Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1448 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 1448 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
Oggetto:
Professioni – espletamento incarico con negligenza – accertamento danni
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 3520/2019 R.G. proposto da COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocati NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 4773/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 23/10/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’udienza pubblica del 5 luglio 2023 dal Consigliere NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. NOME COGNOME il quale ha concluso riportandosi alla requisitoria scritta depositata che terminava nel senso dell’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 10290 del 2011, respingeva la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti del notaio NOME COGNOME volta ad ottenere il risarcimento dei danni lamentati e derivati dal negligente operato della professionista, la quale non si era avveduta in sede di rogito dell’atto pubblico di compravendita intercorso in data 28.07.2006 tra lo stesso attore e NOME COGNOME dell’esistenza di una formalità pregiudizievole trascritta sull’immobile a favore della RAGIONE_SOCIALE rinunciata dalla convenuta la domanda di garanzia formulata nei confronti della Lloyd’s of London in qualità di assicuratrice del rischio professionale.
In virtù di gravame interposto dallo stesso COGNOME, la Corte di appello di Napoli, nella resistenza dell’appellata, con sentenza n. 4773/2018, respingeva l’appello sull’assunto che l’appellante non aveva provato di avere subito la perdita della
proprietà dell’immobile in conseguenza dell’esperimento dell’azione giudiziaria cui si riferiva la trascrizione non rilevata dal notaio, né risultava dedotto e dimostrato che il bene non potesse essere venduto in futuro allo stesso prezzo offerto nel settembre 2006 da NOME COGNOME. Del pari non veniva accolta la domanda di risoluzione del contratto d’opera professionale dovendosi escludere una notevole alterazione dell’equilibrio contrattuale.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli il COGNOME propone ricorso per cassazione, fondato su un unico motivo, cui la COGNOME resiste con controricorso.
Ritenuto che il ricorso potesse essere definito nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5), c.p.c., su proposta del relatore, regolarmente notificato ai difensori delle parti, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. All’esito dell’adunanza camerale il Collegio, nell’ambito della quale la parte ricorrente aveva curato anche il deposito di memoria illustrativa, con ordinanza interlocutoria n. 29406 depositata in data 23.12.2020, ha disposto la trattazione della causa in pubblica udienza, ritenendo che in ordine alla questione dell’accertamento della responsabilità ex contractu, anche ai fini della risoluzione del contratto professionale, non sussisteva l’evidenza decisoria, essendo richiesto per il notaio, in vista della preparazione e stesura di un atto pubblico di trasferimento immobiliare, la preventiva verifica della libertà e disponibilità del bene e, più in generale, delle risultanze dei registri immobiliari attraverso
la loro visura, che costituiva – salvo espressa dispensa per concorde volontà delle parti – obbligo derivante dall’incarico conferito dal cliente e, quindi, facente parte dell’oggetto della prestazione d’opera professionale.
Il ricorso è stato posto nuovamente in discussione per la decisione all’udienza pubblica del 5 luglio 2023, in prossimità della quale è stata depositata dal sostituto procuratore generale, dott. NOME COGNOME memoria con la quale ha rassegnato le conclusioni nel senso dell’accoglimento del ricorso.
Parte controricorrente ha curato anche il depositato anche di memoria ex art. 378 c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1218, comma 2 e 1223 c.c., per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto, con motivazione contraddittoria ed insufficiente, che egli non aveva subito alcun danno dalla negligente condotta del notaio che pure aveva omesso di eseguire le indagini relative all’immobile oggetto dell’atto rogato e da cui sarebbe emerso che lo stesso era gravato da una trascrizione di una domanda giudiziale per un debito dell’alienante nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE
La censura è infondata e con essa il ricorso.
Costituisce approdo esegetico pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che per il notaio cui sia richiesta la preparazione
e la stesura di un atto pubblico di trasferimento immobiliare, la preventiva verifica della libertà e della disponibilità del bene e, più in generale, delle risultanze dei pubblici registri, attraverso la loro visura, rappresenta, salvo espressa dispensa per concorde volontà delle parti, obbligo derivante dall’incarico conferitogli dal cliente, di talché l’inosservanza dello stesso, dà luogo a responsabilità ex contractu del notaio medesimo per inadempimento della prestazione d’opera intellettuale demandatagli (cfr. Cass. 11 gennaio 2006 n. 264; Cass. 28 novembre 2007 n. 24733; Cass. 14 febbraio 2013 n. 3657).
È tuttavia altrettanto indubitabile che l’azione di responsabilità contrattuale nei confronti del professionista che abbia violato i propri obblighi può essere accolta, secondo le regole generali che governano la materia risarcitoria, se e nei limiti in cui un danno si sia effettivamente verificato. Ai fini dell’accertamento di tale danno è dunque necessario valutare se il cliente avrebbe, con ragionevole certezza, potuto conseguire una situazione economicamente più vantaggiosa qualora il notaio avesse diligentemente adempiuto la propria prestazione (cfr. Cass. 19 gennaio 2000 n. 566) e, nello specifico, se la mera iscrizione dell’ipoteca giudiziale sul bene possa (e, eventualmente, in che misura) avere determinato una perdita del valore intrinseco del bene medesimo e, comunque, un concreto rischio di pregiudizio (cfr Cass. 19 febbraio 2019 n. 4726).
Ora, nella fattispecie, risulta invincibile il rilievo che, al momento della stipula del rogito, il danno costituito dal versamento del corrispettivo per l’acquisto di un immobile gravato da iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli si era irreversibilmente prodotto ed invero, a prezzo già versato, nulla più poteva risparmiare l’ignaro acquirente, ove il notaio avesse diligentemente adempiuto l’incarico affidatogli, se non gli ulteriori esborsi connessi alla sottoscrizione del rogito, né la perdita effettiva del bene da parte dell’acquirente. La Corte di merito ha, inoltre, accertato che non era stato neanche dedotto o dimostrato che il bene in questione non potesse essere venduto in futuro allo stesso prezzo di acquisto debitamente rivalutato offerto nel settembre 2006 dalla COGNOME o che la mancata conclusione dell’affare avesse impedito al Costantino di realizzare specifici investimenti già programmati ovvero di destinare il denaro ad altri impieghi produttivi oppure che a quel tempo egli avesse bisogno di denaro da utilizzare per il soddisfacimento di determinate esigenze personali o familiari.
In linea di principio in tema di liquidazione del “quantum” risarcibile, la misura del danno deve avere per oggetto l’intero pregiudizio subito dal soggetto danneggiato, essendo il risarcimento diretto alla completa “restitutio in integrum” – per equivalente o in forma specifica, quest’ultima esperibile anche in materia contrattuale – del patrimonio leso (Cass. n. 2720 del 2013 e Cass. n. 15726 del 2010, sempre in tema di
responsabilità contrattuale di notaio per omissione di visure ipotecarie). Sennonché ciò comporta che la liquidazione del danno deve avere per oggetto l’intero pregiudizio, essendo il risarcimento diretto alla completa “restitutio in integrum” per equivalente o in forma specifica – del patrimonio leso, ma egualmente non deve essere locupletatoria per il creditore.
La Corte di merito ha, dunque, fatto buon governo dei principi sopra richiamati escludendo l’esistenza di un danno giacchè ciò che va risarcito è -infatti -il danno conseguenza dell’inadempimento. Se questo danno non si verifica coevamente all’inadempimento nulla può essere riconosciuto a tale titolo.
Né poteva trovare accoglimento la domanda di risoluzione del contratto ovvero di restituzione del compenso corrisposto trattandosi di accordo per l’esecuzione di prestazione professionale che comunque è stata prestata sia pure con negligenza. La restituzione del compenso ricevuto dal notaio potrebbe infatti giustificarsi, ex art. 1458 c.c., solo in caso di risoluzione del contratto, sempre che ovviamente ne ricorrano i presupposti, che nella specie non ricorrono per essere stato l’incarico comunque espletato dal notaio e l’immobile definitivamente acquisito nel patrimonio dal ricorrente. Conclusivamente il ricorso va respinto.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali in favore della controricorrente che vengono liquidate in complessivi euro 2.000,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Seconda