Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8548 Anno 2024
-+ Data pubblicazione: 28/03/2024
RAGIONE_SOCIALE Ord. Sez. 3 Num. 8548 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
NOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere-COGNOME.
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
AUGUSTO TATANGELO
Consigliere
Oggetto:
RESPONSABILITA’
PROFESSIONISTI
Ud.11/03/2024 CC
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7901/2022 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti- contro
NOME COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e
Numero registro generale NUMERO_DOCUMENTO
Numero sezionale 889/2024
Numero di raccolta generale 8548/2024
difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE Data pubblicazione 28/03/2024
-controricorrente-
avverso SENTENZA di TRIBUNALE SIRACUSA n. 70/2022 depositata il 18/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME COGNOME e NOME COGNOME convennero in giudizio l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni per avere presentato all’Ufficio del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Siracusa un progetto (per la realizzazione di una struttura su cui erano stati installati pannelli fotovoltaici) che conteneva l’indicazione, non conforme al vero, di otto pilastri in legno anziché di quattro pilastri in cemento armato e quattro in legno; dal che era conseguito che, riscontrata la difformità tra il progetto e lo stato dei luoghi, l’Ufficio RAGIONE_SOCIALE aveva negato l’autorizzazione all’esecuzione dei lavori e aveva trasmesso alla locale Procura della Repubblica una notizia di reato a carico del COGNOME e della COGNOME;
il convenuto resistette deducendo, fra l’altro, che la dichiarazione non veritiera era dipesa dal fatto che il manufatto in calcestruzzo, preesistente all’incarico, era abusivo;
il Giudice di Pace di Avola accertò la difformità del progetto presentato dal NOME rispetto alla situazione reale del manufatto e affermò la responsabilità professionale dell’ingegnere, condannandolo al risarcimento dei danni liquidati in 1.500,00 euro;
provvedendo sull’appello del NOME, il Tribunale di Siracusa ha escluso che fra le parti fosse intercorso un qualche rapporto contrattuale (in quanto l’incarico di presentare il progetto era stato
Numero sezionale 889/2024
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conferito all’ingegnere dal titolare della RAGIONE_SOCIALE, che aveva realizzato l’impianto fotovoltaico e aveva provveduto a saldare la prestazione professionale) e ha riqualificato la domanda risarcitoria, inquadrandola nel paradigma dell’ art. 2043 c.c.; ritenuto quindi che il NOME fosse legittimato passivo rispetto alla richiesta di risarcimento per responsabilità aquiliana, il Tribunale ha rilevato che, a fronte di un’opera abusiva, il professionista, anziché presentare un progetto non conforme allo stato dei luoghi, avrebbe dovuto astenersi e rifiutare l’incarico ; ha tuttavia disatteso la domanda degli attori, affermando che «quello che manca è la prova del danno asseritamente subito dai committenti a causa della condotta serbata dal NOME»; più precisamente: poiché gli attori avevano ottenuto nel 2015, per il tramite di diverso professionista, l’autorizzazione ad erigere il manufatto, non si era concretizzato alcun danno sotto tale profilo; difettava inoltre la prova che gli attori avessero subìto un danno all’immagine per il procedimento penale, in quanto gli stessi erano stati già denunciati «per i fatti di causa sin dal 2006 e per abusi edilizi che loro stessi concorso a determinare»; né vi era prova di esborsi sostenuti dal COGNOME e dalla COGNOME per il secondo procedimento penale (di cui non si conoscevano né lo sviluppo né l’esito); andava poi escluso che il costo del professionista successivamente incaricato costituisse un «doppione» del costo derivante dalla parcella saldata al NOME, che era stata pagata dalla RAGIONE_SOCIALE; Data pubblicazione 28/03/2024
hanno proposto ricorso per cassazione il COGNOME e la COGNOME, affidandosi a due motivi; l’intimato ha resistito con controricorso;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis.1 c.p.c.;
entrambe le parti hanno depositato memoria.
Considerato che:
col primo motivo, i ricorrenti denunciano «violazione e falsa applicazione de ll’art. 2909 c.c. e dell’art. 346 c.p.c. e/o dell’art. 112
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c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.»: premesso che il COGNOME non aveva proposto alcuno specifico motivo di appello in merito alla quantificazione dei danni riconosciuti in favore degli attori (essendosi limitato a sostenere di non avere alcuna responsabilità), assumono che «sul punto relativo al risarcimento del danno liquidato in via equitativa ai ricorrenti dal giudice di pace si e formato il giudicato interno rilevabile d’ufficio», di talché, «in mancanza di uno specifico motivo di appello da parte dell’odierno controricorrente, il Giudice di appello non avrebbe potuto, di propria personale iniziativa, sindacare la statuizione relativa alla liquidazione dei danni operata dal Giudi ce di prime cure e mai contestata dall’AVV_NOTAIO» ; Data pubblicazione 28/03/2024
il motivo è inammissibile per difetto di specificità -ex art. 366, n. 6 c.p.c.- in quanto i ricorrenti (pur riportandone la rubrica) omettono di trascrivere i motivi di appello svolti dal COGNOME in misura sufficiente a far constare che lo stesso aveva del tutto omesso di contestare la sussistenza del danno accertata dal primo giudice; omissione che attiene al necessario presupposto del dedotto giudicato interno e che risulta vieppiù rilevante per il fatto che Tribunale ha affermato che , con l’appello, il NOME aveva eccepito «l’inesistenza di alcuna responsabilità professionale a sé ascrivibile, oltre che di alcun danno provocato ai committenti»;
col secondo motivo, dedotto in via subordinata, i ricorrenti denunciano l’omesso esame di un fatto decisivo del giudizio, in relazione all’art. 360, n. 5 c.p.c.: premesso che il Tribunale aveva riconosciuto che gli attori erano riusciti a ottenere l’autorizzazione per il tramite di un altro professionista, censurano la sentenza impugnata per avere ritenuto che il compenso pagato a tale professionista non costituiva un doppione di quanto già pagato al COGNOME; evidenziano che il Tribunale, pur facendo riferimento alla dichiarazione testimoniale del legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, aveva omesso di considerarla nella sua integralità, ossia anche nella parte in cui il teste aveva affermato che il compenso erogato dalla RAGIONE_SOCIALE era stato
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pagato, in buona parte, dagli stessi attori, per il fatto che non avevano goduto di uno sconto altrimenti ad essi dovuto dalla predetta società; da ciò risultando che non era «vero che il compenso al successivo tecnico da parte dei ricorrenti, nella misura di Euro 1.000,48, non costituisse un doppione del costo della parcella corrisposta al COGNOME»; Data pubblicazione 28/03/2024
sotto altro profilo, contestano che dalla condotta dell’ingegnere e dall’avvio del procedimento penale non fosse derivato danno all’immagine dei ricorrenti, dato che il procedimento per abusivismo risalente al 2006 era stato già archiviato e che il COGNOME e la COGNOME erano stati costretti «a difendersi in un processo penale per fatti ascrivibili esclusivamente al COGNOME»;
Il motivo è -sotto ogni profilo- inammissibile, in quanto:
in relazione al danno all’immagine, la censura è svolta senza osservare l’onere di spe ci ficità prescritto dall’art. 366, n. 6 c.p.c., poiché i ricorrenti si limitano a richiamare documenti (denuncia del 2006, richiesta di archiviazione del P.M. e decreto di archiviazione del GIP) di cui non trascrivono (o riassumono in misura adeguata) il contenuto, omettendo di fornire elementi idonei a contrastare l’assunto che il precedente procedimento penale concernesse gli stessi abusi edilizi posti alla base della richiesta risarcitoria formulata nel presente giudizio;
in relazione al danno che si assume derivato dalla necessità di pagare un nuovo professionista per prestazioni già svolte e saldate al COGNOME, la censura -come già la dichiarazione testimoniale del COGNOME– non fornisce elementi certi sulla entità dello sconto non usufruito dal COGNOME e dalla COGNOME (e, quindi, del costo che sarebbe stato sostenuto indirettamente dagli stessi) e non consente, quindi, di apprezzare la rilevanza della denunciata mancata considerazione del tenore integrale della deposizione del teste;
l’esito alterno dei giudizi di merito integra grave ragione analoga a quelle previste dall’art. 92, 2° co. c.p.c. e giustifica (ex Corte Cost.
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n. 77/2018) l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio; Numero di raccolta generale 8548/2024 Data pubblicazione 28/03/2024
sussistono le condizioni per l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Roma, 11.3.2024
Il Presidente NOME COGNOME