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Responsabilità professionale: la condanna di avvocato

Un’azienda ottiene il risarcimento per responsabilità professionale del proprio commercialista e avvocato. Il primo ha errato la compilazione di moduli previdenziali, il secondo ha impugnato tardivamente gli avvisi di addebito. Il Tribunale ha riconosciuto la responsabilità solidale per i danni derivanti dalla tardiva opposizione e la responsabilità del solo commercialista per le sanzioni iniziali, escludendo però il danno da perdita di benefici fiscali per mancata prova del nesso causale.

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Pubblicato il 1 agosto 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità Professionale: Quando l’Errore del Consulente e dell’Avvocato Costa Caro

La responsabilità professionale è un tema cruciale per chiunque si affidi a consulenti e avvocati. Un errore, una dimenticanza o un ritardo possono avere conseguenze economiche significative. Una recente sentenza del Tribunale di Milano offre un’analisi dettagliata di un caso in cui sia un consulente del lavoro che un avvocato sono stati ritenuti responsabili per i danni subiti da una società cliente, delineando i confini delle rispettive colpe e il principio della responsabilità solidale.

I Fatti di Causa: Un Errore a Cascata

Una società ha citato in giudizio il proprio consulente del lavoro (un ragioniere) e il proprio avvocato, chiedendo il risarcimento dei danni derivanti da una serie di inadempimenti.
La catena di eventi è iniziata con un errore del consulente nella compilazione dei modelli previdenziali (DM10) del primo trimestre 2014. Questo sbaglio ha portato a un versamento di contributi inferiore al dovuto, scatenando la reazione dell’ente previdenziale con richieste di pagamento, sanzioni e interessi.

Successivamente, l’ente ha notificato alla società degli avvisi di addebito. Il consulente ha inoltrato tali avvisi all’avvocato con notevole ritardo, quando il termine perentorio di 40 giorni per l’impugnazione era già scaduto. Nonostante ciò, l’avvocato ha comunque depositato i ricorsi, che sono stati inevitabilmente dichiarati inammissibili per tardività, con conseguente condanna della società al pagamento delle spese legali a favore dell’ente.
La società lamentava inoltre un danno ancora più ingente: la perdita di un beneficio contributivo triennale per nuove assunzioni effettuate nel 2015, a suo dire revocato a causa dell’irregolarità contributiva generata dall’errore iniziale del consulente.

La Decisione del Tribunale di Milano

Il Tribunale ha accolto solo parzialmente le domande della società, operando una distinzione netta tra i diversi danni lamentati e le rispettive responsabilità.

La Responsabilità professionale del Consulente

Il giudice ha riconosciuto la responsabilità professionale del consulente per due distinti profili:
1. L’errore originario: Il consulente ha ammesso l’errore nella compilazione dei modelli DM10. Il danno risarcibile, però, non è l’importo dei contributi omessi (che la società avrebbe comunque dovuto versare), ma solo le sanzioni e gli interessi scaturiti da tale errore, quantificati in € 4.857,98.
2. Il ritardo nella comunicazione: Trasmettendo gli avvisi di addebito all’avvocato a termini già scaduti, il consulente ha contribuito a causare il danno successivo, legato alle spese legali per i ricorsi inammissibili. Per questo profilo, è stato ritenuto responsabile in solido con l’avvocato.

Il Tribunale ha invece respinto la richiesta di risarcimento per la perdita dei benefici contributivi (pari a oltre € 52.000). La società, infatti, non è riuscita a fornire l’onere della prova sul nesso causale tra l’errore del 2014 e la revoca del beneficio del 2015, a fronte delle difese del consulente che attribuivano la revoca ad altre pendenze debitorie della società.

La Responsabilità professionale dell’Avvocato e la Condanna in Solido

Anche l’avvocato è stato ritenuto responsabile. Nonostante abbia ricevuto i documenti in ritardo, la sua colpa risiede nell’aver proceduto con un’azione legale palesemente destinata al fallimento senza informare adeguatamente la cliente dei rischi e della quasi certezza della declaratoria di inammissibilità. La sua difesa, basata sull’aver ottenuto una sospensione temporanea, non è stata ritenuta valida. Un professionista diligente avrebbe dovuto sconsigliare l’azione o procedere solo dopo aver ottenuto un consenso informato del cliente sulla sua futilità.
Di conseguenza, il Tribunale ha condannato consulente e avvocato in solido a risarcire alla società le spese legali pagate all’ente previdenziale a seguito dei ricorsi tardivi, per un importo di € 5.583,75.

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione si fonda su principi cardine della responsabilità professionale. In primo luogo, la violazione dell’obbligo di diligenza qualificata (art. 1176, comma 2, c.c.), che impone a ogni professionista di agire con la perizia e la prudenza richieste dalla natura dell’attività esercitata. Sia il consulente, ignorando un termine perentorio, sia l’avvocato, intraprendendo un’azione legale votata all’insuccesso senza il dovuto mandato informativo, hanno violato questo obbligo.
In secondo luogo, la sentenza ribadisce la centralità del nesso causale. Il risarcimento è dovuto solo per i danni che sono conseguenza diretta e immediata dell’inadempimento. Laddove l’attore non riesce a provare questo legame (come nel caso dei benefici contributivi), la domanda viene respinta. Infine, viene applicato il principio della responsabilità solidale quando le condotte colpose di più soggetti concorrono a produrre il medesimo danno.

Conclusioni

Questa sentenza evidenzia due lezioni fondamentali. Per le imprese, sottolinea l’importanza di monitorare l’operato dei propri consulenti e di agire tempestivamente. Per i professionisti, riafferma che la diligenza non si esaurisce nella mera esecuzione tecnica, ma include un dovere di informazione, consiglio e, talvolta, di sconsigliare azioni inutili o dannose per il cliente. La responsabilità professionale non perdona leggerezze, soprattutto quando sono in gioco scadenze perentorie e ingenti interessi economici.

Quando un professionista (commercialista o avvocato) è responsabile per un danno al cliente?
Secondo la sentenza, un professionista è responsabile quando viola l’obbligo di diligenza qualificata, ovvero non agisce con la perizia e la prudenza richieste dalla sua attività. Questo include commettere errori tecnici (come sbagliare una compilazione), non rispettare scadenze perentorie, o intraprendere azioni legali inutili senza aver prima informato chiaramente il cliente dei rischi.

Se più professionisti causano un danno, chi paga?
Se le azioni o omissioni colpose di più professionisti concorrono a causare lo stesso danno, essi ne rispondono in solido. Ciò significa che la parte danneggiata può chiedere l’intero risarcimento a uno solo dei responsabili, il quale potrà poi rivalersi sugli altri per la loro quota di colpa. Nel caso specifico, il consulente e l’avvocato sono stati condannati in solido a pagare le spese dei ricorsi tardivi.

Perché il tribunale ha negato il risarcimento per la perdita dei benefici contributivi?
Il tribunale ha negato questo risarcimento perché la società attrice non è riuscita a soddisfare l’onere della prova. Non ha dimostrato in modo convincente il nesso causale, ovvero che la perdita dei benefici fosse una conseguenza diretta dell’errore iniziale del consulente e non di altre irregolarità o debiti della società stessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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