Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 24345 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 24345 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12098/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di LECCE n. 266/2022 depositata il 01/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.- La RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione articolato in cinque motivi ed illustrato da memoria, nei confronti di NOME COGNOME, per la cassazione della sentenza n. 2662022, depositata dalla Corte d’appello di Lecce il 1.3.2022, notificata il 2.3.2022.
– Resiste il NOME con controricorso illustrato da memoria.
– Questa la vicenda processuale per quanto ancora di interesse:
-la società ricorrente conveniva in giudizio il dottNOME COGNOME, chiedendo ne fosse accertata la responsabilità professionale in relazione all’attività di consulenza prestata in favore della società stessa e finalizzata alla predisposizione e presentazione di una pratica di accesso al finanziamento regionale in conto interessi a fondo perduto erogato dalla Regione Puglia, essendo la relativa domanda stata dichiarata non accoglibile perché presentata prematuramente, quando l’impresa non era ancora operativa;
il NOME negava gli fosse stato conferito un tale incarico, ammettendo solo di aver predisposto la documentazione necessaria alla presentazione della domanda.
– Il Tribunale rigettava la domanda.
– La Corte d’appello di Lecce, con la sentenza impugnata, confermava il rigetto.
Accertava che il professionista aveva effettivamente predisposto la documentazione e la domanda di accesso ai benefici ma escludeva che fosse stato il NOME ad inoltrare la pratica prematuramente alla Regione Puglia, prima che la società avesse maturato i requisiti
di legge per l’ammissione ai benefici (iscrizione da almeno tre mesi nel registro delle imprese o emissione di almeno una fattura di vendita), pratica che, al contrario, era stata consegnata direttamente dal COGNOME. Per cui riconduceva il ruolo del dottor COGNOME solo alla predisposizione della bozza di domanda e della documentazione a supporto, ed escludeva che fosse ascrivibile a sua responsabilità il prematuro inoltro della domanda, prima ancora dell’inizio formale dell’attività da parte della società e prima della emissione delle prime fatture, come previsto dalla legge. La Corte d’appello altresì evidenziava che il professionista aveva correttamente consigliato la società di tutelarsi, dopo la declaratoria di non accoglibilità della domanda di ammissione ai benefici, proponendo ricorso al TAR, e che la ricorrente non ne avesse seguito il consiglio.
La sentenza impugnata conclude affermando che manca la prova, che era onere dell’attore fornire, di una condotta negligente da parte del professionista, e del nesso di causalità tra il mancato finanziamento e la detta condotta, in quanto, sino a quando il COGNOME aveva seguito la pratica, esistevano dei margini per avviarla correttamente, e per ottenere un compiuto esame nel merito da parte degli organi istruttori.
6. – La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, all’esito della quale il Collegio ha riservato il deposito della decisione nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti. Premette che le due motivazioni, di primo grado e d’appello, non sono conformi ed indica il fatto storico, non adeguatamente considerato nella sua centralità, consistente nella avvenuta trasmissione della domanda da parte del COGNOME alla
banca che avrebbe dovuto erogare il mutuo, prima o al più tardi in coincidenza dell’8 marzo, data in cui i due requisiti alternativamente previsti dalla legge per poter essere ammessi ai benefici non erano effettivamente maturati, per cui sarebbe stato anche inutile proporre ricorso al TAR.
2. – Il motivo è radicalmente inammissibile , perché, al contrario di quanto afferma la ricorrente, siamo in presenza di doppia conforme: la sentenza d’appello segue infatti la linea motivazionale del primo giudice, alla quale aggiunge qualche considerazione rafforzativa.
Come questa Corte ha avuto più volte modo di affermare, nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter, comma 5, c.p.c., il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n. 5) dell’art. 360 c.p.c. è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 5947/2023; Cass. 7724/2022).
Ricorre l’ipotesi di «doppia conforme», ai sensi dell’art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice.
Anche a prescindere da ciò, la corte d’appello non ha ritenuto dirimente né rilevante l’invio della modulistica da parte del COGNOME alla banca, perché solo in data successiva il legale rappresentante della società si è recato in banca per firmare la domanda e ne ha curato la trasmissione alla Regione Puglia, che era il soggetto che avrebbe potuto erogare il finanziamento, e quindi l’unico effettivo destinatario di essa.
Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per omessa attribuzione della natura di prova legale alla confessione resa dal professionista là dove questi dichiarava, in sede di interrogatorio formale, di aver presentato egli stesso la domanda di agevolazione alla banca, come riportato nella sentenza impugnata.
Il motivo è infondato , perché il punto è stato ritenuto non decisivo dalla sentenza impugnata, per le ragioni esposte a proposito del precedente motivo: non era la banca la destinataria della domanda di agevolazioni, e quindi la data di trasmissione della bozza e della documentazione dal commercialista alla banca non rileva; di conseguenza, nessun valore confessorio poteva essere attribuito alle dichiarazioni della parte convenuta su questo punto, perché lo stesso non era decisivo.
Con il terzo motivo la società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, 201 e 213 c.p.c., nonché 96 disp. att. c.p.c. e 345 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.
Sostiene la ricorrente che né la banca né la Regione Puglia avrebbero ottemperato all’ordine di depositare l’originale firmato digitalmente di uno dei documenti dei quali era stata ordinata l’esibizione, e che la produzione documentale della COGNOME era invece stata ritenuta tardiva.
Segnala che la censura sarebbe determinante ove non si ritenesse provato che la domanda è stata presentata, dal professionista, l’8 marzo.
Il motivo è infondato , in quanto la parte a fronte di una solo parziale ottemperanza all’ordine di esibizione impartito dal giudice avrebbe avuto l’onere di segnalare tempestivamente che parte della documentazione richiesta e ritenuta rilevante non era stata prodotta, mentre non ha eccepito l’incompletezza della produzione
documentale, per poi produrre autonomamente, a preclusioni ormai operative, la produzione non effettuata dalla controparte.
7. Con il quarto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2236, 1176, 2697 cc. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
Sostiene che il motivo è assorbente rispetto agli altri perché, quand’anche non si ritenesse provata la data di presentazione della domanda da parte del professionista, in ogni caso sarebbe stato onere -non adempiuto -del professionista informare preventivamente il cliente sui tempi di presentazione della domanda e sulle sue modalità di presentazione.
Sostiene che il tribunale aveva accertato che la presentazione della domanda fosse avvenuta il 16 marzo , in presenza di uno dei due requisiti per l’accoglibilità di essa, mentre la corte d’appello ne aveva retrodatato la presentazione all’8 marzo affermando al contempo che non era accertato che l’avesse presentata il COGNOME.
Sostiene la società che, sulla base del la ricostruzione dei fatti elaborata dalla corte d’appello, e quindi dando rilievo alla presentazione cartacea della documentazione firmata da parte del COGNOME, e non all’invio telematico di essa da parte del COGNOME, risulterebbe provata comunque la mancanza di diligenza del professionista, che non aveva istruito la società nel senso di non presentare la domanda se non dopo aver maturato almeno uno dei due requisiti alternativamente richiesti.
8. – Con il quinto motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’articolo 132 secondo comma numero 4 c.p.c. per motivazione apparente nonché la mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e la violazione dell’articolo 2704 c.c.
Il motivo di ricorso è proposto per l’ipotesi residuale di mancato accoglimento dei precedenti quattro motivi ed è volto a dimostrare che l’affermazione della Corte d’appello secondo la quale la società poteva ancora validamente difendersi proponendo un’eventuale ricorso al TAR, al fine di escludere la responsabilità del professionista
era in realtà una motivazione apparente perché le fatture emesse per beneficiare dei contributi erano prive di data certa e non erano neppure state registrate nelle scritture contabili, quindi sostiene la società ricorrente che non avrebbe avuto chances di una eventuale vittoria ove avesse presentato il ricorso al TAR.
9. Sia il quarto che il quinto motivo sono inammissibili perché volti a censurare la valutazione delle prove da parte della corte d’appello.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo. Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la parte ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dell’ art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico della parte ricorrente le spese di giudizio sostenute dalla parte controricorrente, che liquida in complessivi euro 3.200,00 oltre 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.
Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 28