Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3969 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3969 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/02/2024
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
C.C. 31/01/2024
SANZIONI
AMMINISTRATIVE
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. NUMERO_DOCUMENTO ) proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO e con indicazione del relativo indirizzo PEC: EMAIL; -ricorrente –
contro
UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO di BOLOGNA, in persona del AVV_NOTAIO pro tempore; -intimato – avverso la sentenza del Tribunale di AVV_NOTAIO n. 1578/2020 (pubblicata il 27 ottobre 2020);
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 31 gennaio 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
letta la memoria depositata dal difensore del ricorrente.
RITENUTO IN FATTO
Con ricorso depositato il 23 gennaio 2020, COGNOME NOME proponeva appello, dinanzi al Tribunale di AVV_NOTAIO, avverso la sentenza n. 2031/2019 emessa dal Giudice di pace di AVV_NOTAIO, con la quale era stata respinta la sua opposizione contro l’ordinanza -ingiunzione n. 00069103, adottata dal AVV_NOTAIO di AVV_NOTAIO in data 11 ottobre 2018, con la quale gli era stata irrogata la sanzione pecuniaria di euro 2.004,00, oltre spese, nella qualità di coobbligato in solido per la violazione dell’art. 218, comma 6, c.d.s. assunta come commessa il 17 agosto 2015 nel territorio del Comune di Anzola Emilia da tale COGNOME NOME con veicolo di proprietà di esso appellante.
Nella costituzione dell’appellato AVV_NOTAIO di AVV_NOTAIO, l’adito Tribunale di AVV_NOTAIO, con sentenza n. 1578/2020 (pubblicata il 27 ottobre 2020 e comunicata il 10 novembre 2020), rigettava il gravame in tutti i suoi motivi, riferiti sia ad asserite violazioni del procedimento di contestazione, sia ad assunte violazioni processuali (con particolare riferimento a quelle riferite agli artt. 214, 215 e 216 c.p.c.), sia all’addotta insussistenza della violazione di cui al citato art. 218, comma 6, c.d.s., anche in relazione alla prospettata violazione dell’art. 196 c.d.s.
Contro la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, il NOME.
L’intimato AVV_NOTAIO di AVV_NOTAIO non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Il difensore del ricorrente ha anche depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il primo motivo, il ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. – la violazione o falsa applicazione del DM n. 55/2014, aggiornato al DM n. 37/2018, assumendo che il Tribunale aveva errato nella quantificazione delle spese di lite in quanto: a) aveva applicato lo scaglione superiore, nel mentre avrebbe dovuto seguire i valori medi di quello compreso tra 0 euro e 1.100,00 euro (e non già quello da 1.101,00 euro a 5.200,00 euro, come indicato in sentenza); b) aveva riconosciuto i compensi per tutte le fasi del giudizio, ‘pur avendo la prefettura partecipato alla sola fase di studio e costitutiva’;
Con la seconda censura, il ricorrente ha testualmente dedotto con riferimento all’art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, c.p.c. – la violazione o falsa applicazione degli artt. 214, 215 e 216 c.p.c. relativamente: a) all”avvenuto disconoscimento dei documenti prodotti da controparte in primo grado ed alla mancata presentazione dell’istanza di verificazione’; b) alla ‘contraddittorietà ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, quale l’indicazione degli elementi di prova forniti dalle parti e la mancata indicazione che il COGNOME non aveva mai ricevuto la contravvenzione con conseguente applicazione dell’istituto della prescrizione’;
Con la terza doglianza, il ricorrente ha lamentato – ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. – la violazione o falsa applicazione degli artt. 2719 c.c. e 115 c.p.c., per non aver il Tribunale deciso in merito alla richiesta di produzione in originale dei documenti prodotti dalla controparte unitamente alla comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di primo grado.
Con il quarto motivo, il ricorrente ha denunciato – avuto riguardo all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. – la violazione o falsa applicazione: a) dell’art. 115 c.p.c. con riferimento alla circostanza dell’inconsapevolezza dell’appellante circa l’impossibilità di circolazione da parte dell’COGNOME; b) degli artt. 414 e 112 c.p.c. con riferimento all’omessa decisione sulle richieste istruttorie.
Con il quinto mezzo, il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. – la violazione o falsa applicazione dell’art. 218, comma 6, cds, collegata alla contraddittorietà e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, quale la mancata violazione di detto articolo.
Con la sesta ed ultima censura, il ricorrente ha lamentato – in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. – la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 689/1981 e dell’art. 6, comma 11, del d. lgs. n. 150/2011, avuto riguardo alla mancata rilevazione del difetto dell’elemento soggettivo in capo ad esso ricorrente, nonché dell’art. 196 cds ‘per contrarietà alla circolazione dell’COGNOME con il veicolo de quo’.
Occorre, in via preliminare, rilevare che il primo motivo – così come esposto in ordine progressivo in ricorso – deve (ove non si ravvisi la fondatezza di uno degli altri motivi, nel qual caso rimarrebbe assorbito) essere esaminato per ultimo, riguardando asserite violazioni inerenti al capo sulle spese, con riferimento a prospettati errori nella liquidazione dei relativi compensi riconosciuti all’appellato AVV_NOTAIO e, quindi, un capo accessorio della sentenza impugnata.
Ciò premesso e procedendo nella valutazione degli altri motivi sulla base del successivo ordine progressivo, il collegio rileva che il secondo motivo si profila, in parte, inammissibile e, in parte, infondato.
E’ inammissibile laddove con esso si prospetta l’insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, trattandosi di vizio ormai non più ammesso con la sopravvenuta sostituzione del disposto di cui al n. 5 dell’dell’art. 360 c.p.c.
E’, infatti, ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione – ipotesi non ricorrenti nel caso di specie -solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.
Sono, invece, palesemente infondate le denunciate violazioni di legge.
Invero, il procedimento di disconoscimento e di eventuale verificazione del documento disconosciuto si riferisce alle scritture private e non agli atti pubblici, quale è il verbale di accertamento e di contestazione di violazioni al c.d.s. in quanto proveniente da pubblico ufficiale e facente fede – fino a querela di falso – delle circostanze indicate nell’art. 2700 c.c. (cfr., tra le tante, Cass. SU n. 17355/2009, Cass. n. 2434/2011 e, da ultimo, Cass. n. 31107/2022). Pertanto, come correttamente ritenuto dal giudice di appello, nella fattispecie sarebbe stato necessario che l’attuale ricorrente proponesse il rimedio della querela di falso per contestare e far dichiarare la non veridicità della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo aveva formato, nonché delle dichiarazioni delle parti (quindi anche di quelle dello stesso trasgressore) e degli altri fatti che lo stesso pubblico ufficiale aveva attestato essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti.
Perciò, giustamente il Tribunale di AVV_NOTAIO – proprio ponendo riferimento al processo verbale formato in data 26 agosto 2015, riprodotto dallo stesso ricorrente nello svolgimento della censura ha dato atto che il COGNOME, a fronte del riferimento al presupposto verbale n. NUMERO_DOCUMENTO e alla violazione in concreto contestata a suo carico, non aveva posto in discussione che il citato verbale non gli fosse stato notificato, affermando soltanto che era ignaro del fatto che il conducente del suo veicolo (NOME NOME) non avesse la patente di guida, circostanza questa avvalorata anche dall’allegato 5 prodotto dalla Prefettura (ancorché non accluso al verbale di notifica) in cui lo stesso COGNOME aveva reso espresse dichiarazioni ‘in merito al NUMERO_DOCUMENTO‘ (così manifestando la consapevolezza di averlo ricevuto), adducendo, tuttavia, di non essere a conoscenza del fatto che l’NOME non fosse munito di
patente di guida e di altre circostanze sulla cessione del veicolo nella disponibilità dello stesso.
Quindi, anche queste ulteriori emergenze (che avvaloravano la pregressa notificazione del citato verbale) sono state adeguatamente prese in considerazione dal Tribunale ai sensi dell’art. 115 c.p.c.
Anche il terzo motivo è privo di fondamento.
Infatti, il giudice di appello ha legittimamente ritenuto che il verbale di accertamento in originale deve rimanere agli atti dell’Ufficio dell’organo accertatore, mentre al trasgressore vengono notificati gli estremi della violazione ed è sufficiente che l’atto sia portato a conoscenza del contravventore in copia autentica a cura del responsabile dello stesso Ufficio o Comando, con la conseguenza che il modulo prestampato notificato al trasgressore, pur quando rechi unicamente l’intestazione dell’Ufficio cui appartiene il verbalizzante, è pienamente parificato alla copia autentica del verbale stesso e, quindi, è assistito da fede privilegiata, con l’effetto che le sue risultanze -in dipendenza dell’attestazione della sua conformità all’originale proveniente dal pubblico ufficiale (ai sensi dell’art. 2719 c.c.) – devono essere necessariamente contestate mediante la proposizione della querela di falso.
Il quarto, quinto e sesto motivo possono essere esaminati unitariamente in quanto all’evidenza connessi.
Previa rilevazione dell’inammissibilità del prospettato vizio di insufficiente e contraddittorietà della motivazione dedotto con il quinto motivo (per le stesse ragioni riferite con riguardo
all’esaminato secondo) e della violazione degli artt. 414 e 112 c.p.c. riferita alla mancata ammissione di mezzi istruttori, denunciata con la seconda sub -censura del quarto motivo (non essendo configurabile in tal caso il vizio di omessa pronuncia propriamente riguardante il mancato esame di domande e/o eccezioni), per il resto i motivi sono destituiti di fondamento.
Va, infatti, rilevato che non solo il Tribunale ha esaminato la questione sulla configurabilità della violazione ascritta al COGNOME relativa all’art. 218, comma 6, c.d.s., ma ha adeguatamente motivato sulle circostanze idonee a far emergere la sua responsabilità quale proprietario del veicolo – e, quindi, coobbligato in via solidale ai sensi dell’art. 196, comma 1, c.d.s., limitatamente al pagamento della sanzione pecuniaria (cfr. Cass. n. 7008/2006) guidato dall’COGNOME senza essere in possesso della patente di guida, al quale lo aveva affidato consentendone la circolazione (per quanto emergente dalle sue stesse dichiarazioni rese nel verbale di contestazione elevato nei suoi riguardi, con le quali ammise l’affidamento dei veicolo all’NOME pur attestando di essere ignaro che lo stesso avesse la patente di guida sospesa), così incorrendo in un comportamento caratterizzato da colpa presunta ai sensi dell’art. 3 della legge n. 689/1981, senza che lo stesso COGNOME fosse riuscito ad offrire una prova contraria sull’insussistenza di tale elemento soggettivo.
Infatti, egli avrebbe dovuto riscontrare che la circolazione del mezzo era avvenuta contro la sua volontà, come previsto dal comma 1 del citato art. 196 cds, non essendo, perciò, sufficiente a tal fine solo la circostanza della mera mancata conoscenza delle condizioni che non avrebbero consentito la circolazione in capo all’utilizzatore –
conducente, autore materiale della violazione, essendo invece necessario che il COGNOME provasse di aver adottato un comportamento concreto, idoneo e specificamente rivolto a vietare la circolazione mediante atti e fatti specificativi indicativi della diligenza indispensabile in tale situazione (cfr. Cass. n. 22318/2014 e Cass. n. 26922/2023), da manifestarsi nel ricorso alla preventiva attività di controllo dell’abilitazione alla guida del conducente a cui aveva affidato il suo veicolo ovvero che quest’ultimo gli fosse stato sottratto dal conducente dalla sfera della sua disponibilità e della vigilanza dal medesimo ordinariamente esigibile.
10. A questo punto, per effetto della reiezione di tutti gli altri motivi, si rende necessario esaminare il primo relativo alle assunte violazioni sulla liquidazione delle spese giudiziali.
Innanzitutto è infondata la censura nella parte in cui si deduce che sarebbe stato applicato illegittimamente, a tal fine, lo scaglione compreso tra 1.101,00 euro e 5.200,00 (e non quello precedente), e ciò perché la misura della sanzione irrogata nei confronti del ricorrente era stata di euro 2.010,60 (oltre spese), corrispondente perciò al valore della causa, quindi ricompreso nell’intervallo dello scaglione correttamente applicato dal Tribunale di AVV_NOTAIO.
E’ fondato, invece, il motivo nella parte in cui si sostiene l’illegittimità dei compensi liquidati, potendo essere riconosciuti – in favore dell’appellato AVV_NOTAIO, che non aveva depositato note scritte (nel giudizio sottoposto alla disciplina introdotta dall’art. 83 del d.l. n. 18/2020, conv. nella legge n. 27/2020, durante l’emergenza epidemiologica da covid 19, per come attestato nella stessa sentenza qui impugnata: cfr. pag. 2) -solo quelli relativi alla fase di
studio e a quella di costituzione in giudizio, non quindi anche quelli riguardanti la fase decisoria.
Essendo demandato a questa Corte il controllo sull’applicazione legittima delle tabelle (in quanto da effettuarsi d’ufficio), va rilevato che il Tribunale di AVV_NOTAIO ha applicato (tenendo conto della ‘quantità e della qualità defatigatoria delle doglianze mosse dall’appellante’) i parametri medi delle tabelle, riconoscendo, tuttavia, anche il compenso per la fase decisionale, invece non spettante alla Prefettura.
Quindi, il Tribunale – liquidando nel complesso la somma di euro 2.430,00 -ha superato il limite massimo dei valori medi riconoscibili per le tre voci di studio della controversia, della fase introduttiva e di quella di trattazione, siccome corrispondente ad euro 1.620,00, non potendo, infatti, essere liquidato anche il compenso per la fase decisionale.
Pertanto, questa parte del primo motivo va accolta e, non essendo necessari ulteriori accertamenti fattuali, si può decidere nel merito, decurtando la misura dei compensi liquidati con la sentenza impugnata in quella di euro 1.620,00, oltre eventuali spese prenotate a debito (tenuto conto che il AVV_NOTAIO di AVV_NOTAIO era stato rappresentato dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato).
11. In definitiva, vanno respinti i motivi dal secondo al sesto, mentre deve essere accolto, per quanto di ragione (risultando infondato nel resto), il primo, con la conseguente cassazione della decisione di appello sul punto e la derivante decisione nel merito nei termini appena in precedenza indicati.
Per effetto dell’esito finale della causa e della natura delle questioni giuridiche esaminate, le spese del presente giudizio vanno dichiarate interamente compensate.
P.Q.M.
La Corte accoglie, per quanto di ragione, il primo motivo e rigetta tutti gli altri.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto nei limiti di cui in motivazione e, decidendo nel merito sullo stesso, riduce la condanna del COGNOME NOME al pagamento delle spese del giudizio di appello, in favore del AVV_NOTAIO, alla misura di euro 1.620,00, oltre eventuali spese prenotate a debito.
Compensa per intero tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile