Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 29755 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 29755 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/11/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 1843/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Presidente pro tempore in atti indicato, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, presso l ‘ indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domiciliata per legge;
-ricorrente-
contro
COMUNE RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Sindaco pro tempore in atti indicato, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME, presso l ‘ indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domiciliato per legge;
-controricorrente-
nonché nei confronti di
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOME NOME COGNOME,
-indicati quali meri destinatari della notifica del ricorsononché nei confronti di
COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore in atti indicato;
-indicate quali mere destinatarie della notifica del ricorsoudita la relazione svolta in pubblica udienza dal AVV_NOTAIO. COGNOME;
udito il Procuratore Generale, nella persona del Sostituto AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, che, richiamate le conclusioni scritte, ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile;
udito l ‘ AVV_NOTAIO, che, nell ‘ interesse della RAGIONE_SOCIALE ricorrente, ha insistito nell ‘ accoglimento del ricorso e, in via subordinata, ha chiesto che questa Corte pronunci principio di diritto ai sensi dell ‘ art. 363 terzo comma c.p.c.;
udito l ‘ AVV_NOTAIO, quale delegato dell ‘ AVV_NOTAIO, che, nell ‘ interesse del Comune resistente, ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile e comunque infondato, con statuizione sulle spese.
FATTI DI CAUSA
In data 24 ottobre 2013 due massi si distaccarono dalla p.f. 149 in C.C. Gries e caddero sulla sottostante p. ed. 4852 in C.C. Gries, ove erano ubicati immobili abitativi di proprietà di NOME COGNOME, NOME COGNOME COGNOME e NOME COGNOME.
I signori NOME, NOME COGNOME e NOME, con ricorso per accertamento tecnico preventivo, convennero dinanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, quale proprietaria della particella fondiaria, da cui si era originata la frana, ed il Comune di RAGIONE_SOCIALE, quale responsabile delle opere di prevenzione contro la caduta massi, al fine
di accertare le cause della frana e le opere per eliminare i pregiudizi ed i danni subiti.
Il contraddittorio del procedimento venne esteso: a) ad RAGIONE_SOCIALE su richiesta della resistente COGNOME; b) alla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, su istanza del Comune di RAGIONE_SOCIALE.
Il nominato c.t.u. individuò quale causa principale dell’evento franoso, del volume complessivo di 120 mc, le pressioni idrauliche verificatesi all’interno dei giunti dell’ammasso roccioso a seguito delle precipitazioni eccezionali del 23 e 24.10.2013 e quale concausa (anche) l’insufficiente capacità energetica delle barriere in relazione al volume dei singoli blocchi presenti nel corpo di frana. Affermò inoltre la prevedibilità ed evitabilità del distacco di corpi rocciosi di dimensioni analoghe a quelle dei due massi oggetto di crollo.
3. Ad esito del deposito della consulenza tecnica, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano in giudizio NOME COGNOME, il Comune di RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE deducendo di ritenere i medesimi responsabili ai sensi rispettivamente dell’art. 2051 c.c. 2043 c.c. e chiedendone la condanna in solido tra loro rispettivamente per la quota di ciascuno, al risarcimento dei conseguenti danni, quantificati in complessivi euro 445.444,68, o nella diversa maggiore o minore somma, oltre agli interessi legali ed alla rivalutazione monetaria.
Si costituivano in giudizio NOME COGNOME, il Comune di RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, che, nel chiedere la reiezione delle domande attrici, evidenziavano il carattere eccezionale delle piogge che avevano preceduto l’evento franoso, nonché del volume complessivo del materiale roccioso franato e pertanto l’interruzione del nesso causale, la non prevedibilità del fenomeno concretamente verificatosi e del suo sviluppo, l’idoneità delle barriere esistenti ed, infine, l’irregolarità e l’abusività delle unità abitative colpite dai massi.
Anche la convenuta COGNOME deduceva la ricorrenza nella specie delle ipotesi di caso fortuito e forza maggiore, in considerazione della eccezionalità ed imprevedibilità dell’evento franoso de quo , con la conseguenza che nessuna responsabilità ex art. 2051 o 2043 c.c. avrebbe potuto a lei essere imputata. Chiedeva inoltre l’autorizzazione alla chiamata in garanzia di RAGIONE_SOCIALE, la quale si costituiva in giudizio confermando la copertura assicurativa RCT in favore della chiamante.
La causa veniva istruita mediante acquisizione della documentazione prodotta dalle parti e mediante c.t.u, che integrava quella espletata nel precedente a.t.p. e che era a sua volta integrata da un supplemento di relazione, nel quale si prendeva posizione in merito alle osservazioni degli attori e del Comune di RAGIONE_SOCIALE, sostanzialmente confermando in gran parte le conclusioni raggiunte dall’esperto nominato in fase di a.t.p.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza n. 315/2020, per quanto qui rileva:
dichiarava la solidale responsabilità del Comune RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE – ex art. 2051 c.c. – e della RAGIONE_SOCIALE – ex art. 2043 c.c. – in relazione ai danni subiti dagli attori NOME, NOME e NOME, NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in occasione dell’evento dannoso del 24 ottobre 2013; danni che liquidava;
accertava che, nei rapporti interni tra il Comune e la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, la responsabilità andava ascritta in misura pari al 50% ciascuno;
regolava le spese processuali, comprese quelle di ATP e di CTU.
Avverso la predetta decisione proponevano appello gli originari attori, censurandola in punto di quantum e di regolamentazione delle spese processuali.
Si costituivano in giudizio la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, che deducevano la formazione del giudicato sulla sentenza nr.
315/20 per quanto atteneva alle domande svolte nei loro confronti; nonché il Comune RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che formulavano appello incidentale. In particolare, la RAGIONE_SOCIALE chiedeva che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, fossero rigettate tutte le pretese promosse dagli attori in primo grado ed in appello, nonché quelle promosse dal Comune RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con conseguente vittoria delle spese processuali relative ad entrambi i gradi del giudizio di merito e delle spese relative giudizio di RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’appello, con sentenza n. 160/2021, per quanto qui rileva, confermava la sentenza di primo grado in punto di solidale responsabilità del Comune di RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in relazione ai danni subiti dagli attori NOME, NOME e NOME, NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME; e confermava che, nei rapporti interni tra Comune RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la responsabilità andava ascritta a ciascuno dei suddetti enti in misura pari al 50%.
5. Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso, ma con la peculiarità della specifica e reiterata esclusione del coinvolgimento degli originari attori e beneficiari delle condanne, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, nella parte in cui la corte territoriale, nel contraddittorio con il solo Comune di RAGIONE_SOCIALE, ha respinto il suo appello incidentale ed ha, di conseguenza, accertato la sua solidale responsabilità nel pagamento dei debiti indicati ed ha statuito che, nei rapporti interni tra RAGIONE_SOCIALE e Comune, la responsabilità sia da ascrivere in misura pari al 50% ciascuno.
Ha resistito con controricorso il Comune di RAGIONE_SOCIALE, che ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per mancata proposizione dello stesso nei confronti degli originari attori e per proprio difetto di legittimazione passiva.
Per l’adunanza dello scorso 16 aprile 2025 il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte ed il Difensore della RAGIONE_SOCIALE autonoma ricorrente ha depositato memoria.
Il Collegio ha disposto la rimessione della causa alla pubblica udienza, in considerazione della particolare rilevanza, anche sotto il profilo della novità negli esatti termini, delle questioni di diritto sottese:
sia all’eccezione preliminare, sollevata dal Comune di RAGIONE_SOCIALE, in ordine alle conseguenze processuali di una volontaria e reiterata limitazione dell’impugnazione a solo alcuni dei litisconsorti invece necessari (per il caso in cui tali debbano qualificarsi i beneficiari della condanna solidale che l’impugnazione comunque rimette in discussione anche in ordine all’identificazione dei condannati);
che al merito dei motivi di ricorso della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in ordine alla stessa configurabilità, o meno, di una responsabilità (vuoi ai sensi dell’art. 2043 c.c., vuoi ai sensi dell’art. 2051 c.c.: in entrambi i casi, al ricorrere di quali presupposti di fatto e diritto) di una Pubblica Amministrazione in relazione ad eventi istituzionalmente prospettati come oggetto di potestà conferite allo specifico fine di prevenirli.
Per l’odierna udienza pubblica, il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso ed il Difensore del Comune resistente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata proposizione dello stesso anche contro gli attori in primo grado, formulata dal Comune resistente in sede di controricorso, è fondata.
La disamina dell’eccezione deve partire dal rilievo che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, pur avendo impugnato la sentenza di condanna in solido, ha volontariamente e reiteratamente limitato l’impugnazione al solo contraddittorio con il Comune di RAGIONE_SOCIALE, indicando gli attori danneggiati (i creditori) come ‘meri destinatari della notifica’ e ‘non intimati in cassazione’.
