25/11/2015, n. 24063).
8.2. Occorre, dunque, distinguere il contratto di cooperazione intercorrente tra la società mandataria e le mandanti, ossia il contratto associativo, stipulato per disciplinare i propri rapporti interni nell’ambito della piena autonomia contrattuale (Cass., n. 15129/2015), dai contenuti più diversificati, dal rapporto del raggruppamento con la stazione appaltante, fondato sul mandato con rappresentanza, gratuito, collettivo ed irrevocabile e sulla procura.
8.3. Le imprese riunite (o associate) possono, tuttavia, costituire tra loro una società consortile, che però si limita solo alla esecuzione
delle opere, mentre il contratto di appalto resta fermo tra la stazione appaltante e l’ATI, che lo stipula tramite la mandataria dell’associazione temporanea, che opera in virtù di mandato collettivo, gratuito ed irrevocabile. Resta, dunque, la responsabilità solidale delle società che fanno parte dell’ATI, sia della mandataria che delle mandanti.
8.4. E’ stata accolta la tesi dottrinale e giurisprudenziale (Cass., sez. 5, 24 febbraio 2015, n. 3651; Cass., sez. 5, 9 giugno 2020, n. 10983; Cass., 4 gennaio 2001, n.77), per cui la società «di scopo» subentra al raggruppamento esclusivamente «nell’esecuzione del contratto di appalto», mentre la titolarità del contratto resta in capo alle imprese riunite, le quali restano controparte negoziale dell’ente appaltante, pur se rappresentati unitariamente dalla società capogruppo, mandataria.
Le società di «scopo», dunque, assumono il ruolo di mero «braccio esecutivo» dell’ATI (o RTI) per l’attuazione coordinata e unitaria dell’appalto, ma ciò non muta né la sostanza, né la titolarità originaria del rapporto di appalto (Cass., sez. 2, 22/1/2024, n 2173, per la quale la società consortile eventualmente costituita è responsabile della mera esecuzione dei lavori, laddove la titolarità del contratto di appalto rimane in capo alle associate).
All’interno di questo complesso schema procedimentale, costituito o dalle imprese riunite dell’ATI o dalla società consortile costituita dall’ATI, non può rientrare l’associazione (nella specie AIG) che si occupa della predisposizione del progetto esecutivo all’interno di un appalto integrato, in favore dell’ATI, con contratto stipulato da parte della società mandataria, nella specie COCI, in nome e per conto dell’ATI.
Nell’appalto integrato il progetto esecutivo è redatto dall’appaltatore, che può avvalersi ovviamente di soggetti specializzati nel settore di competenza.
Ed infatti questa Corte ha affermato che in tema di appalti pubblici, l’appalto integrato, rispetto ad altri sistemi di realizzazione delle opere pubbliche, si caratterizza per la ripartizione dei compiti relativi alla progettazione dell’opera, ponendo a carico dell’ente committente l’obbligo di redigere il progetto definitivo, che deve raggiungere un livello di definizione tale da contenere, oltre alla compiuta individuazione dei lavori da realizzare, anche l’elaborazione dei calcoli strutturali e lo sviluppo del computo metrico estimativo, ed a carico dell’appaltatore la predisposizione, secondo le indicazioni vincolanti del predetto progetto definitivo e senza poter introdurre variazioni qualitative o quantitative, di un progetto immediatamente cantierabile, cioè non bisognoso di ulteriori specificazioni e tale da contenere la dettagliata indicazione delle lavorazioni necessarie e del relativo costo (Cass., sez. 1, 3/5/2024, n. 11904).
Nella specie, l’ATI ha partecipato alla gara pubblica per appalto integrato indetta dal Comune di Palermo, stipulando apposito contratto tra la RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria dell’ATI, e la associazione RAGIONE_SOCIALE, incaricata di redigere la progettazione esecutiva, necessaria per l’aggiudicazione dell’appalto.
È vero quanto osservato dalla ricorrente in ordine alla circostanza che l’ATI può essere esclusa dalla gara, ove il progettista utilizzato per la redazione del progetto esecutivo non rispetti i requisiti di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, ma ciò non toglie che tale progettista resti sempre al di fuori del perimetro organizzativo e strutturale dell’ATI, come pure delle società consortili eventualmente costituite dall’ATI.
Ai sensi dell’art. 53 del d.lgs. n. 163 del 2006 si prevede, quanto all’appalto integrato, che «quando il contratto ha per oggetto anche la progettazione, ai sensi del comma 2, gli operatori economici devono possedere i requisiti prescritti per i progettisti, ovvero avvalersi di progettisti qualificati, da indicare nell’offerta, o partecipare in raggruppamento con soggetti qualificati per la progettazione».
Nella specie, l’ATI si è avvalsa del progettista qualificato costituito dalla associazione RAGIONE_SOCIALE.
11.1. La possibilità di esclusione dalla gara dell’ATI, per aver utilizzato un progettista qualificato in assenza dei requisiti specifici richiesti, è stata affermata dalla giurisprudenza amministrativa.
Ciò in quanto l’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 (Requisiti di carattere generale), al comma 2, stabilisce che «il candidato o il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle disposizioni del decreto del presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in cui indica anche le eventuali condanne per le quali abbia beneficiato della non menzione».
Trattasi di cause di esclusione tipizzate e quindi dal contenuto tassativo, ex art. 46 del d.lgs. n. 163 del 2006.
La dizione «candidato o concorrente» è stata estesa dal legislatore anche nei confronti dei progettisti nell’ambito dell’appalto integrato.
11.2. Il capo IV del codice di cui al d.lgs. n. 163 del 2006, all’art. 91 stabilisce che «per l’affidamento di incarichi di progettazione, di coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, direzione dei lavori e di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione e di collaudo nel rispetto di quanto previsto all’art. 120, comma 2bis , di
importo pari o superiore a 100.000 euro si applicano le disposizioni di cui alla parte II, titolo I e titolo II del codice».
L’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 si rinviene proprio nella parte II, titolo I del codice, ed è dunque richiamato.
11.3. L’art. 94 del d.lgs. n. 163 del 2006 chiarisce poi che, quanto ai requisiti di partecipazione e qualificazione dei progettisti, deve operarsi un rinvio al regolamento di attuazione («Il regolamento stabilisce i livelli e i requisiti dei progetti nella materia degli appalti di servizi e forniture, nonché i requisiti di partecipazione e qualificazione dei progettisti, in armonia con le disposizioni del presente codice»).
E così l’art. 263 del d.P .R. n. 207 del 2010 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) sancisce, al comma 4, che «i concorrenti non devono trovarsi altresì nelle condizioni previste dall’art. 253 del presente regolamento e dall’art. 38 del codice».
11.4. Pertanto, laddove la giurisprudenza amministrativa conferma la legittimità dell’esclusione dalla gara di appalto integrato dell’ATI, qualora le società o le imprese costituenti lo stesso si siano avvalse dell’opera di un progettista esterno, che però sia incappato in una delle ipotesi di esclusione di cui al combinato disposto degli articoli 38, 53, 91 e 94 del d.lgs. n. 163 del 2006 e dell’art. 263 del d.P.R. n. 207 del 2010, la stessa si mantiene nel solco della natura dell’appalto integrato; ma da ciò non può certo ricavarsi una disaggregazione – liquefazione – dell’ATI o delle società consortili da quest’ultima costituite, facendo così rientrare nella compagine associativa temporanea anche il progettista.
Semplicemente l’ATI – che resta distinta dal progettista – viene esclusa dalla gara in quanto il progettista è carente dei requisiti tecnici.
Il progettista dell’appalto integrato, quindi, ove non abbia i requisiti per la progettazione, può provocare l’esclusione dell’ATI dall’appalto integrato; ma il progettista non perde per questo la sua natura di ‘fornitor’, sì che non si può certo eludere o disinnescare, nell’ipotesi in cui l’appalto sia stato aggiudicato – come nella specie – la responsabilità solidale nei confronti di AIG delle imprese costituenti l’ATI o dei singoli consorziati della società consortile costituita allo scopo
Pertanto, la sentenza del Consiglio di Stato n. 775 del 2015, come pure l’ordinanza del Consiglio di Stato n. 4937 del 2009, non possono in alcun modo essere richiamate a sostegno della tesi della ricorrente, in base alla quale il progettista nell’ambito dell’appalto integrato diventerebbe un componente effettivo dell’ATI stessa, mediante un procedimento di osmosi, in tal modo ostando ad una responsabilità solidale delle imprese dell’ATI nei confronti del progettista ex art. 37, comma 5, del d.lgs. n. 163 del 2006, limitata esclusivamente alla stazione appaltante, ai subappaltatori ed ai fornitori.
Il progettista – in base a tale suggestiva, ma non condivisibile interpretazione – sarebbe parte integrante dell’ATI e, dunque, non rientrerebbe nella categoria dei fornitori (l’ATI – in sostanza dovrebbe pagare se stessa).
12. Va condivisa, dunque, l’affermazione della Corte d’appello che ha interpretato in senso estensivo il termine «fornitori» che non può essere limitato esclusivamente ai soggetti che apportano beni, ma che va esteso anche a coloro che offrono servizi all’ATI al fine di partecipare alla gara pubblica, come nell’ipotesi dell’associazione RAGIONE_SOCIALE che ha redatto il progetto esecutivo per la gara d’appalto.
Del resto in tal senso depone anche la pronuncia di questa Corte per cui l’impresa mandataria dell’associazione temporanea di
imprese (ATI) è responsabile per i crediti di lavoro vantati dal singolo dipendente di una delle imprese associate ai fini della realizzazione di lavori pubblici, dovendosi interpretare estensivamente la nozione di “fornitori” responsabili ex art. 13, comma 2, della legge n. 109 del 1994, poiché la prestazione lavorativa costituisce oggetto della “fornitura” ed elemento indispensabile ai fini dell’esecuzione delle opere appaltate (Cass., sez. L, 25/11/2015, n 24063).
Che la presenza del progettista nell’ambito dell’appalto integrato, che svolge attività ausiliaria per conto dell’ATI, stipulando un apposito contratto con la società mandataria, in nome e per conto del raggruppamento temporaneo di imprese, non possa scardinare la regolamentazione procedimentale e la struttura dell’ATI, emerge da tutta una serie di pronunce di questa Corte, ferme nell’affermare la tipizzazione della struttura dell’ATI e della società consortili, secondo un modulo procedimentale «legale» non modificabile.
Si è ritenuto, per esempio, che è nullo il patto parasociale intercorso tra i concorrenti riuniti in ATI, che non rispetti la percentuale di partecipazione ai lavori indicata nel documento presentato in sede di offerta, ai sensi dell’art. 37 del d.lgs. n. 163 del 2006 (Cass., sez. 1, 8/11/2019, n. 28978).
Deve dunque esservi una corrispondenza puntuale tra la composizione dell’ATI, e la partecipazione ad essa delle singole imprese, e la percentuale di partecipazione stabilita nei patti parasociali.
Particolarmente chiara, sotto questo profilo, è la sentenza di questa Corte per cui in tema di appalti pubblici le imprese riunite nell’ATI aggiudicataria possono costituire una società consortile a responsabilità limitata, che subentri nell’esecuzione del contratto ai sensi dell’art. 96, comma 2, del d.P.R. n. 554 del 1999 (poi sostituito dall’art. 93, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010) e, ove una di esse
ceda il proprio ramo di azienda, comprendente la partecipazione alla società consortile ma non all’ATI, alla cessionaria non si applica il disposto dell’art. 37, comma 5, del d.lgs. n. 163 del 2006, in mancanza di subentro nell’ATI, ma la disciplina comune prevista per le società consortili di capitali, con la conseguenza che essa non risponde in solido con la società delle obbligazioni da quest’ultima contratte per l’esecuzione dell’appalto (Cass., sez. 1, 16/12/2024, n. 32676).
Solo la partecipazione all’ATI diviene strumento per la responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante, dei subappaltatori e dei fornitori; ciò non accade se, a seguito di cessione d’azienda, la cessionaria subentra nella quota della società consorziate, ma non nell’ATI.
14. Il secondo motivo è inammissibile.
14.1. In sostanza, la ricorrente chiede una nuova valutazione degli elementi istruttori, già compiutamente effettuata dalla Corte territoriale, non consentita in questa sede, in presenza peraltro di una doppia decisione conforme di merito che vieta, ex art. 348ter c.p.c., nella versione all’epoca vigente, di formulare il vizio di motivazione ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
Nella fattispecie in esame l’impresa NOME COGNOME, quale mandante dell’ATI costituita dall’impresa RAGIONE_SOCIALE e dall’impresa COGNOME, ha provveduto al pagamento di euro 50.000,00 all’associazione RAGIONE_SOCIALE, a fronte della fattura n. 1 del 2010, emessa per un credito complessivo di euro 243.804,00.
La questione che si presentava dinanzi al giudice di primo grado ed alla Corte d’appello era la qualificazione della nota del 8/3/2011 rilasciata dalla AIG per l’intervenuto pagamento: se configurasse o meno una quietanza di pagamento, anche parziale, con rinuncia alla solidarietà rispetto al saldo.
Per questa Corte, infatti, in tema di obbligazioni solidali, la circostanza che il creditore accetti da uno dei debitori il pagamento di una parte del debito complessivo, rilasciandone quietanza e non riservandosi di agire nei confronti dello stesso debitore per il residuo, integra gli estremi della rinuncia alla solidarietà disciplinata dall’artt. 1311, secondo comma, n. 1), cod. civ., con conseguente conservazione dell’azione in solido nei confronti degli altri condebitori, non rinvenendosi nella specie gli estremi per l’applicazione della remissione del debito liberatoria per gli altri coobbligati, disciplinata dall’art. 1301, primo comma, cod. civ., giacché l’effetto della rinuncia è solo quello di ridurre l’importo del debito residuo verso quell’obbligato e non di abdicare al diritto di esigere dagli altri coobbligati il pagamento di quanto ancora dovuto (Cass., sez. 3, 27/1/2015, n 1453).
Tuttavia, la Corte d’appello, con piena valutazione di merito, in conformità a quanto accertato dal giudice di prime cure, ha ritenuto che in realtà non fosse stata rilasciata una quietanza parziale a fronte del debito complessivo, ma soltanto in ragione del debito pro quota in capo alla impresa COGNOME («orbene, nella specie, a fronte del pagamento, da parte dell’impresa COGNOME, della complessiva somma di euro 50.000,00, relativa alla fattura n. 1/2010 emessa dalla AIG mila e 13/12/2010, l’appellata non risulta avere emesso alcuna quietanza non accompagnata dalla riserva di agire per il residuo credito, tali non potendosi considerare i prospetti delle somme pagati in acconto sulla fattura n. 1/2010 inviati dalla AIG all’impresa COGNOME, trattandosi di documenti emessi esclusivamente a fini contabili e fiscali nell’interesse della stessa appellante, con l’indicazione, fra l’altro, della somma da detrarre a titolo di ritenuta d’acconto»).
Senza contare che la Corte territoriale, con pieno giudizio meritale, ha interpretato in tal senso anche la successiva richiesta stragiudiziale notificata dalla AIG sia alla COCI che all’impresa COGNOME per il pagamento del compenso spettante progettisti, in data 6/5/2011.
Peraltro, in dottrina si è sottolineato che l’inciso «per la parte di lui» di cui all’articolo 1311, comma 2, n. 1 c.c. («rinunzia alla solidarietà:1) il creditore che rilascia a uno dei debitori quietanza per la parte di lui senza alcuna riserva») viene inteso nel senso che occorre che nella quietanza sia espressamente indicato che il pagamento è stato ricevuto in conto della quota interna dell’adempiente».
Resta di conseguenza assorbito il terzo motivo sulle spese dei gradi di giudizio di merito
Le spese del giudizio di legittimità vanno poste, in ossequio al principio della soccombenza, a carico della ricorrente si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a rimborsare in favore della controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 5.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, Iva e cpa.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-q uater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della I Sezione