Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 325 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 325 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/01/2024
ORDINANZA
OGGETTO: sanzioni amministrative
R.G. 13354/2022
C.C. 28-11-2023
sul ricorso n. 13354/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME c.f. ZVLNDR78A24C573V, COGNOME NOMECOGNOME c.f. GNCMRC70B13C573F, NOMECOGNOME c.f. PGLCRS74T21C573D, NOMECOGNOME c.f. RCCNRC78S16C573Q, COGNOME, COGNOME RAGIONE_SOCIALE, p.i. P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliati in Roma presso l’avv. COGNOME, nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrenti
contro
COMUNE DI CESENA, c.f. 00143280402, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso da ll’avv. NOME COGNOME con indirizzo pec EMAIL controricorrente avverso la sentenza n. 406/2022 della Corte d’appello di Bologna
pubblicata il 16-3-2022
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2811-2023 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con sentenza n. 406 pubblicata il 16-32022 la Corte d’appello di Bologna ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e Chiosco COGNOME di COGNOME, COGNOME RAGIONE_SOCIALE alla sentenza n. 335/2021 del Tribunale di Forlì, che aveva rigettato le loro opposizioni a quattro ordinanzeingiunzione emesse dal Comune di Cesena.
Le ordinanze-ingiunzione erano state emesse assumendo che la sera del 22-82022 dalle ore 22,16 alle ore 23,32, a causa dell’attività musicale effettuata a supporto dell’attività del pubblico esercizio -bar ‘RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO‘, gestito da RAGIONE_SOCIALE, tutti i legali rappresentanti della società si erano resi responsabili dell’illecito relativo al ‘superamento del limite in facciata ex art. 3 tab. 1 cat. 4 del Regolamento per la disciplina delle attività rumorose del Comune di Cesena (Del. C.C. 169 del 27-09-2007), sanzionato dal combinato disposto dell’art. 13 del Regolamento comunale e dell’art. 10 co.3 della L. 447/95’; per tale ragione era stata irrogata a ciascuno dei legali rappresentanti della società autonoma sanzione di Euro 516,00, configurando per ogni sanzione la responsabilità solidale della società.
Per quanto interessa in relazione ai motivi di impugnazione proposti, la sentenza ha dichiarato che i trasgressori persone fisiche erano stati individuati correttamente negli amministratori legali rappresentanti della società, i quali ai sensi degli artt. 2291 e 2298 cod. civ. avevano il poteredovere di controllo e vigilanza su tutta l’attività e avevano il dovere di rispettare la normativa in materia di inquinamento acustico; ha aggiunto che a ciascun socio era stato contestato l’illecito non tanto per esserne l’autore materiale, quanto
per non avere vigilato né adottato alcun accorgimento tecnico per evitare la violazione contestata; i soci amministratori avevano l’obbligo di rispettare e attivarsi per fare rispettare i limiti normativi imposti alla loro attività produttiva in materia di inquinamento acustico e, poiché non l’avevano fatto, erano trasgressori ai fini dell’illecito contestato, per cui vi era concorso ai sensi dell’art. 5 legge 689/1981, che prevedeva sanzione autonoma per ciascun trasgressore.
La sentenza ha altresì dichiarato, tra l’altro, che il microfono durante gli accertamenti era regolarmente dotato di cuffia antivento come previsto dall’allegato B, punto 7 del D.M. 16 -3-1998; ha osservato che i tecnici dell’Arpa avevano precisato nelle lo ro controdeduzioni che ciò non era espressamente specificato nel rapporto di prova in quanto era ricompreso nel paragrafo ‘inquadramento normativo’ del rapporto di prova, ove veniva citata la normativa di riferimento a cui si atteneva chi eseguiva i rilievi. La sentenza ha altresì considerato che l’allegato D lett. c) D.M. 16 -3-1998 al quale facevano riferimento gli stessi appellanti prevedeva che nel rapporto di prova dovevano essere indicati i dati della strumentazione impiegata e del relativo grado di pr ecisione e perciò la censura relativa all’omessa indicazione del tipo di microfono utilizzato era infondata, in quanto il microfono del fonometro era parte integrante della catena di misura/rilevazione del fonometro medesimo; l’apparecchiatura ‘fonometro’ era composta da fonometro-microfono-preamplificatore, come risultava a pag. 2 del certificato di tarature n. 2954 e perciò, mediante l’indicazione a pag. 6 del Rapporto di prova dei dati del fonometro utilizzato e del relativo certificato di taratura, era stato adempiuto a quanto richiesto dalla normativa.
