Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17167 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17167 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 05837/2022 R.G., proposto da
Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale ‘Antonio COGNOME‘ , in persona del direttore generale e legale rappresentante pro tempore ; rappresentata e difesa da ll’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura in calce al ricorso per cassazione; con domiciliazione digitale ex lege ;
-ricorrente-
nei confronti di
L.D.
;
-intimato- per la cassazione della sentenza n. 2958/2021 della CORTE d ‘ APPELLO di NAPOLI, depositata il 27 luglio 2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Napoli rigettò la domanda proposta da L.D.
nei confronti dell’Azi enda Ospedaliera di Rilievo Nazionale ‘NOME COGNOME‘ (di seguito anche ‘AORN COGNOME‘) , di risarcimento dei danni subìti in conseguenza delle lesioni riportate per la caduta dal letto avvenuta il 12 aprile 2005, durante il ricovero ospedaliero per l’assunzione di farmaci in dosi non terapeutiche, causata dalla mancanza di dispositivi di protezione, asseritamente da reputarsi necessari in relazione alla sua condizione di disorientamento e agitazione.
Il Tribunale osservò, per un verso, che, all’esito della CTU espletata, non sussisteva il denunciato inadempimento della struttura sanitaria per omessa predisposizione delle sbarre di protezione sul letto dal quale si era verificata la caduta, perché le condizioni psico-fisiche del paziente e la sua età (51 anni) non imponevano alcuna misura di contenzione; per altro verso, che non potevano essere valutate le ulteriori considerazioni medico-legali del CTU, nella parte in cui avevano ravvisato, in capo alla struttura sanitaria, il diverso profilo di responsabilità consistente nella omessa tempestiva esecuzione, dopo la caduta dal letto del sig. , delle indagini cliniche (visita ortopedica) e strumentali (radiografia) che avrebbero consentito di accertare immediatamente la frattura scomposta al gomito destro da lui riportata in seguito all’ incidente; frattura che era stata invece diagnosticata soltanto a distanza di 24 ore con un colpevole ritardo che ne aveva aggravato gli esiti, così contribuendo a causare il danno all’integrità fisica lamentato dall’attore . L.D.
Il Tribunale, infatti, reputò che quest’ultimo avesse allegato, quale fatto posto a fondamento della domanda risarcitoria, unicamente il primo profilo di inadempimento ( l’omessa predisposizione di dispositivi di protezione idonei a prevenire la caduta dal letto ), non anche il secondo ( la ritardata effettuazione degli accertamenti clinici e strumentali per diagnosticare gli esiti della caduta ) e che la mancata assoluzione dell’onere asser tivo in relazione a tale secondo profilo non poteva essere sopperita dall’ accertamento del consulente tecnico d’uffic io.
2. A seguito di gravame da parte di , la Corte d ‘ appello di Napoli, alla luce di una diversa interpretazione della domanda da lui proposta, ha invece ritenuto che egli avesse posto a fondamento della pretesa risarcitoria entrambi i profili di inadempimento; conseguentemente, esclusa la sussistenza del primo, alla stregua delle risultanze dell ‘indagine p eritale ha invece ritenuto sussistente il secondo e ha accertato la responsabilità della struttura sanitaria convenuta. L.D.
Sotto il profilo del quantum , la Corte territoriale, escluso il riconoscimento di conseguenze pregiudizievoli sul piano patrimoniale e morale, con riguardo al danno biologico ha tenuto conto della circostanza che, secondo le conclusioni del CTU, l’inadem pimento della struttura sanitaria aveva aggravato la menomazione già causata dalla caduta accidentale dal letto: questa menomazione, consistente in ‘esiti anatomo-funzionali della frattura scomposta della epifisi distale dell’omero destro’ , aveva infatti ex se determinato un’inabilità permanente di grado pari al 5,5%; l’omissione dei sanitari aveva
contribuito ad aggravare le conseguenze pregiudizievoli della frattura, consentendo una più incisiva scomposizione e una più estesa dislocazione dei frammenti ossei ed incidendo negativamente sul recupero anatomo-funzionale, così residuando in capo al paziente una inabilità permanente complessiva di grado pari al 10%.
Ciò posto, in applicazione del criterio di liquidazione del danno in presenza di menomazioni preesistenti ‘concorrenti’ affermato da questa Corte (è stata citata Cass. n.29986/2019), il giudice d’ appello ha dapprima proceduto alla conversione di entrambi le percentuali (quella dell’invalidità complessiva e quella dell’invalidità preesistente all’illecito) in una somma di denaro, quantificando la prima (in applicazione delle tabelle milanesi, in quanto di grado pari al 10%) nell ‘importo di Euro 16.858,00, e la seconda (in applicazione del criterio di cui all’art. 139 del codice delle assicurazioni, in quanto di grado pari al 5,5%) , nell’importo di Euro 5.729,00; successivamente ha sottratto al valore monetario dell ‘ invalidità complessivamente accertata quello corrispondente al grado di invalidità preesistente, così ottenendo la somma di Euro 11.129,00; a questa somma, attribuita a titolo di risarcimento del danno biologico da invalidità permanente, ha aggiunto l’ ulteriore somma di Euro 1.187,25, per il risarcimento del danno biologico da inabilità temporanea, in conformità alla stima del CTU.
P ropone ricorso per cassazione l’AORN COGNOME sul la base di cinque motivi.
Non svolge difese in sede di legittimità
l’intimato L.D.
L a trattazione del ricorso, già fissata per l’adunanza camerale dell’11 dicembre 2024 (in vista della quale l’azienda ospedaliera ricorrente aveva depositato breve memoria) è stata, previo rinvio a nuovo ruolo, effettuata all’odierna adunanza, in vista della quale l a ricorrente ha depositato nuova memoria.
Il Procuratore Generale non ha depositato conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo viene denunciata, ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ., nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 112, 113, 115, 116, 164 e 183, comma 6, cod. proc. civ, nonché, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., violazione dell’art. 2051 cod. civ..
Sostiene l’azienda ospedaliera ricorrente che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, « la pretesa risarcitoria avanzata dal sig. dinanzi al Tribunale si fondava soltanto sull’evento della caduta dal letto per mancanza di barriere laterali … e non piuttosto anche sull’asserito ritardo di assistenza sanitaria in conseguenza della caduta ». L.D.
Essendo circoscritta la causa petendi all’omessa predisposizione di dispositivi di protezione sul letto dell’ospedale , il giudice di primo grado aveva debitamente incentrato l’attività istruttoria e calibrato il quesito peritale sull ‘accertamento di tale specifico inadempimento.
Il CTU, discostandosi dal quesito postogli, aveva invece ipotizzato l’ulteriore profilo di responsabilità per il ritardo nella diagnosi della frattura, ma tale accertamento non rientrava nell’ oggetto del giudizio ed era estraneo al thema decidendum .
Pertanto, erroneamente la Corte d’ appello, facendo riferimento all ‘atto di citazione e ad una generica memoria ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., avrebbe ritenuto che l’atto re avesse « allegato l’ errore medico consistente nell’omessa diagnosi per oltre 24 ore », atteso, da un lato, che non si riscontrava alcuna allegazione in tal senso nell’atto introduttivo del giudizio e considerata , dall’altro, l’impossibilità di proporre domande nuove con una memoria istruttoria, nella specie, tra l’altro , depositata in replica a una difesa fondata sul richiamo all’art.2051 cod. civ., dunque inequivocabilmente diretta a contestare il profilo di responsabilità ipoteticamente correlato all’incidente ospedaliero, non quello derivante dalla condotta omissiva dei sanitari.
La sentenza impugnata, avendo provveduto su una domanda diversa da quella proposta dall’attore, sarebbe quindi nulla, per « violazione del principio fondamentale della necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato sancito dall’art. 112 c.p.c. ».
Inoltre, poiché essa azienda ospedaliera si era difesa solo in relazione al profilo di inadempimento allegato dalla parte (concretante una violazione del contratto di spedalità), il quale era completamente diverso da quello indebitamente accertato dal CTU (concretante un profilo di responsabilità medica), la sentenza, avendo provveduto anche su tale diverso profilo, sarebbe altresì nulla per « grave violazione delle norme poste a garanzia del contraddittorio e del diritto di difesa di cui agli artt. 101, 112, 113, 115 e 116 c.p.c. ».
1.2. Con il secondo motivo viene denunciata, ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ., nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 112, 115, 116, 191 ss. e 194 ss. cod. proc. civ, nonché, ex art.
360 n. 3 cod. proc. civ., violazione degli artt. 2697, 2727, 2729, 1218 ss. e 2051 cod. civ..
Movendo dall’assunto che il CTU, discostandosi dal quesito postogli, aveva ipotizzato un fatto di inadempimento non allegato dall’attore , l ‘ente ospedaliero ricorrente sostiene che, per un verso, sarebbero state violate « le norme procedimentali e il principio del contraddittorio », per altro verso, mediante l’indagine peritale (« non solo meramente esplorativa, ma addirittura investigativa ») sarebbero stati indebitamente accertati fatti che era onere della parte allegare e provare.
L ‘azienda ospedaliera censura, inoltre, anche l’accertamento di merito operato dalla Corte territoriale, reputando che la « rilevanza dell’asserita attivazione non immediata dei sanitari », di cui neanche il CTU sarebbe stato « convinto », avrebbe « richiesto un più puntuale accertamento nel contraddittorio delle parti », e criticando la « mancata considerazione degli argomenti e delle prove acquisiti nel giudizio di primo grado ».
1.3. Con il terzo motivo viene nuovamente denunciata la nullità della sentenza e del procedimento, nonché la violazione degli artt. 163, 342, secondo comma, 345, 346, 347 e 366 cod. proc. civ..
L ‘ AORN COGNOME censura la sentenza impugnata per avere reputato che l’ appello proposto da resistesse al sindacato di ammissibilità ex art. 342 cod. proc. civ.. L.D.
Sostiene che, al contrario , l’appello avreb be dovuto essere dichiarato inammissibile, sia in ragione della mancata indicazione dei
capi della sentenza impugnata e delle relative, motivate censure, sia per essere stata proposta, con esso, una domanda nuova.
1.4. Con il quarto motivo viene denunciata, oltre alla nullità della sentenza e del procedimento, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1223, 1227 e 2043 cod. civ..
La sentenza d’appello è censurata nella parte in cui, richiamando un principio affermato da questa Corte (è stata citata Cass. n. 6850/2018), ha osservato che, in materia di responsabilità sanitaria, il giudice non è rigidamente vincolato alle iniziali prospettazioni dell ‘ attore, stante la inesigibilità della individuazione ex ante di specifici elementi tecnico-scientifici, di norma acquisibili solo all’esito dell ‘ istruttoria e dell ‘ espletamento di una CTU, potendo pertanto accogliere la domanda nei confronti della struttura in base al concreto riscontro di profili di responsabilità diversi da quelli in origine ipotizzati, senza violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
L ‘ente ospedaliero ricorrente osserva che, nella fattispecie in esame, il richiamo al detto principio non sarebbe pertinente poiché non si discorre « delle diverse possibili configurazioni da un punto di vista scientifico di un medesimo fatto, di rilevanza medica », bensì « di due fatti ed eventi ben diversi e non sovrapponibili o comparabili (ossia la caduta da un letto per assenza di barriere e la ritardata radiografia) ».
1.5. Con il quinto motivo viene denunciata la violazione degli artt. 112, 113, 115 e 116 cod. proc. civ., 2697, 2727 e 2729 cod. proc. civ..
Viene censurata la liquidazione del danno operata dalla Corte d’appello : per essersi essa ‘appiattita’ acriticamente sulla relazione
peritale, rispetto ad un profilo esorbitante dal mandato conferito al consulente; per avere « illegittimamente ipotizzato un ‘danno da invalidità permanente ‘» a carico dell’appellante ; per averlo, infine, liquidato applicando retroattivamente una norma entrata in vigore successivamente all’evento .
Gli illustrati motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, in ragione dell’evid ente connessione derivante dalla circostanza che tutte le censure muovono da un unico, comune assunto: ovverosia che la causa petendi , in fatto, della domanda originariamente proposta con l’atto di citazione sarebbe stata circoscritta al profilo di inadempimento concernente l’ omessa predisposizione di dispositivi di protezione sul letto dal quale si era verificata la caduta e che solo in appello l’attore avrebbe posto a fondamento della pretesa risarcitoria il diverso profilo di inadempimento concernente la ritardata effettuazione degli accertamenti clinici e strumentali volti ad accertare gli esiti della caduta medesima.
2.1. L’ assunto è infondato.
La Corte territoriale , nell’es ercizio del potere di interpretazione della domanda, ha motivatamente ritenuto che , già nell’originario atto di citazione, avesse posto a fondamento della pretesa risarcitoria entrambi i surricordati profili di inadempimento, imputando alla struttura sanitaria sia la violazione dell’obbligo di predisposizione delle barriere di protezione, sia il ritardato compimento degli accertamenti diagnostici. L.D.
La Corte d’ appello ha tratto tale convincimento dall’esame del contenuto complessivo dell’atto introduttivo del giudizio ed in
particolare dal Capo d) dello stesso, nel quale l’attore non solo aveva riferito che il 13 aprile 2005, dopo essere stato ricoverato in condizioni di disorientamento ed in preda ad allucinazioni, era caduto dal letto per l’assenza di sbarre di protezione, ma aveva anche dedotto che « continuando a lamentare dolore alla spalla e al gomito destri solo in data 14.4.2005 (quindi il giorno successivo l’infortunio ) era stato sottoposto a controllo radiologico ed a consulenza ortopedica, che evidenziavano una frattura sovracondiloidea dell’omero destro poi trattata con apparecchio gessato ».
Secondo la Corte territoriale, dunque, la circostanza relativa alla caduta per la mancanza dei necessari dispositivi di protezione e quella del ritardato accertamento degli esiti della caduta ad opera dei sanitari erano state entrambe poste come circostanze di fatto costituenti le ragioni della domanda risarcitoria, come dimostrava anche il tenore di una delle memorie depositate ai sen si dell’art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., nella quale, replicando alle difese della azienda sanitaria convenuta , l’ attore aveva rimarcato « la gravissima negligenza, imprudenza ed imperizia dei sanitari, per aver disposto, in seguito alla caduta, gli opportuni accertamenti e le necessarie cure del caso solo il giorno seguente all’infortunio, lasciando il sig. ad affrontare, senza intervento medico, per oltre ventiquattro ore, una frattura sovr acondiloidea dell’omero destro ». L.D.
2.2. Ciò posto, va ricordato che la rilevazione e l’interpretazione del contenuto della domanda costituisce oggetto di un giudizio di fatto riservato al giudice del merito (Cass. 10/06/2020, n. 11103; Cass.21/09/2023, n. 27181), il quale è censurabile in sede di
legittimità solo quando risulti alterato il senso letterale o il contenuto sostanziale dell ‘ atto interpretato (Cass. 05/02/2004, n.2148) o quando, attraverso il non corretto esercizio dell’operazione interpretativa, vengano violati i limiti rappresentati, da un lato, dal rispetto del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato e, dall’altro, dal divieto di sostituire d’ ufficio un ‘ azione diversa da quella espressamente e formalmente proposta (Cass. 16/10/1979, n. 5399; Cass. 25/02/2019, n. 5402).
Nel caso in esame, il potere interpretativo è stato correttamente esercitato dalla Corte d’ appello sulla base del contenuto dell’ originario atto introduttivo del processo, sicché non è censurabile il giudizio del giudice del merito diretto a reputare che tra i fatti (cd.dd. principali ) allegati con la citazione e posti a fondamento del diritto azionato vi fosse sia l’omissione delle protezioni ( che ad avviso dell’ attore aveva determinato la caduta e la conseguente frattura), sia il ritardo degli accertamenti clinici e strumentali (che ne aveva aggravato gli esiti).
Il rilievo dell’insindacabilità del giudizio reso dalla Corte di merito sul duplice profilo della causa petendi in fatto della domanda risarcitoria implica l ‘infondatezza complessiva delle censure veicolate con i motivi di ricorso, mentre la seconda censura articolata con il secondo motivo, la prima articolata con il terzo motivo, nonché quelle articolate con il quarto e il quinto motivo sono persino inammissibili.
3.1. In primo luogo, non sussistono i vizi dedotti in relazione alla consulenza tecnica d’ ufficio, atteso che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il CTU non aveva affatto ipotizzato un profilo di responsabilità diverso da quello dedotto dall’attore , ma aveva svolto
la sua indagine tecnica in relazione ad una circostanza di fatto allegata dalla parte a fondamento della domanda risarcitoria.
L’accertamento tecnico era dunque immune da vizi, poiché il CTU non si era spinto ad accertare fatti principali ( id est , costitutivi del diritto azionato ) in presenza dell’omessa assoluzione dell’onere di allegazione da parte dell’attore (in tema, v. Cass. 1/02/2022, n.3086).
3.2. In secondo luogo, non sussiste il vizio di nullità della sentenza per extra-petizione, avendo invece la Corte provveduto nei limiti della domanda risarcitoria, così come da essa motivatamente e insindacabilmente interpetrata.
3.3. In terzo luogo, non è ipotizzabile la dedotta violazione del diritto di difesa e al contraddittorio, per essere stato indirizzato l’ accertamento giudiziale verso una circostanza di fatto (la ritardata effettuazione degli accertamenti diagnostici degli esiti della caduta dal letto) estranea all’ oggetto del giudizio, sulla quale l ‘azienda ospedaliera non avrebbe potuto fornire la prova liberatoria; al contrario, la predetta circostanza costituiva, secondo la motivata e insindacabile interpretazione del giudice del merito, parte della causa petendi in fatto dell’originaria domanda risarcitoria rispetto alla quale la convenuta aveva dunque il diritto -ma anche l’onere -di fornire la prova degli eventuali fatti impeditivi, modificativi od estintivi del diritto azionato nei suoi confronti.
