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Responsabilità solidale appalto: basta la diffida

Un lavoratore, dipendente di una ditta appaltatrice di servizi di pulizia, ha agito contro l’azienda committente per ottenere il pagamento di retribuzioni e contributi non versati. La Corte d’Appello aveva respinto la domanda, ritenendo scaduto il termine biennale di decadenza per agire. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del lavoratore, stabilendo che, ai fini della responsabilità solidale appalto, per impedire la decadenza biennale non è necessaria un’azione giudiziaria, ma è sufficiente un atto stragiudiziale, come una lettera di diffida, con cui si manifesta la volontà di richiedere il pagamento al committente. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per verificare se tale atto fosse stato inviato tempestivamente.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Civile, Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Responsabilità Solidale Appalto: La Diffida Scritta Basta per Interrompere la Decadenza

Nel complesso mondo degli appalti di servizi, la tutela dei lavoratori è un pilastro fondamentale. Una delle garanzie più importanti è la responsabilità solidale appalto, che permette al lavoratore di richiedere il pagamento di stipendi e contributi non solo al proprio datore di lavoro (l’appaltatore), ma anche all’azienda che ha commissionato il lavoro (il committente). Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un aspetto cruciale: per far valere questo diritto, non è necessario intentare una causa entro due anni dalla fine dell’appalto. È sufficiente una semplice comunicazione scritta.

I Fatti del Caso: La Richiesta di un Lavoratore al Committente

Un lavoratore, dipendente di una società che svolgeva servizi di pulizia di materiale ferroviario, si è trovato senza una parte delle sue retribuzioni e dei contributi previdenziali. La sua società era l’appaltatrice del servizio, mentre il committente era una grande azienda di trasporto ferroviario. A fronte dell’inadempimento del proprio datore di lavoro, il dipendente ha deciso di avvalersi della responsabilità solidale, chiedendo il pagamento direttamente al committente.

La sua azione legale, tuttavia, è stata avviata dopo che erano trascorsi più di due anni dalla cessazione del contratto d’appalto tra le due società.

La Decisione della Corte d’Appello e il Ricorso in Cassazione

In un primo momento, la Corte d’Appello aveva dato torto al lavoratore. I giudici avevano ritenuto che il diritto del lavoratore fosse svanito a causa del decorso del termine biennale di decadenza previsto dall’art. 29 del D.Lgs. 276/2003. Secondo la loro interpretazione, per impedire questa decadenza, il lavoratore avrebbe dovuto intraprendere un’azione giudiziaria vera e propria entro i due anni. Non avendolo fatto, aveva perso il suo diritto.

Insoddisfatto, il lavoratore ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse interpretato la norma in modo eccessivamente restrittivo e lesivo dei suoi diritti.

La Responsabilità Solidale Appalto e l’Interpretazione della Norma

Il cuore della questione ruota attorno all’interpretazione dell’art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003 (nella versione applicabile al caso, antecedente alle modifiche del 2012). Questa norma stabilisce che il committente è obbligato in solido con l’appaltatore per i crediti del lavoratore, ma pone un limite temporale di due anni dalla fine dell’appalto.

Il punto critico era capire quale atto fosse necessario per “fermare il tempo” ed evitare la decadenza. La legge, nel suo silenzio, non specificava se fosse obbligatoria un’azione in tribunale o se bastasse una comunicazione formale.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del lavoratore, ribaltando la decisione precedente. I giudici supremi hanno chiarito che la finalità della norma è duplice: tutelare il lavoratore e, al contempo, permettere al committente di essere informato tempestivamente di eventuali pretese per poter agire di conseguenza nei confronti dell’appaltatore inadempiente.

Seguendo un orientamento consolidato (richiamando in particolare la sentenza n. 30602 del 2021), la Corte ha affermato che questa finalità può essere pienamente soddisfatta anche con un atto stragiudiziale. Non è necessario, quindi, depositare un ricorso in tribunale. È sufficiente che il lavoratore, entro il termine di due anni, manifesti in modo chiaro e per iscritto al committente la sua volontà di far valere la responsabilità solidale per ottenere il pagamento dei suoi crediti.

L’invio di una lettera di diffida, una messa in mora o un’altra comunicazione scritta inviata al committente è un atto idoneo a impedire la decadenza. Questo perché informa il committente della pretesa e gli consente di tutelarsi. La Corte ha specificato che solo le successive modifiche legislative (intervenute nel 2012) hanno introdotto un riferimento esplicito all'”azione giudiziaria”, ma tale requisito non era presente nella norma applicabile ai fatti di causa.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Lavoratori e Committenti

La pronuncia ha importanti conseguenze pratiche. Per i lavoratori, significa che per salvaguardare il proprio diritto verso il committente è sufficiente un atto più semplice ed economico di un’azione legale, come l’invio di una raccomandata A/R o di una PEC. Questo abbassa la soglia di accesso alla tutela.

Per le aziende committenti, questa ordinanza rappresenta un monito: qualsiasi comunicazione scritta ricevuta da un dipendente di un appaltatore, in cui si richiedono pagamenti, deve essere presa con la massima serietà. Ignorarla, confidando nel decorso del termine biennale, potrebbe rivelarsi un errore costoso.

La Corte ha quindi cassato la sentenza d’appello e ha rinviato la causa a un’altra sezione della stessa Corte, che dovrà ora verificare se, nei fatti, il lavoratore avesse inviato una comunicazione scritta al committente entro i due anni dalla fine dell’appalto.

In un appalto, il lavoratore dipendente dell’appaltatore può chiedere lo stipendio non pagato direttamente al committente?
Sì, in base al principio di responsabilità solidale, il committente è obbligato insieme all’appaltatore a pagare i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti ai lavoratori. Questo diritto deve essere esercitato entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto.

Per far valere la responsabilità solidale del committente, è necessario avviare una causa entro due anni dalla fine dell’appalto?
No. Secondo l’ordinanza in esame, che interpreta la normativa applicabile prima delle riforme del 2012, per impedire la decadenza del diritto è sufficiente inviare al committente un atto scritto stragiudiziale (come una lettera di diffida) con cui si richiede il pagamento entro il termine di due anni.

Qual è la finalità della norma sulla responsabilità solidale secondo la Cassazione?
La norma ha lo scopo di tutelare il lavoratore, ma anche di informare tempestivamente il committente dell’inadempimento dell’appaltatore. Una comunicazione scritta soddisfa questa finalità, permettendo al committente di essere a conoscenza della pretesa e di agire per tutelare i propri interessi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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