Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6148 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6148 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/03/2024
Oggetto: intermediazione finanziaria – responsabilità del promotore
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11102/2020 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentata e difesa dagli avvAVV_NOTAIO, NOME COGNOME e NOME COGNOME , con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo , sito in Roma, INDIRIZZO
ricorrente principale, controricorrente in via incidentale contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO
– controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO COGNOME e NOME COGNOME, con domicilio eletto presso il loro studio, sito in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente, ricorrente in via incidentale –
COGNOME NOME
– intimato –
avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna n. 2328/2019, depositata il 9 agosto 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna, depositata il 9 agosto 2019, che, in accoglimento dell’appello di NOME COGNOME, ha respinto la sua domanda di condanna di quest’ultimo al risarcimento dei danni , consistenti nella perdita di somme oggetto di investimenti finanziari, per responsabilità professionale relativa alla attività di promotore finanziario, mentre ha confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva disatteso le sue domande risarcitorie avanzate, sul fondamento della condotta illecita del predetto COGNOME, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, per conto della quale questi avrebbe agito, e della RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, cui la domanda era stata estesa a seguito della asserita cessione in suo favore del ramo di azienda costituito dalla rete dei promotori finanziari;
la Corte di appello ha riferito che il giudice di prime cure aveva accolto l’eccezione di prescrizione sollevata dagli istituti di credito, respingendo per tale ragione le domande proposte nei loro confronti, mentre aveva, invece, accolto quella formulata nei confronti del promotore finanziario, che aveva condannato al risarcimento dei danni, liquidati in euro 355.223,19;
ha, quindi, respinto l’appello interposto nei confronti delle due banche, confermando la fondatezza dell’eccezione di prescrizione da queste sollevata, evidenziando, inoltre, che, all’epoca dei fatti, il COGNOME non era più inserito nella rete dei promotori finanziari della RAGIONE_SOCIALE e, tanto meno, della RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE;
ha, invece, accolto il gravame del COGNOME, rilevando che non era stata offerta la prova del conferimento dell’incarico a quest’ultimo e
della consegna del denaro per l’esecuzione delle operazioni contestate , dell’esistenza del nesso di causalità e dell’ammontare del danno subito;
il ricorso è affidato a nove motivi;
resistono, con distinti controricorsi, sia la RAGIONE_SOCIALE, sia la RAGIONE_SOCIALE, la quale propone ricorso incidentale condizionato articolato in due motivi;
avverso tale ricorso incidentale resiste con controricorso NOME COGNOME;
-le parti costituite depositano memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo la ricorrente principale denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2049, 2935 e 2947 cod. civ. e 31, terzo comma t.u.f., per aver la sentenza impugnata ritenuto che il termine della prescrizione eccepita dalle banche iniziasse a decorrere dalla data di esecuzione degli investimenti e non già dal momento in cui l’investitore era venuto a conoscenza delle condotte illecite del promotore finanziario;
con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione delle medesime disposizioni di legge, nonché dell’art. 2 934 cod. civ., per aver la Corte di appello affermato che quand’anche si ritenesse che il termine prescrizionale decorresse dalla data di percezione dell’ingiustizia del danno e non da quella di esecuzione della condotta illecita tale termine sarebbe decorso, in quanto l’investitore aveva avuto consapevolezza del danno a seguito della nota della RAGIONE_SOCIALE del 3 dicembre 2004;
evidenzia, infatti, sul punto, di non aver avuto contezza di tale nota, inviata solo al COGNOME e a lei consegnata molti anni dopo;
con il terzo motivo si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 2049, 2934, 2935, 2945 e 2947 cod. civ., 116 cod. proc. civ. e 31, terzo comma t.u.f., dell’omesso esame di un fatto decisivo e
contro
verso del giudizio e della insanabile contraddittorietà della motivazione nella parte in cui la decisione di appello ha ritenuto che, in ogni caso, l ‘investitrice aveva avuto consapevolezza delle condotte illecite del promotore finanziario al 20 maggio 2005, data in cui chiedeva a quest’ultimo chiarimenti su gli investimenti effettuati, per cui il primo atto interruttivo, rappresentato dalla lettera del 26 maggio 2010 risultava non tempestivo;
sostiene, in proposito, che la data della richiamata nota di richiesta di chiarimenti era erroneamente individuata, in quanto consistente nel 20 maggio 2009 e non già nel 20 maggio 2005;
con il quarto motivo critica la sentenza di appello per violazione e falsa applicazione degli artt. 2560 e 2697 cod. civ., 342 e 345 cod. proc. civ., 58 t.u.b., 31 t.u.f. e 47 d.lgs. 16 novembre 2015, n. 180, nonché per omesso esame di un fatto decisivo e controverso del giudizio, nella parte in cui ha ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE s.p.a. fosse priva di legittimazione passiva per aver trasferito a Xelion Banca s.p.a. (poi, RAGIONE_SOCIALE s.p.a.) il ramo di azienda costituito dai promotori finanziari tra cui il COGNOME senza che fosse data prova documentale di tale cessione;
con il quinto motivo lamenta la violazione degli artt. 2712, 2719 e 2729 cod. civ. e 115, 167, 214 e 251 cod. proc. civ., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso, nella parte in cui la decisione di appello ha escluso che fosse stata offerta la prova del conferimento dell’incarico al COGNOME;
sottolinea che non era stato preso in esame il contenuto del fax del 9 giugno 2005, proveniente dal promotore finanziario, nonché di altra documentazione, prodotta in copia e la cui conformità all’originale non era stata disconosciuta recanti dichiarazioni chiare, specifiche e univoche, idonea a dimostrare l’esistenza del dedotto rapporto di consulenza;
con il sesto motivo censura la sentenza impugnata per violazione e
falsa applicazione degli artt. 2702, 2712, 2719 e 2729 cod. civ. e 115, 116, 167, 214 e 251 cod. proc. civ., nonché per omesso esame di un fatto decisivo e controverso del giudizio, per aver ritenuto che non fosse utilizzabile a fini probatori la nota del 24 settembre 2004, proveniente dal COGNOME, in ragione del fatto che, a seguito di contestazione, l’investitrice non avrebbe prodotto l’originale, senza considerare che tale documento non era stato disconosciuto dal promotore (il disconoscimento aveva riguardato solo gli allegati) e, comunque, che si trattava di una nota ricevuta via fax il cui originale rimane nelle mani del mittente;
con il settimo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2712 e 2719 cod. civ. e 115 e 116 cod. proc. civ., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso del giudizio, per aver la Corte di appello escluso che la corrispondenza intervenuta via mail tra l’investitrice e il promotore potesse assurgere a prova del rapporto professionale tra gli stessi intervenuto;
-con l’ottavo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso del giudizio, nonché la falsa applicazione degli artt. 1422 cod. civ. e 23 t.u.f., in relazione alla mancata considerazione dell’allegazione relativa alla mancata produzione in giudizio del contratto quadro per la prestazione di servizi di investimenti;
-con l’ultimo motivo si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 61, 115 e 167 cod. proc. civ. e 111 Cost., nonché dell’assenza di motivazione nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto che non vi era la prova del danno che l’investitrice allegava di aver subito;
può prioritariamente esaminarsi, in applicazione del criterio della ragione più liquida, il secondo motivo del ricorso principale che è inammissibile;
-la doglianza si fonda sull’assunto che l’investitrice non avrebbe ricevuto la nota della RAGIONE_SOCIALE del 3 dicembre 2004 (con la quale si comunicava che l’investimento iniziale di euro 179.392,00 si era ridotto
a euro 35.000,00), assunta dalla Corte di appello quale prova del fatto che la stessa, a tale data, aveva acquisto consapevolezza della del l’asserito danno ingiusto subito, e che la medesima avrebbe avuto conoscenza di tale nota solo a distanza di alcuni anni;
-tale assunto si scontra con l’accertamento operato dal giudice di merito il cui ha affermato che la RAGIONE_SOCIALE «le aveva comunicato» l’andamento dell’investimento, così rendendo evidente che tale nota fosse stata (anche) a lei inviata;
orbene, il vizio di violazione o falsa applicazione di legge non può che essere formulato se non assumendo l’accertamento di fatto, così come operato dal giudice del merito, in guisa di termine obbligato, indefettibile e non modificabile del sillogismo tipico del paradigma dell’operazione giuridica di sussunzione, là dove, diversamente (ossia ponendo in discussione detto accertamento), si verrebbe a trasmodare nella revisione della quaestio facti e, dunque, ad esercitarsi poteri di cognizione esclusivamente riservati al giudice del merito (cfr. Cass. 13 marzo 2018, n. 6035; Cass., 23 settembre 2016, n. 18715);
-il mancato rispetto dell’accertamento del giudice di merito sul punto osta, dunque, alla possibilità di esaminare tale doglianza;
la resistenza della ratio decidendi aggredita con il secondo motivo non permette di esaminare le questioni prospettate con il primo, il terzo e il quarto motivo, in quanto la loro eventuale fondatezza non potrebbe produrre l’annullamento della sentenza, stante l’intervenuta definitività della ratio inutilmente censurata in ordine alla maturata prescrizione della pretesa risarcitoria esercitata (cfr., sul punto, Cass., sez. un., 29 marzo 2013, n. 7931; vedi anche, Cass. 11 maggio 2018, n. 11493; Cass. 10 febbraio 2017, n. 3633);
-il quinto, sesto e settimo motivo di ricorso, esaminabili congiuntamente, sono inammissibili;
-in merito al dedotto conferimento dell’incarico, la Corte di appello ha affermato che la documentazione prodotta in giudizio risultava
«piuttosto ambivalente», poiché la stessa, pur offrendo evidenza del fatto che il COGNOME fosse chiaramente a conoscenza del tipo di investimenti effettuato, non consentiva di appurare che tali investimenti erano stati effettuati per il suo tramite;
aggiunge, in proposito, la non concludenza della nota del 24 ottobre 2004, in quanto contestata dal COGNOME, il quale aveva, altresì, provveduto a contestare «tempestivamente e fermamente» la riconducibilità a sé e la attendibilità della documentazione prodotta dalla controparte;
ciò posto, si osserva che le doglianze si risolvono, principalmente, in una sostanziale contestazione della valutazione operata dal giudice di merito delle risultanze processuali che non è sindacabile in questa sede, trattandosi di un’attivit à a questi riservata (cfr. Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476);
si evidenzia, in particolare, quanto ai prospettati vizi motivazionali, che, nel dolersi del mancato esame o della mancata valorizzazione del contenuto di alcune mail -specificamente riprodotte nel quinto motivo -, il ricorrente critica non già l’omesso esame di un fatto storico , bensì la valutazione che della stesse il giudice ha effettuato in ordine alla loro idoneit à a dimostrare l’avvenuta conclusione di un contratto di mandato con il promotore;
-quanto alla censurata ritualità della contestazione della documentazione prodotta effettuata dal promotore, la doglianza per violazione di legge si scontra con l’accertamento operato dal giudice di merito sul punto, per cui, anche in questo caso, la stessa è formulata su un presupposto -relativo alla assenza di un disconoscimento chiaro, specifico e inequivoco -che non trova riscontro nella sentenza;
del pari, anche con riferimento alla dedotta mancata contestazione del contenuto fax del 24 settembre 2004 -che, secondo la ricorrente, sarebbe stato contestato solo nei suoi allegati -la censura per violazione di legge si scontra con il contenuto del l’accertamento
operato dal giudice di merito in ordine all’ampiezza della contestazione medesima;
si osserva, inoltre, che il disconoscimento della conformità di una copia fotostatica all’originale di una scrittura -quale il fax -non ha gli stessi effetti del disconoscimento previsto dall’art. 215, secondo comma, cod. proc. civ. e, dunque, non onera colui che ha prodotto il documento a chiedere la sua verificazione, tuttavia fa venir meno il suo valore di prova legale dei fatti rappresentati, rendendoli liberamente valutabile dal giudice;
da ultimo, si rammenta, quanto alle prospettate violazioni degli 115 e 116 cod. proc. civ., che la prima presuppone l’allegazione che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre la seconda richiede l’allegazione che i l giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato -in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento (cfr. Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867);
nel caso in esame nessuna delle riferite allegazioni risulta essere stata formulate per cui l’evocazione degli invocati paradigmi normativi non risulta pertinente;
del pari, non pertinente è il richiamo al paradigma rappresentato dall’art. 2967 cod. civ., in quanto la ricorrente si duole non della non corretta applicazione dei criteri che presiedono al riparto dell’onere
della prova, fissati da tale disposizione normativa, bensì della valutazione del giudice in ordine alla insufficienza delle risultanze probatorie a dimostrare le prospettate violazioni degli obblighi informativi;
-l’ottavo e il nono motivo, esaminabili congiuntamente, sono anche essi inammissibili;
essi, infatti, investono statuizioni della decisione di appello relative alla sussistenza delle dedotte condotte illecite e alle loro conseguenze che logicamente presuppongo la riferibilità di tali condotte ai convenuti;
-tale riferibilità è stata esclusa dalla sentenza impugnata con statuizioni non utilmente aggredite in questa sede;
pertanto, per le indicate considerazioni, il ricorso principale va dichiarato inammissibile, con conseguente inefficace del ricorso incidentale condizionato ex art. 334, comma 2, cod. proc. civ. perché tardivo;
le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso principale inammissibile e inefficace quello incidentale condizionato; condanna parte ricorrente principale alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano, in favore di ciascuna parte controricorrente, in complessivi euro 10.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Rom a, nell’adunanza camerale del 30 gennaio 2024.
Il Presidente
Dott. NOME COGNOME