3.4. In quarto luogo, neppure può imputarsi alla Corte territoriale il mancato rilievo dell’ inammissibilità dell’appello per violazione dell’art.345 cod. proc. civ .. mentre le omologhe censure formulate con riferimento agli artt. 348bis , 348ter e 342 cod. proc. civ. –
quest’ultima già rigettata nel merito dalla medesima Corte -sono, come sopra accennato, inammissibili, la prima per essere stata formulata in modo del tutto generico, la seconda per la mancata assoluzione dell’onere di precisare, nel ricorso, le ragioni per cui i motivi d’appello fossero privi dei necessari requisiti di specificità, eventualmente riportandone il contenuto nella misura necessaria ad evidenziare il dedotto vizio in procedendo .
3.5. Inammissibili, come accennato, sono anche le censure (articolate con il secondo e il quinto motivo) dirette a censurare il giudizio di merito espresso dalla Corte d’ appello in ordine sia alla sussistenza della responsabilità contrattuale della azienda convenuta sia alla liquidazione del danno.
Queste censure, criticando immotivatamente, per un verso, la « mancata considerazione degli argomenti e delle prove acquisiti nel giudizio di primo grado », per l’altro , il presunto ‘appiattimento’ acritico alle conclusioni del CTU nel momento in cui la Corte d’appello ha ipotizzato la sussistenza di « un danno da invalidità permanente » a carico dell’appellante , omettono infatti di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 4/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
3.6. Inammissibile, ancora, è la censura articolata con il quarto motivo, con cui si denuncia il carattere non pertinente del richiamo al principio, reiteratamente affermato da questa Corte, secondo cui, nella responsabilità sanitaria , l’ambito dell’onere assertivo gravante sul danneggiato va ricostruito tenendo conto della non esigibilità dell’allegazione originaria di fatti non conosciuti o non conoscibili in ragione delle informazioni accessibili alla parte e delle sue cognizioni tecnico-scientifiche (cfr. già Cass. 19/05/2004, n. 9471; più recentemente, Cass. 15/03/2024, n.7074 e Cass. 23/04/2024, n. 10901).
Il detto richiamo, infatti, è stato svolto dalla Corte d’appello ad abundantiam , per evidenziare che l’esame del profilo di resp onsabilità accertato dal consulente non avrebbe potuto « in nessun caso » essere espunto dal thema decidendum ; esso dunque non costituisce la ratio decidendi della statuizione impugnata, la quale è fondata, non sull’irri levanza della diversità tra i profili di responsabilità inizialmente ipotizzati dalla parte e quelli successivamente accertati dal CTU, bensì sulla insussistenza di tale diversità, per essere i predetti profili già stati allegati d all’attore a fondamento della propria domanda.
Trova quindi applicazione, in relazione alla censura in esame, il principio secondo cui, in sede di legittimità, le doglianze rivolte avverso argomentazioni contenute nella motivazione della sentenza impugnata e svolte ad abundantiam o costituenti obiter dicta sono inammissibili per difetto di interesse, poiché esse, in quanto prive di effetti giuridici, non determinano alcuna influenza sul dispositivo della decisione (Cass.
5/06/2007, n. 13068; Cass. 9/04/2009, n. 8676; Cass. 22/10/2014, n. 22380; Cass. 24/01/2025, n. 1770).
3.7. Manifestamente infondata, infine, è l’ ultima censura articolata con il quinto motivo, con cui, si lamenta l’ avvenuta liquidazione del danno biologico sulla base di un criterio previsto da una norma (l’art. 139 del d.lgs. n. 209/2005) entrata in vigore successivamente all’evento dannoso.
Questa Corte -proprio con riguardo ad una fattispecie di liquidazione del danno biologico da lesioni “micropermanenti”, correttamente effettuata dal giudice di merito alla stregua dell ‘ art. 139 cod. ass. – ha infatti affermato il principio, secondo cui, in assenza di diverse disposizioni di legge, il danno alla persona deve essere liquidato sulla base delle regole vigenti al momento della liquidazione, e non già al momento del fatto illecito (Cass. 15/06/2022, n. 19229).
In definitiva, il ricorso proposto dall’RAGIONE_SOCIALE COGNOME deve essere complessivamente rigettato.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, dal momento che la parte intimata, risultata vittoriosa, non ha svolto difese in questa sede.
Avuto riguardo al tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art.13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della azienda ospedaliera ricorrente, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
7. Ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. 196 del 2003, deve disporsi che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi dell ‘intimato .
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della azienda ospedaliera ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto;
a norma dell’art. 52 del d.lgs. n. 196 del 2003, dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi dell ‘intimato .
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 24 aprile 2025.
Il Presidente NOME COGNOME