Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4654 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4654 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1477/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante indicato in atti, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante indicato in atti, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
CURATELA DEL FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, PRATINI PALMA
-intimati- avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di PALERMO n. 1974/2019, depositata il 09/10/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/02/2024 dal Consigliere COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Nel maggio 2009 RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio davanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE la società RAGIONE_SOCIALE (nella qualità di mandataria della A.T.I. costituita da RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE), appaltatrice dei servizi di progettazione per la realizzazione della Metropolitana Leggera della città di RAGIONE_SOCIALE, e la società RAGIONE_SOCIALE, sub appaltatrice della società RAGIONE_SOCIALE, chiedendo il risarcimento del danno derivante a cavo ad alta tensione, interrato nel tratto stradale (denominato SlB45) ubicato in RAGIONE_SOCIALE nell ‘ area di incrocio tra INDIRIZZO e INDIRIZZO, a cagione di trivellazione effettuata dalla società RAGIONE_SOCIALE, in data 23.06.2006, in qualità di subappaltatrice della società RAGIONE_SOCIALE in ragione di contratto del 03.11.2005. A sostegno della domanda, la società attrice precisava che il danno era da ricollegare alla rottura di detto cavo a bagno d ‘ olio interrato (a metri 2,50 dal piano stradale), facente parte dell ‘ elettrodotto a 150 KV denominato RAGIONE_SOCIALE.P. Cusumano – CRAGIONE_SOCIALE, e che aveva dovuto sostenere ingenti costi per il ripristino.
Entrambe le società convenute si costituivano, contestando la domanda attorea. La società RAGIONE_SOCIALE svolgeva domanda di regresso nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE e, in via subordinata, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e della AVV_NOTAIO, quali professionisti incaricati di seguire le indagini tecniche. A sua volta la società RAGIONE_SOCIALE, nell ‘ attribuire la responsabilità alla RAGIONE_SOCIALE, oltre a svolgere domanda di regresso nei confronti di quest ‘ ultima, chiamava in causa la dott.ssa NOME COGNOME, direttore dei RAGIONE_SOCIALE, e RAGIONE_SOCIALE, sua compagnia assicuratrice.
Successivamente si costituivano sia la compagnia assicurativa che la COGNOME, sia in proprio quale direttore dei RAGIONE_SOCIALE che quale contitolare della RAGIONE_SOCIALE
La causa veniva istruita mediante acquisizione di prove documentali, nonché mediante assunzione di testimoni.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 767/2014:
condannava le due società convenute, in solido tra loro, al pagamento di € 427.444,92 in favore di RAGIONE_SOCIALE;
accoglieva altresì la domanda di regresso e la domanda di garanzia assicurativa formulate rispettivamente da RAGIONE_SOCIALE verso RAGIONE_SOCIALE e da quest ‘ ultima verso RAGIONE_SOCIALE;
disattendeva le pretese avanzate dalla RAGIONE_SOCIALE verso COGNOME COGNOME, in proprio e nella citata qualità.
La sentenza del giudice di primo grado veniva impugnata da entrambe le società convenute, che riproponevano essenzialmente le argomentazioni rispettivamente svolte nel giudizio di primo grado, sia in punto di responsabilità che di quantum risarcitorio accordato.
Si costituivano nel giudizio di appello RAGIONE_SOCIALE, nonché COGNOME in proprio e nella qualità, che contestavano entrambi gli appelli.
Si costituivano anche la RAGIONE_SOCIALE, che contestava soltanto le ragioni di gravame prospettate da NOME, mentre aderiva alle difese spiegate da NOME.
La Corte d ‘ appello di RAGIONE_SOCIALE, espletata consulenza tecnica funzionale alla stima dei danni patiti da RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 1974/2019, in parziale riforma della sentenza di primo grado:
rigettava le domande avanzate da RAGIONE_SOCIALE (divenuta nelle more RAGIONE_SOCIALE) nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, mentre
condannava la società RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, della minor somma di euro 350.035,00, oltre interessi legali dalla data della sentenza fino al saldo;
confermava le statuizioni contenute ai punti 3, 6, 7, 8 e 9 del dispositivo della sentenza di primo grado;
provvedeva sulla regolamentazione delle spese processuali e sulle spese di ctu.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE.
Per l ‘ odierna adunanza camerale il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte, mentre i Difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria a sostegno delle rispettive ragioni.
Il Collegio si è riservato il deposito della motivazione della decisione entro il termine di sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La società RAGIONE_SOCIALE – dopo aver premesso che il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 6/2020 ha dichiarato il fallimento della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e dopo aver precisato che intende impugnare esclusivamente il capo della sentenza che ha rigettato la domanda che aveva formulato nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE – articola in ricorso due motivi.
Con il primo motivo la società ricorrente denuncia <> nella parte in cui la corte territoriale, così incorrendo nel vizio denunciato, ha escluso la responsabilità solidale della società RAGIONE_SOCIALE nella causazione del danno, condannando esclusivamente la società RAGIONE_SOCIALE, nelle more fallita, sull ‘ erroneo presupposto che non sussiste responsabilità del committente ove l ‘ appaltatore sia dotato di autonomia tecnica e
funzionale all ‘ esecuzione dell ‘ incarico; e precisamente nella parte in cui, esaminando il contenuto della lettera di conferimento dell ‘ incarico da NOME a NOME, ha affermato che: <>; nonché nella parte in cui ha affermato che: <>.
Sostiene che la corte territoriale è incorsa nel vizio denunciato là dove, dopo aver affermato l ‘ insussistenza di responsabilità della società RAGIONE_SOCIALE, ha ammesso che la RAGIONE_SOCIALE non era stata informata delle varie riunioni operative <>.
Aggiunge che, sul punto, assolutamente corretta era stata la statuizione del giudice di primo grado, che aveva affermato l ‘ ingerenza della società RAGIONE_SOCIALE nella esecuzione dei RAGIONE_SOCIALE di scavo
(realizzati dalla RAGIONE_SOCIALE), con conseguente responsabilità solidale delle due società.
Si duole che la corte territoriale, tanto affermando, abbia disatteso i principi giurisprudenziali che governano il riparto della responsabilità tra committente, appaltatore e direttore dei RAGIONE_SOCIALE per danni cagionati a terzi (al riguardo evoca in particolare Cass. n. 11104/2019, n. 1257, 2477, 2480, 2481 e 2482/2018; n. 538/2012).
Sostiene ancora che RAGIONE_SOCIALE, diversamente da quanto statuito dalla corte territoriale, non ha offerto, neppure nel primo grado di giudizio, alcuna prova liberatoria dell ‘ assenza di una sua ingerenza sull ‘ esecuzione dei RAGIONE_SOCIALE ad opera della RAGIONE_SOCIALE, <>. D ‘ altronde, secondo la società ricorrente, la RAGIONE_SOCIALE era ben consapevole della necessità di spostare l ‘ esecuzione dei RAGIONE_SOCIALE di scavo su altro sito, per la pericolosa presenza di impianti sotterranei di proprietà di terzi, ma aveva taciuto detta circostanza alla società RAGIONE_SOCIALE.
Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.
In via preliminare, il Collegio rileva che i principi giurisprudenziali che governano il riparto di responsabilità tra committente, appaltatore e direttore dei RAGIONE_SOCIALE per danni cagionati a terzi sono stati correttamente riportati da parte ricorrente e vanno qui confermati.
Poiché ininfluente ai fini della decisione, avendo comunque correttamente risolto la controversia la corte territoriale, può tralasciarsi la questione dell ‘ esatta sussunzione della fattispecie, cioè se entro la previsione dell ‘ art. 2051, in tema di danno cagionato da cose in custodia (evocato dalla società ricorrente),
anziché dell ‘ art. 2050 c.c., in tema di responsabilità per l ‘ esercizio di attività pericolose, applicato dalla corte territoriale. Detta disposizione si riferisce esclusivamente a chi esercita l ‘ attività pericolosa (e non già al soggetto che ha affidato tale attività ad un terzo in base ad un rapporto caratterizzato dall ‘ autonoma organizzazione del lavoro da parte dell ‘ appaltatore).
In relazione alle attività di escavazione su di un fondo, questa Corte ha già avuto modo di precisare (cfr., di recente, Cass. n. 7027/2021, ma si cfr. altresì Cass. n. 6296/2013), applicando un principio che merita di essere confermato, che: <<La responsabilità del proprietario di un fondo per i danni derivanti da attività di escavazione, ex art. 840 c.c., non opera in senso oggettivo, ma richiede una condotta colposa, sicché, nell ' ipotesi in cui i RAGIONE_SOCIALE di escavazione siano affidati in appalto, è l ' appaltatore ad essere, di regola, l ' esclusivo responsabile dei danni cagionati a terzi nell ' esecuzione dell ' opera, salvo che non risulti accertato che il proprietario committente, avendo – in forza del contratto di appalto -la possibilità di impartire prescrizioni o di intervenire per richiedere il rispetto delle normative di sicurezza, se ne sia avvalso per imporre particolari modalità di esecuzione o particolari accorgimenti antinfortunistici che siano stati causa (diretta o indiretta) del sinistro, nel qual caso la responsabilità dell ' appaltatore verso il terzo danneggiato può aggiungersi a quella del proprietario, ma non sostituirla o eliminarla».
Tanto precisato, il motivo presenta plurimi profili di inammissibilità.
In primo luogo, in quanto la domanda di accertamento di responsabilità di NOME ex art. 2051 c.c. costituisce domanda nuova, che non risulta essere stata formulata nei gradi precedenti, articolata su diversi presupposti di fatto e di diritto e, pertanto, non riconducibile neppure a quella in precedenza dispiegata previa una attività di mera riqualificazione. Tanto esime dal rilievo che la
ricostruzione in punto di fatto dell ' ascrivibilità del sinistro alla condotta di RAGIONE_SOCIALE eliderebbe pure ogni nesso con la cosa custodita, ove questa potesse identificarsi nel cantiere stesso o nell ' ambiente nel quale andavano eseguiti i RAGIONE_SOCIALE.
Infatti, il motivo, anche se riferito all ' art. 2050 c.c., è inammissibile, siccome integra l ' esito di un giudizio di fatto non affetto da evidenti vizi logici o giuridici, in quanto tale quindi insindacabile in questa sede, la conclusione della corte territoriale, la quale, dando applicazione al principio sopra richiamato -dopo aver correttamente affermato che il soggetto addetto allo scavo è tenuto al risarcimento del danno se non prova di aver adottato tutte le misure tecniche idonee ad evitare il danno e dopo aver precisato che il fatto del danneggiato o del terzo può produrre effetti liberatori solo se per sua rilevanza sia idoneo ad escludere il nesso causale tra l ' attività pericolosa e l ' evento -ha ritenuto che la società RAGIONE_SOCIALE, con riferimento allo specifico sinistro per cui è causa:
non aveva fornito la prova liberatoria;
non era un semplice esecutore delle lavorazioni ma, sulla base dell ' art. 8 del capitolato allegato al contratto inter partes , era responsabile della individuazione di ogni elemento utile per l ' esecuzione in perfetta sicurezza delle operazioni di scavo;
era responsabile esclusiva del sinistro, in quanto non aveva tenuto conto del fax 20 giugno 2006 con il quale la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva comunicato la sospensione delle operazioni di scavo nel luogo dove poi si è verificato il sinistro a causa della presenza di impianti interrati.
In definitiva, contrariamente a quanto dedotto dalla società ricorrente, con la sentenza impugnata la corte territoriale non è incorsa né nel vizio di violazione di norme di diritto (avendo correttamente individuato la norma applicabile alla fattispecie) e neppure in quello di falsa applicazione di norme di diritto (avendo
correttamente interpretato la norma, individuata come regolatrice della fattispecie concreta).
3. Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia <>, nella parte in cui la corte territoriale, nel vagliare il contenuto del contratto di conferimento incarico del 03.11.2005 intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, si è limitata ad affermare che <>; omettendo di considerare il punto C del predetto accordo (che prevedeva che le indagini dovevano essere svolte in più fasi, secondo il programma approvato dal Comune RAGIONE_SOCIALE e nei tempi e secondo le indicazioni e le prescrizioni fornite dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE).
In definitiva, secondo la ricorrente, la responsabilità del committente concorre con quella dell ‘ appaltatore se emerge che il committente, tramite il direttore dei RAGIONE_SOCIALE, si è ingerito
nell ‘ esecuzione dell ‘ appalto (Cass. n. 1488/2013) e nella specie la corte territoriale, omettendo di esaminare il contenuto della lettera C dell ‘ accordo, ha omesso di considerare che nella specie vi è stata ingerenza della RAGIONE_SOCIALE nell ‘ esecuzione delle attività oggetto di appalto da parte della RAGIONE_SOCIALE
Anche detto motivo è inammissibile.
Invero, ormai da un decennio le Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. n. 8053/2014) hanno avuto modo di precisare che <>.
Orbene, l ‘ inammissibilità del motivo consegue per l ‘ appunto al fatto che l ‘ omesso esame di elementi istruttori non integra il vizio di omesso esame di un fatto decisivo ogniqualvolta il fatto storico sia stato comunque preso in considerazione dal Giudice
anche se la sentenza non ha dato conto di tutte le risultanze istruttorie.
Tanto si verifica per l ‘ appunto nel caso di specie, nel quale parte ricorrente si duole del mancato esame della clausola di un documento (il punto ‘ C ‘ del conferimento di incarico), che la corte territoriale ha evidentemente ritenuto non rilevante, o comunque recessivo, alla luce degli altri elementi posti a base della motivazione (e, in particolare, dell ‘ art. 8 del capitolato, che prevedeva l ‘ obbligo per la aggiudicatrice di ottenere tutti i permessi e l ‘ assunzione di responsabilità per la stessa in caso di danni nell ‘ esecuzione dei RAGIONE_SOCIALE e che stabiliva a carico della ditta appaltatrice, in caso di indagini da eseguirsi in centri abitati, l ‘ onere di assumere le informazioni per l ‘ individuazione dei cavi presenti sotto il piano di campagna e la esclusiva responsabilità della stessa in caso di danni in fase di preparazione ed esecuzione): e tanto se non altro con riferimento alle circostanze della specifica vicenda in esame, connotata dal carattere dirimente dell ‘ inottemperanza ad una specifica disposizione pure impartita.
In definitiva, contrariamente a quanto ritenuto da parte ricorrente, l ‘ autonomia organizzativa della società RAGIONE_SOCIALE e l ‘ eventuale ingerenza della società RAGIONE_SOCIALE nell ‘ operato della prima, quand ‘ anche possa considerarsi fatto fenomenico ai fini del nuovo testo del n. 5 dell ‘ art. 360 cit., sarebbe pur sempre un fatto decisivo che, ben lungi dall ‘ essere stato omesso, è stato esaminato e risolo dalla corte territoriale, che, ad esito di un articolato percorso motivazionale, è giunta ad affermare la esclusiva responsabilità di RAGIONE_SOCIALE nella causazione del sinistro.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese sostenute da parte resistente, nonché la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell ‘ importo, previsto per legge ed
indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020, n. 4315).
P. Q. M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, spese che liquida in euro 11.000 per compensi, oltre, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2024, nella camera di