Le ragioni della declaratoria di inammissibilità del ricorso stanno nel fatto che:
la RAGIONE_SOCIALE non si è limitata a censurare la ripartizione interna della responsabilità (la misura del 50% nei rapporti tra Comune e RAGIONE_SOCIALE), ma ha contestato in radice la configurabilità della propria responsabilità civile (l’ an debeatur ). La RAGIONE_SOCIALE ha chiesto la cassazione della sentenza ‘accertando, nei confronti di detto Comune, che non sussiste responsabilità civile della RAGIONE_SOCIALE autonoma di RAGIONE_SOCIALE, neppure in solido’;
il Comune di RAGIONE_SOCIALE, in quanto condebitore solidale, non riveste la qualifica di creditore dell’obbligazione risarcitoria; e, pertanto, non ha alcuna legittimazione a contraddire in merito all’esistenza stessa del diritto di credito derivante dal fatto illecito che la RAGIONE_SOCIALE ha inteso escludere (l’ an debeatur ); per contro, soggetti legittimati a contraddire sull’esistenza del credito sarebbero stati unicamente gli attori danneggiati, invece erroneamente intimati come meri destinatari della notifica del ricorso;
non ha formato oggetto di impugnazione da parte della RAGIONE_SOCIALE: né la statuizione di condanna solidale emessa in favore di parte attrice (i danneggiati), cioè della parte che, si ribadisce, è stata espressamente esclusa dal ricorso; né la statuizione relativa al riparto interno del 50% ciascuno: detta mancata impugnazione produce l’effetto del passaggio in giudicato della suddetta statuizione;
un eventuale accoglimento del ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE unicamente nei confronti del Comune condurrebbe a una sentenza inutiliter data , in quanto la RAGIONE_SOCIALE resterebbe comunque obbligata a pagare i danni agli attori danneggiati (i creditori), essendo il capo della sentenza in loro favore ormai passato in giudicato; in altri termini, un eventuale accoglimento del ricorso creerebbe una evidente contraddizione nell’ambito dello stesso processo: da un lato, l’affermazione della responsabilità solidale verso i danneggiati (coperta da giudicato); dall’altro, l’esclusione di tale responsabilità concorrente nei rapporti interni o rispetto al Comune;
– né può dirsi tutelabile un interesse di uno dei coobbligati in solido verso i beneficiari di una condanna a ripartire in diversa misura – o perfino ad escludere – la propria quota di corresponsabilità, poiché i relativi presupposti di fatto e di diritto non possono che operare pure e soprattutto proprio nei confronti di quei beneficiari: sicché l’accertamento di tali presupposti è inscindibile appunto e proprio anche nei confronti di costoro e la pretesa di uno dei condebitori di mantenere estranei a quell’accertamento i beneficiari della condanna è, conseguentemente, radicalmente inammissibile.
Quale ulteriore e indipendente ragione di inammissibilità, deve premettersi che la Corte d’appello, nella gravata sentenza e quale indefettibile presupposto per ogni successiva impugnazione, configura in modo univoco le responsabilità dirette, sia pure a diverso titolo (con corresponsabilità solidale fra Comune ai sensi dell’art. 2051 c.c. e RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 2043 c.c.), di ciascuno dei due enti poi destinatari della condanna: sicché, a maggior ragione per negare quella di uno di costoro, si invocherebbe, a volere pervicacemente mantenere estranei i beneficiari della condanna, un regresso totale. Ma il regresso totale (o l’azzeramento della responsabilità) di un condebitore in solido è previsto nel nostro ordinamento solo quando la sua responsabilità è indiretta (o per fatto altrui, es. art. 2049 c.c. o art. 2054 c.c. per il proprietario non conducente).
Più precisamente.
È noto che l’obbligazione risarcitoria, derivante da fatto illecito di cui siano responsabili più soggetti, è retta, nei rapporti esterni verso il danneggiato (creditore), dall’art. 2055 c.c. (che pone il principio della solidarietà dell’obbligazione risarcitoria). Nei rapporti interni tra i condebitori solidali, la ripartizione del debito (e, quindi, il regresso) è disciplinata in base alla gravità delle rispettive colpe e all’entità delle conseguenze che ne sono derivate. Solo in caso di dubbio, le singole colpe si presumono uguali. Ne consegue che, quando viene accertata una colpa o una responsabilità, questa deve essere misurata
(graduata), il che implica che debba esistere almeno nella misura dell’1 per cento. In estrema sintesi, misurare non può implicare esclusione.
Orbene, il principio per cui la responsabilità va graduata (e non esclusa) trova eccezione solo in specifici casi in cui un condebitore risponde esclusivamente a titolo di garanzia (o in via indiretta) per rafforzare la posizione del creditore danneggiato, ma in realtà non è responsabile della colpa del verificarsi dell’evento. Tanto si verifica nel caso di responsabilità del padrone e committente per il danno commesso dal dipendente (art. 2049 c.c.). E tanto si verifica nel caso della responsabilità del proprietario non conducente per il danno causato dal conducente (art. 2054, comma 3, c.c.). Solo in queste ipotesi tassative, chi paga, pur essendo tenuto alla solidarietà, ha diritto al regresso integrale nei confronti del responsabile diretto, in quanto egli non è un vero responsabile, ma è tenuto al risarcimento solo ‘in base ad un criterio di imputazione legale”. La solidarietà, in tali casi, è costruita per garantire il terzo danneggiato.
Il principio per cui la responsabilità va graduata (e non esclusa) non trova alcuna eccezione nel caso in cui la corresponsabilità solidale si fonda su responsabilità dirette di ciascuno dei due corresponsabili, ragion per cui non è configurabile un regresso totale.
Tanto si verifica nel caso di specie, nel quale il Comune di RAGIONE_SOCIALE è stato ritenuto responsabile ai sensi dell’art. 2051 c.c., in assenza di prova del caso fortuito e sussistendo un’effettiva relazione di custodia con la res (il fronte roccioso); mentre la RAGIONE_SOCIALE è stata ritenuta responsabile ai sensi dell’art. 2043 c.c., per aver colposamente omesso idonee attività di vigilanza e di intervento diretto (illecito omissivo): trattasi di responsabilità ‘dirette’ di ciascuno dei due enti, fondate sul concorso di colpa (art. 2055 c.c.), sebbene per titoli diversi (rispettivamente art. 2051 c.c. e art. 2043 c.c.).
In definitiva: poiché la RAGIONE_SOCIALE non risponde per fatto altrui, ma per una propria omissione colposa, non è ammissibile un regresso
totale della sua responsabilità nei confronti del Comune nell’ambito dei rapporti interni.
Ad abundantiam si rileva che gli originari attori danneggiati (i signori COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME) avrebbero dovuto essere considerati litisconsorti necessari nel presente giudizio di legittimità, in quanto:
quando un condebitore in solido (quale per l’appunto la RAGIONE_SOCIALE, nella specie) impugna in cassazione una sentenza al fine di escludere del tutto la propria responsabilità, mette in discussione l’esistenza stessa del rapporto obbligatorio verso i creditori (gli attori danneggiati), per cui questi ultimi sono litisconsorti necessari nel giudizio di legittimità, essendo i beneficiari della condanna;
secondo consolidato orientamento di questa Corte (cfr., in particolare, Cass. Sez. Un. n. 3074/2003, nonché, nella giurisprudenza successiva, Cass. n. 19584/13), la controversia tra più convenuti, coobbligati in solido circa l’individuazione del soggetto responsabile, si configura come causa dipendente dalla controversia che lega i condebitori solidali al creditore comune;
la necessità del litisconsorzio in sede di impugnazione è richiesta dall’art. 331 c.p.c. (esteso anche alle cause ‘tra loro dipendenti’, non solo a quelle ‘inscindibili’).
In definitiva, il ricorso, mirando ad escludere la responsabilità della RAGIONE_SOCIALE nei confronti dei danneggiati, avrebbe necessitato del contraddittorio con questi ultimi. La scelta della RAGIONE_SOCIALE di ricorrere solo nei confronti del Comune ha limitato l’oggetto dell’impugnazione alla sola ripartizione interna. Il fatto che la condanna solidale in favore degli originari attori sia passata in giudicato impedisce l’auspicato regresso totale e preclude in radice l’ammissibilità del ricorso, anche se si volesse prescindere dalla condizione di litisconsorti necessari dei suddetti danneggiati.
In conclusione:
– in una controversia risarcitoria che coinvolge più convenuti coobbligati in solido, i danneggiati (creditori), in quanto beneficiari della condanna solidale, devono essere qualificati come litisconsorti necessari nel giudizio di legittimità, ogniqualvolta l’impugnazione, promossa da uno dei condebitori verso l’altro condebitore, è volta non solo a rimettere in discussione l’identificazione dei condannati, ma anche a contestare in radice la sussistenza della propria responsabilità (l’ an debeatur ). In tale ipotesi, la controversia sul riparto interno o sulla esclusione di responsabilità si configura come ‘causa dipendente’ dalla causa principale che lega i condebitori al creditore comune (ex art. 331 c.p.c.). Ne consegue che il ricorso proposto unicamente nei confronti dell’altro condebitore – soggetto privo di legittimazione a contraddire in merito all’esistenza del diritto di credito – risulta inammissibile in quanto privo di un interesse giuridicamente rilevante ed il suo accoglimento condurrebbe a una sentenza inutiliter data , poiché l’ente ricorrente resterebbe comunque obbligato al pagamento nei confronti dei danneggiati;
– nel contesto di un’obbligazione risarcitoria solidale derivante da fatto illecito (ex art. 2055 c.c.), ove la corresponsabilità dei condebitori (nella specie, tra Comune ex art. 2051 c.c. e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ex art. 2043 c.c.) si fondi sull’accertamento di condotte colpose o responsabilità dirette e concorrenti di ciascun soggetto, nei rapporti interni tra gli stessi condebitori non è configurabile un diritto di regresso per l’intero o l’esclusione della responsabilità di uno di essi. La facoltà di regresso integrale è riservata unicamente al condebitore che risponde dell’evento dannoso a titolo di garanzia o per fatto altrui (es. art. 2049 c.c. o art. 2054 c.c.), ma non anche al debitore che risponde in base a una propria colpa accertata. Pertanto, la richiesta di cassazione di una sentenza che, pur accertando la responsabilità solidale, miri all’azzeramento della quota di responsabilità interna di un condebitore direttamente responsabile, è inammissibile, in quanto tale richiesta si scontra con il principio che la graduazione della
<> della colpa (art. 2055, comma 2 e 3, c.c.) non può implicare l’esclusione, che è invece <>.
Dunque, il ricorso viene dichiarato inammissibile sulla base del seguente principio di diritto:
-<>.
Ma, quand’anche il ricorso non fosse inammissibile per le dirimenti ragioni sopra specificate, lo stesso non avrebbe, comunque, meritato accoglimento.
Infatti, avverso la sentenza della corte territoriale la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE articola in ricorso due motivi. Precisamente:
con il primo motivo, denuncia: <>. In estrema sintesi, si duole del fatto che
entrambi i giudici di merito hanno applicato al caso in esame le norme di protezione civile anziché quelle di edilizia e urbanistica;
con il secondo motivo denuncia: <> nella parte in cui la corte di merito (pagg. 24ss, 26ss, 28ss e 30ss), al pari del giudice di primo grado (pagg. 8ss e 22ss), ha affermato che: a) l’evento dannoso era stato causato non tanto e comunque non solo dalle piogge eccezionali di quel periodo, bensì anche dalla condizione intrinseca della parete rocciosa: la presenza di giunti verticali di particolare forma e dimensione che, a giudizio dei CTU, avrebbe lasciato prevedere la caduta di uno o più massi di dimensioni analoghe ai 2 massi – il primo di 5 / 7 m³, il secondo di 12 / 15 m³ – precipitati verso le abitazioni); b) poiché l’evento dannoso non era stato provocato esclusivamente dalle piogge eccezionali, non sussistevano i presupposti del caso fortuito né dunque l’interruzione del nesso di causalità fra obbligo di vigilanza e prevenzione, ascritto a Comune (ex art. 2051 c.c.) e RAGIONE_SOCIALE autonoma (ex art. 2043 c.c.), ed evento dannoso.
Al riguardo appare opportuno ripercorrere il dictum di entrambe le intervenute sentenze di merito.
3.1. In ordine alla responsabilità per l’evento dannoso oggetto di causa il Tribunale, richiamate le considerazioni dei consulenti d’ufficio incaricati nella fase di accertamento tecnico preventivo ed in quella di merito, ha così argomentato per quanto qui rileva:
le piogge eccezionali cadute il 23 e il 24 ottobre 2013 ed il conseguente aumento della pressione idraulica all’interno dei giunti dell’ammasso roccioso non hanno da sole causato l’evento franoso, non potendo quindi configurare un caso fortuito idoneo ad interrompere il nesso causale;
nonostante l’eccezionalità del volume complessivo dell’evento franoso, pari a 120 m 3 , nella specie, anche in ipotesi di distacco di
singoli blocchi di dimensioni analoghe a quelli precipitati sul fondo attoreo, le barriere e le misure di consolidamento presenti in loco sarebbero state in ogni caso insufficienti;
sarebbe stato necessario eseguire, in sede di progettazione delle barriere di protezione nel 1989, delle simulazioni relative all’idoneità delle barriere nonché installare protezioni di maggiore capacità di assorbimento e altezza a seguito di approfondita analisi geologico-strutturale;
il Comune è responsabile ex art. 2051 c.c., avendo provveduto ad installare le misure di protezione paramassi anche nella zona dell’incidente ed essendosi in concreto occupato della manutenzione delle stesse, ricorrendo così un rapporto di custodia tra esso e la porzione di terreno distaccatasi nell’episodio franoso non riconducibile a caso fortuito;
è responsabile in solido con il Comune la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per avere colposamente omesso, a seguito della frana del 2004, di porre in essere – come previsto dalla L.P. 34/1975 per il caso di calamità pubblica – idonee attività di vigilanza e di intervento diretto (consolidamento del fronte mediante predisposizione di adeguate opere di ancoraggio) che, se eseguite, avrebbero scongiurato l’evento;
la quota di responsabilità dei due enti convenuti è pari al 50% ciascuno.
3.2. Dal canto suo, la corte territoriale, nel respingere i motivi di impugnazione, proposti in sede di appello incidentale dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, ha ravvisato la responsabilità di quest’ultima ex art. 2043 c.c. sulla base delle seguenti argomentazioni:
le attività di difesa del suolo, ivi compresa la prevenzione dei rischi da dissesto idrogeologico, rientrano nella competenza della RAGIONE_SOCIALE autonoma, desumibile dagli artt. 8, comma 1 n. 13, e 9, comma 1 n 9, dello Statuto speciale di Autonomia (d.P.R. n. 670/1972), ove è contemplata una potestà legislativa provinciale rispettivamente primaria e concorrente, in materia di opere di rispettivamente
prevenzione e di pronto soccorso per calamità pubbliche e di utilizzazione delle acque pubbliche (Corte cost. n. 109/2011);
il territorio, nel quale è compreso il pendio roccioso di distacco dei massi, è tra quelli a rischio geologico, come la stessa RAGIONE_SOCIALE autonoma aveva riconosciuto nell’ammettere la sussistenza, in quella zona, di una situazione di pericolo generico e l’inserimento di quella zona nel piano di pericolo previsto dal D.lgs. n. 180/1998;
detto inserimento nel piano di pericolo era avvenuto in base all’art. 22/bis della L.P . 11 agosto 1997, n. 13 (articolo inserito dall’art. 2 della L.P . 2 luglio 2007, n. 3, all’epoca vigente, successivamente abrogato dall’art. 105, comma a, della L.P. 10 luglio 2018, n. 9), ai sensi del quale ‘ 1. La Giunta provinciale approva le linee guida per la redazione dei piani di pericolo. Con regolamento di esecuzione sono determinate le norme relative agli interventi ammissibili e alle misure, differenziati a seconda del grado e del tipo di pericolo rilevato, per la prevenzione di pericoli o danni dovuti a eventi naturali. ‘
rilevanti erano altresì le previsioni contenute nell’art. 1 e nell’art. 5 della L.P . n. 34/1975;
-una volta accertato il nesso causale tra la mancata predisposizione di idonee strutture di prevenzione ed il danno oggetto di causa, era dimostrato che detto danno fosse da attribuire alla condotta negligente della RAGIONE_SOCIALE autonoma, la quale, pur onerata di un obbligo di controllo rispetto alle aree a rischio idrogeologico della medesima RAGIONE_SOCIALE autonoma, persino individuate nel piano di pericolo sopra citato, aveva omesso di compiere gli interventi necessari, per l’esecuzione dei quali essa era stata anche titolata, ai fini della prevenzione del rischio poi di fatto realizzatosi;
il suddetto profilo della negligenza era ancora più evidenziato dal fatto che la zona in esame era stata coinvolta in un evento similare accaduto nel 2004 e di cui i nominati consulenti tecnici avevano fatto ampia menzione;
di conseguenza essa RAGIONE_SOCIALE autonoma era ‘certamente’ a conoscenza della necessità di provvedere ad un adeguato intervento, ben prima che le proprietà attoree fossero danneggiate;
in conclusione, secondo la corte di merito, pur non sussistendo alcun rapporto di proprietà e di custodia fra essa RAGIONE_SOCIALE autonoma ed il fondo interessato dai distacchi, la condotta da essa RAGIONE_SOCIALE posta in essere, come sopra riassunta, sarebbe sanzionabile ai sensi dell’art. 2043 c.c. a causa della colposa pretermissione di opere idonee a mettere in salvaguardia la parte di territorio interessata con una corretta attività di consolidamento e/o di erezione di idonee barriere paramassi e/o comunque dall’opportuna ‘attività di vigilanza’ sull’operato del Comune di RAGIONE_SOCIALE, tenuto conto che l’attività di prevenzione posta in essere da quest’ultimo non aveva estromesso essa RAGIONE_SOCIALE autonoma dai poteri sostitutivi di controllo.
Orbene, così considerando unitariamente i motivi per la loro evidente intima connessione, entrambi i giudici di merito, dopo averla correttamente ricostruita e ripercorsa, altrettanto correttamente hanno al contempo: ritenuto applicabile al caso di specie la normativa in materia di protezione civile e ritenuto erroneo il richiamo (effettuato dalla P.A.B.) alla sola disciplina urbanistica ed edilizia.
Invero, la legislazione in materia urbanistica ed edilizia si occupa della regolamentazione, da un lato delle attività di uso e di organizzazione del territorio e, dall’altro, delle attività costruttive, ossia complessivamente del c.d. ‘ governo del territorio ‘; mentre la legislazione in materia di protezione civile ricomprende tutte le attività volte alla previsione e prevenzione delle emergenze ed alla gestione del rischio ambientale, in vista della tutela dell’integrità della vita, dei beni e dell’ambiente dai danni derivanti da eventi calamitosi naturali o provocati dall’uomo.
Pertanto, l’evento franoso, per cui è ricorso, è stato correttamente fatto rientrare nella materia della prevenzione del rischio a salvaguardia di una collettività, essendo questa ex ante
indeterminata e indeterminabile: invero, il giudizio sulla indeterminatezza o indeterminabilità dei soggetti, che possono essere attinti da calamità pubbliche, non può che essere effettuato ex ante , in quanto altrimenti la disciplina in tema di protezione civile non troverebbe mai applicazione. E, se è vero che – di norma – non basta, per affermare la responsabilità di un ente munito di potestà vòlte a scongiurare eventi, che questi si siano comunque verificati, è del pari vero che se, in relazione a fattispecie concrete, quelle potestà non siano state esercitate (o non lo siano state correttamente), può essere in concreto ricostruito come sussistente un nesso causale tra la condotta illegittima della pubblica amministrazione e l’evento non scongiurato.
D’altronde, la previsione, in tale settore, di un potere sanzionatorio sostitutivo in capo all’amministrazione provinciale, a fronte dell’inattività del Sindaco (art. 106, L.P. nr. 13/1997), così come di un potere di controllo, presuppone per sua natura l’esistenza di un potere-dovere di vigilanza della RAGIONE_SOCIALE sull’operato del Comune, con le relative conseguenze tratte dai giudici di merito a fronte dell’accertata condotta omissiva della P.A.B.
In sede di merito è stato correttamente ritenuto che la normativa vigente attribuisce alla RAGIONE_SOCIALE. poteri di intervento, di controllo e di direzione, nonché competenze nel settore della protezione civile: essendo la RAGIONE_SOCIALE un ente pubblico, la cui attività è istituzionalmente diretta alla tutela e alla realizzazione di interessi pubblici, i poteri di intervento integrano un obbligo-dovere al ricorrere dei presupposti che ne rendano necessario l’esercizio.
Da tali poteri normativi e di intervento diretto della PAB nel settore della protezione civile, fra cui in particolare l’ambito della prevenzione dei rischi da dissesto idrogeologico e della programmazione dei relativi interventi, i giudici di merito hanno correttamente desunto in capo alla RAGIONE_SOCIALE – in qualità di ente cui spetta l’organizzazione e l’attuazione del Servizio per la protezione civile ed in vista del corretto adempimento del proprio dovere di prevenzione dei
rischi – un dovere-potere di vigilanza sull’attività degli altri attori istituzionali del complessivo sistema della protezione civile al fine di verificare la corretta attuazione dei loro obblighi, nonché il doverepotere di intervenire direttamente, realizzando le opere necessarie per la prevenzione dei rischi e la difesa del suolo.
È qui sufficiente aggiungere che, in relazione ad eventi calamitosi anomali (quali le precipitazioni definite straordinarie, con apprezzamento in fatto non censurato da alcuno), la cui prevenzione sia istituzionalmente prospettata come oggetto di potestà conferite ad una PA, ai fini dell’affermazione della responsabilità dell’ente ai sensi dell’art. 2043 c.c., è necessario che il danneggiato dia anche la prova della colpa di quell’ente (omissione di diligenza o manutenzione, ovvero titolarità di poteri o doveri di intervento preventivo o di controllo di contenuto anche generico, la cui omissione colposa abbia causato il danno); mentre, ai fini della configurabilità di una responsabilità dell’ente ai sensi dell’art. 2051 c.c., è sufficiente che il danneggiato dia la prova della relazione di custodia della PA, della sussistenza del danno e della sua riconducibilità rispetto all’evento, spettando invece alla PA, che voglia liberarsi da ogni responsabilità, dedurre il caso fortuito, che interrompe il nesso di causalità, provando che erano state realizzate opere preventive adeguate per far fronte ad eventi prevedibili, ma che l’evento in concreto verificatosi era imprevedibile: la P RAGIONE_SOCIALE. deve cioè provare che le misure di protezione esigibili (modellate sul rischio prevedibile ), se eseguite, avrebbero evitato o ridotto, almeno in parte, i danni causati dall’evento eccezionale in concreto verificatosi .
Dando corretta applicazione al suddetto consolidato principio di diritto, correttamente entrambi i giudici di merito hanno ritenuto che l’affermata responsabilità del Comune ex art. 2051 c.c. non sollevasse la RAGIONE_SOCIALE dalla sua (concorrente) responsabilità ex art. 2043 c.c., in quanto la RAGIONE_SOCIALE era comunque titolare di specifici poteri-doveri di intervento diretto, vigilanza, organizzazione e prevenzione, in forza dei quali avrebbe dovuto e potuto attivarsi per scongiurare l’evento
verificatosi nel 2013, tanto più che la situazione di pericolo pubblico era nota in quanto il territorio era stato inserito dalla stessa RAGIONE_SOCIALE nelle aree a rischio idrogeologico nel ‘ piano di pericolo ‘ e tanto più che già in occasione dell’evento franoso verificatosi nel 2004 era emersa la necessità di progettare opere di difesa di maggiore capacità.
E sempre correttamente entrambi i giudici di merito hanno ritenuto configurabile in capo alla RAGIONE_SOCIALE una posizione di garanzia proprio in considerazione delle ampie competenze attribuite alla RAGIONE_SOCIALE dalla legislazione statale e provinciale in materia di difesa del suolo e protezione civile, tanto più che, come sopra rilevato, la RAGIONE_SOCIALE era ‘certamente a conoscenza’ della situazione di pericolo.
Invero, in ambito civile, per l’affermazione di una responsabilità omissiva colposa, non è necessario che la norma individui in modo specifico la condotta doverosa omessa; ma è sufficiente che la P.A. sia titolare di poteri o doveri di intervento preventivo o di controllo di contenuto, anche generico, la cui omissione colposa abbia causato il danno. Invero, ai fini dell’affermazione della responsabilità civile, non è necessario che una norma giuridica espressamente sancisca l’esistenza di una posizione di garanzia in capo ad un soggetto, essendo sufficiente (e necessario) che essa possa essere desunta dal complesso delle disposizioni normative, ed eventualmente anche da previsioni negoziali.
In altri termini, in virtù delle competenze legislative primarie e concorrenti in materia di difesa del suolo e protezione civile (ex Statuto di Autonomia e L.P. n. 34/1975 e n. 15/2002), la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE è stata correttamente ritenuta titolare di un potere di intervento, di controllo e di direzione, che si traduce in un poteredovere di vigilanza in vista della realizzazione di opere idonee a prevenire il verificarsi del rischio idrogeologico (e, con esso, di eventi franosi). E parimenti correttamente è stato ritenuto in sede di merito che tale obbligo non è eliso dalla concorrente o primaria responsabilità di custodia del Comune (ex art. 2051 c.c.), poiché la RAGIONE_SOCIALE è
sovraordinata con funzione di organizzazione e coordinamento del servizio di protezione civile, sulle aree a rischio idrogeologico da essa stessa individuate nei piani di pericolo. L’omissione di misure idonee o di vigilanza è idonea a fondare la responsabilità civile dell’ente, ai sensi dell’art. 2043 c.c., purché si accerti il nesso di causalità tra l’omissione e il danno.
Tanto è avvenuto nel caso di specie, nel quale i giudici di merito, ad esito di un articolato percorso motivazionale – insindacabile in questa sede, in quanto immune da vizi logici e giuridici – hanno ritenuto che: a) il nesso di causalità era sussistente, in quanto le misure omesse (dovute) sarebbero state idonee ad impedire o ridurre, almeno in parte, il danno causato dall’evento eccezionale; b) il Comune era responsabile ex art. 2051 c.c., poiché l’evento era prevedibile ed evitabile (almeno per i massi che avevano causato il danno) e le opere preventive, in concreto realizzate, erano insufficienti, escludendo così il caso fortuito; c) la RAGIONE_SOCIALE era responsabile ai sensi dell’art. 2043 c.c. per la mancata verifica delle aree a rischio idrogeologico, in precedenza individuate nel piano di pericolo, per la pretermissione della predisposizione di idonee strutture di prevenzione e per l’omessa vigilanza sull’operato del Comune.
Tanto esclude la fondatezza, nel merito, dei motivi di ricorso, il quale rimane, peraltro, radicalmente inammissibile per le ragioni sopra per prime specificate.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della RAGIONE_SOCIALE ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, nonché la declaratoria della ricorrenza dei presupposti di legge per il versamento, ad opera della RAGIONE_SOCIALE ricorrente al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
P. Q. M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la RAGIONE_SOCIALE. ricorrente alla rifusione, in favore di parte resistente Comune di RAGIONE_SOCIALE, delle spese del presente giudizio, spese che liquida in euro 7.o00 per compensi, oltre, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge;
ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della RAGIONE_SOCIALE ricorrente al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2025, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile.
Il AVV_NOTAIO estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME