LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Responsabilità sindaco società: la vigilanza omessa

La Cassazione conferma il rigetto della domanda di compenso di un sindaco di una società fallita. La decisione si fonda sulla sua omessa vigilanza e mancata reazione alla mala gestio degli amministratori, integrando un grave inadempimento che giustifica l’eccezione della curatela. La pronuncia chiarisce la portata della responsabilità del sindaco di società.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Responsabilità sindaco società: la vigilanza omessa non dà diritto al compenso

Introduzione: Il Ruolo Cruciale dell’Organo di Controllo

La figura del sindaco all’interno di una società di capitali ricopre un ruolo di garanzia fondamentale per la tutela della società stessa, dei soci e dei terzi. Ma cosa accade se questo ruolo viene meno? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema della responsabilità del sindaco di società, stabilendo che un’omessa o insufficiente vigilanza sulla gestione degli amministratori può non solo esporlo a richieste di risarcimento, ma anche privarlo del diritto al proprio compenso. Analizziamo questo caso emblematico.

I Fatti del Caso: una Vigilanza Messa in Discussione

La vicenda trae origine dalla richiesta di un sindaco di essere ammesso al passivo del fallimento di una S.p.A. per ottenere il pagamento del suo compenso maturato negli ultimi anni di attività. La curatela fallimentare si opponeva, sollevando un’eccezione di inadempimento: sosteneva che il sindaco non avesse adempiuto correttamente ai suoi doveri di vigilanza, contribuendo di fatto ad aggravare il dissesto della società.

In particolare, venivano contestati due episodi di mala gestio da parte degli amministratori, rispetto ai quali il sindaco non avrebbe reagito:
1. La sottoscrizione di una scrittura ‘ricognitiva’ con la società holding del gruppo, che posticipava ingiustificatamente la restituzione di un ingente finanziamento, destinato peraltro ad attività estranee all’oggetto sociale della società poi fallita.
2. La mancata svalutazione di un considerevole credito iscritto a bilancio verso un’altra società del gruppo, nota per essere completamente insolvente (‘decotta’).

Secondo la curatela, il sindaco, pur essendo a conoscenza di queste gravi irregolarità (anche in virtù del suo ruolo di sindaco nella holding stessa), non aveva posto in essere alcuno strumento concreto di reazione, venendo meno ai suoi obblighi di controllo.

La Responsabilità del Sindaco di Società secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, confermando la decisione del Tribunale, ha rigettato il ricorso del sindaco, delineando con chiarezza i contorni della responsabilità del sindaco di società. Il principio cardine è che il dovere di vigilanza imposto dall’art. 2407 c.c. non si esaurisce in un mero controllo formale e burocratico.

Il sindaco ha l’obbligo di reagire in modo tempestivo e concreto di fronte ad atti di dubbia legittimità o palese irregolarità degli amministratori. Non basta ‘rilevare’ il problema; è necessario attivare tutti gli strumenti che la legge mette a disposizione per contrastare la mala gestio e prevenirne le conseguenze dannose.

La Corte ha inoltre chiarito la ripartizione dell’onere della prova: spetta alla curatela allegare e provare i fatti storici che dimostrano la cattiva gestione degli amministratori e la deviazione della condotta del sindaco dagli standard di vigilanza richiesti. Una volta provato ciò, spetta al sindaco dimostrare di aver adempiuto esattamente al proprio dovere, ossia di aver vigilato adeguatamente e di aver attivato, con la diligenza professionale richiesta, i poteri inerenti alla sua carica.

L’Inadempimento che Giustifica il Mancato Pagamento

La mancata reazione del sindaco di fronte a operazioni palesemente dannose per la società è stata qualificata come un grave inadempimento contrattuale. Tale inadempimento, secondo la Corte, legittima pienamente il rifiuto della curatela di pagare il compenso, in applicazione del principio generale dell’eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.). In sostanza, non si può pretendere il pagamento per una prestazione che non è stata eseguita o è stata eseguita in modo gravemente difettoso.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si sono concentrate sulla condotta omissiva del sindaco. I giudici hanno ritenuto che il Tribunale avesse correttamente accertato, in via incidentale, la mala gestio degli amministratori. Di fronte a tale gestione dannosa, il sindaco non ha fornito prova di aver intrapreso azioni concrete. La Corte ha sottolineato che non è sufficiente per il sindaco lamentare genericamente che non gli siano stati indicati gli strumenti da usare; la legge (codice civile) offre diverse opzioni, come la convocazione dell’assemblea per fatti censurabili di rilevante gravità (art. 2406 c.c.) o la denunzia al Tribunale (art. 2409 c.c.). L’inerzia del sindaco ha permesso che le conseguenze negative degli atti di mala gestio si producessero, aggravando il dissesto che ha poi condotto al fallimento. Questo aggravamento rappresenta il danno causalmente collegato all’inadempimento del sindaco, un ‘quid pluris’ rispetto all’inadempimento stesso. Le argomentazioni del ricorrente, volte a presentare una diversa ricostruzione dei fatti (sostenendo che la società non fosse in crisi o che esistessero garanzie adeguate), sono state ritenute inammissibili in sede di legittimità, in quanto miravano a un nuovo esame del merito della causa.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per gli Organi di Controllo

L’ordinanza in esame rappresenta un monito importante per tutti coloro che ricoprono cariche negli organi di controllo societari. La responsabilità del sindaco di società è una responsabilità di mezzi e di risultato, che richiede un atteggiamento proattivo e non meramente passivo. Il compenso è la contropartita di una vigilanza effettiva, non della mera accettazione della carica. In caso di fallimento, il sindaco che non possa dimostrare di aver agito con la massima diligenza per arginare le condotte illecite degli amministratori rischia non solo di essere chiamato a risarcire i danni, ma anche di vedersi negato il diritto a percepire quanto pattuito per il suo incarico. La vigilanza deve essere sostanziale, concreta e, se necessario, incisiva, utilizzando tutti gli strumenti legali per proteggere l’integrità del patrimonio sociale.

Può il curatore fallimentare rifiutare il pagamento del compenso al sindaco della società fallita?
Sì, il curatore può legittimamente rifiutare il pagamento sollevando l’eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.) se dimostra che il sindaco è venuto meno in modo grave ai suoi doveri di vigilanza sulla gestione degli amministratori, contribuendo così al dissesto della società.

Qual è il contenuto del dovere di vigilanza del sindaco per evitare la responsabilità?
Il dovere di vigilanza non è un mero controllo formale. Richiede una reazione attiva, tempestiva e concreta di fronte a irregolarità o atti di mala gestio degli amministratori. Il sindaco deve utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione (es. convocazione dell’assemblea, denunzia al tribunale) per contrastare tali condotte e prevenirne i danni.

Chi deve provare l’inadempimento del sindaco nel giudizio di opposizione al passivo?
L’onere della prova è ripartito: il curatore fallimentare deve allegare e provare i fatti storici che costituiscono la mala gestio degli amministratori e l’inerzia del sindaco. A quel punto, spetta al sindaco dimostrare di aver adempiuto correttamente ai propri doveri, provando di aver agito con diligenza e di aver posto in essere le reazioni opportune.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati