Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8544 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8544 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30346/2021 R.G. proposto da:
NOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME
(CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 1555/2021 depositata il 17/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME COGNOME convenne in giudizio il AVV_NOTAIO per sentirlo condannare al risarcimento dei danni che assumeva di aver subito per il fatto che il professionista, incaricato di predisporre la dichiarazione di successione relativa al padre dell’attrice, aveva erroneamente indicato il valore di un terreno edificabile;
dedusse che il AVV_NOTAIO aveva dichiarato un valore, del tutto incongruo, di 800,00 euro e che, in relazione alla vendita di tale terreno successivamente effettuata dal l’attrice e dal fratello (per un corrispettivo di 950.000,00 euro), l’RAGIONE_SOCIALE le aveva contestato l’omessa dichiarazione, nella denuncia dei redditi 2008, della plusvalenza realizzata, quantificata nella differenza tra il valore indicato nella denuncia di successione e il presunto ricavo (che era stato, in realtà di 410.000,00 euro complessivi, di cui 210.000,00 corrisposti all’attrice);
precisò che il danno subìto (per tassazione IRPEF inerente la plusvalenza, oltre sanzioni ed interessi passivi, per compensi e interessi dovuti ad RAGIONE_SOCIALE e per costi dell’assistenza dei professionisti incaricati di raggiungere un accordo con l’Erario) ammontava a 165.443,80 euro;
il Tribunale di Monza condannò il AVV_NOTAIO NOME al pagamento di 137.530,43 euro, oltre accessori e spese;
la Corte di Appello di Milano ha riformato integralmente la sentenza, respingendo la domanda della COGNOME e condannandola al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del doppio grado di giudizio;
la Corte ha affermato, fra l’altro, che « l’accertamento e la relativa sanzione non sono in relazione eziologica con il dedotto errore da parte del AVV_NOTAIO , bensì con la mancata dichiarazione, in occasione della redazione della denuncia dei redditi 2008, della plusvalenza conseguita in occasione della vendita stipulata il 9.10.2007; omissione evidentemente non imputabile al AVV_NOTAIO, che aveva redatto la denuncia di successione, ma alla contribuente o eventualmente al professionista che per lei l’aveva compilata. Né il danno lamentato può ritenersene conseguenza immediata e diretta. È dunque stata l’infedele dichiarazione dei redditi ad aver generato l’accertamento e la conseguente pretesa erariale, non l’ipotetica erronea indicazione del valore del bene nella dichiarazione di successione»;
ha proposto ricorso per cassazione la COGNOME, affidandosi a due motivi; ad esso ha resistito il NOME con controricorso;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis.1 c.p.c.;
entrambe le parti hanno depositato memoria.
Considerato che:
col primo motivo, la ricorrente denuncia «violazione e falsa applicazione degli artt. 1176, 1218, 1223, 1227, 2697 c.c. nonché di ogni altra norma e principio in materia di diligenza nell’adempimento, risarcimento del danno e della sua valutazione equitativa; violazione falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti»;
la COGNOME lamenta, in primis , che la Corte di Appello ha del tutto omesso di pronunciarsi su una questione fondamentale, ossia sul fatto
che il AVV_NOTAIO convenuto avesse o meno correttamente eseguito l’incarico ricevuto e rileva che, in difetto di tale esame, la delibazione della sola questione dell’esistenza del nesso causale era del tutto inidonea a risolvere la controversia; con ciò -assume- «la Corte di merito è incorsa in una vera e propria omissione di pronunzia»;
tanto premesso, afferma che «si manifesta in tutta la sua evidenza anche la violazione RAGIONE_SOCIALE norme rubricate nel motivo in rassegna» (ossia degli artt. 1176, 1218, 1223, 1226 e 1227 c.c.);
aggiunge che è «assolutamente apodittica» l’affermazione secondo cui il danno non è imputabile all’indicazione del valore del terreno nella denuncia di successione, ma alla mancata dichiarazione di plusvalenza; e ciò in quanto «l’aver indicato un valore non corretto nella dichiarazione di successione avrebbe comunque comportato un danno patrimoniale in capo alla COGNOME anche qualora quest’ultima avesse dichiarato la plusvalenza»; conclude che, «se il AVV_NOTAIO avesse indicato il valore corretto del bene, non si sarebbe creata alcuna plusvalenza nel momento della sua cessione con la conseguenza che la COGNOME non avrebbe dovuto dichiarare alcunché in sede di dichiarazione dei redditi e ovviamente non sarebbe stata fatta oggetto di alcun accertamento»;
col secondo motivo («violazione falsa applicazione sotto altro profilo RAGIONE_SOCIALE medesime norme e principi rubricati nel primo motivo; violazione e falsa applicazione del l’art. 115 c.p.c. i n relazione all’art. 112 c.p.c.»), la ricorrente premette che non aveva alcun motivo per dichiarare un valore inferiore a quello effettivo in sede di denuncia di successione (per essere la stessa non imponibile fino ad un milione di euro) e sostiene che il danno risarcibile «deve necessariamente identificarsi con la situazione economica che si sarebbe avuta nel caso in cui quell’errore non fosse stato commesso» e che «la produzione della plusvalenza non si sarebbe verificata qualora il AVV_NOTAIO avesse indicato il corretto valore dell’immobile»;
i motivi -che si prestano ad esame congiunto- vanno disattesi in quanto, in parte, infondati e, per il resto, inammissibili;
va escluso che ricorra la dedotta omessa pronuncia giacché la Corte ben poteva limitarsi ad accertare il difetto di nesso eziologico, senza verificare la correttezza dell’adempimento nel AVV_NOTAIO, dal momento che tale difetto è da solo sufficiente ad escludere il fondamento della pretesa risarcitoria; né, peraltro, è dato comprendere per quali ragioni e in quali termini la denunciata (e infondata) omissione possa integrare una violazione dell’art. 115 c.p.c.;
la violazione e la falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE norme indicate nella rubrica del primo motivo (e richiamate dal secondo) è dedotta in modo generico e meramente assertivo, senza ottemperare all’onere di specificità dei motivi di ricorso imposto dall’art. 360, n. 4 c.p.c. , che comporta la necessità di un’adeguata illustrazione ; lo stesso vale, a maggior ragione, in relazione a «ogni altra norma e principio» che il ricorrente si limita ad evocare senza ulteriori precisazioni;
del tutto apodittico e inidoneo a contrastare il rilievo di difetto del nesso eziologico è l’assunto che , se il AVV_NOTAIO avesse indicato il valore di 210.000,00 euro, non si sarebbe creata alcuna plusvalenza e non vi sarebbe stato l’accertamento tributario; invero, la ricorrente non spiega perché la plusvalenza conseguita con la complessiva operazione di trasferimento del terreno edificabile (realizzata mediante stipula di un preliminare da parte del de cuius , cessione dello stesso ad altro acquirente e conclusione del contratto definitivo da parte degli eredi) dovesse sfuggire a tassazione; neppure dà conto della ragione per cui, benché siano stati successivamente rettificati sia la dichiarazione di successione (con l’indicazione del valore di 210.000,00 euro) che l’atto di compravendita ( con l’indicazione del corrispettivo effettivo di 410.000,00 euro riscosso dai venditori), sia risultato comunque dovuto un importo di circa 149.000,00 per plusvalenze non dichiarate in favore dell’Erario; dal che consegue che la censura -basata sul mero asserto indimostrato che la plusvalenza non sia realmente esistita- non investe
in modo adeguato la conclusione che fu la mancata dichiarazione della plusvalenza e non l’erronea indicazione di valore effettuata dal AVV_NOTAIO a determinare l’accertamento e il successivo pagamento del debito tributario;
le spese di lite seguono la soccombenza;
sussistono le condizioni per l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite, liquidate in euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in euro 200,00) e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Roma, 11.3.2024