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Responsabilità professionale: errore senza danno?

Un’azienda perde un contributo pubblico a causa di una perizia errata redatta da un ingegnere. Tuttavia, la Cassazione nega il risarcimento. L’analisi del caso rivela che la vera causa dell’esclusione era un’altra: la documentazione incompleta fornita dall’azienda stessa. Questa sentenza chiarisce i limiti della responsabilità professionale, sottolineando l’importanza cruciale del nesso di causalità tra l’errore e il danno effettivo.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità professionale: quando l’errore del tecnico non è la causa del danno

La responsabilità professionale è un tema centrale per ogni professionista e per i suoi clienti. Un errore può costare caro, ma cosa succede se quel errore, pur essendo reale e provato, non è la vera causa del danno subito dal cliente? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta proprio questo scenario, stabilendo che la colpa del professionista non è sufficiente per ottenere un risarcimento se manca il cosiddetto nesso di causalità. Analizziamo insieme questa importante decisione.

La vicenda: un contributo pubblico mancato

Una società, operante nel settore della costruzione di articoli in alluminio, partecipava a una procedura indetta da un ente pubblico per ottenere un contributo di circa 90 mila euro, finalizzato al miglioramento della sicurezza sul lavoro. Per completare la domanda, l’ente richiedeva una perizia tecnica giurata. L’azienda incaricava un ingegnere di redigere tale documento.

Sfortunatamente, il professionista commetteva un errore nella stesura della perizia, redigendola in modo difforme rispetto alle precise indicazioni fornite dall’ente. Questo errore, ammesso dallo stesso ingegnere, portava all’esclusione della società dalla procedura. Sentendosi danneggiata, l’azienda citava in giudizio il tecnico per negligenza professionale, chiedendo il risarcimento del danno, pari all’importo del contributo perso.

Il giudizio di merito: due decisioni opposte

In primo grado, il Tribunale dava ragione alla società, condannando l’ingegnere a pagare una somma quasi equivalente al contributo mancato. La colpa professionale appariva evidente e sufficiente per giustificare il risarcimento.

Tuttavia, la Corte d’Appello ribaltava completamente la decisione. Pur riconoscendo la negligenza dell’ingegnere, i giudici di secondo grado ritenevano il suo errore ininfluente ai fini del danno finale. Attraverso l’analisi di prove documentali e testimonianze, emergeva un fatto decisivo: la società, anche se avesse presentato una perizia corretta, sarebbe stata comunque esclusa. Il motivo? La restante documentazione che l’azienda avrebbe dovuto produrre era carente dei requisiti di completezza e veridicità, in modo insanabile. Di fatto, l’errore del professionista era stato superato da una mancanza ben più grave attribuibile alla stessa società cliente.

L’importanza del nesso di causalità nella responsabilità professionale

La questione è giunta fino alla Corte di Cassazione, che ha confermato la sentenza d’appello, respingendo il ricorso della società. La Suprema Corte ha cristallizzato un principio fondamentale in materia di responsabilità professionale.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda interamente sulla ritenuta e dimostrata carenza del nesso eziologico, ovvero del legame di causa-effetto, tra la condotta dell’ingegnere e il danno lamentato. Per i giudici, non basta provare che il professionista ha commesso un errore (la colpa); è necessario dimostrare che proprio quell’errore è stato la causa determinante del pregiudizio economico.

Nel caso specifico, le testimonianze acquisite, in particolare quella di un direttore territoriale dell’ente pubblico che gestiva il bando, sono state decisive. È emerso in modo inequivocabile che l’esclusione della società era dovuta alla carenza della documentazione allegata alla domanda, una carenza definita “del tutto non sanabile”. L’errore nella perizia, sebbene esistente, diventava irrilevante di fronte a un ostacolo insormontabile creato dalla stessa società. In altre parole, il danno (la perdita del contributo) si sarebbe verificato comunque, anche in assenza dell’errore dell’ingegnere. L’errore del tecnico non è stato l’anello causale che ha portato al danno, ma solo un antecedente di fatto superato da una causa successiva, autonoma e sufficiente a determinare l’esclusione.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica. Per chi si rivolge a un professionista, evidenzia la necessità di adempiere con diligenza a tutti gli oneri a proprio carico. Un proprio inadempimento può, di fatto, “salvare” il professionista negligente, interrompendo il nesso di causalità. Per i professionisti, la sentenza ribadisce che, sebbene la diligenza sia un dovere, la responsabilità per un errore sorge solo se questo è la causa efficiente del danno. Non si risponde per eventi che si sarebbero comunque verificati a causa di fattori indipendenti dalla propria condotta. La colpa, da sola, non basta per fondare un obbligo di risarcimento.

L’errore di un professionista comporta sempre un obbligo di risarcimento?
No. Secondo la sentenza, l’errore (colpa) del professionista non è sufficiente. È necessario dimostrare che quell’errore specifico ha causato direttamente il danno lamentato (nesso di causalità).

Cosa si intende per “nesso di causalità” nella responsabilità professionale?
È il legame diretto tra la condotta negligente del professionista e il danno subito dal cliente. Se il danno si fosse verificato comunque per altre cause, indipendenti dall’errore del professionista (come in questo caso, per la documentazione incompleta e non veritiera fornita dal cliente), il nesso di causalità è interrotto e non c’è responsabilità.

Come è stato provato in questo caso che il danno non dipendeva dall’errore dell’ingegnere?
È stato provato attraverso le testimonianze, in particolare quella di un direttore dell’ente pubblico erogatore del contributo. Le testimonianze hanno confermato che la società sarebbe stata esclusa in ogni caso a causa della carenza e non veridicità della documentazione successiva che doveva presentare, un problema del tutto indipendente e più grave della perizia errata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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