2.NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE di COGNOME, COGNOME RAGIONE_SOCIALE hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
Comune di Cesena ha resistito con controricorso.
3.In data 17-4-2023 il Presidente ha depositato proposta di definizione anticipata ex art. 380-bis cod. proc. civ. come sostituito dal d.lgs. 10-102022 n. 149, sulla base dell’assunto che il ricorso fosse improcedibile ex art. 369 co. 2 n. 2 cod. proc. civ.; ciò perché nel ricorso era stato dichiarato che la sentenza era stata notificata il 28-32022 e non vi era traccia negli atti della relata di notificazione, per cui non era possibile verificare se la notifica del ricorso per cassazione, eseguita il 27-5-2022 a fronte di sentenza pubblicata il 16-3-2022, fosse avvenuta nel rispetto del termine di cui all’art. 325 cod. proc. civ.
Con memoria depositata il 23-5-2023 unitamente alle nuove procure speciali i ricorrenti hanno chiesto la decisione, evidenziando che per mero errore materiale nel frontespizio del ricorso era stato dichiarato che la sentenza impugnata era stata notificata, perché sia a pag. 7 del ricorso, sia nelle conclusioni a pag. 20 del ricorso era stato esattamente dichiarato che la sentenza non era stata notificata; quindi, solo per tale ragione non era stata depositata la relata di notifica.
A seguito dell’opposizione alla definizione anticipata, il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex artt. 380 ult. co. cod. proc. civ. e 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 28 -11-2023 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 5 L. 689/1981 in relazione all’art. 360 c.1 n. 3 c.p.c.’ i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata individui nei soci amministratori della società gli autori materiali dell’illecito amministrativo soltanto in ragione di tale qualità, senza nemmeno indagare sulla natura
commissiva od omissiva della condotta che integra la violazione contestata e su chi fosse presente la sera della violazione.
I ricorrenti evidenziano che la struttura dell’illecito, relativo al superamento di limiti sonori posti dalla Tabella nello svolgimento di manifestazioni rumorose a carattere temporaneo, ha natura commissiva e lamentano che la sentenza abbia ritenuto i soci responsabili esclusivamente in ragione della loro carica, mentre gli stessi non possono essere automaticamente chiamati a rispondere dell’illecito. Lamentano che la Corte territoriale, affermando che a tutti i soci è stato contestato l’illecito per non a vere vigilato né adottato alcun accorgimento tecnico idoneo a evitare la violazione, abbia violato il principio secondo il quale è necessaria la prova della condotta che integra la violazione. Lamentano altresì che la Corte territoriale abbia ritenuto di potere configurare nella fattispecie un concorso di persone ai sensi dell’art. 5 legge 689/1981, in quanto in assenza di un contributo causale non si configura il concorso di persone e nella fattispecie non è stato accertato chi fosse l’autore materiale dell’illecito, ma neppure quali condotte avessero posto in essere i concorrenti.
2.Con il secondo motivo ‘ nullità della sentenza per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 co.1 n. 4 c.p.c.’ i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., per avere la sentenza impugnata ritenuto non provate circostanze che dovevano ritenersi pacifiche. Evidenziano che già nel ricorso i ricorrenti avevano allegato, e la controparte non aveva contestato, che i soci non erano presenti presso il chiosco la sera della contestata violazione, per cui doveva ritenersi provata la non riferibilità a loro della violazione.
3.Con il terzo motivo ‘ nullità della sentenza per violazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 co.1 n. 4 c.p.c. nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.’ i ricorrenti rilevano che già nel ricorso avevano eccepito la
mancanza di prova che il microfono fosse dotato di cuffia antivento, come prescritto dall’art. 7 Allegato B D.M. 16 -3-1998. Lamentano che la sentenza impugnata abbia ritenuto sufficiente a integrare la prova il mero richiamo alla normativa applicabile contenuto nel rapporto e sostengono che perciò manchi la prova che la misurazione sia avvenuta in ottemperanza alla predetta norma e segnatamente che il microfono fosse dotato di cuffia antivento.
4.Con il quarto motivo ‘ nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c.’ i ricorrenti sostengono la nullità della sentenza per motivazione meramente apparente e generica, laddove ha dichiarato che il microfono era regolarmente dotato di cuffia antivento; evidenziano che la sentenza si era limitata a copiare pedissequamente quanto dedotto dal Comune di Cesena in ordine al fatto che i tecnici dell’Arpa nelle loro deduzioni avevano dichiarato che la citazione della normativa di riferimento comprendeva anche l’utilizzo di microfono fornito di cuffia antivento, senza chiarire perché il mero richiamo alla normativa applicabile provasse che le disposizioni fossero state applicate e rispettate.
5.Il giudizio non può essere definito in conformità della proposta di definizione anticipata, in quanto non sussiste la causa di improcedibilità del ricorso prospettata nella proposta, dovendosi recepire le deduzioni svolte dai ricorrenti nel chiedere la decisione, che non sono state contrastate neppure del Comune controricorrente.
L’affermazione contenuta nella prima pagina del ricorso, relativa al fatto che la sentenza impugnata era stata notificata, è stata immediatamente superata dalle affermazioni contenute alle pagg. 7 e 20 dello stesso ricorso, laddove si legge che la sentenza non è stata notificata. La dichiarazione relativa al fatto che la sentenza non era stata notificata, ripetuta alle pagg. 7 e 20 del ricorso, evidentemente indica che la precedente affermazione sull’avvenuta notifica era un
refuso, un mero errore materiale e giustifica il mancato deposito della relata di notificazione della sentenza, della quale la parte evidentemente non era in possesso in mancanza di notificazione della sentenza.
Quindi, sulla base di quanto osservato, non trova applicazione il principio posto, per tutte, da Cass. Sez. 6 7-6-2021 n. 15832 Rv. 66187401, secondo il quale l’allegazione della parte sull’avvenuta notifica della sentenza comporta l’improcedibilità del r icorso nel caso in cui la relata di notifica non sia depositata.
Come rilevato da Cass. Sez. U 6-7-2022 n. 21349 Rv. 665188-01, la dichiarazione contenuta nel ricorso per cassazione sull’avvenuta notificazione della sentenza attesta un fatto processuale -la notificazione della sentenza idoneo a fare decorrere il termine breve di impugnazione- ed è manifestazione di autoresponsabilità della parte; pertanto, tale manifestazione di autoresponsabilità non può essere integrata da una dichiarazione che, seppure contenuta nel ricorso, nello stesso ricorso è stata corretta, così da risultare all’evidenza affetta da errore materiale. Nel caso in esame, però, la situazione, come si è visto, è ben diversa.
6.Sono infondati il terzo e il quarto motivo di ricorso – da esaminare logicamente con priorità – aventi entrambi ad oggetto le modalità di accertamento dell’illecito, relativamente alla questione della dotazione di cuffia antivento nel microfono con il quale sono stati eseguiti i rilievi.
7.Si esclude la violazione degli artt. 2697 cod. e 115 cod. proc. civ. lamentata con il terzo motivo, dovendosi dare continuità al principio secondo il quale in tema di ricorso per cassazione la violazione dell’art. 2697 cod. civ. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova a una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione della
fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni mentre, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. occorre denunciare che il giudice, contraddicendo la regola posta da tale disposizione, abbia fondato la decisione su prove non introdotte dalle parti ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutogli e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggiore forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre prove, essendo tale attività consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass. Sez. 6 -3 23-10-2018 n. 26769 Rv. 650892; sulla deduzione della violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., Cass. Sez. U 30-9-2020 n. 20867 Rv. 659037-01).
Nella fattispecie la sentenza impugnata non è incorsa in alcuna delle violazioni lamentate in quanto, a fronte del rilievo degli appellanti in ordine alla mancanza di prova sul fatto che il microfono con il quale erano state eseguite le misurazioni fosse dotato della cuffia antivento prevista dall’allegato B, punto 7 del D.M. 16 -3-1998, ha espressamente recepito le deduzioni dei tecnici dell’Arpae secondo le quali nel paragrafo ‘inquadramento normativo’ del rapporto di prova era stata indicata la normativa di riferimento alla quale si atteneva chi eseguiva i rilievi, tra cui il D.M. 16-3-1998 che prevedeva anche la cuffia antivento. In questo modo la Corte d’appello ha valutato il rapporto di prova eseguito dagli accertatori, così esattamente ponendo l’onere della prova sul punto in capo alla Pubblica Amministrazione, in quanto si trattava di fatto costitutivo della pretesa sanzionatoria; nel contempo la Corte territoriale ha riconosciuto al rapporto di prova il contenuto necessario ad attestare anche la circostanza relativa alla presenza della cuffia sul microfono, così esercitando l’attività valutativa della prova consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. e svolgendo l’apprezzamento di merito, ad essa spettante e in sé insindacabile in sede di legittimità.
8.Dalle ragioni esposte consegue che è infondato anche il quarto motivo, in quanto non è configurabile neppure la nullità della sentenza per mancanza o apparenza della motivazione sulla questione relativa alla presenza della cuffia antivento sul microfono.
Si richiama il principio secondo il quale, a fronte dell’attuale formulazione dell’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ., il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale richiesto dall ‘art. 111 co. 6 Cost., che viene violato soltanto quando la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o sia perplessa e obiettivamente incomprensibile, essendo esclusa qualsiasi rilevanza alla mera insufficienza della motivazione (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 1 3-3-2022 n. 7090 Rv. 664120-01). Nella fattispecie, secondo la tesi dei ricorrenti, la motivazione sarebbe nulla in quanto la sentenza si era limitata a recepire quanto dedotto dal Comune di Cesena e invece avrebbe dovuto spiegare perché il richiamo alla normativa applicabile eseguita nel rapporto di prova dovesse provare che effettivamente le disposizioni fossero state rispettate. In questo modo in sostanza i ricorrenti, in quanto lamentano che la sentenza non abbia esplicitato le ragioni sulle quali ha fondato la valutazione sulla rilevanza probatoria del rapporto di prova, lamentano una mera insufficienza della motivazione, in sé irrilevante; esclude la mancanza o l’apparenza della motivazione il dato che la sentenza, esponendo di recepire le deduzioni dei tecnici dell’Arpae, abbia espressamente esposto e considerato che era lo stesso rapporto di prova a richiamare le disposizioni a cui si attiene chi esegue i rilievi, perché in questo modo la sentenza ha esposto il concetto che fossero state richiamate nel rapporto le disposizioni applicate nell’esecuzione dell’accertamenti.
9.Il primo motivo di ricorso è invece fondato perchè la sentenza impugnata non ha deciso la relativa questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Suprema Corte.
In materia di sanzioni amministrative, ai sensi dell’art. 6 co.3 legge 24 novembre 1981 n. 689, la responsabilità per l ‘illecito amministrativo compiuto da soggetto che abbia la qualità di legale rappresentante della società o dell’ente grava sull’autore medesimo e non sull’ente, solo solidalmente obbligato al pagamento delle somme corrispondenti alle sanzioni irrogate (Cass. Sez. 2 13-5-2010 n. 11643 Rv. 613203, per tutte). E’ altresì acquisito il principio secondo il quale, ai sensi dell’art. 3 legge 689/ 1981, è responsabile della violazione amministrativa solo la persona fisica alla quale sia riferibile l’azione o l’omissione che integra la violazione per cui, qualora l’illecito sia ascrivibile in astratto a una società di persone, non possono essere automaticamente chiamati a risponderne i soci amministratori, solo in base a tale loro qualità, essendo indispensabile accertare che essi abbiano tenuto una condotta attiva o omissiva che abbia integrato l’illecito, sia pure solo sotto il profilo del concorso morale (Cass. Sez. 2 2-3-2021 n. 24373, Cass. Sez. 2 28-11-2018 n. 30766 Rv. 651534, Cass. Sez. 2 6-12-2011 n. 26238 Rv. 619805-01, Cass. Sez. L 10-121998 n. 12459 Rv. 521525-01).
Quindi, come si legge in Cass. 24373/2021, in primo luogo bisogna verificare se l’illecito sia commissivo od omissivo, in quanto « in forza dell’art. 3 legge n. 689 del 1981, risponde dell’illecito, se consistente in un comportamento attivo, il singolo socio che lo ha posto in essere, senza che sia invocabile, al fine di ritenere la responsabilità di tutti i soci, l’art. 2291 cod. civ ., posto che tale norma delinea per il singolo socio la responsabilità civile conseguente ad obbligazione della società (anche quale contenuto di eventuale sanzione amministrativa), responsabilità che, unitaria, resta però divisa per il numero dei soci,
ma non prevede la diretta responsabilità di ogni singolo socio per eventuali obbligazioni, anche amministrative. Ove, invece, la violazione amministrativa sia integrata da un’omissione, rispondono di essa i soci ai quali è stata attribuita l’amministrazion e della società a norma dell’art. 2295 cod. civ.» . Del tutto analogamente, già in Cass. Sez. L 12459/1998 si legge che, con riferimento alle società di persone il principio posto dall’art. 3 legge 689/1981 secondo il quale la responsabilità per le sanzioni amministrative è personale, comporta che se «per la violazione di legge è richiesto un comportamento positivo, la responsabilità della condotta illecita ricade solo su chi materialmente l’ha messa in essere (salvo l’eventuale concorso morale o materiale di altre persone fisiche, e in particolare di altri amministratori, che sia provato dall’autorità irrogatrice d ella sanzione); qualora, invece, sia in questione un comportamento omissivo, come il mancato versamento alle scadenze previste dalla legge dei contributi previdenziali dovuti per un lavoratore dipendente, rileva il dovere di provvedere incombente personalmente su ciascuno dei soci aventi il potere di amministrare la società» .
Del resto, la circostanza che sussista in capo a tutti i soci amministratori la responsabilità per le obbligazioni sociali e perciò anche la responsabilità per il rispetto delle disposizioni che regolamentano l’attività svolta è in sé in sufficiente a ritenere l’esistenza del concorso morale del socio amministratore, essendo a tal fine necessario uno specifico apporto alla condotta illecita. Deve darsi continuità anche al principio secondo il quale l’art. 5 legge 689/1981 che contempla il concorso di persone recepisce i principi fissati dal codice penale, per cui rende applicabile la pena pecuniaria all’autore o ai coautori dell’infrazione e a coloro che abbiano dato un contributo causale alla consumazione dell’illecito, pure se esclusivamente sul
piano psichico (Cass. Sez. 6-2 24-6-2015 n. 13134 Rv. 635700-01, Cass. Sez. 1 22-9-2006 n. 20696 Rv. 592238-01).
Nella fattispecie, la sentenza impugnata non ha fatto applicazione dei principi esposti, in quanto ha affermato che tutti gli amministratori avevano l’obbligo di rispettare e attivarsi per fare rispettare i limiti normativi imposti alla loro attività produttiva in materia di inquinamento acustico e, poiché non l’hanno fatto, sono trasgressori in concorso. Così argomentando, la sentenza non ha considerato che l’illecito contestato, integrato dalla condotta di avere superato i limiti di rumorosità nell’attivi tà svolta in data 22-8-2012, aveva struttura commissiva; la circostanza che tutti i soci amministratori avessero l’obbligo di rispettare le disposizioni in materia di inquinamento acustico non comportava di per sé e automaticamente che tutti i soci amminis tratori avessero tenuto la condotta positiva integrante l’illecito commesso il 22-8-2012 o avessero tenuto condotta omissiva sotto il profilo del concorso morale.
10.La fondatezza del primo motivo di ricorso per le ragioni esposte comporta l’assorbimento del secondo motivo, avente a oggetto circostanze relative alla responsabilità dei singoli soci da accertare nel giudizio di rinvio, e impone la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ex art. 384 co.2 cod. proc. civ. alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione, la quale procederà alla decisione facendo applicazione dei principi esposti e statuirà anche sulle spese del giudizio di legittimità ex art. 385 co. 3 cod. proc. civ.
P.Q.M.
La Corte rigetta il terzo e il quarto motivo di ricorso, accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione